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Autore: _Trilly_    24/12/2014    6 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Allora? Che ne pensi, papà?” La colazione era da poco iniziata a casa Galindo e mentre Angie rileggeva distrattamente alcuni spartiti che voleva proporre quel giorno ai ragazzi allo Studio, Marco mostrava a Pablo gli argomenti che lui e la sua squadra avevano ripassato per le imminenti olimpiadi di matematica. “Secondo te dobbiamo ripetere anche questi?” Continuò il giovane Galindo, porgendogli una serie di fogli pieni di note, che l'uomo analizzò, interessato. In passato anche lui come suo figlio aveva partecipato e vinto diverse volte quel torneo ed era disponibilissimo a dare consigli e suggerimenti. “Questo lo farei, quest'altro invece no, non è molto quotato di solito.” Marco annuì, prendendo nota concorde. “Hai ragione papà, penso proprio che faremo così. Dopo chiamo Ana e la informo dei cambiamenti.”
Proprio in quel momento giunse in cucina anche Diego, già vestito e pettinato di tutto punto mentre teneva poggiata sul braccio destro la sua amata giacca di pelle. “Buongiorno a tutti,” sorrise, prendendo posto dall'altro lato di Pablo. “Ti vedo allegro stamattina,” notò la Saramego, guardando con curiosità il maggiore dei suoi figli, cosa che a quelle parole fecero anche Pablo e Marco. “Si, è così,” confermò il ragazzo, addentando con gusto un croissant alla crema. “Oggi è proprio una bella giornata.”
“Mi fa piacere che sia così,” sorrise Angie, poggiandogli una mano sulla spalla. “Anche perché oggi volevo proprio ascoltare la canzone che dovevi arrangiare.” A quelle parole Diego sbiancò paurosamente, particolare che non sfuggì a nessuno dei presenti. “Tutto bene?” Chiese Pablo, preoccupato. “Qualche problema con la canzone?” Il giovane scosse la testa, sforzandosi di apparire calmo e disinvolto. “Oh no, credo sia venuta piuttosto bene.”
“Allora perché quella faccia?” Ribattè la bionda, fissandolo scettica. “Sembra che hai appena ingoiato un limone.” Pablo ridacchiò. “Sono d'accordo con tua madre, hai cambiato completamente espressione.” Diego deglutì, mollando il croissant nel piatto e bevendo un sorso di succo d'arancia. Era inutile mentire, tanto prima o poi sarebbero venuti in ogni caso a saperlo e poi ne aveva abbastanza di inventare scuse assurde per vedere Francesca. “Oggi non vengo allo Studio, la canzone te la faccio sentire domani,” disse perciò ad Angie, lasciandola a bocca aperta. “Come? E perché mai? Che devi fare?”
“Non ti sarai messo in qualche guaio,” aggiunse Pablo, abbandonando la colazione e gli appunti di Marco per rivolgere completa attenzione al maggiore dei suoi figli. “Parla, ora.” Persino il più giovane dei Galindo si ritrovò a fissare il fratello, anche se apparentemente disinteressato. Con quelle tre paia di occhi puntati addosso, Diego non potè più prendere tempo e perciò mormorò: “Non ho combinato nessun guaio, se oggi sarò assente è perché passo la mattinata con la mia ragazza.” Come aveva previsto, quelle parole lasciarono a bocca aperta ogni singolo membro della sua famiglia. “E da quando hai una ragazza? Perché non ne sapevo nulla?” Chiese Angie, la prima che riuscì a riprendersi dallo shock di quelle parole. Suo figlio aveva frequentato tantissime ragazze, ma mai aveva fatto intendere di voler avere una storia seria, ne tantomeno in quel periodo. Era convinta infatti che Diego si fosse innamorato di Francesca, come poteva quindi aver cambiato così rapidamente il suo interesse? Si era persa qualcosa?
Marco aveva più o meno la stessa faccia sconvolta della madre e allo stesso tempo, si stava accendendo in lui la speranza che suo fratello avesse perso interesse per la Cauviglia e che quindi avesse ancora la possibilità di riconquistarla. Pablo, a differenza di moglie e figlio, sembrava aver già capito dato che si era fatto di colpo serio. “Da quanto tempo?” La domanda di Galindo senior risuonò più volte nelle orecchie dei presenti, che non poterono fare a meno di fissarlo, stupiti. Diego sospirò, passandosi nervosamente una mano nei capelli. Come aveva previsto, suo padre aveva capito tutto. “Una settimana.”
