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Autore: RaElle    24/12/2014    2 recensioni
Possono vedere senza fatica alcuna l’occhio perennemente in movimento del defunto Alastor Moody, l’espressione irritata di Severus Piton, lo sguardo accondiscente di chi guarda due figli piccoli litigare del buon Silente; la poco nota figura di una donna allegra dai capelli multicolor, il volto sciupato di Remus Lupin, quel professore tanto malconcio fisicamente quanto infinitamente buono d’animo, un ragazzo dai capelli rossi, vestiti palesemente di seconda mano… un Weasley, mormora qualcuno, quelli che hanno fatto la festa alla Umbridge!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Tonks, Draco Malfoy, George Weasley, Minerva McGranitt, Molly Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Inghilterra, 24 Dicembre 1998

Ore 07.30

Si tira la sciarpa fin sopra il naso per proteggersi dal pungente freddo mattutino, le scarpe che affondano nella neve.

Non si sente più i piedi.

Ha passato la notte a rigirarsi nel letto, più sveglio che mai. All’alba si è buttato addosso i primi abiti che gli sono capitati a tiro, uscendo poi di casa senza avvertire nessuno.

Voleva stare da solo.

La città è in festa, le luci degli addobbi natalizi quasi gli feriscono gli occhi, oltre a dargli un certo fastidio a livello di stomaco.

Le gambe, dotate di vita propria, lo guidano attraverso vicoli e case grigie così differenti dalle luci gioiose della città. Come se non fosse già abbastanza provato, quella triste desolazione non fa altro che deprimerlo ulteriormente.

Quando finalmente capisce dove l’ha portato l’istinto, non può fare altro che sentirsi una nullità.

I minuti scorrono e lui resta lì a fissare quella costruzione.

È talmente tetra e malmessa che rispecchia totalmente il suo ormai defunto abitante.

Piton non si smentiva mai: sfuggente, solitario, scuro. E ogni singola mattonella di quella casa non fa che gridare il suo nome.

Chissà con chi festeggiava queste ricorrenze… se festeggiava!

Draco Malfoy non può far altro che fissare quella triste rovina, sentendo il peso che porta da tempo sulle spalle diminuire, fino a sparire quasi del tutto.

Non saprà mai con chi Severus Piton passava il Natale, ma lui ha – ora più che mai – una famiglia con cui passare serenamente quelle giornate.

Con un leggero cenno del capo rivolto alla casa, e le mani infilate in tasca, si lascia definitivamente alle spalle il passato.

Buon Natale, professore.

Ore 10.30

Con un sospiro esasperato accartoccia l’ennesima lettera.

Quella donna lo vuole ammazzare, quel povero gufo… stava per morirmi sul pavimento!

Sa perché continua a ignorare quegli inviti, l’idea di assistere a quella che le potrebbe ricordare anche solo vagamente un ambiente familiare felice le fa venire il mal di stomaco.

Quel giorno lo passerà come tutti gli altri; non ci saranno più alberi, addobbi, e nemmeno regali.

“Non ho più nessuno a cui fare regali…” si lascia sfuggire.

La sua famiglia d’origine l’ha ripudiata, suo marito è morto, e poco tempo dopo l’ha seguito anche l’unica figlia che aveva. La guerra le ha portato via ciò che di più bello aveva, per quale assurdo motivo doveva festeggiare?

Come a voler rispondere a quella sua tacita domanda, una piccola e giovanissima figura dai particolari capelli azzurri gattona verso di lei. Strizza gli occhi e stringe forte i piccoli pugni, e tempo un secondo i capelli sono di un vivace arancione. Sentendo di essere riuscito nella sua impresa, le rivolge un sorriso sdentato, tutto suo.

Con un tuffo al cuore più forte degli altri si rende conto che lei deve reagire almeno per lui; non può farsi abbattere dalla tristezza.

Teddy Lupin. Suo nipote è l’unica cosa che le rimane per non impazzire del tutto.

Dopotutto , pensa, prendendo finalmente piuma e pergamena pronta a rispondere a quelle lettere, qualcuno a cui fare regali c’è ancora.

Ore 13.00

Sono venuti a chiamarla più volte, e allo stesso identico modo ha declinato le loro offerte, mandandoli garbatamente via.

Vuole lavorare, non ha tempo da perdere.

La realtà che non vuole ammettere è palese ai suoi occhi: lavora per non pensare.

Cammina veloce tra i corridoi, ignorando le occhiate degli studenti e dei professori. Tutti loro hanno provato sulla loro pelle la guerra. Non vuole essere compatita, ha un ruolo importante ora e vuole che tutto sia perfetto.

È passato così poco tempo da quel giorno...

Eppure deve farsi forza, per coloro che hanno perso la vita e per i loro famigliari.

Non passa giorno in cui non ricorda i loro volti, chi le evoca bei ricordi e chi la fa sorridere di cuore, chi la fa tremare per la crudeltà con cui è morto… ma sa che non può fare niente, se non ricordarli.

E come un fulmine a ciel sereno si catapulta fuori dal suo ufficio, con un’idea ben precisa in testa.

