Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Nico    10/11/2008    0 recensioni
Seduto su una roccia, ai piedi di un'altura impossibile da scalare, era fermo come una statua. “Cosa fai qui?” “Aspetto”, rispose lui
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

How you remind me



Seduto su una roccia, ai piedi di un'altura impossibile da scalare, era fermo come una statua.

E una statua sembrava, pallido come il gesso, immobile come il marmo. Ma non lo era.

“Cosa fai qui?”

“Aspetto”, rispose lui, ed era quasi incredibile che quella bocca si muovesse, che quegli occhi vedessero davvero.

Il ragazzo esitò. “Non c'è niente da aspettare, il sentiero è cancellato”.

Per un attimo lui provò a sorridere, comprensivo nell'accettare l'ignoranza altrui. “Non voglio tornare indietro”, disse calmo.

“E allora? Cosa vuoi fare?”

“Aspettare”.

Egli lo guardò un'ultima volta senza capire, parve voler dire ancora qualcosa, ma desistette e proseguì il cammino.


§§§§§


Seduto su una roccia, ai piedi di un'altura impossibile da scalare, era fermo come una statua.

Gli uccelli avrebbero potuto riposare su di lui, avrebbero sicuramente costruito un nido sulla sua testa. Se ci fossero stati. Ma non c'erano uccelli.

Aveva avuto il tempo di pensare, e aveva capito che non tutto segue la stessa strada, non tutto arriva nello stesso posto. Aveva avuto un'incomprensibile, istintiva paura.

Ma poteva avere paura di qualcosa che non c'era? Forse c'era stato, dimenticato chissà dove e chissà perché, lasciando indietro solo un frammento che in timore dell'ignoranza si era tramutato.

“Cosa fai qui?”

Lui alzò lo sguardo e sotto le sopracciglia folte incontrò quello del vecchio. “Aspetto”, disse.

Il vecchio lo guardò incuriosito. “E' un peccato perdere il proprio tempo ad aspettare”.

Lui piegò la testa da un lato, come se quel piccolo movimento potesse aiutarlo a cambiare prospettiva alle cose. “Sei sicuro che il tempo sia davvero nostro?”

Fu la volta del vecchio di osservarlo di sbieco, sorpreso da quella risposta. “Forse si”, rifletté, “ma è una buona domanda”.

Lui sorrise e non disse niente.

“E se il tempo fosse davvero tuo?”, domandò il vecchio. “Cosa faresti?”

“Aspetterei”, rispose lui, e lo lasciò andare per la sua strada.


§§§§§


Seduto su una roccia, ai piedi di un'altura impossibile da scalare, era fermo come una statua.

Non c'era vento, non c'era neve, non c'era pioggia, sole o bufera. Ripensò a quello che, non sapeva nemmeno più quando, aveva detto il vecchio.

Può scorrere il tempo quando il tempo non esiste? Quando il battito d'ali di una farfalla dura lo spazio di un'eternità?

Forse no, ma gli sembrò che esistesse.

“Cosa fai lì?”

Lui guardò dritto davanti a se' e incontrò il limpido sguardo del bambino.

Gli parve di sentire un dolore in mezzo al petto, una sensazione lontana, immaginaria.

“Aspetto”, rispose.

“Ma perché vuoi aspettare! Non lo sai cosa c'è più in alto?”, esclamò il bimbo.

“Non lo so”, disse lui.

“Ci sono dei prati, dei ruscelli, dei fiori colorati! C'è il mio cane Charlie e c'è il sole!”

“E come sai che ci sono tutte queste cose?”, domandò lui.

Il bambino lo fissò stranito. “Ma perché me l'ha detto la mia mamma, no? La mia mamma non dice bugie, mi ha detto di andare avanti e di non aspettarla, mi ha detto che quando arriverà dovrò farle vedere tutto quello che c'è!”

Lui sorrise, e gli accarezzò la testa, sorpreso nel sentire il braccio muoversi e soffici fili sotto le dita.

“Allora devi andare, le mamme hanno sempre ragione”, lo esortò.

“E tu?”, chiese il bambino. “Non vieni con me?”

Lui scosse il capo. “Non posso venire”, disse infine.

Il bambino lo guardò un'ultima volta, sembrava volesse non arrendersi ad una tale assurdità, ma infine corse via veloce.

Lui lo vide sparire e fu grato che non ci fossero altre domande, perché quella volta aspettare non era sicuro fosse la risposta giusta.


§§§§§§


Seduto su una roccia, ai piedi di un'altura impossibile da scalare, era fermo come una statua.

Immobile nella staticità del luogo, addormentato e prigioniero di se stesso. Stanco e disperato per essere stanco, troppo stanco per essere disperato.

Cosa fai qui?”

Lui alzò gli occhi e un alito di vento mosse i suoi capelli.

Vento? Ma non c'era mai stato! Non in... non c'era mai stato.

Gli occhi della ragazza lo scrutarono attenti.

Lui sapeva cosa dire, non sapeva come dire altro. Provò, e provò ancora, ma le parole erano bloccate. “Non lo so”, mormorò invece, scosso egli stesso.