Dovettero trascorrere ancora diversi secondi affinché anche Angie e Marco capissero la verità. Il ragazzo lesse la comprensione nei loro occhi e quindi si decise a rischiare il tutto e per tutto, confessando il suo segreto. “Si, è vero. Io e Francesca stiamo insieme.”
“CHE COSA?” Esclamò Angie, scattando in piedi e battendo le mani sul tavolo, facendo sussultare tutti i presenti. “Tu e Francesca, insieme?” Il ragazzo annuì. “Abbiamo provato a stare lontani, ma non ci siamo riusciti.”
Marco rise, incredulo. “E ovviamente non vedevi l'ora di sbattermelo in faccia, vero? Mi hai rubato la ragazza! Sei un essere disgustoso!” Fece per fiondarsi verso il fratello, ma Pablo, il più lucido dei presenti, si frappose tra i due prendendo per le spalle il minore. “In casa mia non tollero violenza, sedetevi,” ordinò, fulminandoli con lo sguardo. Seppur indispettito, Marco obbedì. “Ti rendi conto di quello che sta facendo?” Sbottò in ogni caso, mentre Diego lo fissava impassibile e Angie era ancora sotto shock. “La mia ragazza...”
“Se l'avessi amata tanto, non le avresti raccontato del mio piano con il solo proposito di ferirla,” lo interruppe il maggiore dei Galindo, visibilmente stizzito. “L'unica cosa che ti interessava era la vendetta, questo non è amore.” A quelle parole l'altro si aprì in un sorrisetto sprezzante. “è da quando sei così esperto in amore? Hai sempre considerato le ragazze come degli oggetti.” Diego annuì, per nulla colpito da quelle parole, in fondo non erano altro che la verità. “è vero,” confermò, lasciandolo a bocca aperta. “Questo prima di conoscere Francesca e innamorarmi di lei. Si, io la amo.” Un lampo gli attraversò lo sguardo quando ammise i sentimenti che provava per l'italiana, cosa che non sfuggì a nessuno dei presenti. “Diego.” Angie fece per avvicinarsi, ma lui scosse la testa affrettandosi ad indossare la giacca. “Ho bisogno di stare da solo.” I coniugi Galindo si limitarono a dargli il loro consenso con un cenno del capo senza aggiungere altro, cosa che indispettì non poco Marco. “Lo lasciate andare via così? Vi rendete conto di quanto è disgustoso e irrispettoso?” Urlò il ragazzo, agitando le braccia come a voler dare più enfasi alle sue parole. “Quel bastardo mi ha rubato la ragazza e voi non fate nulla? Ma c...”
“STAI ZITTO, MARCO, DACCI UN TAGLIO!” Sia Angie che Marco guardarono Pablo a bocca aperta. Era raro che un uomo controllato come lui alzasse la voce e perciò ogni volta se ne sorprendevano. Incurante di ciò, Galindo senior iniziò a camminare avanti e indietro per la cucina, scompigliandosi nervosamente i capelli. “Non ne posso più di te e di Diego. Io e tua madre abbiamo fatto di tutto per farvi chiarire e non è servito a niente, ora tocca a voi.” Con quelle parole l'uomo se ne andò, mollando madre e figlio da soli in cucina. “Anche tu la pensi così?” Angie guardò Marco per istanti che parvero lunghi minuti, poi annuì. “Diego ha sbagliato, ma anche tu hai le tue colpe e...e in fondo anche io e tuo padre,” continuò, rivolgendosi più a se stessa che al moro, prendendosi il volto tra le mani e strofinandolo con vigore. “Siete entrambi miei figli e non dovrei difendere l'uno o l'altro, ma aiutarvi a chiarire. Sto sbagliando tutto.” Si avvicinò a Marco e spiazzandolo a dir poco, lo stritolò in un forte abbraccio. “Tu e Diego siete la mia vita e non potrei vivere senza di voi. Non troverò pace finché non tornerete uniti come lo eravate da piccoli.”
Le parole di Angie erano così dolci, così malinconiche, eppure mentre la abbracciava il ragazzo si rendeva conto di non provare assolutamente nulla, se non fastidio. Amava sua madre e per lei avrebbe fatto di tutto, ma quello che gli chiedeva era a dir poco impossibile. Lui odiava Diego, lo odiava con tutto se stesso e dopo aver saputo di lui e Francesca quell'odio era cresciuto a dismisura, diffondendosi nel suo sangue come il più tossico dei veleni. Si sarebbe vendicato, in un modo o nell'altro Diego avrebbe pagato tutto con gli interessi e la Cauviglia sarebbe stata di nuovo sua, non aveva alcun dubbio.