***

Horace Lumacorno è stanco, ma è certo di non star avendo le allucinazioni. Si sfrega energicamente gli occhi, e torna a guardare verso il cielo.

No, decisamente non sto avendo le allucinazioni.

“Ma che… chi ha fat… la preside McGrannit!” Un’incredula Sprite fissa a sua volta gli infiniti stendardi che solcano i cieli del mondo magico, seguita da un commosso Hagrid.

In poco tempo l’esterno e le finestre di Hogwarts vengono invase dai curiosi, accorsi a vedere la sfilata di stendardi dedicata a chi per colpa di Voldemort aveva perso la vita.

Possono vedere senza fatica alcuna l’occhio perennemente in movimento del defunto Alastor Moody, l’espressione irritata di Severus Piton, lo sguardo accondiscente di chi guarda due figli piccoli litigare del buon Silente; la poco nota figura di una donna allegra dai capelli multicolor, il volto sciupato di Remus Lupin, quel professore tanto malconcio fisicamente quanto infinitamente buono d’animo, un ragazzo dai capelli rossi, vestiti palesemente di seconda mano… un Weasley, mormora qualcuno, quelli che hanno fatto la festa alla Umbridge!

Come non ricordare Cedric Diggory, e Colin Canon, così giovane.

“Era un Grifondoro, il coraggio l’ha spinto a fare qualcosa al di sopra delle sue forze.” mormora Minerva. “Questi stentardi faranno il giro di tutto il Mondo Magico, la gente deve ricordarli, non bisogna dimenticare. Resteranno in giro fino al nuovo anno. Poi si vedrà.”

Spera, Minerva McGrannit, solo di averli ringraziati abbastanza.

Ore 16.30

La Tana è immersa nel caos più totale.

Mestoli e tegami volano per la cucina, rischiando di staccare la testa a qualcuno, e Molly non fa che impartire ordini ai figli che proprio non la vogliono ascoltare.

Non è dell’umore giusto, e nessuno sembra voler alzare una mano per aiutarla.

Da giorni cercano di convincerla ad evitare, almeno quell’anno, di fare le cose in grande, ma lei è testarda.

Semplicemente non vuole che le tradizioni cambino. Non può permettersi di rovinare una festa di quel valore perché ha perso un figlio.

Ricorda con una punta di rammarico lo sguardo deluso di Percy mentre le dice che a lei è sembrato non importare nulla della morte di Fred. Ha seriamente avuto voglia di piangere.

Ma lei è Molly, è forte e non si lascerà certo scoraggiare dalle parole di quello che teoricamente dovrebbe essere suo figlio. Sono solo parole…

Eppure quelle parole l’hanno ferita nel profondo. Arthur ha assistito alla scena e non ha detto una parola. Quello è stato un’ulteriore colpo basso.

Semplicemente si è fatta scivolare addosso tutto, ha accolto Harry ed Hermione – appena arrivati per passare con loro quella vigilia – col suo solito caloroso sorriso e un abbraccio ad entrambi, hanno scambiato due parole ed è tornata ai propri fornelli.

Quasi nessuno si è accorto che ha cucinato la metà dei pasti senza l’aiuto della magia.

Nessuno ha capito che fa così per tenere gli occhi lontani dai loro, in modo da non farli vedere umidi.

È una donna forte, ma è prima di tutto una madre distrutta.

Distrutta dagli eventi che hanno colpito la sua famiglia recentemente, delusa dall’indifferenza con cui la trattano.

Ma loro non vogliono capire!

In un attimo di tregua si è diretta ai piani superiori, e ha visto di sfuggita Ron – il suo Ron – che abbracciava Hermione come un naufrago si tiene stretto all’unico pezzo di legno vagante in pieno mare. E Ginny… ha preferito non vedere, le è bastato sentire gli schiocchi dei suoi baci con Harry.

George non era da nessuna parte.

I miei figli.

La stavano abbandonando quando aveva più bisogno di loro. Perché non capivano che l’unico motivo per cui recitava ancora quella farsa erano proprio loro?

Se non ci fosse stato quella festa, Bill e Fleur non sarebbero venuti; Charlie non avrebbe lasciato i suoi draghi per tornare da loro e Percy avrebbe preferito rimanere a lavoro… quella era l’unica occasione che aveva per riunire la propria famiglia.

È provata dalla morte di Fred, è forse chiedere troppo avere attorno a sé la propria famiglia per avere un minimo di conforto?

Ore 19.00

I rumori della Tana gli arrivano attutiti.

Sente vagamente il vociare dei presenti, il rumore delle stoviglie, e ogni tanto qualche risata.

Se ci fossimo stati noi, le risate si sarebbero sentite fino ad Hogwarts, vero Freddie?

L’unica cosa certa è che non sente più né le mani né le gambe, dal freddo che fa. È appollaiato su quell’albero da ore. Ma non saprebbe dire se sente più freddo sul corpo o in quello che un tempo doveva essere stato il suo cuore.

