Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: Flowrence    23/12/2014    4 recensioni
Narrandi
carmina
amoris.
( Mikorgan. )
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice.
Non so nulla o quasi degli anni '80/'90 (mea culpa /?), essendo nata a ridosso degli anni 2'000. Mi sono resa conto che i telefoni all'epoca non erano poi così in uso (mea culpa di nuovo, perché in effetti non ci vuole una scienza, lol). Quindi ho colto l'occasione per stravolgere un po' le carte in regola. Ho modificato anche le note dell'altro capitolo e lo ribadisco qui: una Mikorgan adattata ai tempi moderni, ma con entrambi ragazzi. Scusatemi, forse qualcuno storcerà il naso. ;w;
Però... ecco, mi facilita di molto il tutto e poi, lo devo ammettere, è così che me li sono sempre immaginati. Quindi... libero spazio all'immaginazione. ;^;
Detto questo, buona lettura! ~
( Il capitolo è un po' corto, ma è di passaggio e serviva. Inoltre, spero di pubblicarne un altro esattamente il 25 di Dicembre, ovvero a Natale. Se non ci si sente, auguri. ; u ; )
( Ah. Buon compleanno a Morgan! Speravo di leggere qualche fanfiction Mikorgan sul compleanno, e invece... ; ; )
Sayonara.~ #Madhstyle.



Quei bulli se ne sono andati. Non torneranno più a importunarlo per quella giornata, se Michael sarà abbastanza scaltro riuscirà a non incontrarli una volta uscito da scuola. Riuscirà a raggiungere la macchina senza farsi scoprire, a salutare sua madre come se nulla fosse e a tornare a casa.


Per le ultime ore, che s'inseguono prima dello squillo della campanella definitiva, il ragazzo non fa che complessarsi su quanto è successo.
Ma non è l'incontro con i bulli il soggetto delle sue riflessioni, no. Sono un paio d'occhi caldi e una profusione di ciuffi scuri, d'una persona avvenente. E questo pensiero lo imbarazza, le sente, le guance, arrossarsi. Ma non è a causa delle solite botte e questo lo deve a lui. È stato lui, Marco, a difenderlo. Neanche l'ha riconosciuto, ma non ha sprecato tempo per intervenire in favore dei deboli.
È coraggioso, pensa Michael. Molto.
Avventato, impulsivo: sono due sinonimi che gli vengono in mente dopo.

Ha ancora il suo numero di cellulare, scritto su un foglietto che in quel momento si rigira tra le mani: l'ha lasciato in quella stessa tasca dei jeans che indossa al momento: se n'è scordato. O meglio, ha passato tutto l'indomani a complessarsi sul contattarlo o meno, a chiedersi quando fosse il momento giusto e cose del genere. Poi, ha rinunciato; troppe idee in mente, molta la paura di disturbarlo, magari, in un momento non proprio adatto. Neanche un messaggio è riuscito ad inviare, pensando che qualsiasi saluto sarebbe stato blando e banale. Troppo per rimettersi in contatto con lui. Insomma, i soliti monologhi d'una persona complessata.

“Penniman, presti attenzione alla lezione” lo richiama, in un modo indispettito, la sua insegnante. “È sempre distratto” borbotta poi, più tra sé e sé che diretta verso l'alunno indisciplinato che si trova di fronte.

Penniman ha una media bassa, non supererà l'anno se continuerà a prendere voti del genere; eppure lui s'impegna, Michael mette dedizione nello studio, davvero. È solo che non riesce a esprimersi, una volta interrogato: ha paura di sbagliare e questo, oltre al fatto che le parole appena studiate gli vorticano confusamente in mente, lo frena, lo blocca. Così, non riesce a spiccicare parole e gli insegnanti non se lo fanno ripetere due volte: non parla, significa che non ha studiato: due sul libretto e sul registro del docente.

Abbassa il capo verso il banco, Michael. Non ha voglia di risponderle, di scusarsi per non averla udita; è uno scenario che si prospetta fin troppe volte nella sua vita, ne ha ormai abbastanza. Così, si limita a chiudersi ancora più a riccio, stringendosi nelle spalle e osservando le venature del banco davanti al quale è seduto. Una volta che l'insegnante detta, prende appunti. Sempre in silenzio.
Le altre due ore si proseguono nella stessa medesima maniera.
Durante l'ultimo quarto d'ora, la maggior parte della gente chiacchiera, si scambia informazioni, ormai non più concentrata sulla scuola. Invece, Michael si mordicchia il labbro inferiore, lanciando un'altra veloce occhiata al cellulare.
Ti ho riconosciuto. Perché eri tu, vero? – Marco Castoldi.

