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Autore: musa07    22/12/2014    5 recensioni
" Tobio si risvegliò di soprassalto, con i sensi allertati.
“ Perché diavolo sta suonando la sveglia?!” si interrogò perplesso dentro di sé, ancora prima di realizzare, nell’ordine: primo che quella non era la sua stanza, secondo che quella non era proprio direttamente casa sua, terzo che qualcuno gli stava dormendo avvinghiato addosso come un koala al suo albero, quarto che tale koala era Hinata Shoyo. Prima che le sinapsi preposte ai ricordi gli facessero ritornare alla memoria gli avvenimenti del pomeriggio e della serata, il piccoletto aprì docilmente gli occhi ..."
Mini oneshotina per il compleanno di Kageyama^^
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Auguri Tobio  <3 Stavolta son stata buona/buonina^^
Maki, ce l'abbiamo fatta^_^ E scrivendo ‘sta os fluffosissima, mi son innamorata ancora di più della KageHina.
 


 
“Il coraggio di immaginare alternative è la nostra più grande risorsa”



 
Con l’avanzare del buio, i fiocchi di neve avevano iniziato ad attecchire con insistenza sempre maggiore.
Preoccupati, perché ben conoscevano come quei due quando si allenavano perdessero la concezione di ciò che stava loro intorno, Daichi e Suga si spinsero nuovamente verso i meandri della palestra ad assicurarsi che Kageyama e Hinata avessero fatto preventivamente ritorno verso casa. In particolar modo il secondo, dato che anche in quel gelido 21 Dicembre, la mattina era partito in sella della sua fida bicicletta, incurante del grigiore del cielo proprio per niente rassicurante e delle funeste previsioni del tempo dei giorni precedenti.
Timidi fiocchi di neve avevano iniziato a svolazzare leggeri sul finire delle lezioni mattutine, tanto che – durante il momento del pranzo – più di qualcuno era uscito in giardino, naso all’aria ad ammirare quell’ipnotica danza. E la ripresa delle lezioni era stata accolta con sonori dissensi dato che i più audaci già si erano messi a far allegre battaglie a suon di palle di neve.
E il leggero svolazzare, sull’inoltrare del pomeriggio, si era tramutato in una vera e propria tormenta di neve.
Ecco perché Capitato e Vice avevano abbandonato il confortante calore della casa del secondo dopo esservi praticamente appena entrati, per controllare che i loro esuberanti e iperattivi kohai stessero bene. Si stavano scuotendo via la neve dalle giacche prima di entrare, quando – già mano alla porta d’ingresso della palestra – si fermarono di botto.
- Ahi! Kageyama piano, fa male! –
I due udirono Shoyo in un misto di rimprovero e piagnucolio che li fece bloccare con ancora la mano a mezz’aria.
- Sta fermo ti ho detto! Lascia fare a me. – arrivò il rimprovero secco di Tobio, che fece storcere per un attimo il naso sia a Daichi che a Suga per la lapidarietà. - È normale all’inizio, porta un po’ di pazienza. – arrivò l’attimo immediatamente successivo alle orecchie dei due, con un tono più dolce e morbido. Si fissarono per un attimo, indecisi sul da farsi. Dubbiosi. Non poteva essere che… ma forse, dopotutto, anche sì… Forse avevano appena scoperto il motivo per il quale quei due si attardavano sempre in palestra o si allenavano anche durante i giorni di riposo. Ok, Daichi e Suga si erano accorti da un pezzo – grazie al loro intuito – che ultimamente Kageyama si comportava in maniera strana quando aveva il piccoletto attorno. Nonostante si sforzasse di mantenere il suo solito stoicismo, i due avevano osservato come facesse una tenerezza assurda il rossore che saliva alle guance del loro geniale alzatore quando il piccolo corvetto rosso gli si avvicinava – senza intenzione maligna – più del dovuto. Quando gli posava una mano sulla spalla… Quando gli sorrideva… Ecco, in quei momenti, per loro che erano due osservatori attenti, Kageyama diventava un libro aperto. E siccome c’erano passati a loro volta solo due anni prima, capivano perfettamente cosa si agitasse nella sua testa, nel suo cuore. Uno sconquasso assurdo!
