Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: bemyronald    23/12/2014    15 recensioni
Si passò una mano sulla faccia.
«Hermione?» bofonchiò.
«Mmh?» fece lei, voltando una pagina del suo libro.
«Non mi sento bene» farfugliò. Hermione si voltò di scatto verso di lui, che sghignazzò alla sua espressione preoccupata.
«Davvero divertente» sbottò lei.
«Ma dico sul serio» si lamentò Ron. «Credo di aver bisogno di... qualcosa» Si sentì arrossire, si aprì una fessura tra le dita per osservarla. La vide chiudere e posare il libro, con un sorriso stampato in volto.
«Vediamo, dov'è che ti farebbe male?» chiese, scostandogli la mano dal viso. Ron la guardò imbronciato.
«Non lo so» disse facendo spallucce.
«Vieni qui» propose Hermione, tirandolo verso di sé. «Stenditi»
Ron si distese, le lunghe gambe penzolavano dal divano, poggiò la testa sulle gambe di Hermione e, rosso in viso, la guardò per un po' dal basso. Lei gli passò l'indice su entrambe le palpebre che si chiusero, e cominciò a massaggiargli il volto. [...]
«Sarà sempre così, non è vero?» si lasciò sfuggire Ron. «Nulla sarà più come prima... ci si sforza... ci hai visti, no? Tutti vorremmo che fosse... normale... ma non lo è... non lo sarà mai più... nessun singolo giorno sarà normale, nessun altro Natale»
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alla mia amica Herm
perché deve sapere che è incredibilmente forte,
che è una vera Grifondoro
e che è speciale.


«Sì, sì, ho capito, ma'. Adesso mi alzo» sbraitò Ron con la faccia immersa completamente nel cuscino. Era la terza volta che sua madre lo chiamava dai piani inferiori per annunciargli che la colazione era pronta... e che era tardi. Ma miseriaccia, è la Vigilia di Natale, avrò pure il sacrosanto diritto di riposare! Pensò stizzito, ficcando la testa sotto al cuscino. La verità, dovette ammettere un attimo dopo, era che non aveva alcuna voglia di alzarsi. L'atmosfera che si respirava alla Tana non ricordava neanche lontanamente quella dei Natale precedenti. Per quanto dalla cucina si avvertissero odori e profumi invitanti, per quanto la neve fuori e l'albero illuminato, dessero l'idea del Natale, ogni membro della famiglia Weasley doveva far i conti col vuoto che si portava dentro da mesi. Ron lo sapeva bene, quel che provava lui, lo provavano tutti gli altri e, per quanto si sforzassero di ristabilire un'atmosfera più o meno normale, c'erano dettagli che a lui non erano sfuggiti. Tanto per cominciare, non c'era musica alla Tana. La signora Weasley aveva picchiettato con la bacchetta sulla sua radiolina e aveva cominciato a canticchiare sulle note di Celestina Warbeck. Poi l'aveva spenta e qualche minuto dopo, l'aveva riaccesa ed infine, spenta nuovamente. Poi c'era George. A dir la verità, George sembrava non esserci realmente e questo lo preoccupava molto, nonostante un po' ci avesse fatto l'abitudine. Il ritorno di Ginny aveva rallegrato Ron, sebbene sentisse la mancanza di un'altra persona. Una persona che, sapeva, gli avrebbe fatto bene tenere accanto. E lei non c'era e non sarebbe venuta neanche per augurargli buon Natale. "Devo concentrarmi per i M.A.G.O., mi capisci, vero? Tornare per le feste mi distrarrebbe soltanto dallo studio ed è l'ultima cosa che voglio" così gli aveva scritto nella sua ultima lettera, due giorni prima. Lettera che, in un moto di rabbia apparentemente immotivata, l'aveva portato ad accartocciarla per poi gettarla in un punto indefinito della stanza. E non le aveva ancora risposto, forse le avrebbe scritto quel giorno per augurarle buon Natale. Strinse rabbiosamente la presa sul cuscino. Perché doveva fare lo stupido? Perché doveva essere arrabbiato con lei? Doveva capirla e basta, era così difficile? Lo studio. Hermione metteva sempre lo studio in prima linea e l'anno dei M.A.G.O. era importante e lei doveva essere perfetta, ad ogni esame, di ogni singola materia. Lui doveva semplicemente appoggiarla, no? Doveva supportare le sue scelte, non poteva mica pretendere che si staccasse dai libri per venire da lui. Ecco, doveva smettere di pensare a Hermione, lei era ad Hogwarts sulla buona strada per guadagnarsi i suoi Eccezionale. Così doveva essere. Fine della storia.
Sospirò pesantemente. Ma chi voglio prendere in giro?, pensò un tantino seccato, l'unica cosa che so è che mi manca e vorrei che... Qualcuno batté due volte il pugno sulla porta. Sbuffò, infastidito.
«Ho detto che scendo» grugnì da sotto il cuscino. Non sentì la porta aprirsi e cigolare, troppo occupato a borbottare tra sé e sé. «Quella donna mi farà impazzire se continua a chiamarmi»
«Però ci metti meno di due secondi a divorare le colazioni che lei amorevolmente ti prepara. E ti ingozzi senza problemi»
Quella voce. Fu un attimo, un nanosecondo, e il cuscino fu scaraventato via, colpì in pieno la lampada sul comodino, che rovinò a terra frantumandosi.
«Hermione!» urlò Ron, con voce insolitamente acuta. Si era ritrovato seduto sul bordo del letto a fissarla, inebetito. Hermione lo guardava a sua volta con un enorme sorriso impresso sul volto. Indossava un cappotto grigio pesante e un berretto di lana bordeaux. Ridacchiando e spostando lo sguardo da Ron alla lampada distrutta, cominciò a sfilarsi guanti, cappello e sciarpa. Ron, ancora stordito, la seguì con lo sguardo mentre sfilava la bacchetta dalla tasca dei jeans e si calava vicino la lampada per mormorare: «Reparo». Questa tornò intatta e la ragazza la sistemò al suo posto. Non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un istante, sembrava pietrificato. Hermione ridacchiò nervosamente.
«Ciao» disse con voce incerta, sollevando di poco la mano. La voce di Hermione parve riscuoterlo dal suo stato di trance e, senza pensare un secondo di più, l'afferrò per un polso, Hermione diede un urletto e finì distesa sul suo letto. Ron, il viso a pochi centimetri da quello di lei, la guardò per un lungo istante.
«Sei tornata» bisbigliò ad un certo punto, mentre lei annuiva divertita. Ron sorrise apertamente.