La campanella suona.
Gli studenti si preparano, compreso Michael. Lui va veloce, deve riuscire ad evitare i bulli: sicuramente, dopo gli accadimenti recenti, ce l'avranno ancor di più con lui. Non ha voglia di scontrarsi, sente che stavolta non ci sarà nessun Marco Castoldi a difenderlo, né i suoi amici. Non può rimanere isolato. Neanche saluta l'insegnante, concentrato com'è sui movimenti che dovrà compiere. Alla fine, ce la fa. Ce la fa, a non esser preso, di spalle. Ce la fa, a non finire nel bagno della scuola. Ce la fa, a non sentire le guance bruciare sotto la pressione delle nocche. A non sentire l'acqua tra i ciuffi ricci.
E tira un respiro di sollievo, arrivando da sua madre, aprendo lo sportello e infilandosi dentro l'automobile.

Sua madre, davanti a lui, gli sorride. Volge lo sguardo nella sua direzione, e poi verso le due sorelle, già nell'automobile.
“Bambini, com'è andata oggi?”

E Paloma si mette a raccontare del nuovo ragazzo che le interessa, Zuleika ascolta interessata e ogni tanto fa una battuta, che viene accolta con risate da parte della madre e della sorella. Yasmine ha le cuffie, ascolta la musica. Michael vorrebbe tirare fuori anche le proprie, ma poi scopre di averle dimenticate a casa. Fortuné guarda fuori dal finestrino, immerso nei suoi pensieri.

Michael, comunque, è assente. Pensa al messaggio inviatogli da quel ragazzo, pensa alla possibile risposta. L'unica possibile è una, ma non vuole mostrarsi debole. È per questo che aspetta di scendere dalla macchina e di coricarsi a pancia in giù sul letto, prima di prendere l'iniziativa. Sì. Scusa. – Michael. Si firma solo col nome, sicuro che l'altro ragazzo capirà il mittente.
Fortuné viene accanto a lui, si sdraia sul letto di fronte a quello di Michael. Condividono la stanza. Suo fratello minore lo guarda.
“Hey, com'è andata la giornata?” Domanda che rimane per un attimo persa nel vuoto. Già, com'è andata? Ha davvero voglia di raccontargliela? Rimugina per un momento, poi sorride e invita Fortuné a sedersi di fianco a lui. E racconta.

Ad un certo punto, il cellulare vibra. È la risposta di Marco.
Non preoccuparti. Piuttosto, tu stai bene? – Marco.
Tu stai bene, tu stai bene... Michael si ferma, Fortuné è ancora di fianco a lui.
A quel ragazzo importa della sua salute. Neanche si conoscono e si preoccupa
per lui.
L'ha difeso di fronte a dei ragazzi alti il doppio. Ha ingaggiato una piccola lotta coi bulli occasionali. Gli ha inviato un messaggio appena ha potuto.
A Michael riesce difficile comprendere, concepire che qualcuno, al di fuori della sua sfera familiare, possa interessarsi a uno come lui. Uno che non ha nulla da dare, il cui unico interesse è rifugiarsi nella musica.

Perché l'ha difeso? Vuole qualcosa in cambio? È proprio questo pensiero a farlo decidere; così, invia un messaggio. Non risponde alla domanda, bensì gliene pone un'altra.
Per sdebitarmi... mercoledì, ti va una cioccolata? Stavolta neanche si firma, non ne trova il bisogno.
Passa poco tempo, prima di ricevere la risposta. Sì. – M'. Chiaro, conciso; Michael sorride, pensando a quel modo diretto.

“Mika?” Si gira verso la porta, la madre l'ha appena chiamato.
“Sì?”
“Vieni ad aiutarmi?”
Michael scalcia le coperte, scende dal letto e aiuta Fortuné a fare altrettanto, tendendogli la mano. Poi, s'incammina verso il piano inferiore, scendendo le scale. A disposizione di sua madre. Ma lo sa, che probabilmente agirà in maniera totalmente distratta, il pensiero proiettato nel futuro. Alla cioccolata. Al ragazzo. E a quanto basti poco, per costui, per farlo sorridere. Davvero bizzarro.

   
 
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