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Autore: bibersell    19/12/2014    2 recensioni
On the road è la storia di due ragazzi destinati a non incontrarsi mai. Loro sono come due rette infinite e parallele, come due alberi piantati l'uno al fianco dell'altro: troppo lontani per toccarsi ma abbastanza vicini da sfiorarsi.
Le terre meridionali d'Italia fanno da sfondo al loro amore impossibile e destinato a finire che presto si tingerà di mistero e colpi di scena.
Personaggi con vizzi e virtù daranno vita alle pagine virtuali di questa storia che spero entrerà nel cuore di molti.
Un estratto del nono capitolo vi darà un breve assoggio della storia.
"Manuel si avvicinò ancora di piú e poggiò le mani sul muro, proprio ai lati della testa di Lisa. Puntò lo sguardo in quello di lei e quando incrociò i suoi occhi dentro ci lesse inconsapevolezza. Lei non aveva la piú pallida idea di quello che sarebbe successo, ma non aveva paura. Non di lui. E questo spinse Manuel ad andare oltre. -Sei scappata dalla tua vita come adesso vuoi scappare da me- il volto di Manuel si avvicinò maggiormente a quello della ragazza. -ma io non te lo lascerò fare-"
Questa storia è gia stata pubblicata e poi cancellata una volta.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo sei...
Benvenuta primavera.

 
Se sei triste e vorresti morire, pensa a chi è triste e vorrebbe vivere ma sa di dover morire
-Jim Morrison

Era passato quasi un mese da quando Lisa era stata a casa di Manuel. La stanza d'albergo, buia e con le rende chiuse, era intrisa di tristezza e dolore; il letto era un groviglio di lenzuola maleodoranti e sudate e nella stanza aleggia un puzzo tremendo. La ragazza non ce la faceva più a vivere in quella depressione che stava riempiendo di malinconia le prime giornate di primavera, voleva e doveva riprendere in mano la situazione e avrebbe cominciato col trovarsi un lavoro per guadagnare qualche soldo visto che quelli che si era portata da Milano non c'erano quasi più. Lisa non poteva lasciare che il dolore vincesse, non poteva privarsi di tutte le meraviglie del mondo.
Un'ora breve di dolore c'impressiona lungamente; un giorno sereno passa e non lascia traccia.
Lisa non ricordava in quale libro avesse letto quelle parole e tantomeno chi fosse il saggio ad averle pronunciate, ma aveva ragione da vendere. Mai maggior verità fu detta.
La ragazza ripensò a quello che era successo da quando era scesa dal treno in quel freddo ventisette di febbraio e non le venne in mente nemmeno un singolo momento di pura felicità. La vita di Lisa non era mai stata spensierata o piena di amore gentile, ma anche lei aveva avuto la sua dose di sorrisi. Pensò a quel dolce visino paffuto e pieno di minuscoli puntini rossi. Gli occhi scuri, talmente privi di luce da sembrare un abisso profondo.
Gemma.La sua preziosa Gemma.
Ricorda ancora quando Gianni e Maria la portarono a casa per la prima volta. Era ancora in fasce, aveva circa otto mesi, e Lisa rimase stupita dalla piccolezza di quella bimba. Ogni cosa in lei era piccola: la bocca, i piedi, le unghie, le orecchie; e tutto era morbido e profumato. All' epoca, Lisa aveva circa sette anni e per lei, prendersi cura della nuova arrivata, era quasi un gioco. Insieme a Davide si divertiva a fingere di essere i rispettivi genitori di quella piccola creatura, anche se la gioia più grade arrivò quando Gemma chiamò Lisa "sorella". Oh, che dolce sensazione.
Mai parole furono più melodiose e giuste. Sorella.
Lisa non si era mai sentita chiamare a quel modo. Allora, per la società, era figlia, orfana e studentessa, mai sorella.
Davide era stato adottato per primo all'età di otto anni e sapeva che Gianni e Maria non erano i suoi veri genitori. Dopo un anno era arrivata Lisa, una piccolina di cinque anni anch'ella a conoscenza della verità. Dieci mesi dopo arrivò Leonardo, aveva dieci anni ed era il bambino più bello che Lisa avesse mai visto. Aveva i capelli neri e lunghi, sembravano un letto di petrolio nel quale gettarsi.
Gli occhi erano meravigliosi; di un verde talmente scuro da sembrare quasi marroni. Lisa, all'inizio, credeva che lo fossero visto che lui aveva sempre un’espressione corrucciata e gli occhi semi chiusi. Era un bambino molto taciturno e particolarmente matturo per la sua età.
La ragazza, all'epoca poco più di una bimba, rimase affascinata dai suoi comportamenti ambigui e misteriosi. Era sempre più desiderosa di venire a conoscenza della sua storia, ma quando Lisa la scoprì desiderò ardentemente cambiarla per evitare a quella creatura così bella di portare sulle spalle tanta sofferenza.
Lisa pensò a quello che Leonardo era diventato e provò tanta pena per lui. Quello sguardo tormentato era ancora lì e nemmeno l'amicizia con Davide era riuscita a fare granché.
Il suo ricordo le procurò un vuoto allo stomaco. Malinconia. Dolore.
Era sempre stata particolarmente legata a lui nonostante i loro caratteri diversi e le loro avversità nel dimostrare affetto, tra i due c'era sempre stata una speciale alchimia, quell'intendersi al primo sguardo che li aveva uniti fin da piccoli.
Se solo lui e Davide sapessero quello che le era successo... Ma Lisa aveva deciso di prendere in mano la situazione e lo voleva fare anche per loro.