“Accidenti,” borbottò Diego, sedendosi sugli ultimi gradini della scalinata del palazzo di Francesca, prendendosi il volto tra le mani. Nella cucina di casa sua aveva ostentato rabbia e sicurezza, cose che in realtà non provava per niente. Da quando era uscito dal carcere e aveva trovato l'ostile accoglienza di Marco, si era formata in lui la convinzione di non meritare di essere trattato in quel modo e che quindi dovesse vendicarsi, ma a poco a poco quelle sue convinzioni stavano iniziando a scricchiolare. Sia Pablo che Angie, anche se in maniera diversa, avevano provato a fargli aprire gli occhi ma lui imperterrito aveva continuato per la sua strada, almeno fino a quella lite a colazione. Le parole di Marco, il modo in cui lui, suo padre e sua madre lo avevano guardato, tutto lo aveva portato a guardare la vicenda da un'altra prospettiva. Lui e Marco erano fratelli, avrebbero dovuto volersi bene, aiutarsi, sostenersi e invece si erano sempre e solo fatti la guerra. Improvvisi flash dell'infanzia e dell'adolescenza gli attraversarono la mente, confermando quel pensiero di cui stava iniziando a convincersi sempre di più. Da che ricordava aveva sempre deriso e umiliato suo fratello, era stato crudele, spietato e lui non lo meritava. Cosa aveva mai fatto di male Marco per essere trattato in quella maniera? A mente lucida si rendeva conto che se ora fossero in quella situazione era per colpa sua e della sua gelosia. Ebbene si, Diego aveva sviluppato quella sorta di ostilità e intolleranza per suo fratello perché era geloso, geloso del suo essere così perfetto. Marco era quello dolce e tranquillo, quello che sua madre tempestava di lodi e baci, quello che suo padre faceva sedere sulle sue ginocchia a guardare la tv, quello che sua nonna Angelica riempiva di caramelle quando l'andavano a trovare e poi era il cugino preferito di Violetta. Tutti avevano sempre preferito Marco a lui, familiari, amici, insegnanti e ciò aveva a poco a poco accresciuto la sua gelosia, tramutandola in odio. Quasi senza rendersene conto, il suo carattere già di per se ribelle si era indurito e aveva tirato fuori il peggio di se. Inizialmente si era limitato a burlarsi di suo fratello con prese in giro e atti violenti, poi tali atteggiamenti li aveva adottati con tutti quelli che ai suoi occhi apparivano troppo perfetti. Da lì la strada per diventare un bullo era stata breve e quando aveva conosciuto Leon, messo decisamente peggio di lui, la situazione era addirittura peggiorata. Diego era cambiato radicalmente, era diventato strafottente, violento, brusco, crudele, senza scrupoli e aveva manipolato tante persone per i suoi interessi. Quante ragazze aveva ferito e illuso solo per portarle a letto, quanti ragazzi aveva picchiato solo perché avevano osato incrociare il suo sguardo e poi c'era Marco e quella gelosia che mai lo aveva abbandonato. Era riuscito a strappargli Violetta, che aveva iniziato a preferire lui, ma tutti gli altri prediligevano ancora suo fratello e non riusciva proprio ad accettarlo, tanto che aveva continuato ad infierire su di lui. Una volta uscito dal carcere pensava di aver superato i suoi problemi, di poter rimediare ai suoi sbagli, ma Marco lo aveva accolto con rabbia e ostilità, dimostrando quanto in sua assenza fosse riuscito a crescere e maturare. Egocentrico com'era, Diego si era convinto di essere lui quello nel giusto e che dovesse rimettere il ragazzo al suo posto, niente di più sbagliato. Dopo tutto quello che aveva fatto passare a Marco, era più che giusto che non si fidasse e che gli fosse tanto ostile. Lui lo aveva ferito, umiliato e nel peggior modo possibile. Il colpo di grazia glielo aveva inflitto quando gli aveva rubato la ragazza. La sua gelosia lo aveva portato a distruggere ogni tipo di legame con suo fratello e mai come in quel momento aveva provato più disgusto per se stesso. Quale fratello si comportava in quella maniera? Senza nemmeno rendersene conto, alcune lacrime presero a scorrergli lungo le guance. Assurdo, lui che mai aveva pianto, in quel momento lo stava facendo e non riusciva a fermarsi. Aveva ragione Marco, era solo un egoista, un essere disgustoso che non meritava nulla. Avrebbe dovuto lasciare in pace Francesca, lei era così dolce e innocente e meritava un bravo ragazzo come suo fratello, loro due erano perfetti insieme. Se solo non si fosse intromesso tra di loro, se solo...
