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Autore: A lexie s    21/12/2014    4 recensioni
CaptainSwan spelling:
Scrivere flashfic o oneshot partendo dai seguenti prompt, la pubblicazione può avvenire in qualsiasi momento, l’unica regola consiste nel rispettare la sequenza senza saltare lettere.
-Chocolate&Comfort: Lui spostò la mano dalla sua schiena, facendole sentire la mancanza di quel calore, le toccò leggermente il labbro inferiore catturando una scia di cioccolata che era sfuggita al suo controllo e se la portò alle labbra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Never give up

Captainswan [Arms&Ache; 1208 parole.]

Killian aveva dimenticato quella sensazione. La sensazione che aveva provato nei giorni successivi alla perdita della mano, un dolore acuto che coinvolgeva non solo il polso ma tutto l’intero braccio. Un dolore che non gli permetteva di dormire, mangiare e, talvolta, nemmeno respirare.
Il dolore coinvolgeva poi un’ulteriore percezione che lo spaventava ancora di più, molto di più.
Killian si ritrovava a sentire prepotentemente la presenza della mano sinistra, come se fosse ancora lì e come se potesse ancora usarla quando invece non c’era, ed era un dolore non solo fisico ma emotivo, la sofferenza profonda di aver perso una parte di se stesso.
Tuttavia, in passato quando questi episodi insorgevano si ritrovava solo nella sua nave, ed allora cercava di controllare il respiro ed il panico che minacciava di schiacciarlo, e afferrava il moncone con la mano destra ripetendosi che non c’era nulla e non poteva fare male qualcosa che non c’era. Una grande bugia!
Invece adesso, a distanza di molti anni non sapeva più come controllare la cosa. La sensazione amara era riaffiorata dal momento che quella mano gli era stata restituita e poi tolta nuovamente, continuava a protrarsi a distanza di mesi e lui cercava in tutti i modi di nasconderlo perché farsi vedere debole era difficile e vedere l’espressione di compassione sul volto di Emma, della donna che amava, sarebbe stato ancora più doloroso.
Anche quella mattina si era svegliato di soprassalto, il respiro affannoso che non accennava a calmarsi, un continuo pulsare nelle tempie che minacciava di spaccargli il cranio e quell’acuto dolore che si propagava come scariche per tutto il braccio sinistro.
Prese l’asciugamano che aveva lasciato nella sedia accanto al letto per tamponarsi la fronte, mentre si concentrava sulla respirazione, lenta e profonda.
Doveva rimettersi in sesto, tra poche ore avrebbe dovuto recarsi da Emma per aiutarla con il trasloco nella nuova casa, e non poteva di certo continuare ad essere in quella condizione.
Due tocchi leggeri alla porta annunciavano la presenza di qualcuno. Non era proprio il momento giusto, ma era appena l’alba e non poteva certo fingere di non esserci e poi chi diavolo poteva essere a quell’ora?!
“Chi è?” Chiese lentamente, mentre cercava di mettersi in piedi. Guardò l’uncino sul comodino soppesando per un attimo l’idea di metterlo, ma faceva troppo male al momento quindi decise di lasciarlo lì mentre si avviava verso la porta.
“Killian, sono io.” Una voce trapassò la porta, donandogli un po’ di sollievo ed era felice che fosse lei e che fosse lì, anche se quello non era proprio il momento migliore.
“Swan” disse solamente, spalancando la porta per ritrovarsi di fronte la sua chioma dorata ed i suoi occhi verdi.
“Buongiorno” sussurrò lei, avvicinandosi piano fino a sfiorare le sue labbra per un saluto veloce. Poi si tirò indietro e lo osservò, alzò una mano per sfiorargli  il viso e le occhiaie violacee che ricoprivano i suoi magnifici occhi blu, segno che avesse trascorso una notte tormentata.
“Stai male” non era una domanda, lo leggeva nei suoi occhi che qualcosa non andava e si preoccupò all’istante perché era abituata ad aspettarsi sempre il peggio.
La sua mano si spostò sulla sua fronte per verificare la temperatura dell’uomo e si accorse delle piccole perle di sudore che non era riuscito ad asciugare via del tutto.