- Sì, ma fa male. – piagnucolò di nuovo Shoyo e l’ammonizione secca e lapidaria di Kageyama non tardò ad arrivare.
- Ti ho detto di star fermo e di lasciarmi controllare. Solo un idiota come te poteva scivolare sull’unica pozza d’acqua presente nella palestra e storcersi una caviglia, Hinata boke! –
E i due ragazzi fuori poterono tirare un sospiro di sollievo, scambiandosi un’occhiataccia di biasimo per il pensiero che avevano avuto entrambi in merito a cosa stesse succedendo all’interno della palestra.
Palesando la propria presenza, giusto per evitare di incappare in qualche incidente diplomatico, Koushi e Daichi entrarono.
Tobio era inginocchiato davanti a Shoyo mentre – dopo avergli sfilato delicatamente la scarpa – gli stava, altrettanto delicatamente, muovendo la caviglia per capire l’entità del danno. Fu solo nel momento in cui i due suoi senpai entrarono, che si rese conto di aver il corpo dell’altro maledettamente vicino. Appurato che non si era fatto chissà che danno, a parte una leggera slogatura, il panico era scemato in Kageyama. In quei frenetici momenti – dal momento in cui l’aveva visto scivolare fino a quell’istante – non si era reso completamente conto che, così vicino, non lo erano mai stati. E fu allora, solo allora, mentre Hinata salutava allegramente i due arrivati e li tranquillizzava sulle sue condizioni, che Tobio tirò il fiato. Inspirò il delicato aroma che sprigionavano i capelli dell’altro, e sentì il suo cuore partire in un leggero trotto. Leggero trotto che divenne un autentico galoppo nel momento in cui sollevò la testa e si trovò il volto del piccoletto ad un soffio dal suo. Che lo fissava con i suoi caldi occhi color nocciola. Distolse immediatamente lo sguardo – fingendo un grugnito in merito alla sua idiozia nell’essere scivolato così scemamente - alzandosi di botto, lasciando Shoyo privo del contatto delle sue mani calde. Lo fissò, infatti, Shoyo, dispiaciuto del fatto di non aver più le mani dell’altro su di sé. Quel leggero massaggio che gli stava facendo fino a un istante prima, gli piaceva. Era quasi una carezza, in netta contrapposizione con quello che era il tono lapidario con il quale Kageyama lo stava bellamente insultando.
Toccò a Daichi, per l’ennesima volta, riportare il tutto in uno stato di apparente normalità e quotidianità.
- Ragazzi, di corsa a casa. Fuori c’è una tormenta. – gli incitò, recuperando le loro sacche da terra.
I due famigerati, dapprima si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Hinata – con l’entusiasmo che lo contraddistingueva sempre e comunque – si girò verso la porta, che gli altri due avevano lasciata aperta, e si lasciò scappare un’esclamazione di giubilo.
Nell’ora in cui lui e Kageyama erano rimasti chiusi in palestra ad allenarsi, il cortile del Liceo si era tramutato in un candido tappeto bianco, e la neve non accennava proprio a diminuire la sua corsa.
Accanto a lui, nel momento in cui si rimise in piedi, anche Tobio ammirava estasiato. E com’era bello il volto dell’alzatore quando si entusiasmava per qualcosa. Perché trapelava un entusiasmo timido e impacciato che niente aveva a che fare con la brutta reputazione che si era portato dietro dalle scuole medie.
Fece per precipitarsi di corsa all’entrata, Shoyo, ma nel momento in cui fece il primo passo, una stilettata partì dalla caviglia e, nella sorpresa del dolore, per mantenere l’equilibrio, d’istinto si appoggiò a Tobio, al quale non sfuggì il suo silenzioso miagolio di protesta.
- Fa male? – gli chiese in apprensione, passandogli un braccio intorno alla vita  per appoggiargli la mano sul fianco, in un leggero sfregamento che diede i brividi ad entrambi.
- N-no, tutto ok. – finse Hinata, sforzandosi di ridere quando, invece, la verità era che la caviglia gli faceva un male boia!
Daichi e Suga gli furono al fianco in un attimo, controllando la situazione da vicino.