«Sei tornata» ripeté avvicinandosi alle sue labbra, prima di posarle un leggero bacio. «Sei tornata» disse ancora, cominciando a baciarle ogni centimetro della faccia, preso del tutto dall'entusiasmo. «Sei tornata, sei tornata» ripeteva ancora, incredulo, senza porre fine a quei baci leggeri che la fecero ridere. Ron le lasciò un ultimo bacio sul naso prima di tornare a guardarla negli occhi.
«Sei tornata davvero» disse toccandole una guancia col pollice e guardandola intensamente come se temesse di vederla scomparire da un momento all'altro. Hermione sorrise raggiante, mentre Ron prese ad accarezzarle il viso dolcemente.
«Ma come...? E i M.A.G.O.? Come farai con lo studio? Mi avevi detto che...?»
«Ho solo posticipato di qualche giorno» disse Hermione, chiudendo gli occhi e rabbrividendo quando Ron le passò il pollice sul labbro inferiore. «Ci sono cose più importanti. Avevo bisogno di un po' di tranquillità» sussurrò, sollevando le palpebre per guardarlo. «E volevo farti una sorpresa. Direi che ha funzionato, hai distrutto la lampada» Ron fu invaso da una sensazione di leggerezza. Aveva una gran voglia di ridere, si sentiva incredibilmente allegro. Smise di accarezzarla e si distese meglio su un fianco, poggiando la testa sul cuscino, senza staccarle gli occhi di dosso. Hermione, in posizione supina, subito voltò lo sguardo verso di lui.
«Quando sei arrivata?» chiese a voce bassa.
«Ieri, insieme a tutti gli altri. Ho detto io a Ginny di non dirti niente» aggiunse subito non appena vide la sua espressione corrucciata.
«Io l'ammazzo» asserì Ron, con aria seria. Hermione rise piano continuando a tenere gli occhi fissi su di lui. 
«Sarei dovuta passare ieri sera» spiegò, tenendo un tono di voce basso, «ma sai, sono stata con i miei, avevamo tante cose da raccontarci, cose troppo importanti da riassumere nelle lettere, e il tempo è volato senza che me ne rendessi conto. Poi sono venuti dei miei zii e i nonni materni. Erano così felici di vedermi...»
Hermione proseguì il suo racconto, ma Ron l'ascoltò solo in parte, era rapito da qualcosa. Ma non riusciva a capire bene cosa. Forse era rapito da tante cose, così tante da non riuscire a decidere quale guardare. Gli occhi di Hermione, che tanto gli erano mancati in quei mesi, erano proprio come li ricordava: scuri, caldi, profondi, intelligenti, con una luce particolare, anche se stanchi. Le guardò le guance arrossate mentre raccontava delle buffe storie di sua nonna e rideva. Anche il suono della sua risata gli era mancato tanto, ed era sempre, incredibilmente lo stesso. Proprio come il suo sorriso candido e vero. Aveva una gran voglia di baciarlo, quel sorriso. Le fissò le labbra alla quale, pensò, ancora non aveva dedicato la giusta attenzione. E pensò di ricordare vagamente il loro sapore e la loro morbidezza. Forse non ricordava nemmeno com'era baciarla ed improvvisamente, fu sopraffatto da una gran voglia di farlo. Ma qualcosa lo bloccava. Continuò a vagare attentamente con lo sguardo sul suo viso. Hermione era sempre la stessa, eppure, in qualche modo, diversa. Era più donna.
«... è stato fantastico, ed io e papà abbiamo dato una mano alla nonna in modo che anche lei avesse la casa addobbata» disse senza smettere di sorridere. Ron la guardò ancora per un po', in silenzio. 
«Ti sei fatta crescere la frangia» disse poi, sfiorando le ciocche di capelli che le coprivano la fronte. Lei annuì, e Ron cominciò a toccare le ciocche castane con le dita, sfiorando di tanto in tanto la fronte, concentrato su quei lenti movimenti.
«Sei bella» sussurrò all'improvviso senza pensarci troppo. Avvampò all'istante e ritrasse la mano, cominciò a guardare ovunque benché meno nei suoi occhi. Hermione arrossì a sua volta, ma subito allungò una mano per raggiungere il viso di Ron che cominciò ad accarezzare.
«E questa barbetta?» disse, toccando la guancia leggermente ispida. «L'ultima volta, ad Halloween, quando ci siamo visti ad Hogsmeade, non ce l'avevi così»
«Oh... io veramente dovevo radermi ma, sai, volevo che... ehm...» balbettò, arrossendo fin sopra le orecchie. Aveva pensato di lasciare un accenno di barba perché voleva apparire diverso, più cresciuto. Proprio come si sentiva. Forse era stata una pessima idea.
«Mi piace» disse Hermione incontrando finalmente i suoi occhi e sorridendogli appena. Ron rispose al sorriso. No, era stata una buona idea.
«E ti sono cresciuti tanto anche i capelli» ridacchiò scompigliandoglieli più di quanto non lo fossero già e portando alcune ciocche rosse dietro l'orecchio. 
«Sono quasi due mesi che non ci vediamo» ammise Ron con una nota di malinconia nella voce. Hermione parve accorgersene, e non pose fine alle sue carezze.
«Ho lasciato mio padre ad aspettarmi in salotto per venire qui» spiegò, arrossendo appena. «Gli ho promesso che sarei andata con lui per le ultime compere, sai. Ma prima volevo fare un salto qui, visto che ieri non ce l'ho fatta. Lui è convinto che io sia ancora in camera mia a prepararmi, non cred-... che c'è?» chiese poi, fermandosi davanti all'espressione esterrefatta di Ron.
«Hermione» disse lui lentamente. «Hai mentito a tuo padre?»
«Che dici? Non è proprio...» fece lei accigliandosi, prima di essere interrotta nuovamente da Ron.
«Hai mentito a tuo padre per venire da me?» continuò Ron, che si alzò sui gomiti per posizionarli ai lati del viso di Hermione. Aveva uno strano scintillio negli occhi.
«Oh, non dire così!» farfugliò Hermione, sotto lo sguardo divertito e compiaciuto di Ron. «Lo fai sembrare un gesto davvero cattivo! Ero già pronta, e ho pensato che avrebbe potuto aspettare qualche minuto di più, non vedo dov-...»
Ma Ron non le diede il tempo di ribattere perché si calò su di lei e, all'istante, poggiò le labbra sulle sue, soffocando ogni spiegazione, ogni protesta. Passarono due, tre, quattro, cinque secondi prima che si allontanasse di poco da lei. Si limitò ad osservarla, mentre una strana paura lo pervase: temeva di aver dimenticato come baciarla. È stato un attimo, si disse, solo un attimo. Non posso aver dimenticato una cosa del genere...
