Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: _Trixie_    20/12/2014    6 recensioni
[Seguito di Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono e Quando un cuore si spezza.]
«Io e Regina abbiamo un figlio da proteggere. Pensavamo sarebbe stato meglio andarcene, tornare a Storybrooke, se questo fosse stato ciò che Henry desiderava. Dopo quello che abbiamo saputo non lo lasceremo in un mondo pericoloso come questo, senza di noi. Ma quando non ci sarà più motivo di temere della sua vita, sarà lui a decidere se ci vorrà accanto o meno» rispose Emma.
Regina sospirò e chiuse gli occhi. Emma aveva ragione, ma non c’era motivo di parlarne in quel momento.
«Ma questo è il tuo mondo, tesoro, è la tua casa» rispose Biancaneve con un filo di voce.
Emma scosse la testa.
In quel momento, il grido di una donna squarciò l’aria.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VIII
Per iniziare un conflitto
 
 


Emma chiuse la porta alle sue spalle, senza staccare gli occhi dalla schiena di Regina.
Rimasero entrambe in silenzio per qualche secondo, una accanto alla porta e l’altra con le braccia strette attorno al corpo, la figura debolmente delineata dalla luce lunare che entrava dalla finestra.
«Di cosa stava parlando Gold, Regina?» domandò infine Emma con un sospiro. Si mosse verso l’altra donna e le afferrò gentilmente un braccio, perché si voltasse a guardarla. «Un cuore… manca
Regina aveva gli occhi umidi, si schiarì la gola prima di parlare, e quando finalmente lo fece la sua voce uscì chiara e distinta dalla sua bocca, quasi tagliente nell’aria della notte.
«Non manca nessun cuore, Emma».
«Cosa? Ma quel bambino ha det-»
«Quel bambino ha semplicemente detto quello che riesce a sentire e percepire» la interruppe Regina, quasi infastidita.
«E cosa riesce a sentire e percepire?» domando Emma, la voce appena più alta di un’ottava.
«D’accordo, ascoltami con attenzione, Emma».
La ragazza annuì, allontanando la mano del corpo dell’altra e incrociando le braccia.
«Sull’Isola di Euridice io ho scelto te, Emma, nello stesso istante in cui tu hai deciso di spezzare volontariamente il tuo cuore per poterci riportare a Storybrooke».
«Sì, certo che me lo ricordo. Ma non è successo, no? Voglio dire, il mio cuore è qui. Lo sento battere» disse Emma, portandosi una mano al petto.
«Quello che senti battere non è esattamente il tuo cuore, Emma. E non è nemmeno il mio. È nostro. Così come il mio non è… mio».
Scorgendo lo sguardo confuso sul volto di Emma, Regina sospirò. Lei stessa aveva faticato a capire esattamente cosa fosse successo, perché la magia è sempre imprevedibile e porta a risvolti quanto mai inaspettati nella maggior parte dei casi. Sarebbe stato difficile spiegare a Emma, una ragazza poco abituata alla magia, tutta quella faccenda.
«La mia scelta e il tuo incantesimo hanno cozzato l’una contro l’altro» riprese Regina. «Ed erano molto potenti, tanto che entrambi i nostri cuori sono andati in frantumi. E questi frantumi si sono saldati nuovamente insieme in modo caotico e confusionario, mischiandosi, unendosi senza badare a che cuore appartenessero originariamente. Tu hai… parte del mio cuore e io ho parte del tuo. Letteralmente, Emma».
La ragazza fece un passo indietro.
Aveva gli occhi sbarrati e il respiro affannoso. E il suo cuore… il loro cuore, il cuore di entrambe, batteva all’impazzata nei loro petti.
Emma era terrorizzata.
Aveva… metà del cuore di Regina nel suo petto?
Aveva capito bene?
«Aiden crede che un cuore manchi perché i nostri battiti sono perfettamente sincronizzati, il mio cuore batte forte o piano a seconda del tuo e il tuo del mio».
Emma guardò Regina dritta negli occhi e riempì i polmoni di ossigeno. Barcollò sul posto, la testa leggera turbinava di pensieri e domande e paure.
«E se… se…»
Emma si morse il labbro cercando di controllare il proprio balbettare.
«E se il mio cuore smettesse di battere, il tuo…»
«Non lo so. Non è mai successa una cosa del genere a nessuno, ma credo… credo che anche il mio smetterebbe di battere».
«E cosa dannazione aspettavi per dirmelo?!» sbottò Emma, furiosa. «Sono una maledetta bomba a orologeria, Regina! Potrei ucciderti».
