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Autore: ChocoCat    22/12/2014    3 recensioni
Seamus Finnigan, i suoi sogni e le sue paure.
Estratto dalla long The Keepsake Tales, perché Seamus merita più luce di quanta gliene sia concessa.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Seamus Finnigan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sì, forse avrebbe dovuto sentirsi ridicolo, conciato per le feste, con quell’armatura addosso, la bacchetta in mano e il sedere per terra ma Seamus Finnigan si rialzò dolorante in un solo balzo. Ignorò il dolore sordo del suo fondoschiena offeso e riprese a saettare ora su un piede e ora sull’altro.

 

“Expelliarmus! Reducto! Stupeficium!”

 

Il suo avversario, un guerriero di legno incantato, se ne stava fermo a subire gli incantesimi. Esplodeva e si ricomponeva; perdeva la bacchetta ma quella tornava indietro, al ritmo delle offensive del ragazzo; erano mesi che si allenava discretamente e ancora non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno, per scaramanzia.

Forse, se avesse tenuto la bocca chiusa, la sua vita non gli sarebbe esplosa in faccia come aveva fatto fino a quel momento con una puntualità da record. Era una riserva. Solo una riserva. Quella piccola R accanto al suo nome, nella lista delle prove di ammissione all’Accademia Auror di Londra significava suo malgrado molto per lui. In barba a quelli che lo credevano incapace, in barba a se stesso – il più gran sostenitore di quella massima -.

Naturalmente, aveva due anni di ritardo rispetto ai suoi coetanei; ma che importava? Avrebbe aspettato il tempo necessario. Era pronto a tutto, per perseguire il suo sogno.

 

            “Expelliarmus! Stupeficium! Reducto! Expecto Patronum!”

 

Niente. Da quando era stato messo in riserva, marchiato come R, non era più riuscito a produrre un Patronus. La sua volpe era scomparsa. Si afflosciò su se stesso e lasciò cadere la bacchetta in un tintinnio ligneo.

Si slacciò i proteggi-polso e disfò le bende che portava alle caviglie. Doveva riuscire quel dannato incantesimo, ce l’aveva fatta quando aveva appena quindici anni. Possibile che non fosse più in grado?

Il ricordo infuriava ogni volta che falliva un tentativo. Quanti tentativi, e quanti rimorsi.

 

“Molto bene, signor Finnegan. Ci è giunta voce che sapesse produrre anche un Patronus corporeo. Non lo consideri come una prova ufficiale, ma come una dimostrazione della sua personale abilità.”

“Certo… io… certo.”

 

E niente. Il vuoto. Non era riuscito a farlo, nel giorno più importante della sua vita. Gli era riuscito un milione di volte, a Hogwarts, cullato dal candore dell’età innocente e dal calore dell’amicizia. Una volta finita la guerra, gli era stato chiaro fin da subito il suo destino. Doveva essere un Auror, come Harry e Ron. Non gli importava un accidente che tutti l’avessero deriso, chiamandolo il Signore del Fuoco, la Fenice Ardente e stronzate simili. Ma nonostante tutto il suo duro allenarsi, non era entrato in classifica. Perfino Ron ce l’aveva fatta, e a scuola non era poi tanto più bravo di lui in Difesa delle Arti Oscure.

Il nuovo Seamus era molto più caparbio, maturo e forte di quello che aveva affrontato la prova due anni prima. Eppure non era in grado di produrre il Patronus. Quello stesso ragazzo, stanco e avvilito, stava raccogliendo la bacchetta per andare a riposarsi. Il sudore che gli imperlava la fronte scivolò lungo il naso obliquo, fino alle labbra, dove si mescolò al gusto del sangue e del catarro. Era stanco, davvero stanco, e anche mortificato, ma non era ancora pronto a demordere.

 

Incendio!”

 

Il manichino prese fuoco, arse per qualche lungo istante, poi rinacque dalle sue ceneri. Le grosse fiamme blu che avevano invaso la stanza, illuminando tutto di un chiarore accecante, erano scomparse. Se non altro, questo mi riesce sempre. Sì, Seamus aveva sfruttato la sua indisponente capacità di produrre fiamme fino a comandarla alla perfezione. Si era allenato nei boschi, in montagna, a lungo. Si era provocato ustioni di vari gradi, e qualche menzione poco meritevole sui giornali, ma ora era in grado di controllare un incendio, se necessario. Si scrollò le spalle, poco appagato. Non era di questo che aveva bisogno.

 

Il fruscio di un paio d’ali attirò la sua attenzione, e indirizzò la bacchetta verso un allocco che sfrecciava difilato verso di lui, senza dare cenni di riuscire a fermarsi.

 

“Cosa succede, Paldor? Immobilus!”

 

Il rapace si ritrovò suo malgrado immobilizzato a qualche centimetro dal viso del mago. Portava una lettera dalla busta rossa, segno che era un messaggio urgente. Seamus liberò la busta dalla presa del suo allocco, che svincolato dall’incantesimo volò sulla sua spalla per mordicchiargli l’orecchio.

 

Caro signor Finnigan, siamo costretti ad annunciarLe che un posto si è momentaneamente liberato fra i nostri ranghi. La sua candidatura è risultata idonea fra molte, e presto provvederemo, con il Suo dovuto accordo, a inserirlo nell’Albo degli Auror della nostra Accademia, nel caso in cui Lei fosse ancora interessato alla Nostra offerta, e a permetterLe di seguire i Nostri corsi.

La preghiamo di recarsi il più rapidamente possibile in segreteria per concordare e firmare alcuni documenti, ed eventualmente pagare la retta.

 

A fra poco,

 

Distinti saluti

Kingsley Shacklebolt

 

Seamus non poteva credere ai suoi occhi. Strinse la lettera fra le mani, mentre un improvviso tremore gli invadeva gli arti. Mise la lettera in tasca, non senza fatica. Stava fremendo di gioia e di smania.

 

            “Questa si che è una notizia! Cielo… andiamo, Paldor. Dobbiamo prendere il camino e in fretta, ma prima meriti una fetta di crostata alla marmellata. E una porzione anche per me, diamine. Pensavo non sarebbe mai arrivata.” Questa dannata lettera.

 

 

 

 

 

   
 
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