Hermione era protesa in avanti, gli occhi chiusi e le labbra semiaperte, sentiva il suo caldo respiro accarezzargli il volto. La vide sollevare le palpebre e nel momento in cui gli occhi della ragazza incontrarono il suo sguardo intimorito, lei parve aver capito che qualcosa lo preoccupasse. Senza dir niente, gli sorrise timidamente, e Ron sentì un leggero formicolio allo stomaco, mentre la mano di lei, dalla guancia, scivolava lenta fin dietro la nuca, in modo da poterlo poi riavvicinare cautamente a sé. Nel momento in cui le loro labbra si toccarono nuovamente, senza alcuna spiegazione logica ogni timore parve sgretolarsi e stavolta la baciò per davvero. Si sorprese quanto in realtà gli venisse naturale baciarla, come se lo facesse da una vita. Lasciò che le labbra di Hermione si adattassero alle sue, e lei, senza un minimo di esitazione, si lasciò guidare da quel bacio lento e delicato, e si rese veramente conto di quanto il contatto con le labbra di Ron le fosse mancato. Ron avvertì un brivido lungo la schiena quando le carezze di Hermione tra i suoi capelli si fecero più decise. Erano settimane che non sentiva il tocco delle sue mani. Erano settimane che non sentiva la morbidezza delle sue labbra. Ed erano settimane che lui non si perdeva nella magnifica sensazione di oblio e leggerezza che provava grazie alle attenzioni di Hermione. Quasi due mesi. Quasi due mesi senza sentirla, senza che lui potesse accarezzarla e guardarla. Solo in quel momento realizzò quanto gli fosse mancata. Lo sapeva, la sua mancanza aveva creato un vuoto sin dal primo giorno, nel quale poi era sprofondato nel momento in cui aveva appreso che anche per le vacanze sarebbe stata lontana da lui. E al pensiero che Hermione fosse veramente lì e che quelle che stava baciando erano davvero le sue labbra, il suo bacio acquistò maggior sicurezza. Le sfiorò la guancia con le dite più volte e con crescente intensità, fino poi a prenderle il viso tra le mani. Erano settimane che non lo faceva. Quasi senza rendersene conto, fece scivolare una mano dalla guancia al primo bottone del cappotto, che venne facilmente fuori dall'asola. Così scivolarono via anche il terzo, il quarto e il quinto bottone. Ron, colto da un forte entusiasmo, approfondì ancor di più il bacio, riportando la mano sul collo che cominciò ad accarezzare, fino a quando, d'istinto, decise di sostituire le dita con le labbra. La sentì fremere e sospirare quando raggiunse la clavicola.
«Ron» 
Lui parve non aver sentito il debole sussurro di Hermione che teneva gli occhi chiusi e sembrava aver perso ogni volontà per opporsi, mentre lui aveva cominciato a stuzzicarle l'incavo alla base del collo e la sua mano sfiorava appena un lembo di pelle lasciata scoperta dal maglione. Ron la sentì rabbrividire quando cominciò a soffiare e a sfiorare con le labbra l'incavo tra il collo e la spalla. La sensazione del calore della sua pelle, fu come una scossa. Di nuovo senza pensarci, insinuò la mano sotto il maglione di Hermione e cominciò ad accarezzarle il ventre con lentezza, senza smettere di baciarla.
«Ron, devo andare» disse Hermione ad un certo punto, così piano da apparire quasi un sussurro, poco convincente. Cautamente gli afferrò il polso che scivolò via da sotto il suo maglione. Ron, stordito, staccò le labbra dal suo collo e si lasciò cadere al suo fianco.
«Scusa» bisbigliò ansimante, con gli occhi serrati e il volto completamente rosso. Provò un senso di vergogna per essere stato così sfacciato, e pensò anche a quanto fosse ridicolo il timore avuto inizialmente sul come baciarla. Ma non c'era tempo per vergognarsi, dal momento che al suo fianco c'era la persona di cui in assoluto aveva più bisogno. Sorrise ad occhi chiusi quando Hermione sfiorò il naso contro il suo.
«Mi sei mancato» sussurrò. E quando Ron riaprì gli occhi, che incontrarono subito quelli di lei, aggiunse: «Tanto» sfiorandogli poi la guancia con le dita. 
«Ci vediamo per cena, va bene?» 
«Dovrò aspettare tutto il pomeriggio per vederti?» chiese Ron, imbronciato. Hermione sbuffò divertita e si alzò dal letto, mentre Ron si tirò su a sedere incrociando le gambe. La fissò mentre si sistemava il maglione, la treccia disfatta, si abbottonava il cappotto, si infilava cappello, sciarpa e guanti.
«Be', allora ciao» fece Hermione sorridendo. 
«Ciao» la salutò Ron dal centro del letto, con finta indifferenza. Hermione lo scrutò per un po' dall'alto con un sorrisetto divertito, poi si calò su di lui per lasciargli un bacio veloce sulle labbra. Ron avvertì un calore pericoloso in zona orecchie mentre un sorriso spontaneo si dipinse sul viso. Hermione gli sorrise un'ultima volta prima che afferrasse la bacchetta e girasse su se stessa per sparire dalla sua visuale. Un momentaneo, familiare senso di vuoto si impadronì di Ron non appena la vide sparire. Ma subito si riscosse. È tornata, dopo quasi due mesi siamo di nuovo insieme. Pensò, sarà per poco, ma almeno c'è, è qui... con me. Si alzò dal letto e si sfilò la maglia del pigiama. Potevano essere giorni diversi, sereni, spensierati... speciali.

 
****
 
Ron, con la schiena poggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto, osservava Ginny impegnata ad apparecchiare, mentre il profumo dei dolci lo ridestava di tanto in tanto dai suoi pensieri.
«Te ne sarei davvero grata se mi dessi una mano» disse Ginny seccata, senza guardarlo.
«Mmh» fece lui in risposta.
«Stanno per arrivare tutti gli altri» continuò Ginny. «Anche Hermione» aggiunse con un sorrisetto compiaciuto, cominciando a distribuire le posate, mentre Ron si sentiva, irrimediabilmente, arrossire sulle orecchie.
«Sono ancora arrabbiato con te» le disse, leggermente stizzito. «Avresti potuto dirmelo!»
«Oh, per favore! Vuoi mettere l'effetto sorpresa?» rispose Ginny guardandolo divertita. «Avrei pagato un mare di galeoni per vedere la tua faccia. Hai anche rotto la lampada» sghignazzò.
