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Autore: Lizzie_Lannister    23/12/2014    4 recensioni
Ashton aveva le risposte a tutte le domande di Bridgette, ma restava in silenzio per la sua sicurezza.
TRADUZIONE ITALIANA.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno! Scusatemi per l'attesa, ecco a voi il terzo capitolo. Purtroppo non mi è facile trovare il tempo di far tutto, ma non ho intenzione di bloccare la traduzione di questa storia, perché mi piace moltissimo. Vi chiedo solo di pazientare un pochino... e detto ciò, buona lettura.xx

3 || New Girl.


 
La mattina seguente mi svegliai a causa dell’acuto suono della mia sveglia.
Il primo giorno di scuola incombeva su di me, ed io non ne ero contenta. La mia nuova scuola si trovava in fondo alla strada. Si chiamava Wesfield High ed era situata all’inizio di Wesfield Drive. Non avrei avuto problemi a camminare fin lì.
La sera prima, avevo finito di leggere l’articolo e non avevo trovato nient’altro, a parte il fatto che il ragazzo che era morto viveva nella via. Avevo il presentimento che la Casa degli Hemmings e l’incidente della motocicletta non fossero le uniche cose… interessanti a Wesfield Drive. Ma avrei dovuto aspettare di andare a scuola prima di scoprire quali fossero queste cose.
Mi alzai ed indossai un paio di skinny scuri e scambiati, una canotta bianca ed un cardigan grigio. Non avrebbe dovuto far freddo, fuori, quindi pensai che vestirmi in maniera leggera sarebbe andato bene. Scivolai nelle mie Vans nere e passai dalla mia stanza al bagno. Mi spazzolai i capelli e lavai i denti, senza neanche tentare di lottare con il trucco. Non volevo neanche vivere in quella città, quindi non sentivo il bisogno di impressionare qualcuno.
Lasciai dal bagno e scesi le scale, trovando Jeremy già in cucina. Lui alzò lo sguardo quando entrai e sorrise orgoglioso, agitando una confezione di tartine. «Ho preso l’ultimo pacchetto.»
«Fottiti, Germo.» ghignai.
«Questo non è un atteggiamento positivo con cui andare a scuola. – mi disse, parlando come avrebbe fatto con un bambino. – e a proposito, spero tu sappia che non ho intenzione di accompagnarti a scuola in auto. Non solo oggi ma tipo, mai.»
Anche se mio fratello era effettivamente intelligente, non aveva passato l’ultimo anno delle superiori. Ora lo stava ripetendo, mentre io lo iniziavo per la prima volta. Sapevo che l’avrei passato al primo colpo. A Jeremy scocciava semplicemente di applicarsi in qualsiasi cosa riguardante la scuola.
Scrollai le spalle. «Non mi aspettavo che lo facessi. Mi ero già organizzata per andare a piedi.»
Raggiunsi la porta e presi lo zaino prima di uscire di casa.
Lui non pensava che io non mi aspettassi che mi accompagnasse a scuola. «B-beh… meglio!» urlò alle mie spalle prima che chiudessi la porta.
Scesi le scale della veranda e presi la mia via lungo il vialetto nuovamente. Fissai la Casa degli Hemmings dall’altra parte della strada.
Le finestre erano scure e l’edera cresciuta sul muro in mattoni la ricopriva quasi completamente. Non appena uscii dal vialetto, potei giurare di aver visto qualcuno dentro la casa, ma capii che ero solo io che mi lasciavo spaventare a morte dalle storie di fantasmi,
«Cooper!» Michael mi chiamò dalle mie spalle. Mi girai e lo vidi correre verso di me. Si fermò e prese a camminare non appena fu a due metri di distanza da me. «Dove sei diretta?»
«Uh, a scuola?» risposi, anche se sembrò che stessi chiedendo a lui dove stessi andando.
«Vai a scuola?» domandò, sembrando piuttosto sorpreso.
«Già, - risi – sono all’ultimo.»
«Merda, Cooper. – imprecò, scompigliandosi i capelli con una mano. – pensavo tu fossi già diplomata o qualcosa del genere. Avevo dei piani per noi oggi.»
Mi bloccai e lo guardai, con un accenno di sorriso ancora sul mio viso. «Tu hai fatto dei piani per me? Senza neanche chiedermi se fossi libera?»
Scrollò le spalle. «Sapevo che avresti accettato comunque.»
«E che piani avresti fatto?»
«Sorpresa. Lo faremo quando uscirai da scuola. Ci incontriamo all’uscita, d’accordo?»
«Uhm, bene.»
«A dopo, Cooper!»
Michael girò i tacchi e andò via. Ero contenta che avesse sorvolato sugli eventi della sera prima, quando lo avevo fatto accidentalmente arrabbiare. Probabilmente aveva capito che non era stato intenzionale. Ripresi la mia strada verso la scuola, guardando intorno alla mia nuova città. Tutte le case sembravano principalmente uguali. Erano a due o ad un piano, con piccoli vialetti e cortili un po’ trascurati. L’unica fuori posto era la Casa degli Hemmings, che però era anche disabitata da chissà quanto tempo.
Sussultai non appena sentii il clacson di una macchina. Mi girai e vidi mio fratello passarmi accanto a superarmi. Non appena mi fu davanti mi lanciò un sorriso compiaciuto. Dovevo solo ricordare a me stessa che tra i due non ero io quella che era stata bocciata al suo ultimo anno. Pensarlo mi faceva sempre sentire meglio. Impiegai quindici minuti ad arrivare all’inizio della via. La vecchia ed imponente scuola spiccava sulla strada. Mi ricordò la Casa degli Hemmings, per il suo aspetto antico. Anche il muro di mattoni della scuola era leggermente coperto dall’edera rampicante, il che la rendeva un po’ inquietante, proprio come la casa.