«Emma…»
«No, niente Emma, Regina!»
La donna distolse lo sguardo da Emma, mordendosi il labbro inferiore e ricacciando indietro le lacrime.
«Cazzo! Vaffanculo!» urlò la ragazza mettendosi una mano tra i capelli. «Vaffanculo!».
«Emma, per fav-»
«No! No, è come se avessi un coltello puntato alla tua gola, Regina, senza poterlo spostare pur dovendo starnutire. Potrei ucciderti da un momento all’altro».
«Non stai per morire, Emma».
«Non puoi saperlo».
«Ma-»
«E hai pensato a Henry?»
«Ci perderà, entrambe. Come pensi che io-» Emma si interruppe all’improvviso, scuotendo la testa. «Ogni volta in cui ho rischiato la mia vita, l’ho fatto sapendo che tu e Henry sareste stati al sicuro. Non faccio un solo passo, non faccio un solo respiro, senza essere certa che voi siate al sicuro. Ora… ora sarò terrorizzata ogni secondo della mia vita. Come pensi che io possa proteggerti, in questo modo? Se non posso nemmeno… farti scudo con il mio corpo, se non posso… Come hai potuto tenermelo nascosto, Regina?»
Regina le aveva di nuovo voltato le spalle e se ne stava lì, con le braccia strette attorno al corpo a prendere respiri profondi e a ricacciare indietro le lacrime, perché l’ultima cosa che voleva mostrare a Emma, in quel momento, era debolezza.
«Non te l’ho nascosto. Non è stato difficile capirlo per me, Emma, non sapevo come spiegartelo, non sapevo come fare in modo che tu lo compren-»
«Oh, Dio» la interruppe la ragazza.  «Non conosci la magia, Emma; lascia fare a me, Emma; fa’ come ti dico, Emma!; faccio da sola, Emma. Già. Giusto. Perché la povera Emma è una cogliona senza cervello, incapace di comprendere i rudimenti della magia o di fare un incantesimo senza la potente e perfetta Regina. Ovviamente. Mentre Regina può fare quel cazzo che vuole quando lo vuole. Può persino strapparsi il cuore dal petto per hobby, non è vero?»
«Emma, ora sei ingiusta, lo sai benissimo che non ho mai detto di nulla questo».
«Sono un’arma costantemente puntata contro il tuo dannatissimo cuore, Regina-dannazione-Mills» disse Emma, con voce bassa e greve.
«E io lo sono per te!» urlò Regina, finalmente voltandosi e puntandole un dito contro, con le guance arrossate dalla foga e gli occhi lucidi. «Non credere che non lo sappia, non credere che non abbia pensato a Henry. Lo so benissimo, Emma, lo so quanto male potrei fare a te e quanto ne potrei fare a nostro figlio. Ma ora che sai che cosa non va in noi, Emma, dimmi che cosa è cambiato. Nulla, ecco cosa è cambiato. Siamo ancora l’una la morte dell’altra e l’unica cosa che abbiamo ottenuto è stata terrorizzarti. Tu vuoi… proteggermi, come se io non sapessi difendermi da sola, come se io non volessi proteggere te e Henry. Non vomitarmi addosso la tua rabbia, Emma Swan, come se tutta questa faccenda fosse solo ed esclusivamente un mio capriccio».
«Nulla di tutto questo sarebbe mai successo se tu non avessi-»
«Se io non avessi cosa? Se io non avessi desiderato essere una persona degna del tuo amore e di quello di Henry, tutto questo non sarebbe mai successo? Beh, prova a sentire questa, Emma-io-faccio-sempre-la-cosa-giusta-a-differenza-di-Regina-Swan: se tu non mi avessi raggiunta sull’Isola di Euridice abbandonando nostro figlio, nulla di tutto questo sarebbe mai successo!»
«Anche tu l’hai abbandonato!» urlò Emma. «E non puoi inserire tante parole tra il nome e il cognome, perde di efficacia!» continuò la ragazza, sempre sullo stesso tono.
«Invece posso!».
«Giusto, perché tu sei Regina e puoi fare qualsiasi cosa. Puoi farmi innamorare di te e farmi sentire viva e amata per la prima volta nella mia vita e poi morire tra le mie braccia, non è vero, Regina? Tu puoi e al diavolo Emma Swan. Lei è un’eroina, lei farà la cosa giusta, lei sopravvivrà. Beh, vaffanculo, Regina, perché quella notte mi hai uccisa con te e non te ne è fregato un cazzo!»