«Aiuta tua sorella, Ronnie» la signora Weasley apparve dal nulla e superò Ron oltrepassando la soglia della cucina. Molly era stata attiva per tutto il giorno, Ron non aveva potuto fare a meno di pensare a quanto si sentisse più tranquillo nel vederla così impegnata e contenta per il rientro dei suoi figli. I ragazzi Weasley avevano deciso, in un tacito accordo, di riunirsi alla Tana per la cena della vigilia di Natale. E Ron, che si era sentito terribilmente solo nelle ultime settimane, aveva accolto la notizia con gioia. Sarebbero stati tutti insieme
Si avvicinò alla tavola e cominciò a sistemare i bicchieri, Ginny prese a contare i posti sottovoce, mentre distribuiva i piatti.
«Qui c'è papà... qui Percy e qui Audrey... Flebo qui e Bill vicino... Hermione qui, poi ci sei tu, Harry, io, qui George e qui Fr-...» Ron, dalla parte opposta del tavolo, alzò di colpo lo sguardo su di lei. Ginny teneva lo sguardo fisso sul piatto a mezz'aria. Ron la guardò per un po' di secondi, la bocca asciutta e una strana sensazione allo stomaco, incapace di parlare. Quando la signora Weasley rientrò in cucina, si diresse ai fornelli e non notò l'aria pesante. 
«Ginny cara, mi aiuteresti anche con i regali, per cortesia?» Ron la vide annuire semplicemente, e solo quando la mamma lasciò nuovamente la cucina, le sfilò dolcemente il piatto dalle mani. Ginny tirò su col naso e scacciò velocemente via col dorso della mano l'unica lacrima che era riuscita a liberarsi. 
«Sarà l'abitudine» gli disse, a voce bassa, alzando lo sguardo su Ron. Lui le fece un mezzo sorriso triste e posò il piatto oltre, lasciando libero il posto di Fred. Ginny piegò le labbra in quello che doveva sembrare un sorriso, mentre Ron le si avvicinava. Pensò che, forse, lui doveva essersi quasi abituato al peso che causava l'assenza del fratello, ma per chi rientrava in quella casa dopo mesi, doveva essere ancor più difficile. Senza dir niente, l'abbracciò e lei si lasciò stringere.
«Sono contento che tu sia tornata» disse Ron, a voce bassa. Ginny si staccò di poco, quel giusto per guardarlo in viso. 
«Non scambierò le Cioccorane che mi ha spedito zia Muriel con quella sottospecie di copricapo che ha mandato a te»
«Ginny!» esclamò Ron, fintamente offeso. «Volevo solo essere gentile. E... chiederti una decina delle tue Cioccorane, ne hai ricevute una montagna, credo che la zia si sia sbagliata»
Lei rise e Ron la seguì subito dopo.
«Sono contenta anch'io» disse infine, mollandogli un pugno scherzoso sulla spalla, prima di lasciare la cucina.
La serata si svolse tranquillamente, tra i racconti dei fratelli Weasley, quelli sugli allenamenti all'accademia Auror di Harry e i racconti di Ginny e Hermione su quanto Hogwarts fosse ritornata la stessa, su quanto fosse efficiente la professoressa McGranitt nel ruolo di preside. Sembrava che tutti tentassero di partecipare, di essere presenti, di evitare lunghi silenzi e di buttare l'occhio su quell'unico posto vuoto. Ma i brutti momenti non mancarono. Mentre quasi tutti erano intenti a commentare l'ultima partita dei Chudley Cannons, la signora Weasley, sovrappensiero, poggiò un piatto colmo di tacchino e patate al posto vuoto di Fred. Tutti, istintivamente, la fissarono come se si aspettassero che scoppiasse in lacrime da un momento all'altro. Nella cucina di casa Weasley scese un silenzio pesante, mentre Molly usciva silenziosamente dalla cucina, con gli occhi velati di lacrime, e Ginny la seguiva. Poi una sedia che strascicava attirò nuovamente l'attenzione di tutti i presenti: George si stava alzando e, con un'espressione indecifrabile, lasciò la stanza. Bill lo seguì. Ron guardò suo padre che teneva lo sguardo spento fisso sul piatto e con una mano si reggeva la testa. Appariva così stanco. Ebbe un tuffo al cuore e strinse la mano in pugno così forte che le nocche divennero bianche. Fu un sollievo avvertire il tocco leggero della mano di Hermione che coprì interamente la sua. 
Dopo cena, l'inaspettato arrivo di Teddy sembrò riportare un leggero clima di gioia. Tutti sembravano troppo occupati a giocare con lui e a farlo ridere per pensare ad altro. Persino George si lasciò sfuggire un sorriso quando si rese conto che il bambino cominciava a mostrare una particolare simpatia nei suoi confronti. Ron fu grato di vedere anche la mamma sorridere e coccolare il piccolo rimpinzandolo di Cioccorane... anche se quelle erano sue. Quando tutti, man mano, abbandonarono il salotto, e anche Percy e Charlie seguirono gli altri in giardino, calò il silenzio nella stanza. Ron guardò di sottecchi Hermione, seduta vicino a lui, sul morbido divano di pelle nero. La ragazza aveva appena sfilato il segnalibro da un libro che teneva aperto sulle sue gambe. Ma legge sempre? Pensò un tantino irritato perché, secondo il suo parere, lei non gli aveva ancora dedicato la giusta attenzione. Ma non poté evitare di sorridere pensando a quanto Hermione non fosse per nulla cambiata. E questa era una sorta sicurezza per lui. Nei giorni precedenti, si era scioccamente aggrappato al pensiero di un Natale uguale a tutti quelli già vissuti in famiglia. Ma nel profondo sapeva benissimo che non sarebbe stato così. Tutti i giorni erano cambiati, perché mai il giorno di Natale avrebbe dovuto esser diverso? Era un giorno come un altro. Però, nonostante tutto, per lui, una sottile differenza c'era. Ricordò quanto il contatto con la mano di Hermione l'avesse calmato e in quell'istante, con la testa voltata verso di lei, desiderò fortemente avvertirlo di nuovo. Pensò che era tornata per davvero e che non avevano parlato abbastanza, che non avevano scherzato e riso abbastanza. Pensò che non l'aveva accarezzata e guardata abbastanza, che non l'aveva stuzzicata abbastanza. Pensò che non l'aveva baciata abbastanza. E lui ne aveva bisogno. 
Si passò una mano sulla faccia.
«Hermione?» bofonchiò.
«Mmh?» fece lei, voltando una pagina del suo libro.
