Un’improvvisa
folata di vento interruppe la pacifica quiete
della collina desolata. Diversi petali si sollevarono in aria creando
un
affascinante spettacolo di colori. L’immenso giardino
tremò violentemente e un
attimo dopo ci fu una luce abbagliante. Da un portale luminoso
uscì un uomo con
una lunga spada a forma di chiave in mano. Era interamente protetto da
un’armatura, riccamente scolpita in metallo, che dava al
guerriero un aspetto
di imponenza e di potere.
L’uomo fece sparire il Keyblade dal palmo della sua mano
destra e anche
l’armatura svanì in un rapido fascio di luce
dorata. Il normale abbigliamento
di Master Eraqus era costituito da comode vesti da viaggio e da un
camice
bianco; i capelli neri, leggermente ingrigiti, erano in parte legati
verso
l’alto mentre un ciuffo gli ricadeva sul viso. Nonostante gli
innumerevoli
segni del tempo e delle battaglie compiute, Eraqus appariva molto
più giovane
di entrambi i suoi vecchi compagni. Certo, a Yen Sid piaceva possedere
un’aura
di saggezza e a Xehanort un aspetto più mistico e
misterioso, mentre Eraqus
voleva solo difendersi dall’Oscurità e proteggere
la luce. In effetti, se non
fosse per la naturale vecchiaia, il Maestro aveva ancora lo stesso
aspetto di
quando era ancora un apprendista.
Era atterrato in un grande prato di tulipani gialli. Davanti a lui
c’era un
sentiero che portava al centro della città, mentre intorno
alle grandi colline
che la circondavano vi era solo un panorama indistinto, tipico di molti
mondi
che aveva visitato: una pianura verde apparentemente sconfinata.
Il cielo era ceruleo, privo di nuvole, e il sole splendeva.
All’inizio del
sentiero, situato appena fuori dal campo di tulipani, c’era
uno splendido e
imponente arco di legno, alto quasi tre metri e ornato da diversi tipi
di
fiori, quali rose e gerani di vari colori. Sulla parte più
alta dell’arco vi
era inciso, in oro, il nome “Valle Fiorita”.
Eraqus s’incamminò giù per il sentiero.
Dopo aver oltrepassato l’arco di legno,
si poteva scorgere benissimo il villaggio, situato nella parte
più incava della
valle. Era costituito da qualche casetta di legno
e da vasti giardini come quelli in cui il sentiero che stava
percorrendo si
faceva strada, tanti alberi dalle chiome vivaci e un edificio
più grande che
doveva essere il centro principale del luogo; un piccolo fiume
attraversava
interamente il villaggio, dividendolo in due sponde.
Una nuvola enorme copriva la parte più interna del
villaggio, oscurandola. Sì,
quello che Eraqus aveva davanti non era naturale. C’era
qualcosa che non
andava… Sentiva puzza di
oscurità; il
suo sentore si era rivelato corretto. Mentre correva verso il paesello
iniziò a
sentire le urla. Ricordandosi dei propri poteri, fece trasfigurare il
suo
Keyblade nel mezzo volante con cui si muoveva tra i mondi, e ci
montò sopra. In
un baleno scorse il centro del villaggio, la parte più
interna della valle,
quando si rese conto che qualcosa stava mandando in tilt il sistema di
controllo del suo mezzo, e fu costretto e scendere. Poi capì
di cosa si trattava:
un cratere enorme sovrastava la scena; aveva un aspetto impressionante
e
spaventoso. Eraqus era quasi sicuro che prima quell’area
costituisse la piazza
principale del posto. Dalla nuvola nera fulmini si abbattevano intorno
a lui,
mentre quella strana forza magnetica attirava cose sempre
più grosse
all’interno del cratere. La gente iniziò a uscire
dalle proprie case,
terrorizzata e sconvolta. Alcuni bambini piangevano e urlavano mentre i
genitori li conducevano più lontano possibile dal cratere.
Il Maestro comprese che il pericolo non era costituito dal cratere o
dalla
nuvola, ma da qualcosa di terribile presente lì sotto, che
attirava le cose a
sé, magari in cerca di prede.
Non aveva scelta, il suo potere gli dava il dovere morale di combattere
per far
cessare la distruzione e il pericolo. Si avvicinò con passo
deciso al cratere e
si buttò. Non poté neanche esitare,
perché quella forza lo risucchio in un attimo.
Atterrò con un tonfo su qualcosa di duro ma, grazie ai
poteri di cui il suo
corpo era intriso, per lui quella caduta era come fare un salto di un
metro. La
scena che gli si presentò davanti era terrificante: un
mostro enorme,
completamente nero, privo di occhi, si nutriva di ciò che il
cratere
risucchiava. Sembrava che quell’essere, già alto
più di sei metri, diventasse
sempre più grosso grazie a ciò che divorava.
Quando fosse stato abbastanza
grande da abbattere il suolo superiore, per gli abitanti di quel mondo
sarebbe
stata la fine.
La creatura aveva l’aspetto di un leone feroce, dai lunghi
artigli e le zanne
intrise di un liquido verdognolo che poteva essere letale,
all’addome del quale
era attaccato quello che sembrava un serpente. Il felino era
più nero della
pece ed era circondato da un alone oscuro, ma la cosa più
inquietante era la
testa, costituita quasi esclusivamente dal muso. Gli occhi non
c’erano, o
meglio, c’erano solo quelli rossi e scintillanti del
“serpente” attorcigliato,
che a sua volta era privo di bocca, e sembrava che l’intera
creatura fosse
controllata da esso.
Eraqus evocò il Keyblade e si lanciò contro
l’enorme mostro. Quando entrò in
contatto con lui, tuttavia, fu respinto e con violenza andò
a sbattere contro
le pareti rocciose della fossa. Sembrava che la sua speciale resistenza
alle
leggi della fisica si fosse indebolita. Circondato dal caos, il maestro
stava
perdendo i sensi e, prima di cedere al dolore opprimente,
l’ultima cosa che
vide fu un Keyblade in mano a una piccola creatura dai movimenti
rapidi,
provvista di due grandi orecchie tonde, che sfrecciava intorno al
mostro.