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Autore: genesisandapocalypse    24/12/2014    1 recensioni
"A volte le strade più panoramiche della vita sono le deviazioni che non si aveva intenzione di prendere."
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Imprevisti.

RITORNO.
  

 
A F, ‘ché le poche volte che lo incontro è sempre una gioia,
A L, che quando soffre lui, soffro io,
Ai Green Day, perché fanno musica che spacca, cacchio!
 
Naomi è già davanti a scuola. Scende dalla macchina di Venere e, senza nemmeno salutare quest’ultima, troppo occupata a sistemarsi la gonna della divisa e ad aggiungere un po’ di rosa sulle guance chiare, si incammina velocemente verso la figura di Natasha.
Appena le è a qualche centimetro, si apre in un enorme sorriso bianco e avvolge con le braccia la migliore amica, che la supera di gran lunga in altezza.
«Mi sei mancata, Nat,» dice, e sarà giusto un mese che non la vede, perché la castana è andata in vacanza a Los Angeles, impaccata di soldi com’è, ed è tornata due giorni fa, ma a lei è mancata sul serio, anche se un mese è decisamente poco.
«Ah, anche tu, ‘Omi!» risponde Natasha, sorridendo melensa, prima di staccarsi dall’abbraccio.
«Com’è Los Angeles?» chiede Naomi, sedendosi sul muretto solito e portandosi un ciuffo scappato dalla treccia dietro l’orecchio. A Natasha le si illuminano gli occhi e scopre i denti bianchi con un sorriso.
«Splendida, davvero, è un sogno! – dice, portandosi le mani ai lati delle guance – mi sentivo la protagonista di qualche fiction hollywoodiana – aggiunge, ridacchiando e girando gli occhi nuovamente all’entrata del cortile – dobbiamo andarci insieme, un giorno!»
«Seeh, tra dieci anni, quando mio padre non mi tratterà più come una bambina,» borbotta Naomi, incrociando le braccia.
A volte, Igor, è un po’ troppo protettivo.
«Oh, suvvia, non sarà mica così esagerato, hai diciassette anni, d’altronde!» ribatte Natasha, arricciando il naso e beccandosi un’occhiataccia da Naomi.
«Seriamente? A Lilian ha vietato di andare a Perth – dice lei, alzando gli occhi al cielo – Perth, capisci? Stiamo ancora parlando dell’Australia e Lilian ha ventidue anni!» aggiunge, esasperata, mentre Natasha ridacchia, coprendosi la bocca con la mano sinistra per evitare che la migliore amica gli lanci qualcosa appresso.
«Uhm, d’accordo, allora ne riparleremo quando saremo entrambe diplomate, che ne dici?» borbotta, prima di sorridere alla figura lontana del proprio migliore amico, appena entrato con passo strascicato dal cancello arrugginito.
Naomi, senza nemmeno accorgersene, si sistema la treccia sulla spalla destra, poi si liscia la gonna, accavalla le gambe e infine passa due dita sotto gli occhi per assicurarsi che nessun residuo di mascara sia colato.
Infine sfodera il miglior sorriso al mondo, perché Luke Hemmings si sta avvicinando a loro.
Natasha si butta letteralmente tra le braccia del biondo, venendo stretta con forza, che poi si sono visti il giorno prima, ma ormai vivono uno dell’altro e non possono stare per più di un giorno senza vedersi.
Luke le bacia con forza la fronte, forse per far notare a tutti i ragazzi presenti che Natasha sarà anche semplicemente la sua migliore amica, ma è intoccabile.
Le accarezza un fianco con dolcezza e sorride, come emozionato, appena il profumo di fragola l’avvolge tutto. Che ci può fare, se ama – ovviamente in modo fraterno – Natasha con tutto sé stesso?
Si staccano dopo qualche minuto a tenersi stretti e Natasha sorride a dismisura, sedendosi sul muretto accanto a Naomi, che sta ancora aspettando il suo turno.
«Abbassati un po’ la gonna, tu, che sennò fai arrapare tutti ‘sti depravati! – borbotta Luke, portando le mani ai lati della gonna e tirandola giù di poco, perché odia che Natasha mostri le gambe lunghe e toniche – e non puoi andare in giro con questa scollatura!» aggiunge, allacciando due bottoni in più, anche se la camicia era allacciata abbastanza da coprire tutto. Natasha gli sposta le mani con un misto di fastidio e divertimento, ‘ché Luke è così protettivo, a volte, poi qualche voce profonda dall’altro lato del cortile richiama sonoramente il biondo, che si alza e lancia un’occhiata a tutta – o quasi – la squadra di soccer. Bacia sulla guancia Natasha e dedica un’occhiata a Naomi, prima di andarsene.
Una sola e insignificante occhiata.
La bionda sente gli occhi bruciare e la voglia di spaccare qualcosa, ma stringe i denti, abbassa gli occhi e incrocia le braccia, richiudendosi in un guscio, pregando mentalmente che la sua migliore amica non se ne esca con qualche frase, o con qualunque tipo di parola.
E, per fortuna, Natasha rimane in silenzio.
Quando, due minuti dopo, decide di alzare lo sguardo e puntarlo di fronte a sé, Calum Hood la sta osservando, derisorio.
 