«Non mi sento bene» farfugliò con la voce soffocata dalla mano che gli copriva interamente la faccia. Hermione si voltò di scatto verso di lui, che sghignazzò alla sua espressione preoccupata.
«Davvero divertente» sbottò lei.
«Ma dico sul serio» si lamentò Ron, col viso ancora coperto dalla mano. «Credo di aver bisogno di... qualcosa». Si sentì arrossire, si aprì una fessura tra le dita per osservarla. La vide chiudere e posare il libro, con un sorriso stampato in volto.
«Vediamo, dov'è che ti farebbe male?» chiese, scostandogli la mano dal viso. Ron la guardò imbronciato.
«Non lo so» disse facendo spallucce.
«Vieni qui» propose Hermione, tirandolo verso di sé. «Stenditi»
Ron si distese, le lunghe gambe penzolavano dal divano, poggiò la testa sulle gambe di Hermione e, rosso in viso, la guardò per un po' dal basso. Lei gli passò l'indice su entrambe le palpebre che, lentamente, si chiusero, e cominciò a massaggiargli il volto. Passarono parecchi minuti in completo silenzio, Ron immobile, con gli occhi ben serrati, sotto il tocco attento di Hermione che massaggiava il suo viso, lo accarezzava e sfiorava dolcemente.
«Sarà sempre così, non è vero?» si lasciò sfuggire Ron, cominciando a dar voce ai suoi pensieri. «Nulla sarà più come prima... ci si sforza... ci hai visti, no? Tutti vorremmo che fosse... normale... ma non lo è... non lo sarà mai più... nessun singolo giorno sarà normale, nessun altro Natale...» la voce di Ron s'incrinò appena. Non seppe bene cos'è che gli fece dire quelle cose, erano mesi che non ne parlava così apertamente. Eppure, non avvertì disagio, solo un groppo in gola a manifestare il suo dolore. Ma sapeva di essere in compagnia della persona giusta, forse fu questo a dargli coraggio.
Sentì il tocco di Hermione farsi più cauto e delicato.
«No, non lo è... hai ragione» sospirò lei. «E mi dispiace così tanto. Mi fa male proprio come quando sono stata qui quest'estate...» Hermione aveva smesso di massaggiargli il viso, si limitò ad accarezzarglielo semplicemente. Prese un altro breve sospiro prima di proseguire. «Però... però ciò che conta è che siate uniti. Ed è così bello. Questo non è cambiato... e non cambierà» sussurrò, mentre Ron sentiva le sue sottili dita insinuarsi tra i capelli. Hermione indugiò tra le sue ciocche per parecchi secondi, prima di scendere a sfiorargli la fronte, le palpebre, il naso, le guance, le labbra, per poi risalire.
«Mi sono mancate le tue carezze» le disse sottovoce, con le orecchie che si imporporavano. Non la vide sorridere, e rabbrividì quando la mano di Hermione scese lentamente ad accarezzargli il collo. Era una sensazione così bella, così dolce. Voleva, per una volta, provare a godersi istante per istante questa sensazione che tanto gli era mancata. Voleva provare a staccarsi dal mondo. Ma qualcosa si insinuò nella mente che non riuscì a svuotare del tutto. Pensava che Hermione gli sarebbe stata accanto solo per pochi giorni e che poi sarebbe ripartita e lui sarebbe tornato a convivere con quella terribile mancanza. Alternava pensieri sul suo ritorno, sulla sua presenza, a pensieri sulla sua partenza, sulla sua lontananza. Così aveva lavorato la sua mente per il resto della giornata. Era un'ossessione.
Mentre sentiva la mano di Hermione scendere e risalire lungo il collo, qualcosa di freddo lo sfiorò. 
«Cos'è?» chiese perplesso, riaprendo gli occhi ed inclinando leggermente la testa. Hermione lo guardò interrogativa, lui le sollevò il polso per poterlo guardare meglio e vide un bracciale d'acciaio con dei piccoli pendenti che raffiguravano dei cuoricini. Era strano, Hermione non era solita indossare oggetti del genere, ma forse era un regalo dei suoi genitori, si ritrovò a pensare. 
«Oh» fece Hermione, guardando il bracciale. «Sai, Robert, il prefetto Corvonero, è sempre così gentile con tutti. E ha pensato di regalare questo braccialetto a tutte le ragazze prefetto e Caposcuola. È stato un gesto molto carino»
La mente di Ron registrò ben poche ed essenziali informazioni: Robert, prefetto Corvonero... cuoricini. Per Hermione. Improvvisamente sentì una strana, incontrollabile sensazione, che aveva paura di definire, montargli dentro. Si alzò dalla sua posizione e fissò Hermione negli occhi con uno sguardo corrucciato. Lei parve un po' disorientata da quel cambiamento brusco, tentò di dire qualcosa ma Ron la precedette.
«Questo... tipo... ti ha regalato un braccialetto con dei cuoricini. E tu lo indossi?» disse, con innaturale calma. Hermione, da disorientata, parve offesa da quella affermazione che poteva celare un'accusa ingiusta.
«Non mi ha regalato. È stato solo un pensiero carino che ha voluto condividere con... »
«Perché lo indossi?» la interruppe Ron, che cominciava a scaldarsi. «Di solito non indossi mai questa roba»
«Santo cielo, Ron... è solo un bracciale!» scattò Hermione alzando il tono di voce. «L'ho indossato quando me l'ha dato e ho dimenticato di toglierlo, tutto qui!»
«Continuo a non capire perché un tipo qualunque dovrebbe regalarti un bracciale... con dei cuori» proseguì Ron intestardito, guardando con disprezzo il polso di Hermione come se col solo sguardo potesse incenerire il braccialetto... e il prefetto Corvonero stesso.
«È solo un bracciale! Un bracciale come un altro! E te lo ripeto: non l'ha regalato solo a me» ribattè Hermione, alzandosi dal divano con uno scatto. Ron subito la seguì per fronteggiarla.
«Toglilo» disse, in tono di sfida. «Avanti, toglilo, se è solo un bracciale»
«Dici sul serio?» disse Hermione, sostenendo il suo sguardo. 
«Perché no?» Ron mantenne una voce spaventosamente ferma.
«Cos'è? Una sfida? Un ricatto? Non mi piacciono i ricatti»
«Com'è questo Robert, eh?» chiese Ron, sprezzante. «È prefetto... ed è anche Corvonero, dev'essere un tipo davvero intelligente... il futuro Caposcuola?»
«Non ci posso credere» sibilò Hermione, aveva un'aria sconvolta e ferita. «Davvero non ci posso credere! Ma ti ascolti?» urlò con voce tremante per la rabbia.