Andò in bagno ed aprì la doccia per far scorrere l'acqua calda. Si lavò con calma e attenzione annusando più volte la pelle per sentire il profumo del sapone sostituirsi al puzzo del dolore. Quando uscì, si avvolse nell'asciugamano ed asciugò i capelli.
Questa volta Lisa aveva intenzione di stirarli con la spazzola e dargli un garbo. Voleva perfino vestirsi con cura.
Scelse un paio di pantaloni chiari per iniziare nel miglior dei modi la giornata, indossò una camicetta celeste ed un pullover chiaro, della stessa tinta dei pantaloni, ed infilò le converse nere. Quando di guardò allo specchio era abbastanza soddisfatta del risultato e sorrise al suo riflesso promettendosi che quello sarebbe stato il primo giorno di una nuova vita.
Afferrò la borsa multicolore a tracolla ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e con essa ogni brutto pensiero o ricordo.


Tutti i buoni propositi di Lisa erano andati a farsi benedire. Erano le quattro di pomeriggio ed era già entrata in tutti i bar e i negozi del paese chiedendo lavoro e sentendosi rispondere sempre la stessa cosa: mi dispiace cara, siamo al completo. E poi con questi tempi di crisi nemmeno se mi servisse una mano potrei prenderla. Non ci sono i soldi. Prova da qualcun'altro.
E Lisa aveva provato ma era sempre la stessa storia.
In quel momento si trovava all'ingeresso dell' "OhQui" a rigirarsi le mani non sapendo se entrare o meno, ma non aveva molta scelta, a lei servono i soldi e di certo non poteva aspettare che cadessero dal cielo. Sospirò ed entrò.
Il locale che vide sembrò quasi un altro. Era molto più grande e spazioso rispetto a come le era parso sere addietro; perticolarmente luminoso e pieno di tavolini e divanetti sui quali sedersi.
Una ragazza sulla trentina stava posando dei bicchieri da liquore dietro il bancone mentre un ragazzo di spalle ripuliva dei tavoli di plastica neri e, una donna anziana ma molto curata dava delle direttive al DJ posizionato dietro la console.
Lisa si avvicinò al bancone e si sedette su uno sgabello.
-Buonasera- sbiascicò sentendosi in estremo imbarazzo. La barista si voltò con ancora in mano il bicchiere di vetro. Lisa non potè fare a meno di notare la cicatrice che aveva sulla guancia, messa in evidenza dai capelli tirati in una rigida coda scura.
La ragazza, infastidita dallo sguardo di Lisa, storse le labbra dicendo:
-Il locale non è ancora aperto. Passa tra un paio d’ore.
O mai più. Pensò tra sé la barista.
Lisa scuosse la teste ed abbassò lo sguardo intimidita. -No, in verità sono qui per chiedervi se avete bisogno di una mano. Posso fare di tut-
La ragazza la blocca con le sue parole. -Non abbiamo bisogno di nessuno, siamo al completo-
Lisa, amareggiata e priva di ogni tipo di speranza, si alza dallo sgabello con l'intento di andarsene ma un braccio attorno al collo la bloccò.
-Ronda, non dire sciocchezze, un paio di braccia in più non guastano mai-
A parlare era stata la donna di mezz’età che Lisa aveva visto quando era entrata. Da vicino era ancora più bella, pensò Lisa.
I capelli biondi e curati emanavano un profumo delizioso e ammaliante. La pelle del volto curata sembrava morbida come quella di un bambino nonostante l’età avanzata, le rughe e le prime macchie della vecchiaia che sono state abilmente nascoste con un velo di fondotinta e fard. Il corpo magro e slanciato la faceva apparire ancora come una dona desiderabile e il vestito nero con gli intarsi di pelle accentuava le forme di una donna matura.
Lisa guardò Ronda, così aveva chiamato la donna la barista, e vide tutto il suo disaccordo. La donna si voltò completamente verso Lisa dando le spalle all’altra ragazza:
-Allora cosa ne dici? Ti va di lavorare per me? -
Lisa era rimasta sbalordita; fino a pochi minuti fa credeva di ritornare al Motel senza nemmeno uno straccio di lavoro mentre adesso, quella donna, la sta quasi pregando di lavorare per lei. -Certo che accetto, signora- Rispose Lisa sorridendo mestamente.
-Bene, inizi stasera in prova, e se va bene torna domani mattina per firmare il contratto-
La donna pronunciò quelle parole con sicurezza e vigore, trasmettendo quei sentimenti anche a Lisa.
-Per me va benissimo. Ma non mi è ancora chiaro cosa dovrò fare- chiese Lisa volendo sapere la propria mansione.
-Qui tutti fanno tutto, cara- La donna sorrise e in quel momento aveva un’espressione furbetta sul viso tipica dei bembini colti con le mani nella marmellata.
-Dove c’è bisogno, là vai, dolcezza. Vedi Ronda in difficoltà? Corri al bar ad aiutarla. I tavolini sono sporchi? Prendi la pezza e pulisci. Luca chiede di te? Vai alla console e vedi cosa vuole. Non preoccuparti, te la caverai- la donna sorrise nuovamente e se ne andò. A Lisa sembrava tutto così irreale e strano. In un primo momento aveva accolto con felicità lìofferta di lavoro ma ora le sembrava quasi una botta di fortuna un pò troppo grande, come se la proprietaria stesse dell' "OhOui" stesse aspettando lei.
Un po’ titubante e stordita, si voltò verso Ronda che le lanciò un grembiulino nero e uno sguardo di fuoco. Ma che le aveva fatto?
-Il tuo turno inizia tra un’ora-