Il pavimento sotto i loro piedi tremò, come se una scossa di terremoto si fosse appena sprigionata dai loro piedi. Stavano perdendo il controllo della loro magia.
Nessuna era sicura su chi delle due fosse stata la causa di quel dissesto, forse Emma, forse Regina o forse entrambe, ma non aveva importanza.
Dovevano riguadagnare il controllo.
«Vaffanculo» disse di nuovo Emma, senza urlare, con rabbia.
Si voltò, lanciando un’ultima occhiata a Regina.
«Me ne vado, Regina».
Emma raggiunse la porta in pochi secondi, con falcate ampie e veloci, la magia che le scorreva nelle vene le illuminava le mani di un bianco venato di striature nere.
«Emma!» sentì urlare la ragazza, un urlo pieno di disperazione e di frustrazione, un urlo che lasciò Regina senza fiato, nello stesso modo in cui la lasciava il suo amore per Emma.
La ragazza lo sentì riecheggiare nelle sue orecchie per secondi interi, rimbalzando su ogni muro del palazzo.
O forse, semplicemente, riecheggiava nel loro cuore.
 
 
«Ehi».
Emma entrò in biblioteca senza bussare, sperando che la flebile luce delle candele non mettesse in evidenza i suoi occhi rossi.
Aveva pianto e avrebbe pianto ancora se fosse rimasta da sola, con le mani in mano, a pensare a quanta responsabilità le fosse caduta sulle spalle.
La vita di Regina, aveva la responsabilità della vita di Regina.
Era un fardello tanto grande e pesante che Emma non riusciva nemmeno a respirare al pensiero.
Non era come amarla, amarla con la consapevolezza di potersi mettere in pericolo per lei, di poter morire, per lei, se necessario.
Quello… quello in confronto era una passeggiata.
Si trattava di vivere per Regina. E questa era tutta un’altra storia.
Come avrebbe fatto a tenerla al sicuro, se lei stessa era la sua condanna a morte?
E Henry… Dio, non poteva nemmeno pensare a suo figlio senza sentire le gambe piegarsi e la testa vorticare. Erano appena tornate da lui, dopo averlo lasciato solo, e ora quel ragazzino avrebbe potuto perderle di nuovo, entrambe, in un battito di ciglia.
E sarebbe stato davvero semplice, morire.
Regina non se ne rendeva conto.
Regina… quanto amava Regina.
Ma ora doveva respirare, respirare e basta, e tenere la mente per quanto possibile occupata.
«Qualcosa di nuovo?» domandò Emma, dopo essersi schiarita la voce.
«Sicura di non aver già avuto abbastanza novità per oggi, signorina Swan?» domandò la voce melliflua del signor Gold, facendo irritare Emma. «Nonostante le apparenze, lei non è certo una donna tutta d’un pezzo».
«Emma, di cosa-»
«Nulla» tagliò corto la ragazza, impedendo a sua madre di concludere la domanda. «Solo… una questione tra me e Regina, nulla di rilevante».
«Sì direbbe che questa faccenda l’abbia fatta a pezzi, Emma» intervenne di nuovo Gold. «E abbia scosso tutti quanti. Ha perso il controllo della sua magia e il pavimento ha tremato, non è vero? Più che sua in realtà-»
La ragazza, che si era avvicinata al tavolo attorno al quale si stava discutendo la prossima mossa, sbatté con violenza la mano sul tavolo.
«Ho chiesto: ci sono novità?» ripeté, tenendo lo sguardo furioso puntato su Gold.
Biancaneve e il Principe si scambiarono uno sguardo allarmato. Quella reazione così… violenta e autoritaria li aveva colti di sorpresa.
Tremotino doveva aver toccato un tasto particolarmente dolente, per aver spinto la ragazza a reagire con tanto fervore.
Frederick si schiarì la voce.
«Nessuna novità».
Emma spostò lo sguardo sull’uomo.
«Grazie» disse, freddamente.
«Abbiamo messo Gold al corrente della situazione e lui ci ha garantito il suo aiuto nella faccenda» intervenne David, accarezzando il braccio della figlia con la mano.
I muscoli di Emma non rilasciarono la tensione, ma si irrigidirono maggiormente.
«In cambio di cosa?» domandò lei, sospettosa.
«Oh, nulla di importante» rispose l’uomo.
«In cambio… sarà lui ad eseguire la sentenza di morte del conte Marvos» spiegò David.
«Sentenza di morte?» domandò Emma, confusa. «Aspettate, di cosa state parlando?»