La ragazza, allora, si chinò e prese le mani tra le sue. “Da quanto sei qui?”, domandò.

Non lo so”, disse di nuovo.

Vuoi tornare indietro?”, chiese lei.

Volevo, credo, tanto tempo fa. Ma la strada è cancellata e adesso non ricordo più il perché”, disse lui, confuso.

E quindi? Come mai sei rimasto qui?”

Lui ci pensò un attimo. “Aspettavo”, rispose.

Aspettavi qualcuno?”

Nessuno gliel'aveva mai chiesto, ma si, aspettava qualcuno, e a forza di aspettare aveva dimenticato chi.

Si”, mormorò, incredulo.

Chi?”, chiese lei, accarezzandogli la guancia.

Te?”, disse lui, e non sapeva come, ma sapeva che in fondo era vero.

Sei rimasto qui troppo tempo, hai rischiato di perderti”.

E come potevo perdermi? Non mi sono mai mosso”.

Nello sguardo dolce di lei era racchiusa una nota triste. “E' così che ci si perde, sai? Rimanendo immobili. Il sentiero dal quale si è venuti si cancella, è inevitabile, ma non esiste una strada nuova da percorrere se non la si vuole trovare”.

Lui chiuse gli occhi, abbandonandosi per un momento al calore inaspettato di quella mano. “E tu come lo sai? Come sai tutte queste cose?”

Sono stata come te, una volta. Immobile, tutto ciò che mi circondava era sterile. La mia strada era stata cancellata, un attimo prima era lì davanti a me e un attimo dopo era scomparsa”.

E cosa hai fatto?”, chiese lui, con un peso nel cuore che non si riusciva a spiegare, proprio come non si era spiegato la paura.

Tutto ha iniziato a sbiadire poco a poco, i ricordi a morire, il suo sorriso a dissolversi con la memoria”.

E poi?”

Poi qualcuno mi ha aiutata. E' stato difficile, a tratti ha fatto ancora più male, ma poco a poco ho ritrovato la strada. Era diversa, ma era una via”.

E adesso? La vedi la tua strada?”, domandò lui.

Lei guardò avanti e sorrise radiosa. “Si che la vedo! E' fatta di mattoni dorati, come nel mago di Oz!”

Lui cercò di aguzzare la vista, ed in effetti intravide qualcosa. Non erano mattoni dorati, ma dove non c'era mai stato nulla si dipartiva un sentiero.

E vuoi percorrerla?”, le domandò esitante. Forse poteva tenerla lì con se, se solo la brillantezza di quella strada che non vedeva non fosse riflessa così chiaramente negli occhi di lei.

Da tanto tempo”, rispose lei, serena. “Prima non potevo, ma adesso è l'unica che mi resta. Sono molto fortunata, comunque, perché è anche l'unica che voglio”.

Con le mani ancora strette attorno a quella di lei, con il cuore colmo di inspiegabile nostalgia, lui si alzò in piedi. “E' bella la tua strada, posso immaginarla.”, sospirò.

La tua non lo è?”, domandò lei, curiosa.

Non direi. E' più un sentiero, ci sono sassi, qualche buca e anche delle radici. Però sul bordo crescono fiori gialli, quelli sono molto belli”, disse lui, stupito dalle sue stesse parole. Non c'erano mai state radici e fiori. Non c'era mai stata una strada!

Mi pare molto bella anche quella”, affermò lei.

Sfilò delicatamente la mano da quelle di lui e si incamminò per la sua strada con passo leggero. Si voltò dopo poco e lo vide titubante, un piede davanti all'altro come se volesse ma non sapesse come.

Forza”, lo incitò, “non hai voglia di venire?”

E lui scoprì che non desiderava altro, che quella strada che gli si dipartiva davanti portava probabilmente a prati fioriti, a ruscelli e ad un sole che forse non sarebbe stato davvero sole, ma un calore più grande, più totalizzante, capace di sciogliere tutto il gelo dell'universo.

Corse seguendo il suo sentiero, e quando la mano di lei riprese la sua non si stupì poi così tanto nello scoprire che seguiva lo stesso percorso della strada dorata.

Camminarono per tanto tempo mano nella mano, in silenzio, il cuore leggero come non lo aveva mai sentito. Si fermarono per un momento e si guardarono alle spalle, ma le strade erano scomparse dietro i loro passi, cancellate come se non fossero mai esistite.

Lui guardò in sù, allora, e l'altura non gli parve poi così impossibile da conquistare.

Te lo sei mai ricordato?”, domandò all'improvviso.

Cosa?”, chiese lei.

Il suo sorriso”.

Le labbra di lei si avvicinarono alle sue e le sfiorarono appena, le fronti appoggiate l'una all'altra, e per un attimo ebbe come l'impressione che anche il suo sentiero avesse preso ad assomigliare sempre di più ad una strada di mattoni color oro. Le sorrise radioso.

Certo”, mormorò lei, “in realtà non l'ho mai dimenticato”.




Fine

Opinioni e commenti sono molto molto beneaccetti :)
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Nico