“Diego.” Una confusa Francesca scese gli ultimi gradini che la separavano dal ragazzo, per poi sedersi accanto a lui. “Perchè non mi hai avvisato che eri già arrivato? Sarei...Oh Dio, ma tu stai piangendo,” aggiunse preoccupata, togliendogli le mani dal volto così da poterlo guardare negli occhi. Diego scosse la testa, affrettandosi ad asciugarsi le lacrime. Mai avrebbe voluto che lei lo vedesse in quello stato. “Sto bene, davvero.” Fece per alzarsi, ma la ragazza lo bloccò. “Non ci credo, è di sicuro successo qualcosa. Guardami.” Lui ruotò gli occhi, poi si decise a specchiarsi nei profondi occhi nocciola di Francesca e ciò che vi lesse lo fece sentire ancora peggio. In essi c'era apprensione, agitazione, nervosismo, ma anche amore, amore per lui. Come poteva una come lei amare uno come lui? Lei poteva avere molto di più, eppure era lì e sembrava non avere alcuna intenzione di andare via. “Allora,” riprese Francesca, sfiorandogli una guancia con una leggera carezza. “Me lo dici che ti succede?”
“Sono un essere disgustoso,” sbottò Diego, stringendo forte i pugni e facendola accigliare. “Non capisco.” Lui allora si affrettò a raccontarle della lite con Marco e dei pensieri che ciò gli aveva suscitato. “Ho rubato la ragazza a mio fratello, ti rendi conto? Mi vergogno di me stesso.” Si alzò poi in piedi e uscì dal palazzo, seguito prontamente da Francesca. In effetti lei era sicura che prima o poi avrebbero avuto quella conversazione, anche perché era impossibile che Diego non ci tenesse nemmeno un po' a Marco e ora ne aveva la conferma. Potevano esserci liti, incomprensioni, ostilità, ma il legame fraterno era indistruttibile e valeva anche per loro due. Raggiunse il ragazzo accanto alle cassette della posta, dove si era bloccato come una statua di pietra. “è tutta colpa mia, io ho distrutto il nostro rapporto,” continuò, avendo chiaramente avvertito i passi della mora alle sue spalle. “Come ho potuto essere così lurido ed egoista?” Francesca non disse nulla, limitandosi ad affiancarlo e a poggiargli una mano sul braccio. Avrebbe voluto abbracciarlo, rassicurarlo, ma aveva paura. Diego non si era mai aperto tanto con lei e per quello temeva di dire qualcosa di sbagliato o di risultare invadente. Lui in ogni caso continuò a dire frasi più o meno sconnesse, lanciandole delle occhiate ogni tanto e Francesca, prendendo coraggio lo abbracciò. Si aspettava che la respingesse o che restasse rigido, ma non accadde nulla di tutto ciò dato che lui ricambiò subito quella stretta, quasi ne dipendesse la sua vita. “Io non ti merito, dovresti stare con Marco e...”
“Io non dovrei fare proprio niente!” Sbottò la mora, stringendolo più forte a se. “Capisco i tuoi sensi di colpa, li ho anch'io, ma non ho più intenzione di sacrificarmi.” Sciolse l'abbraccio, così da poterlo guardare negli occhi e aggiunse: “Io ti amo, ma non ti chiederei mai di scegliere tra me e Marco. Sappi però che anche se deciderai di chiudere con me, io non tornerò mai con lui.” Diego annuì, accostando la fronte alla sua. “Anch'io ti amo ed è proprio questo il problema. Il senso di colpa mi divora, ma non riesco a starti lontano.”
“Allora non farlo,” sussurrò lei, mentre il ragazzo si attorcigliava una ciocca dei suoi capelli intorno all'indice. “Ci abbiamo provato a stare lontani e non è servito a nulla. I problemi che hai con Marco non hanno nulla a che vedere con noi due.”