«Il conte Marvos è un Traditore della Corona, un Usurpatore, e pertanto andrà punito con la morte» rispose Frederick senza battere ciglio, come se stesse spiegando un’operazione elementare a un bambino.
Emma lo guardò incredula.
«Volete… uccidere un uomo».
«Giustiziarlo» la corresse Frederick.
Emma rise, ironicamente.
«Certo» disse Emma, alzando le mani in segno di resa. «L’omicidio da queste parti prende il nome di giustizia».
«Marvos ha-»
«E lei, Gold, vuole solo servire la giustizia, non è vero?»
«Certo che no, signorina Swan. Ho un conto in sospeso con quell’uomo» rispose Tremotino, come se stesse correggendo Emma dall’aver detto una grande e colossale sciocchezza.
«E voi… siete tutti d’accordo, immagino».
«Cosa suggerisci di fare?»
«Tenerlo in prigione, per il resto della sua vita» rispose Emma, semplicemente.
Frederick rise.
«Se facessimo così per ogni criminale, la Corona andrebbe in bancarotta dall’oggi al domani!»
«Tuo suocero caca oro».
«Emma!» esclamò scandalizzata Biancaneve.
«Probabilmente non è nemmeno una battuta» commentò Ruby, sussurrando.  
«Beh, sembra che la cara signorina Swan abbia assimilato il caratterino della sua dolce metà» commentò Gold, ridendo sardonico. «Aggiungendoci un tocco personale, naturalmente».
«Principessa Emma, io non credo che voi-» iniziò diplomaticamente Frederick.
«Oh, quello che vuoi, al diavolo, ho avuto una gran giornata di merda e non ho intenzione di stare qui a sentire le vostre stronzate» lo interruppe Emma. «Mi interessa solo di mia sorella e mio figlio. C’è una congiura, di cui non sappiamo praticamente nulla, che li mette in pericolo, quindi tutto quello che voglio è che loro siano al sicuro. Credo che dovrebbero andare a Storybrooke, per un po’».
Fu Ruby a risponderle, l’unica che non era rimasta eccessivamente sorpresa dallo sbotto violento di Emma.
«Ethel e Aiden partiranno per Storybrooke il prima possibile, con Abigail e Belle. Per quanto riguarda Henry… naturalmente vorremmo tutti che lui non rimanesse qui, ma la scelta è, naturalmente, sua».
«Bene» annuì Emma, senza chiedersi per quale motivo Belle avesse acconsentito a tornare a Storybrooke con Aiden. Evidentemente era una madre migliore di lei e non avrebbe mai abbandonato suo figlio, per nulla al mondo, soprattutto non con il rischio di lasciarlo orfano di entrambi i genitori.
Lei e Regina erano chiaramente incapaci di fare le madri.
Emma fece vagare lo sguardo sui presenti: i suoi genitori, con un’espressione preoccupata in volto; Ruby, che sembrava volerle porre cento e una domande; Gold, con il suo irritante sorrisetto e Frederick, sinceramente incuriosito da quella strana ragazza.
«Aggiornatemi, se arriva qualche novità» disse Emma, prima di voltarsi per uscire dalla biblioteca.
 
 
Regina sentì un leggero bussare alla porta e, per un folle istante, pensò si trattasse di Emma.
Naturalmente non poteva trattarsi della sua ragazza, perché non avrebbe bussato in quel modo, no. Emma sarebbe semplicemente entrata nella stanza come un ciclone, come era entrata nella sua vita, con tutta la sua impertinenza, con tutta la sua dolcezza.
Già, non si trattava di Emma.
Regina andò ad aprire la porta, gettandosi una vestaglia sopra la camicia da notte e, per un istante, credé di essersi immaginata quel tocco, perché non scorse nessuno sulla soglia.
Ma poi abbassò lo sguardo e incontrò quello di Ethel, che le gettò le braccia attorno alle gambe, stringendola.
«Ethel, tesoro» disse Regina, appoggiandole una mano sulla nuca. «Cosa ci fai qui?»
«Posso dormire con te?»
Regina la guardò per qualche istante, confusa e disorientata, chiedendosi se fosse successo qualcosa, se Ethel avesse paura di rimanere sola di notte.
«C’è qualcosa nel castello» rispose la bambina.
Regina si accigliò, ricordandosi di quando Henry bussava alla sua porta, terrorizzato dagli incubi. Poi la donna si sciolse delicatamente dell’abbraccio di Ethel e si chinò, per poterla prendere in braccio.
Poggiò la maggior parte del peso della bambina sul proprio fianco, prima di rientrare nella propria stanza e chiudere la porta.
