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Autore: BlueWhatsername    21/12/2014    5 recensioni
" [...] forse erano solo quelle lucine sparse ovunque a confonderla ancora di più, le palline colorate, il profumo dell’infuso al mirtillo che ancora fumava nella tazza abbandonata sul tavolinetto, il modo che aveva avuto lui di scrutarla fino a quel momento – con quelle ciglia lunghissime ed i capelli lunghi che andavano costantemente contro la forza di gravità - però… Beh, quindi era Natale, no? "
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Merry Christmas my dear ones! xxxx
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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So this is Christmas
 
 
 
Si sentì sospirare mentre versava un generosa dose di zucchero nella tazza fumante di infuso al mirtillo che aveva appena preparato: fece volteggiare il cucchiaino un paio di volte nella sostanza scura, di un bel viola tendente al blu, dopodiché lo gettò con noncuranza nel lavandino. Questi tintinnò per un totale di cinque giravolte contro la superficie umida ed ancora invasa dai piatti del pranzo da poco consumato, prima di fermarsi con un sordo tonfo che rimbombò gelidamente nel silenzio ovattato della cucina.
Sospirò ancora, affondando l’indice fin sopra l’unghia per controllare che non scottasse troppo, e solo dopo essersene accertato sollevò la tazza tra le mani e inspirò a fondo il profumo denso che ne derivava: chiuse gli occhi, lasciandosi inebriare dall’aroma fruttato di quella bevanda che gli ricordava schifosamente il profumo della sua pelle, o dei suoi capelli.
O delle sue labbra, anche.
Era corposo come i suoi abbracci, appiccicoso come i suoi baci, profumava d’estate ed allo stesso tempo del tepore invernale, proprio come lei… Era tanti aromi insieme, condensati e miscelati a tal punto e bene che non riusciva a scorgerne uno preciso.
Proprio come lei, lo confondeva e gli piaceva, pure se non sarebbe mai stato in grado di dire quale delle sue mille sfaccettature lo intrigasse di più: se il suo colore schietto e ricco di bagliore, se la luminosità riflettente il fondo della tazza, se quell’odore acre e saporito che gli stava piombando nel cervello come un gas velenoso e letale.
Proprio come era lei, dopotutto.
Si mosse fuori dalla porta, imboccando la penombra del corridoio, col suono ovattato della tv del salotto a riempire il silenzio di quella casa. Né troppo piccola, né troppo grande, così calda e accogliente da sembrare più un guscio che non una fredda costruzione di mattoni e cemento. Ed era quello che succedeva sempre, ogni volta che erano insieme – fin dal primo momento in cui si erano visti: il mondo sembrava contrarsi a tal punto da svanire e crepitare insieme, come una gabbia di pensieri e mille sentimenti incontrollati, l’aria si condensava così facilmente da imbottigliarli e scompigliare loro le anime, tutto svaniva e sfocava, era semplice ma… Devastante.
E diverso ogni volta.
Emozionante e grandioso, senza che nessuno dei due ne fosse mai stanco.
Le lucine colorate poggiate sopra i mobili splendevano giocosamente contro il muro che proiettava la sua ombra grigia e che procedeva calma – la tazza bollente che gli fumava tra le mani – verso la porta accostata del salotto. La porta era quasi chiusa, solo una sottile lamina d’oro mostrava la luce che vi era dietro, i mormorii ovattati di una sitcom scadente rimandavano alle sue orecchie qualche rumore che almeno un po’ gli desse l’idea di non essere solo, in quella casa.
Si mosse lentamente, stando ben attento ad evitare le palline di Natale che ancora se ne stavano per terra, sparse per il corridoio – e dalla sera prima, quando con lei aveva fatto l’albero e decorato la casa con le lucine e l’agrifoglio ad ogni angolo, le candele e i vari nastri colorati appesi ad ogni maniglia, ad ogni cantuccio, assieme ai fili d’oro e d’argento che lei aveva voluto a tutti i costi mettere fuori, proprio sull’uscio, tanto per dare una maggiore vitalità al tutto.
E quindi era Natale, no?
Tanto valeva stare allegri e magari evitare di rompersi una gamba scivolando sulle infinite palline colorate che brillavano nella penombra e che parevano quasi avvertirlo di non farsi male, che tanto lei non sarebbe venuta a raccoglierlo così di fretta.
Ridacchiò, piano, dando una leggera botta col fianco alla porta e lasciandola cigolare lentamente; col tallone la richiuse, rischiando quasi di cadere in avanti e di finire con la faccia nella tazza bollente – cosa non da poco considerato i cocci che gli sarebbe poi toccato raccogliere, sempre che prima non ci fosse tagliato. Rabbrividì al pensiero, mentre con sempre maggiore cautela avanzava verso il divano posto al centro della stanza. Di fronte stava un tavolinetto basso e di forma rettangolare, una candela di un tenue azzurro bruciava adagio lasciando scricchiolare la fiamma in lievi fumate dolci, piacevoli; poco più avanti stava la tv accesa, il volume basso si udiva appena, ma era alto abbastanza da disturbare quell’ambiente di quiete e calore che si stava andando intensificando man mano che passavano i secondi.
