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Autore: 365feelings    24/12/2014    2 recensioni
Raccolta di vario genere e vari personaggi; molte percabeth e jasiper perché canon is the way. E anche tante solangelo. Headcanons come se non ci fosse un domani, non posso assicurare che siano sempre fluff. Qualche AU (ok, tante AU) e future!fic.
30. Non c'è fama più grande (Ares/Afrodite)
«Era una semidea» la corregge «Ha dimostrato la sua aretè e ora la sua timè è salva, è scesa nell’Ade serena. Ci saranno altri eroi e conosceranno la sua storia, non c’è fama più grande».
La dea svuota il suo calice. Sa che Ares ha ragione e sa anche di essere una madre distratta e poco presente, ma per Silena (per tutte le sue figlie) ha sempre desiderato di meglio che la morte in battaglia. Una vita lunga, per quanto lunga possa essere quella di un mortale, e felice, sicura. Non è quello che vogliono tutte le madri, che voleva anche Teti?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jason/Piper, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Will Solace
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Autrice: kuma_cla
Titolo: Caffè e numeri di telefono
Personaggi: Nico Di Angelo, Will Solace (Nico/Will)
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: one shot (1101 w), AU
Prompt: CoffeShop!AU
Note: sarò breve brevissima
  • Scritta per la Notte Bianca della community lj maridichallenge.
  • Il Camp Cafè è lo stesso Camp Cafè che ho citato in Bolle di sapone o forse no; in ogni caso gli universi modern AU sono differenti. L’inutilità di questa nota.
  • Il p0rn fest si avvicina, ricordatevi di promptare e/o partecipare.
 
 

Entra con la sola intenzione di ripararsi dall'acquazzone che lo ha sorpreso senza ombrello a metà strada tra la biblioteca universitaria e la sua camera. Ma, mentre maledice tra sé e sé il meteo errato di quella mattina che lo ha fatto uscire convinto di trovare il sole per tutto il giorno, lo sguardo cade sul bancone (un caffè non sarebbe un cattiva idea) e sul ragazzo che vi sta dietro; capelli neri, carnagione chiara, occhi scuri e aria vagamente annoiata (un caffè decisamente non è una cattiva idea).

Passano nove giorni prima che riesca a trovare il coraggio di aggiungere un come stai alla sua ordinazione. Nove giorni di «Ciao, vorrei un macchiato» e libri aperti sul tavolino nell'angolo, sotto la finestra; nove giorni passati ad osservare il ragazzo dietro il bancone invece di studiare. È consapevole che non dovrebbe distrarsi in quel modo, ma è più forte di lui. C’è qualcosa nei suoi occhi scuri e nel modo in cui si muove che lo attira: trascorrerebbe le giornate ad osservarlo.
«Bene» risponde l’altro, laconico.
 
«Ciao, vorrei un macchiato. Come stai?» è la sua frase di apertura da almeno tre settimane.
«Bene» risponde il ragazzo, dandogli le spalle e preparando la sua ordinazione.
«Così non va».
«Come?»
«Così non va. Bene non è una risposta».
«L’ultima volta che ho controllato, mi pareva di sì».
«Se io ti rispondessi bene non sapresti che oggi, ad esempio, ho avuto una buona giornata, ma ho scoperto che mi hanno anticipato la data di un esame».
«Mi dispiace. Tieni».
«Grazie. Quello che intendo è che bene non dice nulla su come una persona stia veramente».
 
«Allora Nico, come va oggi?» esordisce la sera dopo, entrando nel locale avvolto in un piumino giallo che lo protegge magnificamente dal freddo di fine novembre.
«Come sai come mi chiamo?»
«La targhetta» spiega, indicando il rettangolo di plastica viola appuntato sul grembiule arancione «Dicevamo, come va oggi?»
Nico rotea gli occhi prima di voltarsi e preparargli il solito macchiato.
«Bene» si ostina a rispondere e forse, solo forse, c’è un po’ di sarcasmo nella sua voce.
«No, così non ci siamo».
Lo sente sospirare.
«La macchina del caffè si è inceppata tre volte questo pomeriggio. Per il resto bene, contento?»
«Già meglio» commenta, sorridendogli.
 
«Will» gli dice mentre aspetta il solito macchiato «Mi chiamo Will».
Non ottenendo risposta aggiunge: «Non me lo hai mai chiesto».
«Non ce n'è bisogno. A quest’ora il Camp Cafè è quasi sempre vuoto» gli risponde impassibile, porgendogli l’ordinazione.
«Solace» continua, senza perdere il buon umore e prendendo il bicchiere fumante di caffè. È tentato di chiedergli a che ora finisce il turno e se ha voglia di cenare, ma qualcosa gli suggerisce che è troppo presto.
«Eh?»
«Will Solace» si presenta sorridendogli un’altra volta «Nel caso dovesse esserci gente».
 