«Non vuoi dormire con la mamma e il papà?» le domandò Regina, dopo averle dato un bacio sulla guancia.
Ethel scosse la testa, prima di nasconderla tra i capelli della donna e stringerle le braccia intorno al collo.
«Non stanno dormendo. Dov’è Emma?»
Regina ci pensò, per un solo istante, ma subito si costrinse a visualizzare ogni minimo dettaglio del letto che aveva davanti a sé, dagli intagli nella testata alle pieghe delle lenzuola.
Non doveva pensarci minimamente, o avrebbe finito per intristire Ethel.
«Non è qui, tesoro, aveva da fare» rispose semplicemente Regina, chinandosi per adagiare la bambina sul materasso. Si tolse la vestaglia, prima di coricarsi accanto a lei e coprire entrambe, con attenzione, in modo che il freddo notturno della Foresta Incantata non gelasse loro le ossa.
«Forse è con la mamma e il papà».
«Sì, credo proprio di sì, Ethel» annuì Regina, dandole un buffetto sul naso. «Ora cosa ne dici di dormire? Non devi avere paura di nulla, lo sai?»
«Perché ci sei tu a proteggermi» rispose la bambina.
La donna sorrise e le accarezzò i capelli, stringendola a sé con l’altra mano.
Regina ascoltò il respiro di Ethel che rallentava di secondo di secondo, diventando sempre più profondo. Nel giro di pochi minuti, la bambina si era addormentata tra le sue braccia e calde lacrime avevano iniziato a scorrere, silenziose, lungo le guance della donna.
Emma.
Le mancava Emma.
Sentiva il suo cuore, il loro cuore, battere contro le sue costole. Non velocemente, non all’impazzata, ma violentemente, come se ogni battito contenesse tutta la forza di cui era capace e la indirizzasse contro il suo petto per poterne uscire.
A Regina faceva male il cuore.
E a Regina mancava Emma.
E le mancava Henry.
Le mancava la sua famiglia.
La donna strinse con più forza Ethel al proprio corpo e si chiese per quale motivo finiva sempre per rovinare tutto ciò che di buono riusciva ad ottenere nella vita.
Forse doveva smettere di lottare, forse doveva smettere di provarci.
Forse lei era incapace di essere felice.
Regina chiuse gli occhi.
C’erano così tante cose che avrebbe voluto dire a Emma, in quel momento. Eppure nessuna le sembrava abbastanza per… per farla tornare da lei.
Non era stato facile nascondere quello che aveva intuito su di loro, sulla loro magia, sui loro cuori. Non era stato facile nemmeno capirlo.  
E quando alla fine era stata sicura dell’esattezza della sua supposizione, non aveva trovato il coraggio di dirlo a Emma.
E cosa avrebbe potuto dirle?
Ehi, il nostro amore ci ha portata a una condanna di morte reciproca, divertente, vero?
Già.
Regina sapeva che quella notte non sarebbe riuscita a dormire, non senza Emma, non da sola dopo quello che era successo.
Nonostante il corpicino caldo di Ethel fosse una presenza rassicurante accanto a lei, la bambina non bastava a scacciare i demoni dall’animo di Regina.
La donna prese un respiro profondo, poi si passò una mano sul viso, una pallida luce bianca ne illuminò i tratti, prima che Regina si addormentasse.
Era un incantesimo semplice, tra i primi che aveva imparato ad eseguire.
Non sarebbe stato come dormire sul serio, non avrebbe sognato nulla e la mattina seguente si sarebbe svegliata frastornata e stanca, ma almeno non avrebbe corso il rischio di pensare, pensare ossessivamente a Emma, a quanto le mancasse, a quanto stesse soffrendo.
L’incoscienza era l’unica cosa che l’avrebbe aiutata in quel momento, così Regina dormì.
 
 
Henry accompagnò Oliver davanti alla sua camera da letto.
Nessuno dei due parlò, lungo il tragitto dalla biblioteca, scortati, per sicurezza, da un paio di guardie.
Davanti alla porta, Henry si fermò imbarazzato e porse la mano a Oliver, maledicendosi immediatamente per quel gesto.
Insomma, non si stava presentando, no? E non voleva sembrare freddo e poco cordiale agli occhi di Oliver, ma ritirarla sarebbe apparso come un gesto di gran maleducazione.
Così Henry rimase lì, con il braccio rigidamente teso e le orecchie rosse dall’imbarazzo, fino a quando Oliver non gli strinse la mano.
Con orrore, il ragazzo più grande si rese conto di quanto le sue dita fossero sudate.