Solo che la scuola aveva persone che entravano ed uscivano continuamente.
Mi feci strada tra i tanti sentieri contorti del campus. Camminai verso le porte principali, ignorando ogni persona che mi stava fissando come fossi una sorta di esperimento scientifico.  Cristo, i ragazzi nuovi affascinavano tutti?
Mi lanciai verso la porta aperta di un edificio al centro del campo, con lo zaino che minacciava di cadermi dalle spalle. Raggiunsi la segreteria, che era proprio davanti l’entrata principale. Vi entrai e quasi non andai addosso a mio fratello, che stava parlando con la donna seduta dietro la scrivania. Il suo cartellino recitava Mrs. Hadley.
La donna mi guardò e sorrise. «Tu sei Bridgette Cooper?»
«Sì» annuii.
« Fantastico – sorrise raggiante e mi porse il mio programma che aveva già sulla scrivania.- Come ho già detto a tuo fratello qui, tutte le lezioni scientifiche sono nell’Edificio C. Inglese e letteratura nell’Edificio B. Matematica e storia nell’Edificio A. La palestra è facilmente riconoscibile grazia alla scritta “palestra” sopra. La mensa è situata dall’altra parte del corridoio di questo edificio. »
«E come si chiama questo edificio?» chiese Jeremy, passandosi una mano trai capelli spettinati.
«Questo è l’Edificio Principale, » spiegò Mrs. Hadley. «Qui c’è l’ufficio del Preside, l’aula delle punizioni e la segreteria.»
Dopo averci dato altre indicazioni meno generali sulla mappa che avevano ricevuto, io e Jeremy fummo mandati fuori dall’Edificio Principale e ci ritrovammo nel campus ad arrangiarci da soli.
«Sono sicura che conoscerai questo edificio come le tue tasche,» gli dissi. «C’è l’ufficio del Preside.»
«E l’aula punizioni, - disse lui, reggendomi il gioco e tentando di sminuire l’insulto. - Non dimenticarlo. Io sono sempre in punizione. Al contrario di te, che non ci sei mai stata.»
Scrollai le spalle. «Non odiarmi perché sono quella brava.»
«Sì, sei anche quella strana. - replicò. Esci con degli strani tipi dopo esserti trasferita in una casa che secondo te è infestata. Sul serio, smettila di guardare American Horror Story. »
Jeremy si diresse verso l’Edificio A. Stavo per spiegargli che Michael non era strano, ma se ci pensavo, un po’ lo era. Era meglio che Jeremy se ne fosse andato, così non avrei dovuto essere d’accordo con lui.
Stavo andando all’Edificio C. La mia prima lezione era informatica forense, ed ero entusiasta. Avevo sempre voluto imparare cose del genere. Anche se scienze non era mai stata la mia materia preferita. Immaginavo che quella materia fosse diversa da tutte le altre materie scientifiche. Quindi, se non fossi uscita fuori dalla classe capace di risolvere un omicidio, sarei stata parecchio delusa.
Entrai nell’Edificio C e presi le scale, dove mi aveva mostrato Mrs. Hadley. L’aula 108 era al centro del corridoio. Entrai anche se la campanella non era ancora suonata per indicare a tutti di andare a lezione. Non c’era nemmeno la professoressa in classe. L’unica persona presente nella stanza era un ragazzo dagli scompigliati, neri capelli e la pelle abbronzata. Alzò lo sguardo quando mi sentì entrare, ma tornò a scribacchiare sulla sua agenda dopo aver controllato chi fossi.
Camminai verso il lato opposto della stanza e mi misi seduta in fondo, all’angolo della classe. Posai il mio zaino sul banco e mi misi sulla sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Io non mi sederei lì - mi avvisò il ragazzo senza nemmeno alzare lo sguardo. – quello è il posto di Erik e Marnie. »
Annui tra me prima di alzarmi e spostarmi su un altro banco. Di nuovo, il ragazzo mi disse anche quello era occupato. Provai una terza volta, senza fortuna.
«Okay. -  sospirai. - Quali posti non sono occupati?»
Finalmente lui alzò lo sguardo e indicò la sedia accanto alla sua. « Questo qui. »
Mi feci scappare un sospiro e raggiunsi il posto accanto a lui. Posai il mio zaino sul banco prima di sedermi accanto a lui. Non mi disse niente, continuò a scribacchiare. Ero curiosa di sapere cosa fosse così importante da non poter nemmeno provare a riempire un imbarazzante silenzio, ma sapevo che sarebbe sembrato scortese. Immaginai che avrei potuto dissipare io l’imbarazzo, se lui non ne aveva l’intenzione.
« Allora... che stai facendo?» gli chiesi.
«Sei abbastanza curiosa per essere quella nuova.» iniziò, ancora non mi guardava.
«Cercavo solo di riempire il silenzio.» gli dissi semplicemente.
«È una lingua straniera.» mi disse, finalmente guardandomi.
«Che lingua?»
«Latino. »
«Lo insegnano ancora?»
«No.»
«Ma allora‒»
«Stai  facendo davvero  troppe domande.» disse ancora, tornando alla sua agenda.
«Hai davvero bisogno di una scopata.» borbottai sotto voce, girandomi.
«Ti ho sentito.» disse, senza alzare lo sguardo. Ma nonostante questo scorsi un sorrisetto sul suo viso. 
***
 