“E quindi che dovremmo fare?” Chiese Diego, ancora visibilmente scettico. Lei scrollò le spalle. “Non sta a me deciderlo, ma a te.” Detto ciò si incamminò lungo il marciapiede con le braccia conserte. Lo amava con tutta se stessa, ma capiva i suoi dubbi, d'altronde si stava parlando di suo fratello e non poteva essere egoista. I problemi tra i due Galindo non erano iniziati per colpa sua, ma era anche vero che la loro relazione aveva peggiorato le cose. “Fran.” Il ragazzo le prese il polso, costringendola a voltarsi verso di lui. “Hai ragione, io e Marco abbiamo problemi da sempre, quello che c'è tra me e te non c'entra nulla.”
“E la conclusione qual è?” Chiese lei, addentandosi nervosamente l'interno della guancia. Diego a sorpresa sorrise, prendendole una mano e stringendola con la sua. “Se sto iniziando a capire i miei sbagli, è solo grazie a te. Tu mi rendi migliore e se ti lasciassi andare commetterei il più grande sbaglio della mia vita. Ti amo, Francesca.” Emozionata, la ragazza si gettò tra le sue braccia. “Ti amo anch'io, scemo,” soffiò al suo orecchio, prima di coinvolgerlo in un lungo bacio. “E ora andiamo, ci aspetta un'intensa giornata,” sorrise la ragazza, prendendolo per mano e conducendolo per le strade della città. “Dove stiamo andando?” Chiese lui, confuso. “Ho lasciato la moto sotto casa tua.”
“Lo so,” annuì lei. “Ma per il posto dove stiamo andando non ci serve.” Diego si fermò di colpo, obbligandola a fare lo stesso. “Che posto?” Le chiese, curioso. Francesca sorrise sibillina. “Non te lo dico, è una sorpresa.” Gli allacciò poi le braccia al collo e aggiunse: “Il mio compito oggi è risollevarti il morale e non mi fermerò finché non ci sarò riuscita.” Il ragazzo sogghignò, facendo sfiorare le loro labbra. “Mmm...è una minaccia per caso?”
“Potrebbe,” ribatté lei divertita, schioccandogli un bacio sulla guancia. “Seguimi e lo scoprirai.” Lui non se lo fece ripetere due volte, circondandole le spalle con un braccio e procedendo al suo fianco, curioso, ma soprattutto profondamente affascinato da come quella ragazza riuscisse a comprenderlo e a farlo sentire meglio. Forse in fondo una predisposizione per l'amore ce l'aveva anche lui.



“Tutto chiaro, Leon?” Chiese allegramente Beto, colpendo il ragazzo con una pacca così forte da rischiare di slogargli una spalla. “Si, certo,” annuì lui, massaggiandosi la zona lesa con una smorfia di dolore. Sin dalle audizioni aveva capito che l'uomo fosse un tipo strano, ma ogni volta che ci aveva a che fare, ora che gli faceva da aiutante ancora di più, restava comunque spiazzato dalle sue stramberie. Beto combinava tantissimi disastri, spesso parlava delle cose più assurde e sembrava vivere in un mondo tutto suo, ma durante le sue lezioni aveva anche dimostrato di essere un autentico genio. Il cosiddetto genio oltre la follia e in un certo senso lo stimava parecchio, peccato che nello spiegare come montare e smontare strumenti non fosse molto chiaro, ma decise lo stesso di annuire, tanto non poteva essere così difficile.