«Perché non lo togli?» ripeté lui ostinato. Hermione, con uno scatto veloce, si voltò con l'intenzione di raggiungere la porta, ma Ron le afferrò con vigore il braccio strattonandolo leggermente per farla girare.
«Lasciami» disse lei prima di fare un profondo respiro per calmarsi. Ma Ron non mosse un muscolo. La scrutò con uno sguardo serio e duro. «Ron, lasciami. Non sono venuta per litigare con te e non voglio, perciò adesso lasciami andare o...» ma non fece in tempo a finire la frase che Ron si chinò su di lei, premendo con forza le labbra sulle sue. Sentì le mani di Hermione sul suo petto che cercavano di allontanarlo, ma non ci badò, e ogni tentativo della ragazza di respingere il bacio di Ron sfumò nel momento in cui lui strinse il suo volto tra le mani, facendola arrendere all'istante. Le mordeva le labbra, impetuoso, impedendole quasi di respirare. La baciò come non l'aveva mai baciata prima di allora. Era un bacio pieno di rabbia, di quella rabbia dolce. Un bacio pieno di dolore e di malinconia. Quella malinconia che provava ogni giorno a causa della sua assenza. Era un bacio sofferente, disperato. Uno di quelli che ti svuotano completamente, uno di quelli che ti danno la possibilità di donarti del tutto. Uno di quelli passionali, di quelli in grado di renderti al contempo forte e vulnerabile, uno di quelli in grado di toglierti letteralmente il fiato. Era così che si sentiva Ron, mentre continuava a torturare disperato le labbra di Hermione e le accarezzava i fianchi, e sentiva le sue dita sottili stringere alcune ciocche dei suoi capelli. Non riusciva a pensare razionalmente, la mente completamente offuscata. Ma cosa importava? Non gli importava di niente, nemmeno di respirare. Voleva solo stringersi a Hermione, voleva farle capire quanto gli fosse mancata e quanto la distanza gli facesse male. Non gli importava di niente. Delle feste, del Natale, del fatto che chiunque avrebbe potuto aprire la porta da un momento all'altro. Non gli importava più nemmeno del fatto che il lavoro con George fosse un fiasco, che forse non sarebbe mai stato in grado di aiutarlo, che non era all'altezza, e che fosse decisamente qualcosa di più grande di lui. Non gli importava di quanto si sentisse inadatto, stupido, inutile e solo. Di quanto spesso si odiasse per questo. Non gli importava nemmeno del suo futuro incerto. Non gli importava di niente e nessuno. C'era solo Hermione e voleva solo che lei si stringesse a lui, che gli dimostrasse, in qualche modo, che anche lei soffriva per la sua assenza, che lo pensava, che lo desiderava, che lo amava. Voleva sentire il suo odore e il profumo dei suoi capelli, e voleva percepire la sua pelle rabbrividire sotto il suo tocco. Voleva sentire quanto le sue mani lo desiderassero.
Senza rendersene realmente conto, spostò le mani dai fianchi per riprendere il viso della ragazza tra le mani. Continuava ad avanzare mentre la baciava, ed entrambi si ritrovarono a pochi centimetri dall'albero di Natale che Ron sfiorò con un gomito toccando una pallina di vetro che finì per frantumarsi sul pavimento e, per magia, liberò una quantità di neve decisamente eccessiva viste le sue dimensioni. Ma loro non si accorsero di nulla, e nel momento in cui Ron sentì il suo corpo aderire perfettamente a quello di Hermione, si rese vagamente conto di aver trovato un ostacolo.
Non si staccò subito da lei, non smise di accarezzarle il viso, ma placò il bacio che, gradualmente, divenne più dolce e lento. Non seppe dire quanti minuti passarono, ma a lui parve un'eternità e solo quando riacquistò un minimo di lucidità e avvertì il bisogno di respirare, liberò il viso di Hermione e poggiò entrambe le mani al muro di fronte, staccò le labbra dalle sue e la prima cosa che fece, senza neanche guardarla o aprire gli occhi, fu affondare la testa tra i suoi capelli. Subito le sue narici ne assimilarono il profumo. Entrambi ansimanti e stretti l'uno all'altra, si trovarono in un angolo del salotto nascosti dall'abete. Ron respirava affannosamente col volto tra i capelli di Hermione, e sentiva il suo respiro solleticargli l'orecchio e le sue mani scivolare leggere dalla testa alla nuca.
«Scusa» boccheggiò Ron. Per parecchi secondi, furono solo i loro respiri irregolari a riempire il silenzio della stanza.
«Non... non volevo... litigare» disse all'improvviso Ron, a fatica, col volto ancora completamente nascosto. «Io non so nemmeno cos'è che mi succede... a volte mi sento triste, ma senza motivo... e arrabbiato... e non so perché... io non lo so» fece un respiro tremulo mentre le mani poggiate al muro, scivolavano fino a posarsi sulle spalle di Hermione. «Qui è tutto così... così pesante... così silenzioso. A volte sento la mamma piangere e non so che fare! E gli altri non ci sono... non c'è Ginny... e Harry è quasi sempre occupato con l'addestramento... papà sembra sempre così stanco... che quasi mi spaventa. E George... George non lo so... lui ha accettato il mio aiuto... ma a volte il negozio resta chiuso per giorni e giorni... e spesso resta nel... nel suo appartamento e non torna a casa, la mamma lo vorrebbe sempre qui. E non c'è Bill, non ci sono né Charlie né Percy... capisci? Vorrei che ci fossero anche loro, vorrei che mi aiutassero. Forse... forse io non posso farcela... non posso aiutare George o la mamma... forse non sono all'altezza. Io... io mi sento stupido. E vorrei tanto chiederti di restare, ma so che non puoi...» buttò fuori tutto d'un fiato, come non aveva mai fatto in quei mesi. Ed in quel momento gli parve la cosa più naturale e liberatoria del mondo. Non sapeva se l'avesse fatto perché era arrabbiato o triste, o perché ne aveva abbastanza di sentirsi così, o perché il solo pensiero di Hermione che si sarebbe allontanata nuovamente era peggio di una pugnalata. O forse perché sentiva solo un forte bisogna di sfogarsi. Si dimenticò del bracciale, del prefetto di Corvonero, di quel pizzico di gelosia che si era impadronito di lui. Non aveva più importanza adesso, era più furioso con se stesso. Pensò a quanto quel bacio l'avesse scosso, quanto l'avesse fatto sentire meglio e peggio al tempo stesso. Possibile? Forse era impazzito.
Hermione rimase straordinariamente in silenzio, le sue dita si muovevano appena, sfiorando la nuca di Ron. Improvvisamente, si spinse sulle punte e strofinò dolcemente il naso contro la sua guancia ruvida.