Appena alzato era uscito senza farsi vedere, si era arrampicato lì e lì era rimasto.

Sua madre è uscita a cercarlo, ma non ha mai risposto ai suoi richiami.

È troppo difficile chiedergli di stare a quel tavolo, scambiarsi auguri e regali, sapendo che l’unica cosa che conta veramente per lui ormai non c’è più.

Preferisce rimanere nell’ombra.

Non che nei mesi precedenti si sia fatto vedere più di tanto. Sveglia presto alla mattina, lavoro al negozio, e come spesso è successo, tornava a casa che tutti già dormivano.

Non si è mai sentito in colpa, semplicemente vuole superare l’abbandono da solo.

Non è facile.

Quello che da sempre è stato il suo orgoglio, è diventato poi la sua croce: io e Fred siamo decisamente troppo gemelli.

Ha fatto sparire ogni specchio dal negozio e dalla sua camera, ma ha un ritratto che nasconde segretamente sotto il cuscino. Ogni tanto la guarda, quando il dolore diventa troppo forte da togliergli il respiro. La guarda e cerca di capire cosa avrebbe fatto il suo gemello al suo posto.

La risposta è semplice, ma realizzarla è una cosa a cui ancora non è preparato. Fred avrebbe fatto una battuta, come suo solito.

Ma lui non è Fred, lui è sempre stato la parte debole. La metà forte se n’è andata, e quella debole non sa come reagire a certe situazioni.

Ricorda con angoscia quel giorno, quando entrando nella Sala Grande ha visto una marea di capelli rossi in un angolo… ma all’appello mancava quella particolare testa rossa.

Ricorda, vagamente, di aver pensato stupidamente che i Dissennatori fossero tornati. Non poteva spiegarsi quel freddo che si era impossessato di lui, semplicemente non poteva esserci altra spiegazione a quella sensazione così orrenda, di abbandono. Quella sensazione … come se qualcuno gli avesse succhiato via tutta la felicità.

Fred era li da qualche parte, vero?

Ancora prima di arrivare da loro si era trovato con le lacrime che scorrevano ininterrotte sulla faccia.

Non ricorda molto. Sa che è crollato accanto a quel corpo così simile al suo, sa che ha invocato con così tanta sofferenza il fratello di svegliarsi, che persino suo padre si era lasciato andare. È stato… straziante.

Non ha mai pianto così tanto in vita sua.

E su quell’albero, a rinvangare la scena a cui ha assistito solo mesi prima e che gli ha cambiato la vita, sente di nuovo il naso pizzicargli, e una voglia assurda di essere riscaldato.

Ha allontanato tutta la famiglia, ma si rende conto di avere maledettamente bisogno della loro presenza e del loro calore.

È deciso a non darla vinta a quelle emozioni, quando la sua attenzione viene attirata dal borbottare di una donna con un bimbo al seguito.

Un bimbo dai capelli biondo fosforescenti.

Un leggero sorriso gli incurva le labbra: quello è il figlio di Remus e Tonks. E la donna deve essere Andromeda, la nonna.

Li vede avvicinarsi titubanti al portone, e dopo qualche attimo di indecisione, suonare.

Molly li accoglie come se avessero fatto parte della sua famiglia da una vita, e aggiunge scherzosamente che non sperava quasi più in una loro visita, viste le infinite lettere senza risposta.

Li accompagna in casa, e poco dopo ne esce sola.

Fa freddo e non si è portata nulla di pesante da mettersi addosso, ma non è quello che turba George. Seppur in alto vede chiaramente la madre passarsi ripetutamente le mani sugli occhi e tirare su col naso.

Non è pronto a quella visione, non è pronto a vedere qualcun altro soffrire, e non vuole che lei soffra.

Non è pronto a questo, e non sa come affrontare certe cose. Non lo sa, ma segue l’istinto. Con un salto ben attutito dalla neve depositata sul suolo, scende finalmente da quell’albero, ignorando le fitte dolorose che gli attraversano il corpo. È stato troppo tempo in una posizione rigida e il freddo non ha aiutato.

Le arriva alle spalle senza farsi sentire, e pensando a quello di cui lui ha bisogno in quel momento, la abbraccia.

Molly sobbalza, presa alla sprovvista, ma non può che ricambiare con determinazione quel primo approccio del figlio dopo mesi. È più alto di lei, ma comunque porta una mano a scompigliargli i capelli. Il suo bimbo.

Restano così in silenzio, aggrappati alla minuscola speranza di non dover più affrontare quel tormento da soli.

Presto a loro si aggiungono anche Bill, Ron, Ginny, Percy e Charlie. Arthur si tiene da parte. Sa che Molly ha bisogno della presenza dei suoi figli adesso, lo vede nei suoi occhi lucidi, nelle mani tremanti che continuano ad accarezzare George e a cercare i volti degli altri.

Quasi in sincrono, poi, alzano la testa verso il cielo notturno, come a voler far arrivare un messaggio a lui, quando passa proprio di lì Fred, dal suo stendardo rosso Weasley, che li saluta allegramente.

   
 
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