- Non puoi di certo tornare a casa in queste condizioni. – proferì Daichi pensieroso, scambiandosi un’occhiata con Koushi, il quale gli sorrise socchiudendo gli occhi, in quella maniera così deliziosa che solo lui sapeva modulare, per poi poggiare una mano sulla spalla del loro piccoletto, a rassicurarlo.
- Hinata, puoi fermarti a dormire da me. I miei son via, chiama i tuoi per avvisarli. –
- Mah … - tentò di protestare Shoyo, mentre proprio non si decideva di permettere a Kageyama di mollare la presa – come se questi si sarebbe privato di quel prezioso contatto rubato tra l’altro! -  ma anzi: sollevò lo sguardo proprio verso gli occhi blu di Tobio.
La rapida occhiata che si scambiarono, fece scattare un click nella testa di Suga che, da bravo cupido, allargò il suo invito.
- Anzi, Kageyama: potresti fermarti anche tu. –
Proposta che colse l’altro alzatore di sorpresa, il quale – quasi si fosse reso conto di esser parte di quel quadretto – mollò la presa sicura con la quale stava continuando a sorreggere Shoyo. Lo fece in una maniera così delicata che nessuno mai avrebbero sospettato in lui. Solo Hinata aveva imparato a scorgere quella delicatezza in lui. Quella delicatezza che si ostinava a tener ben trincerata, chissà per quale motivo.
- N-non vorrei disturbare… - biascicò più in imbarazzo che mai. In quei mesi nei quali aveva iniziato a giocare con loro, e che aveva imparato a conoscerli, Tobio si era stupito più e più volte della gentilezza che i suoi senpai avevano dimostrato nei suoi confronti. Nei confronti di tutti loro. E non era solo qualcosa legato al fatto di esser una squadra, ma proprio dell’essere amici.
- Ma no figurati, nessun disturbo. – lo rassicurò Koushi sorridendogli, tirando su le loro sacche  - Si ferma anche Daichi. – precisò Suga, giusto per tentare di toglierlo dall’imbarazzo.
“Appunto!” pensò Tobio “Proprio per questo.”
Da attento osservatore quale era anche lui, si era reso conto da un bel pezzo che quei due non erano legati da un semplice affetto fraterno, e non voleva assolutamente rovinare con la sua presenza quella che, nell’idea iniziale dei suoi due senpai, doveva sicuramente essere una serata love. Per due liceali, aver la casa libera era un’autentica chimera. Soprattutto per due che stavano insieme e avevano così la prospettiva di poter passare tante ore in totale e completa intimità.
Suga e Daichi capirono al volo, e al sincrono, il pensiero che stava passando per la testa del loro geniale primino e per un attimo si sentirono in imbarazzo, per poi lanciarsi un’occhiata di complicità e sorridersi.
- Più siamo, più ci divertiremo. – esclamò il Capitano, porgendo loro le tute e battendo una mano sulla spalla di Tobio. – E poi se non sbaglio domani è il compleanno di qualcuno. –
Shoyo aveva assistito perplesso a quegli scambi veloci di occhiate. Alla parola “compleanno”, sollevò dubbioso gli occhi verso Kageyama, che si sentì osservato e divenne più rosso dei capelli del loro piccolo corvetto. Il quale, alla fine, sgranò gli occhi.
- È il tuo compleanno domani? – gli chiese, continuando a fissarlo con quell’espressione trasognata che tante volte, troppe!, aveva tolto il sonno a Tobio.
- Hn … s-sì… - biascicò questi, incespicando, volgendo lo sguardo altrove, perché proprio non gli riusciva di resistere a quell’espressione e l’unica cosa più o meno sensata che gli suggeriva la sua testa era quella di fiondarsi su quelle labbra socchiuse così invitanti e abusare ripetutamente di loro con le proprie.
- Non lo sapevo… - bisbigliò Shoyo, si sarebbe potuto dire tristemente, abbassando mestamente lo sguardo a terra.
Kageyama caracollò sulle sue stesse parole, mentre cercava di dir qualcosa che doveva assomigliare il più possibile a qualcosa del tipo “non preoccuparti”, fallendo miseramente, ovviamente.