«Guardami» gli sussurrò all'orecchio. Ron sollevò lentamente la testa e, a malincuore, avvertì il calore abbandonarlo di botto. Tirò su col naso e, senza pensarci troppo, puntò lo sguardo in quello di Hermione. Aveva le guance di una sfumatura cremisi e bagnate dalle lacrime, un velo di malinconia le attraversa gli occhi espressivi.
«Mi dispiace» disse con voce tremante. «Mi dispiace non poter essere presente. Io lo vorrei tanto» Ron fece per parlare, ma Hermione scosse il capo prima di proseguire. «Ci penso tutte le sere. Quando studio, a volte durante le lezioni. Non posso neanche lontanamente immaginare come tu ti senta... però posso cercare di capire... almeno un po'. E mi dispiace. Mi dispiace tanto, Ron. Io... io ci penso. Penso... penso che vorrei esserci... e penso che mi manchi... sempre» sussurrò le ultime parole, scrutando quegli occhi chiari con estrema attenzione. Il cuore di Ron mancò un battito, mentre le orecchie si tingevano di un rosso acceso e quasi si sentì mancare il fiato per il modo in cui Hermione lo stava guardando. Si sentì sprofondare perché quegli stessi occhi che fino a quella mattina lo guardavano felici, adesso erano tristi e spenti. Tentò di parlare, ma le parole gli morirono in gola e tutto ciò che riuscì a fare, fu ingoiare il vuoto. Per un lungo istante, si scrutarono in silenzio, attenti ad interpretare le emozioni dell'altro. Hermione trasse un respiro profondo e spostò la mano dalla nuca di Ron per sfiorargli la guancia. «Ognuno ha bisogno dei suoi tempi» continuò lei, a voce bassa. «Non sentirti inadeguato, stai facendo molto... veramente troppo. Sai... sai cosa penso, Ron? Penso che tu sia cresciuto così tanto. Penso che tu sia forte, l'ho sempre pensato. Credo di poter dire che ormai ti conosco almeno un po', no?» Hermione gli sorrise dolcemente, posando la sua mano sulla guancia di Ron. Lui la guardò intensamente prima di muovere il viso per posarle un bacio sul palmo. Le sorrise con gratitudine tornando a guardarla direttamente negli occhi. 
«È difficile, lo so» sospirò stancamente Hermione. «Lo è per te, per tutti. Ed è assolutamente normale che tu ti senta così... così strano. Ma ti prometto che questo periodo finirà e che quasi tutto si sistemerà. C'è bisogno di tempo. E di forza d'animo. E io credo che tu ne abbia, sono sicura che riuscirai a cavartela. Lo so e basta. E so che, per quanto tu possa sentirti solo a volte, non lo sei realmente. Ogni tanto prova a guardarti attorno e pensa alle persone che ti vogliono bene. Hai la tua famiglia, hai Harry... hai me. Pensa che in questi mesi che passeranno non ci sarà un minuto in cui non penserò a te. Ti prometto che niente e nessuno potrà mai intromettersi e distruggere l'equilibrio che ci siamo impegnati tanto a stabilire. Non lo permetterei mai a nessuno, capisci?» La voce di Hermione si fece più decisa, Ron intravide un lampo di preoccupazione attraversarle lo sguardo. Fu nuovamente colto da un forte senso di colpa e dalla voglia di sprofondare. Non ebbe il tempo di annuire o di provare a scusarsi, che Hermione gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte a sé. Ron ricambiò l'abbraccio all'istante. In un primo momento, l'unica cosa che riuscì a pensare, fu che avrebbe voluto che il tempo si fermasse per poter vivere quell'attimo più e più volte. Poi quando chiuse gli occhi, provò a concentrarsi sulle parole di Hermione. Lei pensava che lui fosse forte. Ma lui sentiva di essere tutto, tranne che forte. O forse un po' lo era. Nella sua mente, apparvero nitide le immagini del Natale precedente. Lì sì che si era sentito spaventosamente solo, nonostante Bill e Fleur gli avessero offerto una casa. Ma a lui non importava del pasto assicurato, delle cure, non gli importava di avere un letto caldo e dei vestiti puliti. Fino a quel momento, non ricordava di essere mai stato così male. D'istinto, strinse Hermione più forte a sé. Si era sinceramente odiato in quei momenti. Probabilmente avrebbe passato il resto della vita a maledirsi per quanto fosse stato... brutale? Idiota? Stronzo? Debole? Forse non avrebbe mai trovato un solo aggettivo adatto e, nel mentre, se li sarebbe addossati tutti, nessuno escluso. Ma forse era stato anche forte. Sì, un po' lo era stato.
Il profumo dei capelli di Hermione ridestò la sua attenzione. Aprì gli occhi e cominciò ad accarezzarglieli e a sfiorarle appena la schiena. Gli era mancato quel gesto, gli erano mancate molte cose di Hermione. Aveva così tante cose da dirle, da fare con lei! In quel momento decise che non ci sarebbe stato tempo per i ricordi tristi, per i ricordi che facevano male. Non doveva sprecare il tempo che gli restava da condividere con lei. Voleva solo godere della sua presenza, nient'altro. A lui bastava.
Sentì Hermione allontanarsi di poco e percepì le sue labbra calde posarsi sulla sua guancia, prima che tornasse a guardarlo negli occhi, senza sciogliere l'abbraccio. Gli sorrise e lui si sentì, d'un tratto, felice. E fortunato, leggero, quasi vincente.
«Sai, il Ministero mi ha proposto un programma di allenamento speciale per entrare nella squadra di Auror» disse improvvisamente Ron, di colpo serio. «Come... come Harry. Ecco, dovrei superare degli esami specifici... e se ce la faccio... be', potrò cominciare l'addestramento»
Hermione lo ascoltava attentamente, senza distogliere lo sguardo. Quando Ron ebbe finito, nessuno dei due aggiunse altro per molti secondi, poi le labbra di Hermione si strinsero in un sorriso emozionato.
«È una notizia fantastica» mormorò, mentre le lacrime le velavano gli occhi. «Perché non me l'hai detto subito?»
«Oh... be', io... io volevo aspettare un... momento particolare, ecco» disse, grattandosi la testa imbarazzato. Hermione rise e gli accarezzò una guancia rossa.
«Pensavo che fosse importante... cioè, almeno per me lo è, insomma...»