Si sedette piano, poggiando la tazza sul tavolinetto e sfregando le mani tra loro, quasi a voler contenere il calore che il coccio bollente aveva loro infuso fino a quel momento. L’albero di Natale, all’angolo, gli illuminava il viso di mille colori diversi, brillava senza sosta, pareva quasi di fuoco e di acqua insieme, come lingue di fiamme e cascate ghiacciate insieme, fuse da tanti fili d’oro e d’argento che mescolandosi ammaliavano e facevano spuntare sorrisi da eterno bambino. Si concesse il lusso di osservarlo per un po’, gioendo internamente per la buona riuscita delle ore spese la sera prima nel posizionare le palline ed i fili e le lucine nel giusto ordine – visto che lei gli era stata dietro in un modo talmente petulante e attento da fargli quasi venire una crisi di nervi.
Certo… Come se poi fosse mai possibile prendersela con lei, o anche solo pensare di tenerle il muso in qualche maniera.
Era un pensiero troppo utopistico perché potesse risultare vagamente reale. Come si poteva anche solo pensare di stare arrabbiati con lei? Aveva un modo di fare così sbarazzino, pensò divertito – mentre afferrava il telecomando e cambiava canale, sintonizzando la rete su un programma di pasticceria – e aperto… Così furbo, fu costretto ad ammettere a se stesso, mentre un sorriso inconsapevolmente stanco gli curvava le labbra.
Nah, non era pensabile come cosa, anche solo sgridarla… E quando mai?!
Lei, con quella faccia, si sarebbe lasciata sgridare?
Nascose un risolino divertito, prima di voltarsi lentamente verso la parte del divano occupata da un strana figura contorta che non rivelava del tutto la sua forma ma che pareva più che altro un incrocio mal riuscito tra un sacco di patate ed un mucchio di vestiti alla rinfusa: era in realtà un plaid attorcigliato su un corpicino rattrappito su se stesso fin quasi a scomparire… O era il corpicino ad essersi arrotolato attorno al plaid?
In cuor suo, sapeva che tale interrogativo l’avrebbe tormentato ancora a lungo nel corso della vita.
Dopotutto… Liberarsi di lei?
Impossibile.
Impensabile.
Improponibile.
E non che lo volesse, ad essere onesto.
“Ti ho preparato l’infuso che ti piace tanto…” disse in tutta tranquillità, incrociando le gambe sul divano e seguendo con gli occhi quello che facevano le mani del pasticcere in tv “… Se non lo bevi si raffredda e…”
“Non lo voglio!” berciò una vocina arrochita, mentre una mano spuntava da sotto il plaid solo per afferrarne meglio un lembo e tirarlo ancora più su “Lo sai che mi fa male la gola!”
Zayn sorrise, scuotendo il capo al televisore.
Dopodiché si volse verso la sua destra, ficcando una mano sotto alla coperta ed afferrando a caso quella che gli parve una caviglia: tirò verso di sé, mentre il plaid volava a terra e quel corpicino ci era attorcigliato all’interno finiva letteralmente gambe all’aria sul divano. Rise di cuore, gettando la testa all’indietro sullo schienale del divano, mentre sentiva la piccola caviglia che aveva trattenuto fino a quel momento scivolargli di mano a velocità mai vista.
Scemo!” si lamentò la stessa vocina incartapecorita di qualche istante prima “Perché lo hai fatto? Ho freddo, lo sai…”
Zayn aprì gli occhi appena in tempo per beccarsi una cuscinata sul naso. Storse la bocca, afferrando il cuscino e scartandolo di lato, quasi prendendo in pieno le povere candele poste sul mobile dietro al divano.
“Dispettoso che sei…”
Si volse verso la fonte di tale rimprovero, trovandola imbronciata ma anche incredibilmente adorabile. Deglutì un paio di volte, rendendosi conto che nell’arco di pochi istanti il suo cervello aveva eliminato qualsiasi cosa avesse mai progettato di dire, qualsiasi parola o discorso, qualsiasi battuta o uscita stupida, ogni singola cosa era stata trascinata via dall’espressione di lei e dal suo modo di mordicchiarsi il labbro inferiore come se fosse una bambina costretta a confessare l’ultima marachella.
Cosa non da escludere, poi.
“Dunque?” chiese, inarcando un sopracciglio ed esponendo uno strano cipiglio di sfida, quello che sapeva lei non avrebbe mai tollerato.
E quando la vide serrare le labbra ed esporre il labbro nella finta imitazione di una ragazzina capricciosa, si concesse di esultare intimamente, per quanto facilmente riuscisse a prevedere le sue mosse ed i suoi comportamenti.