“No, sto bene, mi vesto e ti aiuto con il trasloco” la rassicurò, spostandosi per permetterle di entrare e richiudere la porta alle sue spalle.
“E’ ancora presto” si scusò lei, “volevo solo portarti la colazione” aggiunse, sventolandogli davanti la busta con il logo di Granny.
L’uomo sorrise, felice di quel piccolo equilibrio che a fatica avevano instaurato, “grazie” mormorò protraendo il braccio sbagliato verso di lei.
La mano involontariamente si andò a stringere verso il moncone ed il suo sorriso si spezzò un attimo prima che riuscisse a riprendere il controllo, la superò per darle le spalle così che non potesse vederlo in volto, ma lei dopo una prima esitazione tornò a mettersi di fronte a lui.
“Ti fa male, non è vero? E’ per questo che sei sudato e non respiri bene, non hai dormito.” Concluse, non avvicinandosi per lasciargli un po’ di spazio, per dargli la possibilità di scegliere cosa fare.
“Lo sai che puoi parlarmene” lo rassicurò, accennando un piccolo sorriso che però si spense di fronte alla sofferenza che lesse nei suoi occhi.
“Si” sussurrò lui, rispondendo con solo due sillabe a tutte le domande che lei gli aveva rivolto.
A quel punto, Emma si avvicinò sentendo di avere la sua approvazione, gli circondò il collo con le braccia e portò gli occhi alla sua altezza. “Posso aiutarti, lascia che ti aiuti” mormorò, appoggiando la fronte contro quella dell’uomo.
“Si” confermò Killian nuovamente, chiudendo un attimo gli occhi e lasciandosi andare contro il suo corpo.
Emma gli afferrò la mano destra e lo condusse sul letto sedendosi al suo fianco, gli appoggiò una mano sulla gamba e aspettò solamente che si decidesse a parlare.
“Mi capita da un po’ di mesi, capitava anche prima, poi però è passato, invece adesso da quando non ho nuovamente la mano e riaffiorata quella sensazione e quel dolore. Certe volte sento come se l’avessi, come se fosse al suo posto..”
Deglutì e chiuse gli occhi.
“Perché non me ne hai parlato? Avrei potuto essere più presente e..” più dolce voleva aggiungere, ma lui non le permise di continuare.
“Tu ci sei sempre, Emma, mi fai sentire subito meglio. Anche adesso. Poi ne abbiamo passate così tante, la Snow Queen, tutta la questione di Gold e del cuore.. E.. Non volevo che mi vedessi in modo diverso” aggiunse poi, vulnerabile, aprendosi nei suoi confronti, mostrandole anche le sue paure.
“Io sono fan di ogni tua parte” gli sussurrò lei, richiamando le parole che lui le aveva riservato poco tempo prima e  accarezzandogli la barbetta ispida che celava un sorriso.
“Vieni” prese tra le mani il suo moncone e lo massaggiò piano, esercitando una piccola pressione con i polpastrelli per dargli sollievo e funzionò veramente. Continuò quel massaggio per diversi minuti, guardandolo negli occhi per fargli capire che andava bene, che amava anche quella parte di lui e che non le recava nessun problema. Non c’era niente di cui dovesse vergognarsi, quella menomazione non lo rendeva certamente meno uomo anzi era un’esperienza che lo arricchiva anche da quel punto di vista. Aveva affrontato il peggio ed al peggio era sopravvissuto, ed era una cosa che gli faceva onore. E Killian si sentì bene quando vide che nel suo sguardo non c’erano segni di compassione, ma solo d’amore.
“Va meglio?”
“Grazie” rispose solamente lui, annuendo e fissandola intensamente, buttandosi letteralmente tra le sue braccia. Adagiò il capo sul suo petto caldo, mentre delle ciocche bionde gli ricadevano sul viso e lasciò che lei gli accarezzasse i capelli neri.
“Dici che è ancora presto per il trasloco, non è vero?” Disse poi in maniera suadente, posandole un bacio all’angolo delle labbra.
“Si, la mattina è ancora lunga.” Ridacchio lei, prima di salire meglio sul letto e spingersi con i talloni verso il centro.
“Ed io non ho ancora fatto colazione” replicò lui, seguendola e avventandosi sulle sue labbra, riperdendosi nuovamente tra le sue braccia. Ed il dolore scomparve piano, sostituito da ben altre sensazioni.
 
 
  
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