«Hey, ragazza nuova!» mi chiamò qualcuno, dopo il suono dell’ultima campanella che segnava la fine della giornata scolastica.
Mi girai appena uscii dall’Edificio Principale e vidi il ragazzo che era nella classe di informatica forense con me. Era stato anche alla mensa, ma non mi aveva detto nulla quando mi sedetti da sola. Ma nonostante ciò, eccolo lì. Forse era uno di quei tipi solitari e silenziosi.
«Ho un nome.» dissi quando si avvicinò abbastanza, anche se io non avevo ancora capito il suo.
«Bridgette - annuì lui. - Lo so.»
Come diavolo faceva a saperlo? Le persone in quella città sembravano sempre più strane, ed ero lì appena da due giorni. Tecnicamente tre, se il giorno passato a trasportare scatoloni contava.
«Se sai il mio nome perché continui a chiamarmi “ragazza nuova”?» chiesi.
Lui scrollò le spalle. «Non posso?»
«Non più.»
Girai i tacchi e cominciai ad allontanarmi, ma il ragazzo con i capelli improbabili continuò a seguirmi. Sospirai e ruotai gli occhi, ma continuai a camminare. Forse se non lo consideravo se ne sarebbe andato. Ovviamente mi sbagliavo. Mi seguì per tutta la via fino ai cancelli del campus.
«Dove abiti?» mi chiese.
«In realtà, sto aspettando una persona.» spiegai.
«Chi?» domandò ancora lui.
«Hey, Cooper!» mi chiamò Michael alla mia destra.
Guardai verso la strada e vidi Michael avvicinarsi a grandi passi con gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi. Inclinò la testa quando vide qualcuno dietro di me, ma continuò ad avanzare.
«Michael Clifford?» chiese il ragazzo quasi sorpreso.
«Sì. - gli risposi, voltando la testa per guardarlo. Poi lo imitai. - Non posso?»
«Non dovresti.» fece spalluce, come se tutta quella situazione non fosse niente di che. Però aveva acceso il mio interesse.
«Cosa ne‒»
«Cooper - disse Michael dietro di me. Mi voltai e lo vidi rivolgermi un sorrisetto. - Vedo che hai incontrato Calum Hood. È un mio buon amico.»
Quindi era quello il suo nome. Osservai ancora il ragazzo, Calum, e lo studiai. Volevo assolutamente sapere perché secondo lui non potessi passare del tempo con Michael, visto che stavo per farlo. Volevo anche sapere perché Michae
l avesse detto che erano amici quando Calum mi aveva avvertito di non stare con lui. Il viso di Calum era normale. Era come se non gliene importasse davvero che stessi per andarmene con Michael, anche se mi aveva detto di non farlo.
«Ci vediamo in giro, ragazza nuova.» disse Calum, rivolgendomi un cenno con il capo prima di incamminarsi verso la via da cui era arrivato Michael.
 
 
  
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