 
Nel momento in cui i quattro ragazzi, dopo essersi rivestiti e coperti, uscirono nel cortile della scuola furono immediatamente chiare due cose a Daichi e a Suga. La prima che Hinata non era in grado di fare neanche un passo su quella caviglia gonfia, nonostante si sforzasse di apparire in piena forma. La seconda che Kageyama faceva veramente pena come bugiardo. Era così palese agli occhi dei due che il loro alzatore era innamorato perso del loro piccolo corvetto, che si chiedevano come fosse possibile che il diretto interessato - che gli stava sempre appiccicato, e tra tutti era l’unico che aveva instaurato con lui un rapporto di complicità - non si fosse mai reso conto di ciò che Tobio provava per lui. Sospirando, si scambiarono una fugace occhiata, a comunicarsi che ne avevano di lavoro da fare.
- Ce la faccio, ce la faccio! - cercò di schernirsi Shoyo, tentando di mantenere uno stoico equilibrio, protestando allegramente al fatto che fosse stato Daichi a recuperare la sua bicicletta.
Tobio fece un piccolo sospiro dentro di sé.
- Ohi! – lo chiamò, bruscamente. Hinata si girò verso di lui, fissandolo perplesso.
- Sugawara-san, potresti reggermela per favore? – chiese a Koushi, porgendogli la sua sacca.
- Hum-hum … - assentì Suga, fissandolo dubbioso a sua volta e fu solo quando lo vide piegarsi sulle ginocchia che capì. E sorrise estasiato dentro di sé. “Grande Kageyama! Fight!” pensò.
- Monta. –
Shoyo lo guardò sempre più perplesso, piegando la testa di lato, saltellando sul piede sano, voltandosi con fare interrogativo verso i suoi due senpai.
- Sali. – lo invitò dolcemente Suga, indicandogli la schiena del compagno. E quando Shoyo si rese conto di cosa implicava quell’atto, divenne più rosso perfino dei suoi capelli.
- No. No. No. – protestò vivacemente, arretrando. Temeva che Kageyama gliel’avrebbe fatta pagare da lì all’eternità.
- Hah? – si inalberò questi, voltandosi verso di lui e gelandolo con una delle sue occhiatacce “fulmina e uccide” – Vorresti forse insinuare che non sono in grado di portarti? –
- No, n-non intendevo questo. – squittì, arrossendo nuovamente, riportando lo sguardo verso gli altri due, come a chieder loro conferma di poterlo fare. E Daichi e Suga non poterono che sorridere teneramente di rimando.
Traendo un profondo inspiro, appoggiò delicatamente le mani sulle spalle di Tobio e questi girò il viso fino ad incontrare i suoi occhi castani. Silenziosamente, con la potenza magnetica dei suoi occhi blu, lo interrogò in una muta domanda e Shoyo assentì leggermente con la testa. Facendo leva sul piede sano, Hinata fece un piccolo salto nel momento in cui Kageyama – dopo aver reso salda la presa sotto le sue ginocchia – si issò nuovamente in piedi.
- Stai bene? – si informò Tobio, voltando nuovamente il volto verso di lui, sussurrando appena quelle parole e, nuovamente, Shoyo si limitò ad annuire con il capo. Era in estasi. Nemmeno in una delle sue fantasie migliori si era mai immaginato di potersi sorreggere in quella maniera alla schiena flessuosa e sinuosa del suo compagno, inalando la dolce fragranza dei suoi capelli, mentre le sue mani – appoggiate unite sul petto dell’altro – ne sentivano l’alzare ad abbassare ritmico del respiro.
Che quella semplicemente fosse la felicità per Shoyo, sarebbe stato usare un eufemismo.
Avrebbe voluto che la strada che portava a casa di Sugawara non finisse mai.
