Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: ladyme    21/12/2014    1 recensioni
«È così che va a finire? Un giorno ti svegli e tutto è andato a puttane?» chiede avvicinandosi a me e appoggiandosi al frigo. Lo guardo e sospiro senza commentare, senza ribattere, sono stanca voglio solo andare a dormire.
«Vorrei andare a dormire».
«Cazzo Mia, sto solo cercando di salvare questo rapporto, ma non mi sembra che a te interessi più di tanto». Batte il pugno destro sul tavolo e io sobbalzo, chiudo gli occhi e per la seconda volta non reagisco. «Porca puttana guardami».
Mi siedo nello stesso angolo del divano in cui mi ero addormentata, Michael Bublé non canta più, gli ultimi pezzi di brace rossi si sono raffreddati e con loro la stanza.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Fa freddo e fuori piove, descrizione banale e concisa di una tipica serata d’autunno.
La pioggia si sente chiaramente battere sulla finestra, sovrasta l’ennesima canzone di Michael Bublé che l’iPod riproduce, la tazza di thè caldo appoggiata sul tavolino in vetro ormai si è raffreddata e il fuoco nel camino si è spento senza che noi ce ne accorgessimo, addormentati ognuno nella sua parte di divano dove solo i piedi appena si toccano per mancanza di spazio.
Niall si sfiora il naso con il dito indice e continua a dormire con la bocca leggermente aperta, il raffreddore della scorsa settimana non gli è ancora passato del tutto, lentamente mi sposto cercando di non svegliarlo, mi stringo le gambe al petto e mi rannicchio nell’angolo.
Lo guardo come una mamma guarda un bambino, con speranza, ammirazione e paura che qualcosa in quel sonno così apparentemente tranquillo possa andare storto, il suo petto si alza e si abbassa ad intervalli regolari, mi concentro su quel movimento come se sapessi che da un momento all’altro potrebbe terminare.
Allungo la mano verso la tazza fredda, la porto alla bocca e ne bevo un sorso storcendo in seguito le labbra, non mi piace il thè freddo. 
«Cosa bevi il thè freddo se ti fa schifo?» chiede Niall con la voce impastata stropicciandosi gli occhi con il dorso delle mani.
«Non ho voglia di litigare ancora, se vuoi domani ti sposto un cd del tuo scaffale così puoi iniziare da lì ad urlarmi contro, ma stasera sono stanca». Mi alzo dal divano spostandomi verso la cucina mentre lui si tira su a sedere. «Me ne vado a letto».
«È così che va a finire? Un giorno ti svegli e tutto è andato a puttane?» chiede avvicinandosi a me e appoggiandosi al frigo. Lo guardo e sospiro senza commentare, senza ribattere, sono stanca voglio solo andare a dormire.
«Vorrei andare a dormire».
«Cazzo Mia, sto solo cercando di salvare questo rapporto, ma non mi sembra che a te interessi più di tanto». Batte il pugno destro sul tavolo e io sobbalzo, chiudo gli occhi e per la seconda volta non reagisco. «Porca puttana guardami».
«No, non ti voglio guardare» urlo. «Non voglio più vedere il tuo sguardo accusatorio, non voglio più sentire le tue urla contro di me, voglio solo andare a dormire, lasciami andare». Piango. L’ennesima crisi mi è scappata di mano. Si avvicina a me, ma io mi allontano. Tremo. 
«Calmati. Respira». Ripete queste parole come un mantra. Mi lascio scivolare lungo il mobile della cucina e mi siedo a terra, faccio fatica a respirare e le sue parole non aiutano, non questa volta. Si china vicino a me. «Basta Mia, basta». Certo come se potessi far smettere questo caos dentro di me con uno schiocco di dita.
«Lasciami». Sposto bruscamente il mio braccio sinistro su cui lui appoggia le mie mani, lui fa un passo indietro. Sospira alzandosi e allontanandosi lungo il corridoio.
Nascondo il viso tra le mani pregando di scomparire, sono esausta.
«Credo passerò la notte da Liam». La voce arriva dalla camera da letto insieme al rumore dei cassetti che prima si aprono e poi si richiudono sbattendo contro il comò. Mi trascino lungo il corridoio e mi appoggio allo stipite della porta, lui ha lo sguardo basso.
«Ti serve tutta quella roba per una notte?» chiedo, Niall alza lo sguardo dal borsone e poi velocemente li riabbassa. 
«Forse sarà più di una notte» si corregge.
«In poche parole te ne stai andando». Sbatto leggermente la mano sul muro senza accorgermene, mi mordo  il labbro inferiore e sospiro. «Capisco».
«No, non capisci ». Si avvicina a me. «Io non voglio andarmene, io non voglio passare la notte fuori da questa stanza, non voglio lasciarti sola, ma non mi dai alternativa, tu non mi vuoi più qui.Tu non vuoi più nessuno vicino a te».
«No, non è vero. Io...». Non finisco la frase che lui mi ha preso la mano.
«Vorrei poterti far salire su Betty e portarti lontano dai tuoi pensieri, ma mi hai chiuso fuori e nulla mi permetterà di rifarne parte». Mi lascia la mano passando vicino a me, non mi volto se non quando sento la porta dell'appartamento chiudersi dietro di lui. 