Ashton si porta una mano fra i capelli ricci e sbuffa sonoramente, allungando il passo, che già è in ritardo il primo giorno nella nuova scuola e non gli va di sentire nessuna dannata ramanzina.
Arriva, finalmente, davanti l’aula di letteratura inglese e bussa, perché sua madre gliel’ha urlato contro, che se non si comporta bene, quest’anno, ce le prende di brutto.
Un “avanti” arriva da dentro la porta e lui apre con lentezza, ‘ché un po’ si sente a disagio, in una scuola che non è la sua, con nuove persone e professori con diversi metodi.
Fa un passo dentro e si richiude la porta alle spalle, facendo un timido sorriso alla professoressa, accigliata, che si sistema meglio gli occhiali rettangolari sul naso e imita un sorriso.
«E tu saresti?» chiede, con voce acuta e arcigna, incrociando le braccia sotto il seno. Ashton si gratta la nuca e arriccia il naso.
«Ashton Irwin, signora, e mi scusi  per il ritardo, sono nuovo e n…» la mano della professoressa si alza di scatto, aprendogli un palmo di fronte al viso, stoppando la sua parlantina.
«D’accordo, Ashton, non ho voglia di sentire tutta la storia, sei scusato perché è il primo giorno di scuola, ma che non succeda più – sorride gentilmente, ‘sta volta, facendo sospirare Ashton – e ora accomodati a quel banco vuoto vicino alla finestra, probabilmente Michael Clifford è uscito da casa giusto – si controlla l’orologio d’argento al polso – ora!» Ashton ringrazia, sedendosi sul banco vuoto e poggiando la borsa a tracolla, con il logo dei Blink-182, nella sedia vuota accanto a sé. Da quel che ha capito, un certo Michael Clifford, probabilmente, dovrebbe occuparla, ma tanto di lui non si vede nemmeno l’ombra.
La professoressa spiega qualcosa che, a lui, non interessa minimamente, perché la letteratura non gli è mai andata giù, quindi preferisce girare lo sguardo per la classe indifferente, prima che gli occhi si incollino sulla figura delicata di una ragazza bella quanto letale.
Sa chi è, la vista uscire dalla casa accanto alla sua, e poi è così uguale alla madre che è impossibile non riconoscerla. Venere Miller, la secondogenita dei suoi vicini di casa. Ha già capito che tipo è, da come la sera prima la vedeva sbraitare per il troppo rumore, da come si tiene ritta sulla sedia, scacciando la mano del suo presunto ragazzo, che cerca in tutti i modi di accarezzarle i capelli biondi, da come guarda la professoressa con altezzosità.
Poggia il gomito sinistro sul banco e, di conseguenza, poggia il viso sul pugno chiuso, facendosi scappare un risolino silenzioso alla vista di tanta serietà. Cosa ci trova di bello, nel silenzio, nella perfezione, nella fama, quella lì? Insomma, non che lui abbia mai provato la sensazione dell’essere “famoso” a scuola, cioè, in realtà sì, perché era famoso per essere un casinista o perché aveva problemi ad arrivare a fine mese, almeno fino a che sua madre non ha incontrato Warwick, ed è solo per lui che ora, Ashton, si ritrova a Sydney, ma mai è stato famoso per bellezza, intelligenza o bravura in qualche sport, quindi non crede di poterla capire bene, ma cacchio, non ha senso essere così seri.
Rabbrividisce nell’immaginarsi così, serio, silenzioso, famoso. Pff, non gli si addice proprio, anche se sua madre sarebbe felice.
Senza nemmeno accorgersene, gli occhi affilati di Venere lo stanno trapassando e Ashton sorride divertito, prima di girare lo sguardo, ma semplicemente perché la porta si è aperta di scatto e un ragazzo dall’aspetto stanco poggia le mani sulle ginocchia, respirando a fondo.
«Clifford, aspettavamo proprio te!» borbotta la professoressa, incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo.
«M-mi scu-scusi prof, ma h-ho perso il b-bus,» dice, affannato, alzandosi di scatto e rivolgendo un sorriso leggero alla donna che gli sta di fronte. Poi, senza tentennare, si incammina al suo banco, accomodandosi accanto ad Ashton.
«Ehilà, tu sei il nuovo?» chiede, sorridendo a trentadue denti. Ashton annuisce di poco e sorride a sua volta, ‘ché è il primo che gli rivolge un sorriso, nella scuola.
«Piacere, sono Michael, ma chiamami Casper – dice allungando una mano, che Ashton stringe con forza – che sennò non mi giro!» aggiunge, divertito.
«Ashton Irwin,» dice il riccio, squadrando con sorpresa i capelli bianchi – ovviamente tinti – in una vaga imitazione del cantante dei Green Day, Billie Joe.
Che tipo strambo, si ritrova a pensare.
 
