Spero che possiate
apprezzare la mia one-shottina, anche se i personaggi
appartengono alla scrittrice J.K. Rowling!
Buona lettura, eva.
L’acqua era ormai
diventata fredda e non c’era più schiuma sulla superficie. Ma non aveva assolutamente intenzione di uscire dalla vasca
e il caldo di un tardo pomeriggio d’Agosto la incoraggiava. Era troppo
immersa nei suoi pensieri per preoccuparsi di nulla. Fra due giorni sarebbe
salita per l’ennesima volta sul vecchio treno che l’avrebbe ricondotta
a scuola. Ciò che la turbava era la totale assenza di ansia
ed eccitazione che avevano sempre caratterizzato i giorni precedenti
all’avvenimento. Non era abitudine e non era un atteggiamento di
superiorità perché oramai era giunta all’ultimo anno.
Poteva dunque essere una cosa sola. Ron. Il desiderio di rivederlo a settembre
doveva aver costituito un buon sessanta per cento della sua sfrenata passione
per Hogwarts, e un po’ le dava fastidio. Aver passato un mese insieme a lui alla tana aveva cambiato tutto. Già, insieme. Quasi stentava ancora a crederlo e a smettere di sorridere.
Se qualcuno le avesse detto che quel vergognoso di
Weasley un giorno caldo di Luglio l’avrebbe attratta a se e baciata, non
ci avrebbe mai creduto. Eppure era successo, aveva
trascorso il mese più bello della sua vita fatto di baci appassionati,
abbracci e affanni. E anche di giochi scemi visto che quel
pomeriggio era stata letteralmente gettata da due “spassosissimi”
amici in un lago di fango. E ora se ne stava
lì immersa nell’acqua, pensierosa, sorridente.
In quel momento anche
qualcun altro era pensieroso, ma non rideva affatto.
Seppellito da una montagna di libri che lo facevano scomparire, malediceva
mentalmente se stesso per non aver incominciato prima i compiti, e la sua
ragazza per non averglieli passati come da migliore tradizione di casa Weasley.
E quando aveva provato a farle notare che aveva impiegato la
maggior parte del tempo con lei a coccolarla, aveva ricevuto un’occhiata
che non prometteva nulla di buono ed era passato oltre. Era pronto comunque a giurare che se avesse contato le ore trascorse
insieme, e avesse aggiunto quelle dedicate al cibo e a dormire non sarebbe
rimasto molto tempo “diversamente
utilizzabile”. Chissà se le ore di
litigio valevano come trascorse insieme. Perché certo lui e
Hermione erano una coppia e si erano dichiarati il
loro amore, ma le vecchie abitudini sono dure a morire. Così litigavano,
lei piangeva e faceva crollare il suo muro di sicurezze e di tesi assolutamente
giuste. Lui la baciava, sussurrava un “scusa” per poi sentirsi
rispondere “scusami tu”, e dirsi di nuovo ti amo.
Doveva
uscire. Fantasticare era un’abitudine che non riusciva a togliersi, lo
aveva fatto così tante volte in passato che era ormai un’azione
involontaria. E poi il cartello con su scritto
“occupato” non avrebbe retto ancora a lungo, in una casa che
momentaneamente ospitava cinque uomini, troppo sbadati o peggio curiosi.
Dopo
un’intera ora di studio, e una caraffa di the freddo, decise di andare in
bagno, il che non era completamente una scusa. “occupato”. I suoi fratelli non perdevano occasione
per fare gli scemi. Probabilmente si erano chiusi in bagno per sperimentare
chissà quale nuova schifezza, sarebbe entrato e li avrebbe
cacciati!Ma…
Ok, 1, 2, 3!Doveva ricordarsi di far spedire
a sua madre l’accappatoio a scuola, per ora doveva arrangiarsi con un
asciugamano, neanche molto grande e tanto meno a portata di mano. Ma…
“Ron”
“Hermione”
Beh,
almeno i loro nomi li ricordavano.
“…”
“…”
Ma a
quanto pareva non c’era molto di più nelle loro teste.
In quella
di lui c’era la figura di una fata, una ninfa che usciva dalla vasca del
suo bagno.