Assaporava ogni minimo dettaglio per cercare di imprimerselo il più possibile nella mente. Nei ricordi. La risata fresca e rilassante di Koushi, il tono sempre rassicurante e rinvigorente di Daichi che camminavano giusto quel passo davanti a loro. I fiocchi che si posavano delicatamente e con grazia su di loro, di come il loro candore sui capelli corvini di Tobio spiccasse ancora di più. Il silenzio irreale e ovattato che solo la neve è in grado di creare. E per ultimo, Shoyo si lasciò quello che sarebbe stato di sicuro il ricordo più dolce. Quello che avrebbe conservato più gelosamente nella memoria e nel cuore… Sentire come, nonostante le giacche di entrambi, il corpo di Tobio sprigionasse un calore senza uguali. Un calore che era in grado di inondarlo. Un calore che sapeva di casa. Tutto quello che arrivava da Tobio in quel momento era amplificato. Il suo odore, il suo calore, il suo profilo praticamente perfetto …
Rapito dal volto dell’altro, aveva rinunciato di sforzarsi di tenere in piedi una delle loro conversazioni tipiche – alias dove lui punzecchiava Kageyama e veniva puntualmente preso a parole da parte di quest’ultimo. In quel momento poteva permettersi di farsi coccolare da lui, senza rischiare che questi potesse scoprire quali fossero i suoi veri sentimenti. Mai avrebbe sospettato, nonché sperato, che Tobio lo ricambiasse. Se lui, a differenza dell’altro, riusciva a nascondere bene quelli che erano i suoi sentimenti verso il suo compagno, era semplicemente dettato dal fatto che Shoyo era un fermento in continuo movimento sempre e comunque, un concentrato di entusiasmo perenne. Oltre al fatto che era da poco che aveva preso piena consapevolezza che, se quando capitava di incrociare Kageyama in giro per i corridoi del liceo – sperando ardentemente di incontrarlo! – non era del tutto propriamente segno di amicizia che il cuore iniziasse a galoppare. Per non parlare di quando si risvegliava di soprassalto nel cuore della notte con ancora ben stampata nella mente l’immagine di loro due che si baciavano.
- Vedi di non addormentarti! – lo piccò l’alzatore, perché il silenzio dell’altro lo metteva tremendamente in imbarazzo e quando sentì la risata di Shoyo vibrare sulla sua schiena, Tobio si trovò a deglutire a vuoto. Per non parlare di quando il piccoletto, delicatamente, gli tolse dalle labbra un fiocco di neve dispettoso che vi si era posato.
Si irrigidì per un attimo, perché quel tocco leggero gli aveva dato i brividi, ma invece di portare lo sguardo verso l’oscurità della sera, i suoi occhi blu si spostarono fino ad incontrare quelli castani di Shoyo, che non si aspettava di ritrovarsi piantate in volto le due gemme dell’altro nel momento in cui aveva distolto l’attenzione dalle sue labbra, rapito dalla loro morbidezza.
Si fissarono per un lungo, lunghissimo istante, senza nemmeno accorgersi che gli altri due si erano fermati. Erano arrivati a destinazione.
 
 
Il resto del pomeriggio e della serata era proseguito nel migliore dei modi.
Nel momento in cui, arrivata l’ora di andare a letto, Koushi li aveva accompagnati in quella che sarebbe stata la loro stanza per quella notte, e aveva consegnato loro degli abiti asciutti e tiepidi, Tobio – se non si fosse trovato le gambe come piombo – si sarebbe scaraventato giù dal primo piano dell’abitazione del loro ViceCapitano. Non ce l’avrebbe mai fatta! Si sarebbe trovato con un infarto in corso giusto la vigilia del suo sedicesimo compleanno. In quel momento si stava realizzando uno dei suoi sogni più reconditi – poter passare la notte insieme con il suo piccolo corvetto – ma che, con quella realtà dei fatti, si sarebbe di sicuro tramutato nel peggiore degli inferni. Averlo così vicino e non poterlo nemmeno sfiorare, continuava a martellarsi in testa, mentre si spogliava dei suoi abiti per poter indossare quelli caldi del fratello maggiore di Sugawara, talmente preso dai suoi macchiavellamenti mentali da non accorgersi delle occhiate di fuoco con le quali Shoyo se lo stava letteralmente mangiando.
Capitava più spesso di quello che Hinata avrebbe voluto: che si trovasse a rapire con gli occhi quante più immagini di Kageyama possibili. In particolar modo quando si trovavano in spogliatoio e cercava in tutte le maniere – davvero si sforzava in ogni modo e maniera! – di non portare l’attenzione dei suoi occhi sulla fantastica schiena dell’altro, a rapire ogni minima cesellatura di quella muscolatura perfetta, levigata e forgiata dagli allenamenti. Pregava in cuor suo che nessuno, in particolar modo Tanaka-senpai o quello psicotico di Tsukishima, si accorgesse di quel suo deglutire a vuoto e sospirare mesto.