«Stai scherzando, spero! Come cazzo fa a non piacerti Fifa?» urla per il corridoio Michael, facendo ridacchiare Ashton e girare un po’ di teste.
«Semplice, a me non piace proprio il calcio, Casper,» dice il riccio, alzando le spalle, mentre il tinto finge un piagnucolio e singhiozza falsamente.
«Basta, Irwin, la nostra quasi-amicizia finisce qui!» scherza, posandosi con drammaticità una mano sulla fronte, facendo ridere Ashton, che trova Michael così teatrale.
Non pensava che un tipo come lui, tanto strambo sia d’aspetto che di personalità, potesse far ridere così tanto.
Si stanno avviando a mensa, ‘ché hanno avuto anche arte insieme, l’ultima lezione prima del pranzo, e Ashton è così felice che Michael abbia voluto a tutti i costi farci amicizia, mentre gli altri gli hanno a malapena offerto un sorriso.
Michael, però, ad appena un passo dalla mensa, ripiena di ragazzi, si blocca di colpo e sospira, con gli occhi che, magicamente, si sono trasformati in due cuoricini palpitanti.
«Ehm, Casper?» lo richiama Ashton, non capendo il motivo del suo blocco. Michael, però, nemmeno lo sente, perché al solito tavolo a qualche metro dal suo, dove si siede sempre Naomi Miller, si stanzia la figura slanciata di Natasha Wood, la ragazza più bella che lui abbia mai visto.
«Ehilà? Casper, ci sei?» riprova Ashton, scoccandogli due dita di fronte agli occhi e meritandosi uno sguardo confuso.
«Hm? Cosa?» balbetta il tinto, sbattendo più volte le palpebre. Ashton ridacchia, guarda di fronte a loro e forse capisce perché, Michael, s’era incantato.
«È bellina, eh!» commenta, dandogli una pacca sulla spalla, prima che Michael gli lanci un’occhiataccia. Ashton si muove con nonchalance dentro la mensa, ricevendo qualche sguardo confuso o curioso, poi si avvicina al bancone e si fa servire del purè e una sottospecie di bistecca in miniatura. Il tinto è subito dopo di lui e, con decisione, lo guida verso il solito tavolo, prima che Ashton, con un braccio, l’afferri di colpo e lo blocchi, esattamente di fronte a Natasha Wood, che li guarda con curiosità.
Michael sente il cuore battere all’impazzata e le gote colorarsi di un rosso acceso, la gola seccarsi e le gambe tremare, prima di accorgersi che Ashton Irwin sta parlando amabilmente con Naomi Miller.
«E come ti trovi qui, quindi?» chiede Naomi, gentilmente, sorridendo flebile alla figura del riccio, che lancia un’occhiata a Michael.
«Mah, bene dai, poi se trovi ragazzi amichevoli come lui,» e tenendo con una sola mano il vassoio, cinge con il braccio le spalle dell’amico, che arrossisce nuovamente, perché ora Natasha lo sta guardando e sta sorridendo amichevole.
«Uh, sì, ehm…» si passa con nervosismo una mano dietro la nuca, abbassando lo sguardo, mentre sente la risatina di Natasha e si fa scappare un sorrisino leggero.
«Sono felice, Ash – dice Naomi, sorridendo – dai su, che farai amicizia subito, tu!» aggiunge, inforchettando un pezzo di carne e portandoselo alle labbra.
Ashton annuisce e poi saluta entrambe, prima di spingere delicatamente Michael, ancora un po’ imbambolato. Si fermano a un tavolo che Michael gli ha indicato con il dito tremante.
«Diamine, Casper, sei cotto a puntino eh!» scherza Ashton, sedendosi e stappando la bottiglia d’acqua frizzante. Michael si siede e sbuffa, dedicandogli un’occhiata arcigna, ma non fa in tempo a ribattere che le altre due sedie strusciano con forza e un ragazzo e una ragazza dalla pelle ambrata si accomodano.
«Ehi, Casper!» dice la ragazza con un forte accento ispanico, dando un sonoro bacio sulla guancia pallida del nominato, poco prima che la sberla del ragazzo becchi la spalla del tinto.
«Ehi, come è andato il primo giorno qui?» chiede Michael, rilassandosi un poco, mentre Ashton osserva con attenzione i due ragazzi che si assomigliano vagamente.
«Dai, è andato bene, un po’ pesante ma bene!» borbotta la mora, prima di girare gli occhi verso il riccio, che sorride gentilmente.
«Ah, giusto, ragazzi, lui è Ashton, è nuovo – dice Michael, dando una pacca sulla spalla del riccio, che fa un cenno con la mano – Ashton, loro sono Calum e Genesis.»
Gli sorridono entrambi e poi, in modo così tranquillo che nemmeno se ne accorge, stanno scherzando rumorosamente, come vecchi amici.
 