«Certo che lo è» intervenne Hermione. «Lo è eccome. Oh, Ron, sono così contenta! Insomma, è il tuo sogno, non è vero? Dovrai studiare tanto, saranno esami molto, molto particolari e tosti, presumo» Hermione aveva preso a gesticolare e a spostare lo sguardo ovunque. «Credo di avere molti libri che potrebbero esserti utili per gli approfondimenti. Dovrai avere un buon piano di studi e un programma di ripetizioni. Quando finirò la scuola potrò...» Hermione ammutolì all'istante, quando Ron le sollevò il mento col pollice e le sorrise.
«Lo so» le disse sottovoce. «So che non permetterai mai a nessuno di mettersi tra noi. Non lo permetterò nemmeno io. Te lo prometto» Hermione gli sorrise.
«E grazie» aggiunse poi in un sussurro. «Per... per tutto»
Non riuscì a dire altro. Eppure erano tante le cose che avrebbe voluto dirle. Sperò di riuscire a trasmetterle col solo sguardo tutto l'amore e la gratitudine che provava. Sentiva le orecchie e le guance in fiamme ma mantenne lo sguardo fisso in quegli occhi scuri e lucidi. Poi si calò per lasciarle un leggero bacio a fior di labbra. 
«Ma ci pensi?» sussurrò contro la sua bocca. «Auror, io!» 
Hermione rise piano, con una mano dietro la nuca lo avvicinò maggiormente a sé.

Ma nel momento in cui le loro labbra si toccarono, la porta si spalancò.
«Teddy! Vieni qui!» Teddy gattonava veloce con Ginny alle calcagna. Ma prima che la ragazza potesse prenderlo in braccio, lui raggiunse Ron e Hermione nascosti dall'abete.
«Oh, eravate qui» disse Ginny, con un sorrisetto, mentre Harry e George la raggiungevano.
«Ma che ci fate dietro l'albero di Natale?» chiese George. «E perché c'è della neve a terra?»
Ron guardò il puntò indicato da George e vide una piccola quantità di neve sul pavimento e una pallina distrutta. Si sentì arrossire ripensando a quanto quel bacio l'avesse preso. Guardò Hermione, imbarazzata anche lei, e non fece in tempo a pensare a qualcosa da dire che Teddy pensò bene di distrarre il fratello.
«Eccoti!» urlò George, abbassandosi per raggiungere il bambino.
«Per favore, George, non lo scatenare, poi ci tocca rincorrerlo ancora!»
Ma George non fece in tempo a riprendere il piccolo, che questo si ficcò sotto l'albero e trascinò con sé l'unico pacco regalo rimasto. Ron si voltò a guardare Ginny, che gli restituì lo stesso sguardo preoccupato, che poi entrambi posarono su George. Ma lui sorrideva. Sorrideva mentre Teddy scartava quel pacchetto misterioso per tutti, meno che per i ragazzi Weasley. Ne venne fuori il tipico maglione di mamma Weasley. Era blu, con una grossa 'F' azzurra al centro. Ron guardò George cercare di infilare il grosso maglione a Teddy che rideva di gioia, mentre i suoi capelli si coloravano di un blu elettrico. Intanto, tutti i presenti si sedettero attorno a Teddy che, nel suo nuovo maglione cinque volte più grande di lui, tentava di raggiungere la neve gattonando. Il resto della famiglia entrò nella stanza qualche minuto più tardi, e tutti si raccolsero vicino all'abete illuminato. Bill chiese quale fosse il dono più bello che avessero ricevuto quel Natale, e mentre Percy parlava di una promozione e Charlie di un drago nato appena prima della sua partenza, Ron fece vagare lo sguardo sui presenti: posò gli occhi sui suoi fratelli maggiori, ormai adulti e pur sempre fieri Grifondoro. Spostò lo sguardo su sua madre che sorrideva al piccolo Teddy, e poi lo spostò su suo padre che ascoltava Charlie rapito e con orgoglio. Forse nemmeno capiva di cosa stesse parlando il figlio, semplicemente si sentiva orgoglioso. Posò lo sguardo su Ginny che stringeva la mano a Harry e gli sorrideva dopo che lui le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio. Per una volta, - che fosse la prima e l'ultima! - si sentì così felice per sua sorella e per il suo migliore amico, da pensare che se si fossero baciati in quel momento, davanti a lui, non avrebbe distolto lo sguardo disgustato. Infine, posò lo sguardo su Hermione, interessata alla nuova promozione di Percy. Guardarla mentre era concentrata a far altro, era un'altra di quelle cose che gli erano mancate e che, si promise, in quei giorni si sarebbe impegnato a fare. La osservava mentre annuiva e sorrideva cordialmente a Percy, arricciava il naso per poi sfiorarselo con l'indice e si portava alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio.
Quando Hermione, dopo un po', si voltò e gli sorrise, lui continuò a guardarla con un'espressione seria.
«Che c'è?» gli chiese dolcemente.
«Niente» rispose lui, arrossendo fin sopra le orecchie. Poi con una mano coprì interamente quella di Hermione che, con un gesto lento, si girò nella sua, per poi intrecciare le dita.
Niente.
Era solo uno dei doni più belli che avesse mai ricevuto nella vita.

 
Image and video hosting by TinyPic
Angolo di un'autrice che falalallalalalaaa!
Ehm, ehm... è triste, I know cwc ma come mi ricordava la mia amica Herm, il Natale non è solo allegria e festeggiamenti. Già, già. Be', non voglio dilungarmi troppo stavolta, ci tenevo tanto a ringraziare lei, Greta, per gli ottimi consigli, per avermi aiutata a dar voce ai pensieri di Hermione. Voglio ringraziarla per avermi incoraggiata.
E a voi, a tutti voi, che perdete tempo con le mie storie (ma chi ve lo fa fare? lol), voglio augurare un Natale... bello. Semplicemente bello, basta davvero poco. E grazie, di vero cuore.
Ah, se avete tempo - ma anche se non ne avete! - passate a leggere I vantaggi delle feste della straordinaria Hermione Jean Granger, perché merita, vi farà ridere e vi farà sciogliere miseramente come un fiocco di neve nel Sahara. Fatelo. Avanti, non costringetemi ad usare la maledizione Imperius. u.u
Detto ciò, vi saluto e vi do appuntamento alla prossima puntata (non ci crederete, ma la prima storia storia che vedrete pubblicata su questa pagina al nuovo anno, sarà queeeella famosa long ambientata nel periodo Horcrux. Ehm, sì, ce l'ho fatta, è un po' che non le dedico del tempo, ma manca un solo capitolo *balla la conga*) e niente, a presto allora *w*

Peace, love and merry xmas :D
e anche Romione, ovvio.

Jess

 
   
 
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: bemyronald