Ed ora… ed ora ce l’aveva ad un soffio. Percorse ogni centimetro del corpo dell’altro, mentre questi gli dava le spalle, soffermandosi con dovizia di particolari sulle due piccole fossette alla base della schiena, che si intravedevano spuntare malignamente dall’elastico dei boxer. Fu sul punto di allungare una mano ma, per sua fortuna, in quel preciso istante, Tobio si girò, stupito dall’insolito silenzio dell’altro.
E dire che si era fatto forte proprio di questo. Del fatto che quello che sarebbe di sicuro stato per lui un momento imbarazzante, sarebbe stato superato dall’inesauribile chiacchierio di Hinata. Si voltò quindi, fissandolo, preoccupato che il suo silenzio fosse dovuto alla caviglia dolorante.
- Che hai? – gli chiese, con il suo solito tono burbero che nascondeva tutta la sua timidezza. Era più forte di lui! Per quanto si sforzasse di usare toni più dolci, i suoi meccanismi di difesa inconsci saltavano fuori.
- Niente! Niente! – si affrettò a negare Shoyo, temendo di essersi fatto miseramente sgamare, infilandosi di corsa sotto il suo futon, grato a Suga perché li aveva stesi praticamente incollati l’uno all’altro, non sospettando minimamente che Koushi l’avesse fatto bellamente apposta. Si tirò su le coperte fino al naso, attendendo che anche l’altro facesse altrettanto. Solo allora Tobio si accorse che avrebbero dormito letteralmente appiccicati. Sospirò dentro di lui. Quella notte sarebbe stata un incubo!, pensò.
- Kageyama? –
- Hn? – grugnì lui di rimando, disteso su un lato, dandogli le spalle.
- Ho freddo. – pigolò Hinata.
- E quindi? – replicò bruscamente, già temendo in cuor suo la risposta dell’altro.
- Posso venire più vicino a te? – ci provò Shoyo in uno speranzoso mormorio, che alle orecchie dell’alzatore risuonò tutto fuorché innocente.
- Hah? – scattò immediatamente, mettendosi a sedere in un balzo.
Non se ne parlava proprio! Avrebbe dovuto dar fondo a tutto il suo autocontrollo ed oltre, e non ce l’avrebbe fatta in ogni caso a resistere.
- Va da Sugawara-san a chiedergli una coperta in più! – grugnì, sentendo che la temperatura della stanza si era fatta per lui terribilmente incandescente.
- Ma … - cercò di protestare Shoyo, con uno sguardo che era un vero e proprio attentato alle coronarie del povero Kageyama. Non ce la faceva. Non ce la faceva proprio quando l’altro lo fissava dal basso con quell’espressione da cucciolo smarrito.
Deglutì a fatica. “E’ un incubo! Questo è un incubo!” si trovò a salmodiare dentro di sé, mentre grugniva qualcosa di non meglio definito, che l’altro non capì, infatti.
- Eh? – chiese speranzoso il piccoletto, mettendosi a sedere e l’immagine delle coperte che gli scivolavano giù per il corpo apparve a Tobio come qualcosa di così innocentemente sensuale, che di nuovo valutò seriamente l’ipotesi di lanciarsi giù dal primo piano.
- Ho detto: solo un minuto, poi te ne torni dalla tua parte! – precisò, rimettendosi steso, ma a pancia su stavolta, imbronciando la bocca in quella maniera che Shoyo semplicemente trovava adorabile. Shoyo che sgranò gli occhi incredulo, per poi aprirsi in uno dei suoi sorrisi grati. Si tuffò a capofitto sul petto di Tobio, accoccolandosi su di lui, socchiudendo gli occhi e sospirando beato.
- Come sei caldo, Kageyama… - sussurrò estasiato, mentre gli appoggiava una mano all’altezza del cuore, certo che quello era in assoluto il miglior cuscino sul quale avesse mai dormito in vita sua.
- Ma ti sembrano cose da dire?! - sbraitò l’alzatore, che era appena uscito dall’apnea mentre circondava con le braccia la schiena snella e sottile dell’altro.