Lisa aveva preso servizio da poche ore e già le sembrava di impazzire. Ronda non faceva che bacchettarla e darle ordini su ordini e la ragazza correva da una parte all’altra del locale non sapendo nemmeno lei cosa fare.
Diverse volte, Dean, un ragazzo che lavora come cameriere all’ “OhOui”, le aveva ripetuto di non preoccuparsi e che il primo giorno era duro per tutti. Ora lo stava aiutando a ripulire un tavolino, lui metteva i bicchieri sporchi nel vassoio e lei puliva il tavolo.
Stavano ripulendo la zona ‘tranquilla’ del locale, quella parte frequentata da ragazzi che scambiano parole tra di loro sorseggiando degli alcolici mantenendosi lontani dalla pista da ballo e dalla zona ‘confusionaria’. Lisa preferiva quella zona perché poteva rilassarsi e riprendere fiato.
Spruzzò del solvente sul tavolo e sfregò le pezza su di esso. Sistemò le sedie e passa al prissimo tavolo. Mentre lavorava, studiava i gesti di Dean cercando di memorizzarli ma riuscendo solo a notare quanto il suo volto non riuscisse a celare la giovane età.
La mascella era priva di peluria e i lineamenti ancora poco maturi. Aveva lo sguardo vispo e allegro di un ragazzino che aveva tanta voglia di imparare ma che sapeva metterti nel sacco ogni volta che voleva, ma quegli stessi occhi così espressivi erano nascosti dalla lunga frangia chiara.
Il ragazzo superava di parecchi centimetri Lisa in altezza, ma era decisamente molto più magro di lei, aveva una corporatura scheletrica.

Dean la guardò sorridendole. -Che fai, mi fissi? Guarda che sono fidanzato-.
Lisa sorrise a sua volta per l’ingenuità di quelle parole.
Scosse la testa come a cancellare sul nascere i suoi pensieri e si rimise a lavoro spruzzandoantro solvente sul tavolino e strofinando energicamente col panno.

-Che c’è, non mi credi?- continuò Dean afferrando i bicchieri dal tavolo successivo e riponendoli nel vassoio. -Tempo due settimane, e Ali si mette con me- affermò il ragazzo convinto delle sue parole.

-Alice? È così che si chiama? - domandò Lisa incuriosita mentre continuava a fare in suo lavoro pulendo e sistemando le sedute di plastica.

-Si ed è la ragazza più bella della terra. Sta a scuola con me e tutte le mattine vado nella sua classe con qualche scusa solo per vederla. E quando non c’è, ci rimango di merda-.
Dean aveva lo sguardo totalmente perso nel vuoto e Lisa lo guardava beandosi della sua espressione.
Quello che il ragazzo aveva appena detto, pensò Lisa, racchiudeva tutto quello che era la gioventù. La spensieratezza dell’età accompagnata dall’ingenuità dell’amore liceale.

-Non credere a questo sbruffone, Alice non starà mai con lui-.
Una voce irruppe nella conversazione suscitando nella ragazza curiosità. Dean, dal canto suo, non era affatto stupito da quell’interruzione, anzi sembra quasi felice di sentire quella voce.

