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Autore: Eurydice_    19/12/2014    1 recensioni
'' E così Camille Dubois si ritrovò orfana e sola in una splendida giornata di metà luglio.
Due giorni dopo, il popolo di Parigi insorse per il malcontento e attaccò la Bastiglia. ''
Storia partecipante al contest ' Parla di noi donne, ma come un pittore ' indetto da pearlwaterfall (emsugar su efp) sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Storia partecipante al contest Parla di noi donne, ma come un pittore indetto da pearlwaterfall (emsugar su efp) sul forum di EFP.


Dipinto scelto: Ragazza orfana al cimitero, di Delacroix
Titolo: Crainte
Rating: giallo
Genere: storico, introspettivo
Avvertimenti: //

 
--CRAINTE
 
Rimaneva lì, immobile a guardare quelle due semplici croci di legno.
Rimaneva lì, sotto un cielo privo di stelle.
Rimaneva lì, ad ascoltare le urla lontane di una rivolta vincente.
Rimaneva lì, e intanto il sangue sgorgava copioso dal suo petto.
Rimaneva lì, e aspettava di morire.
E intanto continuava a ripetersi che andava bene così, che avrebbe rivisto i suoi genitori che la carestia le aveva brutalmente portato via, ma continuava ad avere paura.
Quel sentimento le scorreva sotto la pelle,nelle vene, e andava a sostituire il sangue che defluiva poco a poco dal suo corpo.
Non aveva più forze, nemmeno per piangere; poteva solo abbandonarsi ai ricordi, e sperare che l’avrebbero aiutata in quegli ultimi istanti di agonia.
 
 
Se lo ricordava bene, Camille, il giorno del funerale dei suoi genitori. Era soleggiato, e suo fratello la sorreggeva con il volto impassibile e le mani strette a pugno.
Entrambi indossavano il loro vestito buono , se buono poteva essere quell’ammasso consumato di stoffa verdognola.
Era anche riuscita a pettinarsi come sua madre le aveva insegnato: i capelli castani elegantemente puntati dietro la testa , con due ciuffetti ribelli che non era riuscita a tenere a bada.
Era stata una cerimonia estremamente semplice, pagata tutta da uno zio che ancora non era caduto tra le braccia della miseria. Camille lo odiava. Lo odiava per aver mandato loro dei soldi solamente in quel momento, quando ormai la speranza era persa.
Ed anche ora, guardandoli piangere la morte dei loro cari, non muoveva un dito per consolarli; semplicemente stava lì e li fissava con impazienza, esortandoli di tanto in tanto a sbrigarsi.
Dopo quella che le sembrò un’eternità, Camille si sentì tirare per un braccio. Era in ginocchio davanti alla croce sotto la quale riposava sua madre, e suo fratello voleva portarla via.
<< Se vogliamo rimanere con lo zio dobbiamo andare ora, o lui ha giurato che ci lascia qui. >>
Camille fissò il ragazzo a bocca spalancata, non capiva: voleva andare con l’uomo che non li aveva minimamente aiutati?
Scosse la testa, mentre si divincolava per liberare il braccio dalla presa ferrea del fratello. Lei sarebbe rimasta, e sarebbe andata avanti come poteva.
<< Non ci vengo, Alexandre. Io rimango. >>
E allora anche lui la lasciò, diventando l’ennesima persona che usciva dalla sua vita.
E così Camille Dubois si ritrovò orfana e sola in una splendida giornata di metà luglio.

 
 
Due giorni dopo, il popolo di Parigi insorse per il malcontento e attaccò la Bastiglia.
Camille vide il corteo di gente urlante passare davanti al vicolo che ormai era diventata la sua casa e si disse: ‘  perché no? ‘ Dopotutto in parte era anche colpa del governo se i suoi genitori erano morti.
Così si unì a loro, esultando con quella gente per degli ideali che credevano così giusti e che lei a malapena conosceva. Ma rimanere ferma non le era mai piaciuto, e preferiva seguire una folla inferocita che aspettare di morire in un vicolo buio e sporco.
Fece la sua scelta, e non se ne pentì nemmeno quando una baionetta la colpì poco sotto il seno, squarciandole il corpetto ormai sgualcito.
Ma il colpo le fece male. Tanto male. Così tanto che il terrore si impadronì di lei, costringendola a fuggire via, lontano dalle urla, dal sangue, e dal fumo.
Mentre scappava li vide, vide uomini giacere a terra ricoperti di rosso, con gli occhi vitrei che avevano i suoi genitori. E questo la fece piangere. Respirava a fatica per via del fumo che rendeva l’aria pesante, e appena le prime lacrime toccarono le sue guance, corse. Corse come non aveva mai corso in vita sua, incurante della ferita, del sangue, dell’odore di morte che aleggiava per le vie di Parigi.
Corse con un unico pensiero in testa: voleva morire vicino ai suoi genitori.
E nonostante stesse impazzendo per la paura, cercò di calmarsi.
Quindi si calmò, e arrivò a destinazione.
 
 
Perché avesse pensato proprio a quegli episodi durante i suoi ultimi attimi di vita, non lo capì.
Sapeva solo che aveva ancora tanta paura, e che ormai le lacrime si erano asciugate e il sangue scorreva più lento.
Questione di minuti, secondi, forse.
Sentiva freddo, ed era strano, data la quantità scandalosa di sangue caldo e appiccicaticcio che aveva sul corpo.
Sentiva freddo e iniziava ad avere la vista offuscata, e ogni respiro diventava sempre più difficile.
Sentiva ancora il suo cuore, però.
Lo sentiva pompare lentamente quel poco sangue che rimaneva, cercando di rimanere vivo ed efficiente.
Ma stava perdendo la battaglia, Camille lo percepiva chiaramente.
Ed era così strano.
Così strano che quasi non si accorse di aver finalmente ritrovato una strana calma: non aveva più paura.
Sorrise.
E con quel sorriso si arrese all’inevitabile.
Era ormai il 15 luglio 1789, e sotto un cielo coperto dal fumo di una rivoluzione nascente, moriva Camille Dubois.
  
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