«Sc-scusami…» tentò, balbettando.
Oliver scosse la testa, ma non rispose.
«Bu-Buonanotte, allora» continuò Henry, «Se… se ti va, qualche volta potremmo parlare, sai? Non capita molto spesso che ragazzi della mia età alloggino al castello e io, insomma, pensavo che, ecco, sai, con tutto quello che sta succedendo, magari ti va… insomma, di scambiare due parole, ecco».
«Oh» disse Oliver, sorpreso. «Ora?»
«No!» esclamò Henry, quasi urlando, prima di rendersi conto di aver probabilmente spaventato il ragazzo. «Voglio dire, anche, no, intendo, se vuoi».
«Certo» rispose Oliver, sorridendo incerto.
Henry annuì con la testa e lanciò un breve sguardo alle guardie, facendo loro segno di congedarsi. Queste accennarono un inchino, poi si misero all’inizio del corridoio, così da presidiarlo per la notte.
Biancaneve era diventata ossessionata dalla sicurezza all’interno del castello.
I ragazzi li osservarono mettersi ai posti di guardia, prima che Oliver aprisse la porta e facesse segno a Henry di precederlo.
 

«Non voglio tornare a Storybrooke».
«Belle, ne abbiamo già parlato, dobbiamo fare la cosa migliore per Aiden».
Il bambino, che stava giocando seduta a terra accanto al fuoco, iniziò a piangere.
Belle si affrettò verso di lui e si chinò a prenderlo in braccio. Lo cullò e gli baciò la testa, chiedendogli dolcemente che cosa non andasse.
Aiden sembrò calmarsi un po’ e Belle gli sorrise.
Tremotino prese un sospiro profondo.
«Belle, ti ho raccontato quanto sia pericolosa la situazione qui, non possiamo tenere Aiden in questo castello» tentò con gentilezza l’uomo.
Bello lo guardò accigliata.
«Sono sicura che Abigail si prenderà cura di Aiden come si deve» rispose la donna. «E appena tutto sarà finito, tornerò a Storybrooke».
«Belle, non-»
«Smettila di dirmi cosa devo fare» lo interruppe Belle e Aiden si mise nuovamente a piangere, attirando l’attenzione di entrambi i genitori.
Belle riprese a parlargli dolcemente e accarezzargli la testa.
Tremotino, senza una parola, si diresse alla porta.
Prima di raggiungere la Foresta Incantata, aveva fatto bere a suo figlio una pozione in grado di attenuare la forza di sentimenti ed emozioni, il cui effetto era tuttavia temporaneo e, soprattutto, non bastava a fargli da scudo da quelle troppo violente.
Doveva andarsene da quella stanza per non infliggere altro dolore al piccolo e doveva andarsene subito.
Tremotino chiuse la porta dietro di sé.
E Belle scosse la testa, incredula.
Aiden continuò a piangere ancora a lungo.
 

«Emma!»
La ragazza si voltò non appena sentì chiamare il proprio nome.
Si trovava sui bastioni del castello e stava camminando alla luce della luna e delle fiaccole incastrate tra le pietre lungo tutte le mura, con la sola intenzione di far passare il tempo,
Non aveva altro posto in cui andare e certo non si aspettava che qualcuno riuscisse a stanarle da quelle parti, ma certo non aveva fatto i conti con l’olfatto da lupo di Ruby.
«Emma» ripeté l’altra, non appena l’ebbe raggiunta.
«Rubs, ehi»
«Ehi» rispose la ragazza, spostando il peso da un piede all’altro e guardando a terra per qualche secondo, prima di sollevare lo gli occhi verso quelli arrossati di Emma.
«Oh, tesoro» sospirò Ruby, gettandole le braccia al collo e stringendola a sé. Le accarezzò i capelli e dondolò sul posto, sentendo come Emma cercasse di combattere contro i singhiozzi che le ostruivano la gola.
«Sto-sto bene, Rubs» singhiozzò Emma, che stava ricacciando indietro le lacrime con l’aiuto di tutta la forza di volontà di cui era capace. «Sto bene».
«Vuoi parlarne?» le sussurrò gentilmente Ruby, senza lasciarla andare.
Emma scosse la testa.
«È solo che… non me l’ha detto» disse, con la voce spezzata. «E l’ultima volta che-che mi ha nascosto qualcosa… lei… lei…».
A Emma mancò l’aria.
Si allontanò dal petto di Ruby e si mise una mano sulla gola, cercando di prendere respiri profondi e calmarsi.