In quasi tre mesi di serale frequentazione del Camp Cafè, scopre che Nico ha diciannove anni, è iscritto a lettere classiche, è appassionato di Mitomagia e ha una sorella più piccola. Risponde quasi sempre a monosillabi e non sorride mai, nemmeno per sbaglio. E dice macchiato con un perfetto accento italiano.
«Intendi fare qualcosa?» gli chiede un mattino Lou Ellen, raggiungendolo con due bicchieri arancioni e viola.
«A proposito di cosa?» risponde, iniziando a sorseggiare il caffè; perché ha l’impressione che il macchiato che prende alla sera sia più buono di quello del mattino e che questa non sia una buona notizia?
«Di Nico» replica l’amica «Quando ti piace qualcuno tergiversi di meno e agisci di più».
 
Quando quella sera Will arriva, trova il Camp Cafè insolitamente affollato, quasi quanto la mattina alle otto. Nella confusione intuisce che ci sono almeno due comitive distinte e che Nico fatica a gestire tutte le ordinazioni da solo, abituato com’è a servire solo lui o pochi altri avventori.
«Ci sarà da aspettare un po’» gli dice non appena lo raggiunge, sparendo subito sul retro per prendere altre cialde. Quando torna, trova Will intento a registrare nuove ordinazioni e a consegnare quelle già pronte con un sorriso cordiale.
Quasi un’ora dopo sul bancone resta un solo bicchiere arancione e viola, sul fianco un pennarello nero ha segnato il nome Will Solace in caratteri ordinati e spigolosi.
«Sarà freddo, ormai» si scusa Nico, preparandogliene un altro.
 
«Lou Ellen mi ha detto ti sei perdutamente innamorato di un tale Nico che lavora al Camp Cafè» esordisce Cecil sedendosi davanti a lui in biblioteca.
Will sta studiando alcune tavole di anatomia e sobbalza nel sentire l’amico; si guarda attorno nella speranza che nessuno abbia prestato attenzione alle sue parole.
«Tu la discrezione non sai proprio cosa significhi».
«Certo, certo» gli dice «Voglio vederlo».
«Cosa?»
«Voglio vederlo» ripete «Sono quattro mesi che gli giri attorno senza combinare nulla, non puoi continuare così. Soprattutto perché ho in rubrica i numeri di diverse persone, maschi e femmine, che vorrebbero uscire con te e approfondire la tua conoscenza. Non è cortese farli aspettare».
«Non è cortese farli aspettare… Ma cosa…?!»
 
Che andare al Camp Cafè con Cecil durante il turno di Nico non fosse una buona idea, lo aveva capito subito, nel momento stesso in cui l’amico gli aveva espresso l’intenzione di accompagnarlo. Ma non credeva sarebbe stata così disastrosa.
Nico quasi non lo saluta ed torna a richiudersi in se stesso, mentre dal loro tavolino Cecil non fa altro che commentare; vorrebbe ucciderlo.
«Ti piacciono i tipi belli e dannati, adesso? Anche lui mi sembra più da non mi parlare, ho ucciso per molto meno» oppure «Taciturno, eh? Forse speri che ti zittisca lui, eh?» oppure «Fossi in te io adesso andrei lì e gli farei capire che sono interessato a lui. Non so con i ragazzi come funzioni, ma ti assicuro che con le ragazze è una buona tattica» o anche «Certo che se te ne stai qui nell’angolo a sospirare sembri proprio una femminuccia».
 
La sera dopo Will entra con l’intenzione di farsi avanti, ma dietro al bancone addobbato con renne e pupazzi di neve trova un Nico scontroso e meno incline del solito al dialogo.
«Sei arrabbiato?»
«No» risponde seccamente mettendogli in mano il suo macchiato.
«Bene» commenta, cercando il coraggio per compiere il successivo passo. Cosa non facile dato lo sguardo cupo di Nico e il suo timore di rovinare tutto. Alla fine però, dopo essere rimasto per cinque minuti buoni davanti alla cassa senza dire nulla, decide di agire. Appoggia il caffè, prende un tovagliolo di carta e si sporge sul bancone per prendere una penna. Scrive il suo numero di telefono e lo porge ad un incredulo Nico.
Ci vogliono tre giorni prima che l’altro gli scriva, settantadue ore di ho fatto una cazzata, ma Will è anche uno che sa aspettare e quando la mattina del terzo giorno gli arriva un messaggio (un laconico Come va? ma pur sempre un Come va? di Nico) si lascia sfuggire un «Sì!» entusiasta prima di rispondere.
   
 
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