Genesis lo trova simpatico, ad Ashton. Abituata come non mai ad essere circondata sempre e solo da Calum e Michael, è strano, per lei, ritrovarsi a parlare con uno nuovo.
È un ragazzo gentile, simpatico e confusionario, forse un po’ troppo.
Non fa che parlare, sparare battute e ridere. Ha una risata così adorabile e coinvolgente, che anche se ride per una battuta triste, una di quelle che solitamente fa Michael, alla fine ridono sia lei che Calum.
«Dai su, spiegatemi un po’ come funziona ‘sta scuola!» dice il riccio, poi, agguantando la bottiglia d’acqua e bevendone un sorso.
Michael sospira, poi guarda Calum, che alza le spalle divertito, prima di iniziare a parlare.
«Quelli lì – e indica il tavolo più grosso, al centro della mensa, pieno zeppo di ragazzi grossi e palestrati e ragazze strette in tute striminzite – è il tavolo dei giocatori di rugby, definiti i più fighi e ‘ste cose qui, condiviso con le cheerleader,» e Ashton riesce a scorgere la figura di Venere Miller, lì in mezzo, composta accanto al probabile ragazzo, un gigante dallo sguardo poco sveglio.
Venere è così seria, persino quando il gruppo esplode in risatine, che quasi non sembra umana, a parere di Ashton.
La vede osservare i componenti del suo tavolo con quella che sembra indifferenza, però la nota quella sfumatura di ribrezzo, sul fondo, che fa sembrare gli occhi più scuri di quel che sono.
Se lo chiede perché, se non prova né amicizia né amore per qualcuno lì in mezzo, ci stia ancora. Poi però si ricorda che, chi vuole la fama, si scorda dei sentimenti.
«Lì, invece, ci sono i giocatori di soccer, allo stesso livello dei rugbisti, sì, ma fanno sempre meno campionati, perché da queste parti il rugby è più considerato – e sono giusto a un tavolo più in là, sempre grosso e sempre ripieno di bamboline niente male, secondo Ashton, che sorride leggermente, perché forse iniziare a farsi piacere il calcio non sarebbe male – ci dovrebbe essere anche Calum, lì in mezzo, ma lui odia quella gente,» continua Michael, osservando l’amico moro che alza le spalle indifferente.
«E come mai?» chiede Ashton curioso, osservando lo scozzese, che non lo avrebbe mai immaginato come giocatore di soccer, tanto mingherlino che sembra.
«Sono dei mentecatti, trattano le ragazze come niente e, poi, odio Luke Hemmings con tutto me stesso e già vederlo agli allenamenti mi basta,» borbotta, senza degnarsi di abbassare un minimo la voce, ‘ché tanto tutti sanno dell’odio primordiale tra Luke Hemmings e Calum Hood.