“Ti ho preparato l’infuso proprio perché avevi freddo e ti avvinghiavi a me come un koala nel letto!” spiegò con evidenza schiacciante, tentando in tutti i modi di rimanere serio e non lasciar trapelare alcun segno di divertimento che potesse procurargli un’altra cuscinata in faccia – o chissà che altro, conoscendola “E poi ti fa bene per il raffreddore, sai? Rimarrai una musona col nasino rosso, altrimenti…”
Lei storse il naso, soffiando il proprio dissenso attraverso le narici appesantite da quell’influenza che stava prendendo più sempre piede.
“Oltre al fatto che la notte ti avviluppi a me come una ventosa e infili sempre i tuoi piedini gelati tra le mie gambe e…”
“E questo che diamine c’entra con l’infuso, Zayn?!” fu la giusta domanda che gli venne posta, un qualcosa a metà tra un lamento ed una risata a stento trattenuta.
Lui la guardò a lungo, seppure per un attimo: ed era sempre così, dopotutto. Pure se i loro occhi si incontravano per pochi istanti, era come se il tempo si contraesse e dilatasse, facendo variare di conseguenza la percezione di ogni singola cosa. Doveva averlo letto da qualche parte, chissà se in qualche libro o se magari lo aveva ascoltato da uno dei personaggi delle tante serie tv che lei lo costringeva sempre a guardare.
“C’entra eccome” insistette allora, incrociando le braccia al petto e sentendosi irrimediabilmente soddisfatto di quel ragionamento che non aveva un senso compiuto.
Non del tutto, perlomeno.
“No, io non penso!” protestò lei con la stessa vocina arrochita di prima; tossicchiò, tirando su col naso e passandosi le mani sul viso, per poi lasciarle scivolare lungo i capelli mossi – i boccoli sfatti e rossicci, alla luce dell’Albero all’angolo “Stai solo tentando una scusante per non sopportarmi la notte!”
Zayn spalancò la bocca, assumendo un’espressione che metteva ancora più in evidenza il colore cangiante dei suoi occhi: se avesse proseguito a tenerli spalancati in quel modo, lei se ne sarebbe sentita inghiottita.
Annientata.
Divorata.
Avrebbe avuto l’impressone – come ogni singola volta – di avere un buco nero nello stomaco e le campane nelle orecchie; si sarebbe sentita dipendente, ancora più legata a lui – come se poi non lo fosse stata già; avrebbe avvertito come ogni dannata volta quel colore rapirla e confonderla, mescolarle le idee come faceva con le sue mille sfumature, stringerle il cuore e poi calpestarglielo.
Non gliel’aveva mai detto – e forse nemmeno mai lo avrebbe mai fatto, probabilmente – ma in realtà era quello che lui faceva sempre, farle del male. Non in maniera intenzionale, chiaramente, ma c’era una parte di lui che… Beh, che dopo tutto quel tempo pareva fosse ancora pronta a prendersi gioco di lei. A torturarla, a farla sentire minuscola ed insignificante. Così tanto da anestetizzarle il cervello e lasciarla priva di percepire qualsiasi altra cosa che non fossero stati quei suoi benedetti occhi.
Gli aveva sempre detto la verità, in ogni ambito, era sempre stata sincera, con lui, perfino quando le sarebbe stato più conveniente mentire e scappare – sì, c’era stato un fatidico momento in cui si era detta che era meglio fuggire, allontanarsi, sparire, cancellare tutto e tutti… Cancellare lui.
Ma poi non ce l’aveva fatta, non ci era riuscita, non avrebbe mai potuto eliminare quegli occhi senza pensare di dover eliminare una parte di sé… La parte di se stessa che amava di più.
E per questo non gli avrebbe mai detto, col più delle probabilità, che nonostante il male, nonostante quella cosa incontrollata che ancora non riusciva a domare dentro di sé – nonostante in tutto quel periodo avesse imparato molto da sé e per sé, cosa che non avrebbe mai immaginato, cosa che l’avevano cambiata e fatta crescere – nonostante ogni santa volta dovesse lottare con una parte animale e terribile di sé, lui… Lui riusciva comunque a farsi amare.
Le aveva dato così tanto.
Le aveva insegnato così tanto.
Forse non se ne rendeva conto – e come avrebbe mai potuto? Sempre con quella testolina tra le nuvole e i pensieri scapestrati di bambino! – ma era riuscito in una cosa che a nessuno altro era mai venuta bene, e cioè farla sentire perfetta, pure se non lo era. Si sentiva – da che ne avesse ricordo – imperfetta, piena di pecche e graffi, crepe mal riparate e spifferi indolenti che facevano solo trapelare malessere. Eppure, con lui vicino si era sempre avvertita viva, colorataPerfetta. Senza una sbavatura.
Come l’opera d’arte migliore di un pittore che ancora deve venire alla luce e che fatica per nascere ma che appena lo fa è la più sfolgorante e radiosa di tutte.
E forse erano solo quelle lucine sparse ovunque a confonderla ancora di più, le palline colorate, il profumo dell’infuso al mirtillo che ancora fumava nella tazza abbandonata sul tavolinetto, il modo che aveva avuto lui di scrutarla fino a quel momento – con quelle ciglia lunghissime ed i capelli lunghi che andavano costantemente contro la forza di gravità - però… Beh, quindi era Natale, no?