In quella
di lei c’era una lista di figuracce, situazioni improponibili e una
simpatica ragazza dai capelli biondi e cotonati che consegnava una preziosa
corona e un fantastico scettro alla figura più terribile che aveva fatto
e che avrebbe potuto fare nel corso di tutta la sua
vita.
E
ancora silenzio.
“Io..”provò a sillabare lei.
“…no…io…”disse
ancora più indeciso lui. Non riusciva a non guardarla, anzi no ad
ammirarla. Ma trovò comunque la forza di
prendere l’asciugamano e porgerglielo.
Lei invece non sapeva dove trovare quella per tendere il braccio e
afferrare il momentaneo oggetto dei suoi desideri. L’espressione sul volto di lui era indecifrabile, avrebbe dovuto sentirsi un
pezzo di carne in macelleria ma inaspettatamente lui la osservava come, come un
opera d’arte, una fragile scultura di ghiaccio, un prezioso dipinto.
Si spinse
dunque verso di lei e distese ciò che temeva si fosse
fuso con la sua mano. Ma nello stesso istante
in cui lo fece odiò quel pezzo di stoffa innocente con ogni fibra del
suo essere. E con lo stesso coraggio che aveva avuto
nel confessare all’amore della sua vita i suoi sentimenti, lo riabbassò.
Hermione
non capiva, vedeva la scena come se fosse stata in un angolo di quel bagno
striminzito. E infatti quando alzò una mano di
lui e se la pose sulla guancia non credeva proprio di essere lei a farlo.
Allo
stesso modo lui non poteva credere a ciò che stava accadendo.
Quell’angelo era reale, e voleva essere accarezzata, da lui. Fu proprio quest’ultimo pensiero che gli consentì di
chinarsi su di lei e sfiorarle naturalmente le labbra con le sue.
Dopo il
bagno caldo avrebbe dovuto farsi una doccia fredda per spegnere non il fuoco, ma quello sconfinato incendio che la consumava. Era
gia successo che loro due si trovassero “in
quello stato”, ma non appena il respiro si faceva più affannoso e
le mani sbottonavano qualcosa di troppo si separavano, e tornavano dai loro
amici.
Ron stava
considerando quante possibilità c’erano di beccarsi cinque dita
sulla faccia se le avesse detto l’unica cosa cha aveva in mente, che a
caratteri cubitali si illuminava ad intermittenza.
“Ti desidero, ti amo, voglio che tu sia completamente mia, e voglio
essere tuo completamente”. Ora che senso aveva pensarci se la sua bocca
era completamente indipendente dal cervello e diceva ciò che voleva lei?
Eccola la
doccia fredda. Come dire, chiedi e ti sarà dato.
Dio mio!!!La desiderava. Certo lei c’aveva
sperato in fondo, lo aveva poi intuito, ma sentirselo dire e con quel trasporto
nella voce e negli occhi…era…o mio Dio!!!
E
intanto lui faceva scivolare la mano fino all’incavo di quei seni non
pienamente floridi ma perfetti ai suoi occhi. Fu un attimo. Come
era stato il momento in cui si era innamorata del rosso, come il loro
primo bacio e le prime rivelazioni. Si mise in punta di piedi per raggiungere
l’orecchio di quel viso così vicino al suo. “Voglio fare
l’amore con te.”
Chiara.
Coincisa. Diretta. Era per questo che amava la sua
donna. Era per questo che la prese in braccio, fiero
della sua perfetta nudità in una casa fortunatamente deserta a quell’ora e la portò nella sua camera,
diventata un perfetto nido agli occhi dei due. Non la posò neppure per
chiudere la porta, le diede una spinta con il piede.
Non aveva nessuna intenzione di lasciarla, temeva di
poterla perdere da un momento all’altro. D’altro canto lei non
sembrava intenzionata a sciogliere le braccia dal suo collo e spostare il suo corpo da quello di lui. E
così, intrecciati e saldamente abbracciati, si amarono per la prima
volta. Con imbarazzo e passione che solo un cuore innamorato
può dettare.
FINE.