-Ehi, fratello, mi stavo proprio chiedendo quando saresti venuto-. Disse il giovane ragazzo innamorato abbracciando il nuovo arrivato e dandosi affettuose pacche sulle spalle a vicenda. Lisa vide che il ragazzo con cui stava parlando Dean era una persona a lei conosciuta. Capelli scuri, occhi chiari e chiodo di pelle nera.
Manuel.
Era passato quasi un mese dall’ultima volta che la ragazza l’aveva visto e i ricordi che quel viso le riportava alla mente non erano affatto piacevoli. Proprio quella mattina aveva deciso di ricominciare da zero e la sola vista di quel ragazzo stava facendo facillare le sue promesse e con esse l'intero castello di sabbia.
Tossì e si scusò con Dean dicendogli mi chiamarla se avesse avuto bisogno di lei. Afferrò la pezza e si gettò tra la mischia dirigendosi al bar per aiutare Ronda.

Aveva quasi finito il turno quando Manuel si avvicinò al bancone per ordinare una birra.
Le face un cenno con la testa e si portò alle labbra le birra che Ronda gli aveva appena portato.
-Allora è qui che lavori adesso?- chiese lui puntando lo sguardo su di lei.
La ragazza si abbassò per prendere dei cubetti di ghiaccio, li afferrò con entrambe le mani per poi toglierli dalla bustina nella quale erano riposti nel freezer.

-Ho cominciato oggi, ma sono solo in prova- rispose brevemente continuando a fare il suo dovere.
Manuel prese un altro sorso di birra e venne affiancato da un altro ragazzo
-Porta anche a me una di queste- ordinò il ragazzo indicando la bottiglia che Manuel aveva tra le mani e Lisa diligentemente di avvicinò al frigo per prendere la birra e portargliela.
Continuò a lavorare e a servire diversi clienti mentre Manuel la seguiva con la sguardo per tutto il locale.
Erano quasi le quattro del mattino e i clienti erano pochi. Parecchi camerieri si affrettano a compiere gli ultimi doveri per poi staccare e andare finalmente a casa.
Lisa era esausta, le gambe erano totalmente indolenzite, i capelli  puzzavano di fumo e il viso era segnato dalla stanchezza.
Si guardò attorno e vide gli altri reggevano meglio lo stress fisico.Ci farò l’abitudine, pensò Lisa.
Manuel era ancora seduto al bar e non aveva smesso di seguire Lisa con lo sguardo nemmeno un minuto, ma stanco di rimandare il discorso, si avvicinò.

-Possiamo parlare un attimo?
Aveva la voce rauca e bassa a causa del raffreddore e l’aria afosa nel locale non lo faceva stare meglio.

-Sto lavorando, non posso- rispose evasiva la ragazza continuando imperterrita il suo lavoro.

-Quando stacchi allora- insistè Manuel non volendo arrendersi subito.

Finalmente, Lisa, si fermò e lo guardò in faccia. Prima di parlare sospirò. -Manuel, sono stanca. Non ho fatto altro che sgobbare da una parte all’atra da stamattina, ora voglio solo andare a casa. Ne possiamo riparlare?- Casa. Magari ne avesse una.

Manuel avrebbe voluto ribattere dicendole che potevano parlarne mentre la riaccompagna a casa ma, vedendo il suo sguardo privo di difese, stanco e triste, decise la lasciar perdere. Per quella sera.
Lui aveva già in mente qualcosa per il giorno dopo e senza dire niente se ne andò dal locale.

Le quattro del mattino erano passate da dieci minuti e Lisa era pronta a tornare al Motel se non fosse per la signora, quella che le aveva dato in lavoro quella mattina, che la fermò sulla porta.

-Hai fatto un buon lavoro. Ci vediamo domani alla stessa ora-.

Era stata assunta. Lisa aveva trovato un lavoro.
 

*NOTE*
Ehi, sono tornata. E bene si, sono ancora viva e vegeta e lo sono anche i personaggi di questa fanfic!
Sarete contenti di sapere che ieri ho preso definitivamente le vacanze di Natale e che potrò dedicare anima e corpo a quasta storia a cui tengo particolarmente. Spero che quelle poche anime pie che mi seguivano lo facciano ancora e che non si siano già stancate di me. 
Nei file del compiutere ho già pronti diversi capitoli e se riceverò un caloroso bentornato aggiornerò il prima possibile. Per me, le vostre recensioni, sono di fondamentale importanza e mi spronano a continuare la storia. Non abbondonatemi!
Bando alla ciance, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non sia delusorio. Spero vivamente di no! Mantenetemi aggiornate sui vostri pareri.
Un bacio e un grazie e coloro che hanno messo nelle preferite/seguite/ricordate questa storia e che hanno lasciato una recensione
-bibersell x
  
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