“Fantastico!” Esclamò Benvenuto, battendo forte le mani e saltellando sul posto, finendo inevitabilmente per urtare una chitarra. Fortuna che Leon ebbe i riflessi pronti e la afferrò un istante prima che si schiantasse al suolo. “Oh cielo! Fortuna che ci sei tu, Leon,” sorrise ancora Beto, abbracciandolo di slancio. “Sei proprio un bravo ragazzo.” Il giovane non potè fare a meno di scuotere la testa e ridacchiare, incredulo. Nessuno lo aveva mai definito un bravo ragazzo, lui era sempre stato tutto tranne quello, ma dallo strambo insegnante ci si doveva aspettare quello e molto altro. La lussazione di una spalla e le improvvise dimostrazioni di affetto, ovviamente facevano parte del pacchetto. Appena Beto se ne fu andato per andare a comprare ciambelle o qualcosa di simile, Leon riprese a sistemare gli strumenti come meglio poteva. Così concentrato nel suo lavoro, non si accorse di Violetta ferma sul ciglio della porta che lo osservava con un dolce sorriso. Sarebbe rimasta ore a fissarlo, lui aveva quel particolare modo di corrugare la fronte e di passarsi la lingua sulle labbra quando era molto impegnato in qualcosa e ciò lo rendeva ancora più bello. Quando lo vide dirigersi verso lo stanzino degli strumenti, lo seguì facendo attenzione a non fare rumore. “Chi sono?” Chiese divertita, sollevandosi sulle punte dei piedi e coprendogli gli occhi con le mani. Leon ridacchiò, poggiando le mani sulle sue. “Mmm...vediamo. Mani morbide e profumate, vocina dolce e sexy e...” Spostò le mani fino a poggiarle sui suoi fianchi. “Ah, qui abbiamo anche un bel corpicino. Bè, allora è facile...la mia Vilu,” sorrise, voltandosi verso di lei e lasciandole un bacio a fior di labbra. “Credevo fossi a lezione con tua zia Angie.” Violetta annuì, allacciandogli le braccia al collo e facendo sfiorare i loro nasi. “Abbiamo finito prima e così sono venuta a trovarti. Come va il lavoro?” Chiese, guardandosi intorno con curiosità. Lo stanzino era ancora piuttosto disordinato, però già iniziava ad intravedere un minimo di organizzazione, cosa che a Beto era sempre mancata. Leon scrollò le spalle. “Quell'uomo è un folle, ma è una brava persona. Non posso lamentarmi.” Violetta scoppiò a ridere, sedendosi su un grosso scatolone. “E non hai visto ancora nulla. Beto è capace di tutto. Dovresti vederlo quando passa il camioncino dei gelati o quando inciampa sui cavi delle casse. Il povero zio Pablo non sa più a quale santo rivolgersi per tenerlo buono.” Il giovane si unì alle sue risate, sedendosi accanto a lei. In effetti non faceva molta fatica ad immaginarsi Beto in determinate situazioni e quasi provava pena per Galindo e gli altri professori, costretti a doversi confrontare continuamente con le sue stramberie. “Solo un tipo del genere poteva definirmi un bravo ragazzo,” commentò divertito, incrementando le risate di Violetta. “Un bravo ragazzo? Tu? Con questa, Beto si è superato.” Gli scompigliò poi teneramente i capelli, continuando a ridere. “Senza offesa, ma dire che tu sei un bravo ragazzo è come dire che mia nonna è di larghe vedute.”
“Ma sentitela,” sbottò Leon, fingendosi offeso. “Tu dovresti difendermi e dirmi che sono buono come un angelo e invece sai solo disprezzare.” Di tutta risposta, la giovane rise incredula. “Buono come un angelo? Nemmeno quando dormi lo sei, Leon Vargas. So per certo che fai dei sogni pervertiti.” Vargas scoppiò a ridere, accostando poi le labbra al suo orecchio. “Non lo nego, i miei sogni sono molto pervertiti e indovina chi è la mia partner?” Soffiò maliziosamente, facendola avvampare. “Tu sei cos...”
“Smettila, non aggiungere altro!” Sbottò la ragazza, dandogli uno scappellotto dietro la nuca, facendolo ridacchiare. “Hai un solo pensiero in testa.”
“Sei tu che hai tirato in ballo l'argomento, cara Vilu e ti dico subito perché.” Le sollevò il mento, così da specchiarsi nei suoi occhi castani. “Sei pazza di me e non puoi fare a meno di immaginarci in quell'ambito,” la provocò, beccandosi un altro schiaffo. “Ma quanto sei volgare, non hai nemmeno un po' di tatto.” Si alzò in piedi con la chiara intenzione di uscire dallo stanzino, ma Leon le prese il polso, costringendola a voltarsi. “Dai Amore, scherzavo.” Lei si accigliò, incrociando le braccia al petto. “Non si direbbe.”