Forse era meglio lasciar correre e sospirare, gettarsi su di lui e riempirlo di baci fino a non farlo respirare – cosa davvero poco consigliata con quel raffreddore, ma magari passare il periodo di Natale entrambi malaticci sotto le coperte a scaldarsi non sarebbe stato tanto male, no?
Affatto, le venne da pensare immediatamente in risposta, mentre abbozzava un timido sorriso e afferrava la tazza di infuso ancora fumante con due mani; ne inspirò a pieni polmoni l’aroma, facendosi quasi ubriacare e lasciando che quel dolce profumo le inebriasse la pelle arrossata del naso, fino alla testa, pulsante per il mal di testa che la tormentava alle tempie da giorni.
Ne assaporò un sorso, accogliendo il calore di quella bevanda nello stomaco, sentendosi riscaldare come in un tiepido abbraccio più profumato del solito.
“Buono?” la interpellò Zayn, con un sopracciglio inarcato ed una mano tra i capelli.
Se li portò indietro – senza molto successo, a dirla tutta – esibendo un sorriso soddisfatto e carico di parole non dette.
Parole che lei avrebbe voluto ascoltare per anni, per sempre.
Lei annuì con un sorriso tirato, ammiccando lievemente e prendendone un altro sorso generoso che le bruciò la gola e trapassò il naso dolorante in modo decisamente piacevole.
“Allora sono stato bravo?” volle sapere Zayn, disegnando un sorriso birichino – uno dei tanti, quelli che lei ormai riusciva benissimo a distinguere ed interpretare a seconda dell’occasione, che la lasciavano senza fiato per lassi di tempo che parevano interminabili ma che poi si esaurivano ad ogni battito delle lunghe ciglia scure di lui.
La ragazza fece spallucce, depositando la tazza sul tavolo e afferrando il plaid da terra solo per poggiarselo sulle gambe incrociate; si guardarono per pochi istanti, ci furono scambi di occhiate e qualche sorriso, il silenzio di sottofondo disturbato solo dalle voci soffocate della tv e le luci della stanza a riempire gli spazi lasciati liberi dalle parole non dette.
“Meglio?” chiese Zayn dopo qualche istante, facendo leva su un ginocchio e ponendole una mano sulla fronte, per sentire se avesse la febbre: le passò il dorso sulla testa, sulle guance accaldate e rosse, sulle labbra, dove sostò per qualche attimo in più. Definì il contorno della bocca – come se fosse la prima volta che gli capitava – indagando con gli occhi lo sguardo di lei e trovando meravigliosa la maniera in cui riuscisse, quando voleva, a non lasciar trapelare emozioni; era in grado di percepire il suo cuore – quel piccolo organo che secondo la comune diceria doveva essere grande quanto il pugno dello stesso proprietario e beh… Nel caso di lei, doveva essere un cuoricino davvero piccolo ma tenace -  scalpitare al di sotto del felpone pesante e del sopra del pigiama azzurro con stampe di cuori blu che stava indossando in quel momento; se le avesse poggiato il viso sul seno – come tante volte aveva fatto, quando aveva avuto la necessità di farsi cullare prima di dormire o per un semplice bisogno di calore umano, di amore – se lo sarebbe sentito sbattere con prepotenza contro la fronte, ad una velocità così sostenuta e galoppante da poter pensare che si stesse per staccare ed esplodere.
Lei non glielo aveva mai detto – e sicuramente non glielo avrebbe nemmeno mai confessato – ma di tutto quel che poteva negare – ed era infinita la lista delle cose che tentava, senza nemmeno molto successo a dirla tutta, di negare – quella sarebbe stata l’unica cosa per sempre evidente e scontata. Zayn lo sapeva, senza bisogno di ulteriori conferme, le leggeva negli occhi quello che lei si costringeva a celare al di sotto di quelle espressioni che non lasciavano trapelare nulla.
Almeno quella piccola vittoria era sua, e questo lo sapevano entrambi.
“Niente febbre, non mi pare…” disse poi, tornando a sedere compostamente e poggiandole la mano su un ginocchio: la stoffa del pile del pigiama creava un dolce attrito tra le loro pelli, il calore che ne trapelava era confortante e dolce, colorava ogni cosa di rosso come le lucine sopra al camino scoppiettante accanto alla tv.
E oro insieme, come le lingue di fuoco che parevano tanti fili colorati e impertinenti che si intrufolavano di tanto in tanto tra le fiammate di vivo carminio che sbattevano allegre contro il muro di mattoni annerito dal tempo e dalla cenere.
Lei gli piantò lo sguardo addosso, mentre tentava con un mano sola di sistemarsi i capelli sfatti e semi abboccolati sulle spalle; gli occhi lucidi e febbricitanti erano liquidi e brillanti, arrossati ma sinceri, tutto di lei gridava alla ribellione ed al disordine, persino quelle labbra piccole ma carnose che stava costringendo nella morsa ferrea dei denti bianchi.