«Chi, scusa?» chiede Genesis, osservando quella squadra di fusti, con probabile mancanza di cervello. Calum indica con un cenno del capo il biondo, che ha ai lati due gallinelle e che si sta passando con nonchalance una mano fra i capelli biondi.
«E perché lo odi?» chiede Ashton, subito dopo, perché, anche se maschio, a lui il gossip piace da morire.
«Perché è un coglione, semplice,» borbotta, osservando come il biondo, dall’altra parte della mensa, passi una mano con lussuria sulla coscia scoperta dell’amica da compagniaaccanto.
Affina lo sguardo e gli viene da vomitare, a pensare di conoscere uno come a lui. Lo vede avvicinarsi con velocità al volto della brunetta e parlarle a una distanza micragnosa, poi, come se richiamato, si ritrova ad alzare gli occhi verso il moro.
E ci scappa l’occhiata più combattiva tra tutte.
Fuoco contro ghiaccio, nessuno sa dire chi brucia di più.
Luke ghigna divertito, prima di fare l’occhiolino a Calum e girarsi completamente verso la bruna accanto a lui, senza distogliere lo sguardo dalla nemesi, perché si diverte a vedere le sue smorfie schifate.
Calum sembra ringhiargli contro, mentre le narici si allargano leggermente e gli occhi si affinano ancora di più. Tutto, di lui, sembra gridare il suo fastidio.
Vede Hemmings poggiare le labbra su quelle laccate di rosso della ragazza, in modo tanto volgare da far venire da vomitare persino ad Ashton, che un santo non lo è mai stato, però Calum non ha nessuna intenzione di abbassare lo sguardo da quello divertito del biondo e si ritrova costretto a farlo solo perché, a qualche tavolo di distanza, Naomi Miller si è alzata di scatto e sta attraversando con furia la mensa.
Calum scuote la testa lentamente e lancia l’ultima occhiata di ribrezzo al biondo di fronte a lui, che sta ridendo come un pazzo, perché adora, Luke, le uscite di scena melodrammatiche.

 
***
 Ehilà,
come va?
Allora, iniziamo con una BUONA VIGILIA DI NATALE a tutti, pensavo di non riuscire ad aggiornare e invece ce l’ho fatta.
Beh, cosa ne dite del capitolo?
Adoro la piccola parte tra Luke e Natasha, perché la loro amicizia mi sta molto a cuore.
Qui ho dato tanto spazio ad Ashton.
Poi il nostro Michael è bello cotto, eh?!
E Calum è un giocatore di soccer, ma odia la squadra e, soprattutto, odia Luke Hemmings.
Poi, magari, si capirà anche il perché.
Bah, non so che altro dirvi, solo, fatemi sapere cosa ne pensate.
Bye bye,

Judith.
  
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