Hinata mai si sarebbe aspettato quel gesto, ma il sentirsi avvolgere nella stretta calda e sicura di Tobio, lo fece sorridere dolcemente contro il suo petto.
Nel cuore della notte, nel silenzio dell’oscurità, valutò seriamente la possibilità di rivelargli di essere innamorato di lui. Ma non voleva rovinare quel momento. Quel momento praticamente perfetto così. Quella era la felicità per lui. Se gli avesse rivelato i suoi sentimenti, avrebbe sicuramente rovinato quell’istante, perché l’altro si sarebbe di certo sentito a disagio. D’altra parte si chiese anche quanto tempo sarebbe stato in grado di nascondere i suoi sentimenti. Sospirò nuovamente, inalando il profumo della pelle dell’altro, beandosi di quel contatto.
Nell’incoscienza del dormiveglia a Shoyo parve che Tobio avesse iniziato a giocherellare con alcune sue ciocche di capelli.
 
Tobio si risvegliò di soprassalto, con i sensi allertati.
“ Perché diavolo sta suonando la sveglia?!” si interrogò perplesso dentro di sé, ancora prima di realizzare, nell’ordine: primo che quella non era la sua stanza, secondo che quella non era proprio direttamente casa sua, terzo che qualcuno gli stava dormendo avvinghiato addosso come un koala al suo albero, quarto che tale koala era Hinata Shoyo. Prima che le sinapsi preposte ai ricordi gli facessero ritornare alla memoria gli avvenimenti del pomeriggio e della serata, il piccoletto aprì docilmente gli occhi.
- La sveglia… - biascicò questi, strofinandosi gli occhi e sorridendo in maniera così adorabilmente assonnata che Kageyama, per l’ennesima volta, temette un infarto nonostante la sua giovane età.
- Hai messo tu la sveglia? – si riprese, sbraitandogli contro, al solito.
- Hum-hum… - confermò Shoyo innocentemente, tentando di smorzare uno sbadiglio.
- Hah?! E che ora sarebbe?! – gli urlò contro nuovamente, vedendo che fuori l’oscurità era ancora pesta.
- Mezzanotte. –
- Mezzanotte?! E perché diavolo hai messo la sveglia a mezzanotte, Hinata boke?! – si inalberò, sentendo che l’infarto l’avrebbe fatto in ogni caso. Sempre per colpa dell’altro, ma per un motivo ben differente.
- Volevo essere il primo a farti gli auguri … - spiegò Shoyo, con uno sguardo intimorito a dir poco adorabile.
L’innocente spiegazione lasciò Tobio senza fiato, e sentì la furia omicida scemare. Si trovò a caracollare sulle stesse parole, non sapendo come scusarsi. Né tantomeno cosa dire.
- Auguri Kageyama… - sussurrò il piccoletto, tentato – per un lungo, lunghissimo istante – di gettargli le braccia al collo e abbracciarlo. Lui era un coccolone e un affettuoso di natura e quell’abbraccio l’avrebbe voluto fare in ogni caso, indipendentemente dal fatto che di Kageyama era innamorato. E invece l’unica cosa che poté fare, fu perdersi ad ammirare gli occhi blu dell’altro, che brillavano nell’oscurità della stanza. Poi, spinto da chissà quale audacia, sentì la sua voce mormorare quella frase.
- Chiudi gli occhi… - bisbigliò, socchiudendo i suoi, ad un soffio dal volto dell’altro.
- C-cosa? – incespicò Tobio, spostando velocemente l’attenzione dagli occhi dell’altro alle sue labbra.
- Chiudi gli occhi. Voglio darti il mio regalo. Per favore… – lo pregò, sentendo che il cuore gli ringhiava rabbiosamente in petto. Con uno come Kageyama rischiava seriamente di trovarsi defenestrato nel giro di un battito di ciglia nell’istante stesso in cui avrebbe portato a compimento quello che aveva intenzione di fare. E invece, indomito, gli posò delicatamente una mano sul petto, obbligandolo a mettersi nuovamente disteso.
Si fissarono nuovamente negli occhi, prima che il festeggiato si decise a fare quanto gli stava chiedendo.
Sospirarono entrambi nello stesso identico istante, nello stesso identico modo.