La vide per una frazione di secondo sporgersi in avanti, facendo leva su un ginocchio e portandosi appresso il plaid solo per travolgerlo e circondargli il collo con un braccio: gli passò una mano tra i capelli mentre faceva scontrare piano i loro nasi, in un gioco che nemmeno lei aveva capito bene, Zayn ne era più che certo.
Tirò su col naso un paio di volte – così da vicino, riusciva bene a vedere il suo naso arrossato e gli occhi lucidi per qualche lineetta di febbre che presumibilmente le sarebbe salita in serata – mentre gli accarezzava la guancia ispida di barba con la propria, liscia e bruciante per l’influenza. Il suo collo profumava di fragola, il calore del suo corpo rannicchiato sul suo era intenso.
Zayn se ne stette immobile per poco prima di sporgersi verso di lei e schiacciarle le labbra con le proprie in un morbido contatto che si infranse leggiadro sui loro respiri accaldati.
Lo schiocco fu debole, appena accennato.
Riecheggiò così intensamente all’interno dei loro cuori da alterarne il battito come sempre quando erano così vicini, e non potevano fare a meno di respirarsi e cercarsi, quasi come un bisogno intimo di un unione ancora più forte di quella fisica. Era un qualcosa di così strano… Trascendeva il semplice stare insieme, il fare l’amore pareva quasi poco se si tentava di spiegarlo a parole.
“Vuoi beccarti un raffreddore anche tu?” lo rimproverò a bassa voce lei, la fronte ancora appoggiata a quella di Zayn e le labbra rosse più del normale, anche a causa dell’infuso che aveva appena bevuto e che aveva la speciale capacità di macchiare qualsiasi cosa. Lui fece spallucce, sporgendosi ancora, e reclamando a sé quel sapore fruttato di mirtillo che unito a quello della sua bocca gli faceva desiderare di rimanersene su quel divano per sempre, loro due e l’albero di Natale all’angolo ad illuminare tutto e soffocare i loro respiri con il suo canto lontano di festa.
Le passò una mano tra i capelli, morbidamente, accompagnando i suoi sospiri ad un modo lento di attorcigliare le ciocche con le dita e coccolarla in tutta calma, quasi a farla sentire ancora più al caldo, ancora più protetta, ancora più sua.
Afferrò un lembo del plaid che lei stava ancora tenendo in mano e glielo pose sulle spalle, lasciando fuori solo i capelli scompigliati, di un forte color rosso scuro, ed il visino arrossato; sentiva le sue piccole dita stringergli le guance e lisciarle, come a cercare un contatto più profondo, come volesse di più da lui, come se non sapesse ormai di avergli già rubato l’anima senza possibilità di ridargliela.
Zayn la assecondò, scendendo con la schiena sul divano e portandosela appresso, stando ben attento a non scoprirla a causa di movimenti troppo bruschi. Quando la sentì muoversi frenetica per trovare una posizione che le fosse congeniale la strinse forte senza smettere di baciarla nemmeno per un secondo. Solo quando un colpo di tosse la trafisse all’improvviso, fu costretto a staccarsi di colpo, sia per non rischiare di farla soffocare sia per aiutarla a sedersi.
Le accarezzò la schiena mentre tossire le diventava sempre più difficile e fastidioso, a causa dei colpi secchi che le raschiavano dolorosamente la gola: gli occhi erano fin troppo lucidi, a causa dello sforzo, e la pelle del suo collo si stava facendo via via più rossa. Il ragazzo si sollevò meglio a sedere, afferrò la tazza di infuso ancora tiepido e l’aiutò a bere, mentre le passava i polpastrelli sulla guancia infuocata. Notò una lacrima scendere prepotentemente su di essa, e si affrettò a scacciarla, stampandole un timido bacio sulla tempia.
“Morirò…” mormorò lei affranta, poggiando la tazza sul tavolinetto e nascondendo il viso sotto al mento di lui: strusciò le labbra contro il pomo d’Adamo, lo sentì sorridere e sorrise a sua volta, tirandosi il plaid addosso.
Zayn scosse il capo, afferrando un lembo della coperta e passandosela sulle spalle, così che fossero coperti entrambi, che potessero condividere entrambi lo stesso calore, lo stesso tepore. Lo stesso battito scoordinato e galoppante, vivo.
“Nah, ti rimpinzerò di tè e cioccolatini e guarirai in un batter d’occhio!” la rassicurò poi, baciandole la punta del naso e notando distintamente le guance arrossarsi ancora di più, in un chiaro sintomo d’imbarazzo. Riusciva a distinguerlo dal rossore della febbre, eccome, pure se lei tentava di celarlo con i capelli ricci e scompigliati.
“Ma così morirò viziata e grassa!” protestò allora lei, abbracciandolo stretto, facendosi così piccola tra le sua braccia che Zayn trovò naturale portarsela tra le gambe, a cavalcioni, come sapeva che lei amava stare.
Non la sentì opporsi, ma solo abbandonarsi tra le sue braccia, con un sospiro stanco.