Lentamente, con sforzo, riuscì di nuovo a riempire i polmoni di aria.
Ruby le stava accarezzando la schiena con la mano.
«Lo so, Emma, lo so».
La ragazza, con gli occhi gonfi e il viso macchiato di lacrime si morse il labbro e si strinse nelle spalle.
«Doveva solo dirmelo, Rubs, doveva solo dirmelo» disse Emma, quasi con rabbia. Poi prese le mani di Ruby tra le proprie e le strinse, accennando un sorriso con gli angoli della bocca.
«Devo… devo andare».
«Sai dove trovarmi, se hai bisogno di me» rispose semplicemente Ruby, stringendosi nelle spalle.
Emma annuì, poi si allontanò dall’amica.
Voleva rimanere sola, ancora per un po’.
Perché l’ultima volta che Regina le aveva tenuto nascosto qualcosa, poi le era morta tra le braccia.
 

Belle sentì bussare alla propria porta.
Aiden si era appena addormentato, anche se il suo sonno sembrava agitato, così come lo era l’animo di Belle.
Si alzò dalla sedia accanto al piccolo letto di suo figlio, dove stava leggendo un libro alla luce del fuoco, e andò ad aprire, ritrovandosi davanti Ruby.
«Oh, Rubs, ciao» la salutò Belle, con un sorriso.
«Ciao» rispose la ragazza, guardando nervosamente all’interno della stanza e cercando di mascherare il fatto che stesse fiutando l’aria. «Tremotino è…?»
«Non è qui, non so dove sia andato».
Ruby annuì.
«Ma entra, che maleducata, siediti pure» la invitò Belle.
Ruby fece come le era stato detto e notò subito Aiden addormentato.
Il breve incontro che aveva avuto con Emma l’aveva convinta che nascondere quello che sapeva su Aiden non avrebbe aiutato Belle in alcun modo. Lei era sua madre e aveva tutto il diritto di conoscere il possibile su suo figlio.
Ruby prese un respiro profondo.
«Va tutto bene?» le chiese Belle, avvicinandosi incerta e mettendole una mano sul braccio.
«So che cosa ha il cuore di Aiden».
Belle spalancò gli occhi e la bocca.
«Oh».
Tornò a sedersi sulla poltrona accanto al camino, senza aggiungere altro, e Ruby si inginocchiò di fronte a lei, prendendole una mano.
«Come lo hai scoperto?» domandò Belle.
«Non ha importanza».
«Tremotino lo sa, non è vero?»
Ruby prese un respiro profondo e annuì.
«Ora però ascoltami, d’accordo?»
Belle deglutì.
Dopo un attimo di pausa, Ruby le raccontò tutto quello che sapeva sul potere di Aiden, cercando di spiegarsi nel modo più chiaro possibile, parlando lentamente, tentando di non perdersi nelle lacrime di Belle che iniziarono a riempirle gli occhi con la stessa lentezza con cui la ragazza prendeva consapevolezza della situazione.
Quando Ruby smise di parlare, Belle stava scuotendo la testa, incredula, cercando di parlare.
«No» fu tutto ciò che disse. «No!»
Belle diede una spinta alle spalle di Ruby, cercando di allontanarla, ma la prontezza di riflessi della ragazza e la sua forza da lupo le impedirono di ruzzolare a terra.
«Belle, ascolta».
«No, no!»
«Ehi…»
Belle piangeva e urlava e cercava con tutte le sue forze di allontanare Ruby, spingendola, afferrandole la spalle e graffiandole le mani.
«Sveglierai Aiden, ti prego».
Belle era furiosa.
Furiosa con suo marito, furiosa con Ruby, furiosa con sé stessa perché in quel preciso momento stava facendo del male a suo figlio.
Perciò, udendo il nome di Aiden, la donna cercò di calmarsi e dominare la sua rabbia. Provò a riguadagnare il controllo su sé stessa, ma le lacrime sembravano non voler smettere di scendere.
«Belle…»
La voce di Ruby era dolce e la ragazza smise di stringere la ciocca di capelli dell’altra che stava tirando, rannicchiandosi e portando le ginocchia al petto.
Ruby si issò sul bracciolo della poltrona e la strinse al petto.
«Va tutto bene, Belle, sistemeremo anche questo, d’accordo?»
Nuovi singhiozzi sfuggirono alle labbra di Belle, ma dopo qualche minuto le carezze e la presenza di Ruby la riportarono alla realtà e la ragazza si asciugò il viso con il dorso della mano.