“Sarebbe peggio se parlassi di un'altra, no?” Violetta scosse la testa, divertita. “Come devo fare con te, come?” Lui si limitò a sorridere, attirandola a se e facendo combaciare le loro fronti. “Lo sai che ti adoro, Violetta Castillo. Per me esisti solo tu.” La giovane sorrise emozionata, sfiorandogli una guancia con una leggera carezza. “Oh Leon, lo stesso vale per me.” Lo baciò con passione e lui corrispose prontamente, stringendola forte a se. Continuando a baciarla, Leon chiuse la porta dello stanzino con un piede. Sia mai che a qualche scocciatore fosse venuto in mente di entrare lì dentro. Lui e Violetta si meritavano un momento tutto per loro. Indietreggiò fino a sedersi sullo scatolone, facendo poi accomodare la ragazza sulle sue gambe, mentre il loro bacio si faceva sempre più profondo e appassionato. Le mani scorrevano lungo la sua schiena, quelle della ragazza invece si intrecciarono nei suoi capelli. Ai baci alternarono dei piccoli morsi, ma nemmeno per un attimo staccarono le loro labbra. Erano troppo dipendenti l'uno dall'altra per farlo. Quando però iniziò a mancargli il fiato, Leon scese a lasciarle una lunga scia di baci sul collo, che la portarono a socchiudere gli occhi e a sospirare. “Leon, non fermarti.” Lui sorrise, scostandole di poco la maglietta, così da poter continuare la sua opera sulla spalla sinistra.
“Vilu, sei qui dentro?”
I due sobbalzarono letteralmente al suono di quella voce e si affrettarono ad alzarsi, imbarazzati. Un istante dopo, Camilla aprì la porta dello stanzino. “Vilu, io...” Quando notò anche Leon, avvampò di colpo. “Oh, ehm...scusate. Non sapevo che...”
“Tranquilla Cami, non preoccuparti,” la rassicurò Violetta, andandole incontro. “è successo qualcosa?” La rossa scosse la testa, ancora visibilmente a disagio per aver interrotto lei e Leon. “Hai dimenticato questa nell'aula di canto,” spiegò, porgendole una busta giallo canarino. “Ho lezione con Jackie tra dieci minuti e non sapevo dove lasciartela, ho pensato che fosse importante.” Violetta impallidì quando riconobbe la busta e per quello si affrettò a stringerla forte a se. “Grazie Cami, l'avevo completamente dimenticata.” L'altra annuì, divertita. “Lo avevo pensato. Ora vi lascio alla vostra intimità,” proseguì guardando anche Leon, che si limitò a strizzarle l'occhio.
“Cos'è quella busta?” Chiese curioso, un attimo dopo che la Torres si fu chiusa la porta alle spalle. Violetta sospirò, aprendo poi la busta e tirando fuori un album rilegato con un pregiato tessuto rosa confetto. Era l'album di nozze di German e Maria. Anche se non lo aveva mai visto, a Leon bastò una mezza occhiata per capirlo. “Sentivo il bisogno di averlo con me e così me lo sono portato dietro,” spiegò la ragazza, iniziando a sfogliarlo in maniera lenta e distratta. “Più guardo queste foto e più mi sembra di avvicinarmi a loro.” Silenziosamente, Leon la raggiunse e prese a guardare le foto oltre le sue spalle. Nessuno più di lui sapeva quanto Violetta avesse sofferto per la morte dei suoi genitori. L'aveva conosciuta proprio pochi mesi dopo e ricordava di aver pensato di trovarsi di fronte una ragazza devastata, priva di vita e di speranza. A modo loro lui e Diego l'avevano aiutata a ricominciare a vivere, ma nonostante tutto, l'ombra che aveva visto nel suo sguardo quando il maggiore dei Galindo li aveva presentati, non era mai sparita, era sempre lì nascosta dietro un sorriso o uno sguardo dolce. La perdita di un genitore provocava una ferita profonda e lui che aveva perso sua madre lo sapeva bene, ma la Castillo li aveva persi addirittura entrambi e in un'età in cui era pienamente cosciente, perciò poteva solo immaginare l'immenso vuoto che si portava dietro. Faceva tutto il possibile per amarla e per renderla felice, ma si rendeva conto che nemmeno lui poteva colmare il vuoto lasciato da German e Maria. Violetta si sarebbe portata quella ferita per tutta la vita e l'unica cosa che lui poteva fare, era starle accanto e restituirle quel sorriso che i brutti pensieri ogni volta le strappavano via. Convinto di ciò, le circondò la vita e poggiò il capo sulla sua spalla. La ragazza che amava non avrebbe più subito un dolore così grande, avrebbe fatto di tutto per evitarlo, era una promessa. Leon impiegò diversi minuti per rendersi conto che Violetta si fosse fermata a fissare una foto in particolare, una foto fuori