E forse era un suo vizio, o un suo semplice modo di fare, ma il ragazzo non ricordava momento in cui lei non gli fosse saltata addosso in quel modo o non avesse deciso di interrompere le sue serate tranquille sul divano solo per fare la capricciosa in quella posa che pareva più adatta ad una bambina sulle giostre che non a lei. Le piaceva da morire starsene faccia a faccia, con le braccia strette attorno al suo collo e le cosce esattamente a contatto con le sue, i petti che combaciavano e anche i respiri, l’uno di fronte all’altro.
L’uno nell’altro.
E Zayn aveva trovato divertente quella cosa, all’inizio, conscio che lei sfruttasse l’avere un corpo piccolo ed il sapersi avvinghiare come un cucciolo di koala ostinato, finché non era passato al prenderla spudoratamente in giro anche in alcune occasioni speciali per cui si era beccato qualche sano insulto – ma che poi gli avevano clamorosamente fatto rimangiare la parola.
Era divertente farla arrossire, ed era anche così facile… bastava trovare la falla giusta ed era fatta.
Ma non disse niente in quel momento, quando se la portò sopra, le mani strette attorno alle sue ginocchia – riusciva a circondargliele completamente, e a lei questa cosa piaceva da impazzire, lo sapeva – e le labbra contro il suo collo tiepido.
Incandescente, lì dove stava passando con dedizione e decisione.
Febbricitante, lì dove stavo strusciando con leggerezza e mordicchiando e lambendo e accarezzando, fino a sentirla sospirare in preda ad un sentimento che la stava facendo bruciare ancora più della febbre.
La sua pelle che sapeva di buono e profumato insieme e che gli azzerava la percezione e mandava in fumo ogni pensiero razionale avesse era così delicata al contatto con le sue labbra, si colorava di un rosa acceso e intenso; i suoi capelli di seta erano tanto fluidi tra le sue mani, scivolavano fin troppo velocemente, lasciandogli sui polpastrelli quella sensazione di morbidezza che niente e nessuno sarebbe mai riuscito ad eguagliare; quel suo respiro reso roco dal raffreddore ma ansimante per ogni più piccola scarica d’eccitazione che la stava percorrendo gli incendiava il sangue e lo portava a stringersela ancora di più contro, quasi non potesse farne a meno, quasi… Volesse solo sentirsene assorbito senza fine.
Avvertì il plaid crollare nuovamente a terra con un tonfo sordo, ovattato. Le fiamme crepitavano lievi nel camino, la legna infiammata scricchiolava e scoppiettava ogni qual volta un ciocco particolarmente rosicchiato dal fuoco si rompeva.
L’albero di Natale brillava indisturbato, il cielo trasparente al di là della finestra prometteva neve in poco tempo. Ma loro erano lì, soli. Vicini.
Quando Zayn risalì lentamente dalla gola al mento, lei ansimò forte, reprimendo un colpo di tosse un po’ troppo forte. Il risultato fu che il suo petto vibrò sconnessamente a contatto con quello di lui, il respiro le venne a mancare, mentre tentava con tutta se stessa di rimanere aggrappata alla realtà e non dare retta al picco pungente in gola. Gli strinse adagio i capelli, cercando di accompagnare il proprio fiato agitato al modo che aveva lui di baciarla adagio, quasi a volerla custodire tra le sue braccia; gli accarezzò le ciocche more sistemandole all’indietro in un verso che non era propriamente ordinato, ma che almeno la rilassava a tal punto da farle mettere da parte quell’influenza che la stava devastando.
La testa le pulsava, se la sentiva gonfia come un pallone, le tempie martellavano furiosamente, portandola a rilasciare qualche lacrima lungo le guance arrossate di febbre. Solo quando Zayn si costrinse ad arrestare il tutto, portandosela contro il petto e preferendo cullarla lentamente, lei ritenne opportuno rilasciare il colpo di tosse che aveva trattenuto fino a quel momento, scaricandolo malamente contro la maglia stropicciata di lui.
“Mi infetterai coi tuoi germi…” la canzonò il ragazzo, passandole le mani sulla schiena con fare protettivo.
Lei represse uno sbuffo, sollevando gli occhi e incastrandogli il viso tra le piccole mani. Lo fissò negli occhi, resistendo all’impulso selvaggio di abbassare i propri – cosa che accadeva sempre con lui, era impossibile sostenere quel turbine inarrestabile di castano e oro che si rincorrevano, scappando o rincorrendo la luce, quello era ancora da stabilire – mentre con le mani gli lisciava le guance e lasciava qualche pizzico gentile sulle guance, lì dove amava baciarlo e baciarlo e baciarlo ancora, fino a non avere più fiato nemmeno per pensare.
Tu mi hai già infettata…” rispose poi, senza nemmeno riflettere, mentre gli afferrava una ciocca di capelli particolarmente ribelle e se la intrecciava tra le dita in tutta calma, fermandosi ad osservare quanto fosse scura e lucida.