«Signorina buon pomeriggio, allora viene a fare un giro sul mio umile cavallo», la voce roca di Niall usciva allo stesso modo amorevole dal casco giallo che ancora aveva indosso. 
«Dubito che qui ci sia un solo cavallo», risposi accarezzando dolcemente la carena nera e novellina, non sembrava essere resistente come la vecchia Honda. 
Quella moto era la sua piccola bambina, diversa dalle altre non solo in aspetto, ma anche in visione del futuro, quella moto l’avrebbe accompagnato in giro per l’Europa per tre mesi l’estate successiva. «Dai sali, ho già fatto il tragitto fino a qui da solo, speriamo che non valga come “giro di collaudo”, vero Betty?».
«Betty? Hai davvero chiamato la moto Betty? Ma dai dopo Claire, Anastasia e Judith vai a scegliere come nome Betty?». Ero divertita e incredula allo stesso tempo alla banalità di quel nome. «Non potevi chiamarla Juliette, Ronnie o Lilith?».
«Ho aperto a caso il libro dei nomi ed è uscito Betty e poi mi piace. La mia piccola Betty». La carena fu nuovamente accarezzata, ma da mani questa volta più grandi e forti rispetto alle mie, che lasciarono su di lei una macchia unta. «Monta su».
Annuì afferrando il casco dalle mani di Niall e salendo dietro di lui lo abbracciandolo stretto forse per abitudine più che per protezione.
La moto scivolava rumorosamente tra le pozzanghere createsi nella prima mattinata e il silenzio dei prati verdi, il motore era potente, non c’erano dubbi, ma Niall era sicuro delle sue manovre, tutte erano calcolate mentalmente al fine di spaventarmi per sentirmi stringermi più forte a lui, anche se sapeva che quando mi avrebbe fatta scendere davanti a casa gli avrei gridato contro, ma in quel momento non gli importava mi voleva sentire vicino a sé.


Mi siedo nello stesso angolo del divano in cui mi ero addormentata, Michael Bublé non canta più, gli ultimi pezzi di brace rossi si sono raffreddati e con loro la stanza. Guardo fuori dalla finestra trovando solo un cielo scuro e la luce fioca di qualche lampione lungo la strada, arrotolo le mani nel maglioni per scaldarle e scuoto la testa.
Lui non capisce, lui non può capire come mi sento: oggi sono due mesi che ho perso il nostro bambino. La colpa è solo mia.
Sì, è colpa mia se il nostro bambino non c’è più.
Non c’è nulla da compatire, dovrebbero solo odiarmi, sono l’assassina di nostro figlio e Niall lo sa, per quello quando mi guarda più con quegli occhi pieni di amore devio lo sguardo. È successo all'improvviso, la sera prima avevamo litigato perchè io non mi sentivo pronta a fare la madre con lui in giro per il mondo e Niall che vedeva questo bambino come una benedizione, e la mattina dopo alle quattro lui non c'era più, o forse era una lei. Aborto spontaneo. Capita, dicono. Eppure non posso non pensare che se avessi reagito in modo diverso non sarebbe successo, che ora sarei sul divano abbracciata a Niall pensando a dei nomi.
Il campanello suona. Lo ignoro, non è serata per discutere con la signora del piano di sotto e del suo nipotino. Il campanello suona nuovamente. Non mi muovo. Mi volto al rumore di chiavi nella serratura. 
«Pensavo te ne fossi andato». Abbasso lo sguardo vedendo Niall sull'uscio. Mi volto dalla parte opposta. La porta si chiude. Non so se è rimasto dentro o se ha ripreso la strada che prima aveva intrapreso.
«Pensavo mi avresti rincorso, ma tu non rincorri le persone». Con passo pesante si avvicina e si accovaccia di fronte a me. «Fammi rientrare, fammi essere di nuovo parte della tua vita. Non sono un estraneo. Sono Niall, il tuo Niall». Mi prende la mano e mi guarda mentre io continuo a deviare lo sguardo. «Mia ti prego». 
«Sono due mesi» sussurro.
«Lo so». Si alza e si siede vicino a me. «Non è stata nè colpa tua nè mia nè di nessun altro. Non eravamo pronti lo sappiamo entrambi, non dico che sia stato un bene, ma guardaci possiamo farcela insieme e magari un giorno creeremo la nostra famiglia».
«Ti amo Niall» sussurro con la testa appoggiata al suo collo. 
«Va bene se non ne vuoi parlare ora, ma non permettermi mai più di andare via. Mai più, promesso?». Si sposta e mi guarda negli occhi serio.
«Promesso, ti seguirò sempre come la tua ombra». Sospira sorridendo. «Ti amo davvero».
«Anche io, non sai quanto».



Per prima cosa grazie di averla letta e di avermi donato un po' del vostro tempo, ve ne sono davvero grata perchè scrivere questa shot è stato difficile visto che non le trovavo mai un finale adeguato, fino a ieri sera che ho deciso di concederle un lieto fine, o almeno così sembra. Secondo la dedico a Silvia perchè mi ha incoraggiato a scrivere nonostante tutte le cose che lei sa. 
I personaggi sono Niall e Mia, ma sono I MIEI NIALL E MIA, non sono stati rubati dall'opera di Sil, semplicemente mi piace Niall e Mia è uno dei miei nomi preferiti. Provate solo a scrivere a Sil che le ho copiato i personaggi e mi vedrete incazzata, davvero.
Grazie ancora e Buon Natale
Rebs


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: ladyme