a una grande terrazza. Il panorama che si vedeva oltre di essa era uno dei più belli che avesse mai visto. German e Maria erano appoggiati con la schiena contro la ringhiera ed entrambi tenevano una mano sul grembo della donna, mentre due grandi sorrisi illuminavano i loro volti giovani, raggianti e innamorati. Se li osservava attentamente, poteva notare dei particolari della sua Violetta in loro ed era sicuro che anche lei li vedesse. “Questo è l'albergo dove alloggiavano in viaggio di nozze,” sussurrò Violetta, continuando a guardare la foto come ipnotizzata. “Mi dicevano sempre che io scalciavo molto in quel periodo e in un certo senso l'ho fatto anche quando ci siamo ritornati. Lì siamo stati felici, tutti e tre.” Leon strinse più forte la ragazza a se e socchiuse gli occhi. Ovviamente già alla prima occhiata aveva capito che posto fosse quello della foto e non solo a causa dei racconti di Violetta, ma anche e soprattutto per il modo in cui lei guardava quella foto, come se desiderasse essere divorata da essa. Venezia era stata importante per lei e i suoi genitori e sapeva quanto desiderasse ritornarci. “L'anno prossimo, quando il nostro percorso allo Studio sarà finito, ti ci porto, Amore, te lo giuro,” le promise, lasciandole un dolce bacio sul capo. Violetta annuì, voltandosi e rifugiandosi tra le sue braccia. “Grazie, Leon,” balbettò, strofinando il volto contro il suo petto. “Stringimi forte, ti prego.” “Sempre, Amore, sempre,” assicurò lui, stringendola maggiormente a se. “Promettimi che tu non mi abbandonerai,” sussurrò Violetta, lasciandosi poi sfuggire un singhiozzo. “Non potrei sopportare di perdere anche te.”
“Violetta.” Leon sciolse l'abbraccio e le prese il volto tra le mani. “Io non ti abbandonerò mai, ti starò accanto finché non sarai tu ad allontanarmi, te lo prometto.”
Violetta sorrise, accostando la fronte alla sua. “Non potrei mai allontanarti, sei tu la mia forza. Ti amo,” aggiunse, a un soffio dalle sue labbra. Lui sorrise, accarezzandole dolcemente una guancia. “E io amo te, Vilu.” Si scambiarono un dolce e lungo bacio, poi Leon tornò a stringerla tra le sue braccia. Con la coda dell'occhio notò l'album poggiato sullo scatolone, quell'album che conteneva i ricordi più belli di quella famiglia che ormai non esisteva più e un'ombra di malinconia gli attraversò lo sguardo. Le cose non dovevano andare in quel modo, Violetta non avrebbe dovuto perdere i suoi punti di riferimento così presto. A tredici anni una ragazza aveva ancora bisogno di qualcuno a cui chiedere consiglio e da cui farsi aiutare e proteggere, ma il destino aveva crudelmente deciso di farla crescere troppo in fretta e Leon non lo poteva sopportare. La sua Violetta non avrebbe dovuto mai soffrire, lei doveva sempre sorridere e godersi la vita sia per se stessa che per i suoi genitori. Sicuramente loro da lassù l'avrebbero voluta vedere andare avanti e costruirsi un futuro felice e sereno e lui voleva davvero aiutarla a fare ciò, ma sapeva che prima ci fosse un altro importante passo da compiere: Violetta doveva andare a Venezia, visitare quei luoghi dove lei e la sua famiglia erano stati felici e in un certo senso dirgli finalmente addio. Solo così poteva poi voltare pagina e affrontare tutto con più serenità e lui l'avrebbe aiutata, costi quel che costi. “Andrai a Venezia, Vilu, te lo prometto.”




Come vi avevo anticipato, ho postato in anticipo dato che domani è Natale e ne approfitto per augurare a tutti buona Vigilia e buon Natale :3
Alloraaaa, capitolo molto particolare questo. Marco e i genitori Pangiosi apprendono di Diego e Fran e da lì parte una dura lite tra i due fratelli, che fa nascere in Diego una grande dose di sensi di colpa, oltre ovviamente a rievocare la vera ragione dei loro problemi, la gelosia. Per fortuna che Francesca è lì pronta ad ascoltarlo e a consolarlo, oltre ovviamente a tirare fuori il meglio di lui awwwww :3
Momento molto awwww per i Leonetta, tra cui c'è un intesa sempre più forte e si aggiungono anche importanti tasselli sulla questione Venezia. Vilu ha bisogno di andarci per dire una sorta di addio ai suoi genitori e ricominciare così a vivere e Leon, è determinato a sostenerla e ad accompagnarla awwwwww :3
vi ringrazio per il vostro immancabile affetto e vi faccio ancora tanti auguri!! :3
Trilly


 
  
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