“Spero con qualcosa di bello…” ribatté a quel punto Zayn, con un sorriso enigmatico che sembrò ancora più bello alla luce del fuoco.
Lei non rispose, limitandosi a fissarlo e ad accarezzargli il viso.
Poi il suo sguardo fu attratto dall’albero di Natale. Ci si soffermò per qualche secondo, prima che lui richiamasse la sua attenzione con un colpo secco di ginocchia che la fece quasi scivolare: si aggrappò al suo collo, ridacchiando tra i denti e soffocando qualche protesta nel bacio che le fu dato subito dopo.
“Temo che mi ammalerò anche io…” sospirò Zayn, divertito, frugandole i fianchi con le sue lunghe dita gentili e respirandole sul collo con enfasi, volenteroso a tutti i costi a farla scoppiare a ridere.
Ma lei non gliela diede vinta, sollevandosi di scatto in piedi e percorrendo la distanza tra il divano e l’albero di Natale a piccoli passetti leggeri, attutiti ancora di più dal calzettoni pesanti che si era infilata – e che era stata costretta a girare più di tre volte sulle caviglie perché troppo lunghi per i suoi polpacci. Quando fu davanti a tutte quelle palline e quelle luci le venne spontaneo sorridere, mentre masticava tra i denti una canzoncina di Natale che il suo cervello le suggeriva essere stata rimediata dai meandri dei ricordi scolastici, addirittura. Ondeggiò il capo a ritmo, ignorando volutamente le tempie pulsanti di dolore ed il naso sofferente ed arrossato: le sarebbe salita la febbre, poco ma sicuro, ma… Quindi era natale, no?
Poco importava del resto.
Quando avvertì due braccia circondarla da dietro e stringerla forte, quasi a volerla rinchiudere per sempre, si lasciò scappare un sospiro stanco ma felice, mentre voltava la testa ed accoglieva il bacio tiepido e delicato che le venne dato immediatamente.
Zayn si prese un attimo per accarezzarle per bene le labbra, scaldarla col proprio respiro, avvolgerla col proprio tepore e non perdere nemmeno in quel momento l’occasione per sentirla arrendevole a sé.
Amava quando succedeva perché sapeva che quel particolare era solo suo, personale, legittimato dal fatto che lei era sua, per volere del destino o degli eventi – lo era con ogni più piccola fibra, in ogni modo quella sensazione si potesse definire, era sua come si sentiva nei libri o nei film quando si parlava di quel particolare intreccio emotivo definito amore.
O qualcosa di molto simile, in ogni caso, a cui magari non era nemmeno possibile dare un nome.
“Guarda com’è venuto bene…” disse lei poco dopo discostandosi e indicando l’albero luminoso con l’indice puntato, come una bambina con la giostra tanto attesa.
Zayn soffocò una risata in un bacio sulla sua testa, limitandosi a strusciare la punta del naso tra i suoi capelli profumati.
“Brilla proprio… Ho azzeccato a comprare quelle lucine, vero? Illuminano tutto! E poi…”
“Ma veramente le ho volute prendere io!” la bloccò lui, risentito.
Lei oppose un secco diniego, sbattendo un piede sul pavimento “Nah, tu eri troppo preso a scegliere quelle ridicole palline che…”
“Non sono ridicole! Si intonano perfettamente a…”
“… A niente, Zayn”
Il ragazzo s’imbronciò, rilasciando un borbottio che si esaurì nell’arco di qualche secondo, quando notò che lei lo stava fissando dal basso, con un sorrisino pronunciato ed impudente insieme, così accattivante da farlo sentire quasi ridicolo.
“Sei ingiusta”
“E tu scemo”
Zayn inarcò un sopracciglio, indeciso se ridere o meno. “E tu non dovresti essere più buona? È quasi Natale…” la stuzzicò, mentre seguiva lo sguardo di lei, tornato a contemplare l’albero.
La sentì tossicchiare, e gli venne naturale poggiarle una mano sulla fronte: avvertì che la pelle scottava, di sicuro la febbre gli era salita. Sarebbe stata una nottataccia, all’insegna di bende bagnate e lamentele, poco ma sicuro.
Ma beh, l’indomani sarebbe stato Natale, quindi…
“Quindi domani mi preparerai la colazione? E mi porterai tanti biscotti? E mi comprerai tanti regali? E oh… Anche quelle scarpe che avevo visto l’altro giorno in quel negozio!” scattò lei, saltandogli senza preavviso al collo, sorridendo a trentadue denti e scoccandogli un bacio umido e furente ad ogni parola “Ormai ecco il Natale, tutti dobbiamo essere più buoni, no?!” esclamò, ridacchiando e stringendogli le guance tra pollice ed indice, con tutto l’intento di pizzicarlo.
Zayn la assecondò, compiendo qualche passo all’indietro e finendo sul divano, portandosela appresso. Lei gli si sistemò addosso, puntando un gomito sul suo petto e usando l’altra mano per pizzicargli il naso, e poi le guance, ridendo alle sue espressioni buffe, oltre che vagamente contrariate.