«Sc-scusa» disse, con le labbra tremanti, dopo esserci accertata con uno sguardo che Aiden fosse ancora addormentato.
Il bambino dormiva, ma stava chiaramente avendo degli incubi, a giudicare dal modo in cui si dimenava tra le coperte.
Ruby ne seguì prontamente lo sguardo e si affrettò ad alzarsi e prenderlo tra le braccia, con delicatezza.
Tornò a sedersi sul bracciolo della poltrona dopo aver passato Aiden a sua madre, che ora lo stava cullando.
«Vedrai che sistemeremo anche questa, Belle» le sussurrò Ruby di nuovo, accarezzandole i capelli e osservando come Aiden, lentamente si stesse calmando tra le braccia della donna.
 

«Henry non vorrà andare a Storybrooke» disse David, infilandosi a letto accanto a sua moglie.
«Già. E immagino che Regina farà esplodere qualche specchio, a riguardo».
«Credi che il lieve tremore del pavimento di oggi sia stato…?» iniziò l’uomo, lasciando la domanda in sospeso.
Biancaneve prese un respiro profondo.
«Sia stato provocato da Regina?»
David annuì, appoggiando un braccio sopra lo stomaco della donna e il viso sulla sua spalla.
«Credo siano state Regina e Emma» disse Biancaneve.
«Cosa credi che sia successo?»
Biancaneve scosse la testa, voltandosi per poter baciare il marito.
«Non ne ho idea, ma credo che dovremmo riposarci un po’. Tra poche ore sarà già l’alba» considerò la donna, con un sospiro rassegnato.
«In effetti potremmo dormire» sussurrò David, «oppure potremmo-»
«Sta arrivando!»
«Brontolo!» urlò Biancaneve, mettendosi a sedere di scatto.
Il nano era appena entrato nella loro camera, a perdifiato, senza bussare o annunciarsi in alcun modo.
Respirava affannosamente e il suo volto era arrossato, come se avesse corso per l’intero castello. Cosa che, probabilmente, era davvero successa.
«Chi sta arrivando?» domandò Biancaneve, gettandosi uno scialle sulle spalle lasciate nude dalla camicia da notte.
David gemette sconsolato.
«Un esercito!» rispose il nano, per nulla imbarazzato dalla situazione.
«Un esercito?» esclamarono all’unisono Biancaneve e il Principe, increduli e terrorizzati allo stesso tempo.
«In realtà non è che sta davvero arrivando, ma…» considerò Leroy, come se stesse dando un giudizio sull’ultimo libro che aveva letto, «si sta ammassando al confine nord-occidentale».
«Il regno di Mida» disse immediatamente David.
«Proprio quello» annuì Brontolo. «E ci è appena giunta questa, attraverso un corvo. Immagino fosse un corvo. Volava. Ed era nero. Sono abbastanza sicuro fosse un corvo».
Il nano porse a Biancaneve una pergamena arrotolata, che la donna si affrettò ad appianare.
David appoggiò il mento sulla spalla della moglie per poter leggere e Brontolo scrutò ansiosamente i loro occhi che viaggiavano sulle righe scritte su quella  missiva.
«Re Marvos» disse David, leggendo la firma in calce con disgusto. «Vuole Abigail e Frederick».
«E Oliver» aggiunse Biancaneve. «Qui dice: “i membri della decaduta famiglia reale”».
David scosse la testa.
«Naturalmente non cederemo al ricatto».
«No, naturalmente no» disse Biancaneve. «Forza, dobbiamo mettere tutti al corrente della situazione, immediatamente. E far partire Abigail e i bambini per Storybrooke al più presto».
David si lasciò cadere sul cuscino e si strofinò il volto con le mani, prima di alzarsi dal letto.
«Mi state prendendo in giro?» si intromise Brontolo, cogliendo entrambi di sorpresa. «Quella pergamena dice che rifiutare di consegnare la decaduta famiglia reale sarà considerato un atto di guerra, perciò fatemi capire, stiamo per iniziare una guerra contro questo Marvos?»
«Sì» rispose Biancaneve senza esitazione.
«Ovviamente» convenne Brontolo, rassegnato.  
 
 
 
NdA
Quindi… abbiamo scoperto che problema abbiano Emma e Regina e la ragazza non l’ha presa decisamente bene.
(Dops, non lanciarmi frecciatine nelle note. Il ritardo non è dipeso da me, anzi. Tecnicamente è colpa tua, quindi shhh, ma sì, grazie per i betaggi. Mwah <3).
Grazie a tutti ;D
Trixie
Dopey&Tucky
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: _Trixie_