Tobio sentì una ciocca ribelle di Shoyo sfiorargli insolente la punta del naso e ogni suo senso fu messo in allerta, enfatizzando ogni sensazione. Il respiro dell’altro, mescolato al suo, il suo calore, la sua vicinanza…
Temette che il cuore gli sarebbe esploso in petto quando sentì le labbra dell’altro poggiarsi delicatamente, timidamente alle sue. Non poteva essere vero! Stava di certo sognando. Sognava per l’ennesima volta quell’agognato bacio. Quello sfiorarsi timido e impacciato, sentendo quanto morbide fossero le labbra di Shoyo. Quanta felicità gli procurasse quel semplice contatto.
- Ti avevo detto di tenere gli occhi chiusi… - lo ammonì dolcemente Hinata, sorridendo adorabilmente impacciato quando lui, senza rendersene conto, aveva socchiuso le sue gemme blu.
- G-gomen… - si scusò, allungando una mano fino ad incontrare il suo volto, accarezzandogli una ciocca di capelli. Quella stessa ciocca di capelli che si ostinava maligna a solleticargli il naso.
- Ti fa schifo? – gli chiese Hinata, fattosi improvvisamente serio in volto. Grave.
- No. – bisbigliò lui in risposta, finalmente con tutta la dolcezza di cui era realmente possessore, facendogli scivolare la mano fino alla nuca per attirarlo nuovamente a sé.
E l’ultima cosa che Shoyo vide prima di chiudere gli occhi, prima che le labbra di Tobio sfiorassero nuovamente le sue, fu uno sguardo dolcissimo nell’altro che mai aveva visto prima, ma che sospettava e sperava.
Fu uno sfiorarsi lento, trepidante, bruciante. Dapprima lievi baci, prima che la punta della lingua di Tobio si permise di essere più audace, prima di iniziare a leccargli le labbra, fino a quando Shoyo timidamente schiuse le labbra fino ad aprirle, permettendogli di insinuarsi quel minimo che gli fece incontrare la sua lingua che cominciò ad accarezzare piano con la propria.
Nessuno dei due seppe mai dirsi quanto tempo rimasero così, permettendo alle loro lingue di cercarsi, trovarsi, incontrarsi, sfiorarsi, ma quando il bacio finì, Tobio non gli permise di issarsi e guardarlo, perché se l’avesse fatto sarebbe morto dall’imbarazzo già più di quello che provava in quel momento.
Lo fece accoccolare nuovamente sul suo petto, a cullarsi fino a quando non si riaddormentarono di nuovo. Abbracciati.
E il minuto sarebbe divenuto tutta la notte …
 
 
FINE^^
 


Clau: Allora, siamo tutti pronti^^?
Hinata: Sì^^
Tooru: Sì^^
Daichi: Sì
Suga: Sì^^
Iwa: Ma perché ci sono in mezzo anch’io?! >______<
Clau: Questo me lo sto chiedendo anch’io sinceramente, ma vabbè … ormai sei qui. Al mio tre …
1... 2... 3...
Tutti (meno Iwa): Auguri Tobio^__^
Iwa: Hn!
Tooru: Iwa-chan, eri fuori tempo^^
Clau: Daio-sama, fosse solo quello il problema. Iwa, te l’ho scritto sul foglio cosa dire, e non era “hn!”
Iwa: Ti devo trivellare di botte?
Clau: Ehm^^’ Vabbè, riproviamo. Di nuovo al mio tre … 1 … 2 … 3 …
Tutti (anche Iwa): Auguri Tobio^^
Kageyama: Oh… hum… ecco... come dire ‘zie…
Tooru: Tobio-chan, che carino sei diventato tutto rosso.
Clau: Tooru *ç*
Daichi: Minna, ce la facciamo a fare anche...
Suga: … gli auguri di Natale?
Tooru: Ahh, con Iwa-chan non lo so mica eh^O^
Iwa: Che?! Crepa Kusokawa!
Clau: Tooru *ç*
Hinata: Oh sì! Auguri di Buon NATALE!!!
Kageyama: Hinata boke, dovevi aspettare il via!
Daichi&Suga:^^’ Facciamo noi và. Auguri di BUON NATALE DA TUTTI NOI <3
Clau: Ohh! Come siete canon. Vi amo!
   
 
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