“Te ne stai approfittando, birbantella? E poi mi infetti con i tuoi germi…” esalò lui in protesta, mordendole l’indice; le afferrò una mano tirando verso l’alto: quando lei cacciò un urletto spaventato, il ragazzo rafforzò la presa, finendole sopra e sovrastandola col suo corpo “… Sei pericolosa, sai?” concluse, stendendosi comodamente su di lei, senza lasciarle vie di fuga.
Lei arrossì lievemente – quel rossore sovrastò ancora quello dovuto all’influenza, si espanse fino al collo, sarebbe arrivato fin dove la sua pelle era più fresca e sensibile, questo lui lo sapeva per esperienza. “E tu sei scorretto”
“E tu una piccola furfante
“Non ti sopporto”
“Manco io”
“E allora spostati”
“Ma tu non vuoi che io mi sposti” ribadì Zayn, allusivo, soffiandole via dal viso un riccio un po’ troppo ribelle con un bacio tra l’occhio e il naso.
La sentì protestare animatamente, come suo solito.
“E tu non vuoi che io ti dica di spostarti, magari?” gli sibilò in faccia nemmeno un secondo dopo, ironica.
“E tu non vuoi che io dica di volermi effettivamente spostare, giusto?”
“Chiudi quella boccaccia”
Chiudimela” fu la risposta di lui, ad un millimetro dalle sue labbra: stuzzicarla in quel modo era troppo divertente, oltre che facile: gli faceva venire voglia di ridere a crepapelle, aprire la finestra e urlare al cielo, correre per strada fino a non avere più fiato nei polmoni.
Era vita, era sua.
“Non ci casco”
Zayn esibì un sorrisino beffardo, mordendosi un labbro. “Oh, ma ci sei già cascata
Lei spalancò gli occhi, quegli occhi che sapevano essere enormi, alle volte, per i troppi sentimenti che vi albergavano.
Rimasero in silenzio qualche istante, mentre lei respirava piano e lui le dava morbidi baci su una guancia.
“Come ci siamo finiti a litigare ?” chiese poi lei ad un tratto, ritenendo più saggio cambiare discorso e almeno in parte tentare di nascondere quella roba strana che stava tentando di strangolarla all’altezza dello stomaco – come se a lui potesse mai sfuggito, poi.
E difatti vide Zayn sorridere, intenerito e raggiante, più luminoso di qualsiasi luce, anche di quelle natalizie che li circondavano.
“Non eri tu che dicevi che a Natale bisognava essere più buoni?” chiese ancora lei, riuscendo a circondargli il collo con le braccia e tirandolo verso di sé con un’aria maliziosa che andò a farsi friggere non appena finì per tossirgli in faccia.
E Zayn rise, tempestandola di baci e accogliendo le sue proteste con un’unica affermazione valida: “Amami ancora di più, dopotutto è Natale!”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE D’AUTRICE.
Salve bella genteeeeeeeeeeeeee *prende il megafono* come vaaaaaaaaa?
*corre per tutta la casa col megafono in mano*
*inciampa rotolando come una pallina*
*si rialza come niente fosse accogliendo gli applausi del pubblico*

SAAAAAAAALVEEEEEEEEEEEEEEEEE
*le tolgono di mano il megafono*

Ok basta.
Momento serietà. BENE.
Insomma, voi vi starete chiedendo senza dubbio come mai sto così ESALTATA, ESAGITATA, EMOZIONATA, PERCHÉ URLO E SCALPITO SENZA RIUSCIRE A STARE FERMA, vero? *-*
Ebbene… *rullo di tamburi*

DOMANI PARTO PER LONDRA E PASSERÒ LÀ IL NATALEEEEEEEE *-*
E sto male al solo pensiero perché… Boh *-* morirò, penso.
MI MANCHERETE ç______________ç
*piange disperatamente*
Ok basta.
E quindi… Qualche giorno fa… *ride istericamente*… Mentre mi soffiavo il naso guardando l’albero di Natale [VE LO GIURO AHAHAHAHAHAHAHAH] mi è venuta in mente questa OS *-* e quindi boh, l’ho scritta di getto, e…
… Boh *-* ve l’ho postata come REGALO DI NATALE.
Sono brava, lo so u.u
Amatemi u.u
IO VI AMO E MI MANCHERETE ç____ç
E quindi nulla, spero vi piaccia – pure se piena di cliché e vaccate varie(?) – e che vi faccia piacere leggerla :3
Ad ogni Natale una OS, ci sta troppo bene *-*
 
Quindi vi lascio, augurandovi Buon Natale in anticipo :3
A presto :3
*lancia stelline filanti*
<3
 

 
 
E insomma… Buon Natale anche a loro, già che ci sono u.u
… Che
tipacci *-* aw.
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E soprattutto ad un piccolo di nome Louis che il 24 compirà VENTITRE ANNI e non è molto possibile, okay.
Basta. Mi dileguo.
*riprende in mano il microfono urlando cose senza senso*
<3

 
 
 
 
  
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