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Autore: quirke    24/12/2014    2 recensioni
"Vuoi parlarne?" osò nuovamente Blaise, quasi sembrava innocuo.
"Di cosa vuoi parlare, tu?"
Blaise ansimò, preso contropiede. Schiuse la bocca, inumidì le labbra e cominciò a torturarle, affannosamente. Che anche lui si fosse stancato?
"Di noi, ti va?" si ammorbidì pronunciando quelle parole. Blaise sciolse le braccia, rilassò i muscoli e batté una mano sul muro, affianco a lui.
"Più affrontiamo il discorso velocemente, meno farà male" borbottò Ginny, alzando lo sguardo verso il soffitto polveroso.
"Farà male?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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desire2


Desire

“Open your arms and pray
To the truth that you're denying
Give in to the game
To the sense that you've been hiding

Is it desire
Or is it love that I'm feeling for you
I want desire
Cause your love only gets me abused 
 

 
“Mi scoperesti anche conciata in questo modo?”
Il mozzicone passò da una mano all’altra, tremanti e gelate per via del tempo. Civette ed altri volatili sfrecciavano rigando l'aria, la nebbia oscurava i contorni di Hogwarts, lasciando brillare solo le finestre come lampadine sospese nel vuoto.
I capelli lunghi di Ginny le abbuiavano la visuale, non che ci vedesse qualcosa per via dell’erba, ma bene o male stavano peggiorando le cose. Blaise, al suo fianco, le era appiccicato, ancorato come una sanguisuga, ma la sua compagnia si era rivelata ben accettata. Il calore della sua gamba, seppur i strati di vestiti che li dividevano, le colorava le guance e le forniva sicurezza. Le braccia a fatica si sfioravano ogni volta che si passavano la cicca, gli alberi alle loro spalle frusciavano una canzone triste e pesante che parlava di stomachi gonfi e ormoni che a stento riuscivi a dominarli.
Poi l’erba, l’erba le aveva spazzato ogni millimetro di coscienza e sobrietà, i suoi pensieri trafficavano a velocità luce e, senza nemmeno rendersene conto, si tuffavano fuori dalla sua bocca.
“Dannazione, sì!” La fronte di Blaise si corrugò da tale ovvietà, le sue orecchie si erano colorate di un rosso acceso ed il respiro era diventato affannato.“Anche adesso, Gin!” aggiunse con la voce roca.
Ginny ridacchiò divertita.
“Ti divorerei di baci, assolutamente”
La ragazza si lasciò andare in una fragorosa risata, che echeggiò per tutto il bosco. Tra i tronchi della Foresta Proibita, tra i rami ricoperti di gelo, tra le siepi alte ed il muschio, tra le poche foglie intorno e l’ossigeno frizzante che li attorniava, anche tra la testa di Blaise, confusa, che non riusciva a far passare il filo della ragione dentro l’ago.
Impaziente si lanciò tra le sue labbra, un bacio casto, bisognoso, caldo, per poi staccarsi subito il secondo dopo.
Ginny sentì la bocca scaldarsi e la socchiuse, fissandolo sconvolta. Il cappello che aveva in testa le era scivolato sul terriccio umido, le mani inesperte cominciarono ad intrecciarsi nel mozzicone ed ansimi irregolari e profondi traboccarono disordinatamente dal suo sorriso impacciato.
I polmoni di Blaise bruciavano per il composto dozzinale, si incresparono tra le costole consumate di chi ha emozioni troppo grandi per una gabbia toracica così fragile, le sue ossa si incrinarono dopo quel prolungato sguardo, anche se le sue pupille dilatate erano approdate solo alla sua bocca gonfia e secca, sorridente.
“Ti amo”
“Non dire sciocchezze.”
“No, sono serio. Ti sto amando tantissimo, ti scriverei una poesia e la scarabocchierei su tutte le mura del castello, e ci comporrei su una canzone”
“Sei fumato”
“Non sto scherzando, ma forse non so nemmeno io cosa sto dicendo”
Entrambi annuirono. Ginny, nel mentre, stava leccando una cartina per preparare un altro giro nel Paese delle Meraviglie, ignorando completamente l’edificio scolastico innalzato davanti a loro.
“Sei bellissima”
Ginny sussultò sbadatamente, alzò il capo e cominciò a fissare l’orizzonte, quella striscia di cielo che s’incastrava tra le colline basse ed il palazzo chiaro e trasandato dalle intemperie.
“Grazie” sorrise, piena di gratitudine e timidezza, “Sei bellissimo pure tu”
L’acqua tranquilla inghiottiva i tronchi dimenticati a riva, per regalare della compagnia a quelli immersi nei suoi fondali bui. Il lago tremolava sotto la luce fioca, i ciuffetti d’erba congelati erano abbandonati su loro stessi, tremolanti. Un “Dovremmo toglierci i vestiti” spensierato scosse la pace dell’ambiente, come il mantello di Blaise che oscillò a causa del colpo di vento. Il ragazzo sobbalzò spaventato, trasalì un minuto dopo incerto, tra delle risate sconnesse ed imbarazzate femminili che lo sconcertarono, cogliendo letteralmente il suo sussurro.
“Ma fa freddo, si gela!” urlò sgomentato.
Delle braccia nude lo acchiapparono, tremolando su un corpo vacillante già per di suo a causa della roba che nuotava felice tra le vene di entrambi i ragazzi.
“Siamo soli” gli bisbigliò Ginny all’orecchio.
Il mozzicone usato scivolò tra le mani di Blaise, cadde su un manto di foglie secche e grigie. Quello nuovo, invece, giaceva abbandonato su di una pietra ammuffita.
La brezza frigida graffiava la pelle di Ginny, i suoi capelli avevano cominciato ad infastidire anche l’altro, un odore di mandorle gli penetrò su nel cervello e un gemito gli uscì dalle labbra affamate.
“Vieni qui”


Ginny non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Aveva provato ardentemente a leggere qualche appunto sperando di collassare sul momento, ma niente.
La luce fioca emessa dalla punta della sua bacchetta, quel flebile Lumos sotto le coperte, non l'aveva stancata nemmeno un po'.
I suoi capelli spettinati, dei lisci fili d'oro lucenti, risplendenti di testardaggine e coraggio, si erano aggrovigliati in una massa imprecisa, tanto che si era mossa sul cuscino. Appesantivano il suo volto, scavavano delle occhiaie imprecise, rigavano il suo profilo di tensione, nervoso e stanchezza mentale.
A questi pensieri, Ginny sentiva lo stomaco stringersi, storcersi fino a bruciare e farle male. Da quando, lei, Ginny Weasley, si deprimeva? Si lasciava cullare da braccia silenziose nell'inutile tentativo di rallegrarsi, riaccendersi?
Era lei, solo e soltanto lei, quella che ballava euforicamente dentro la sua stanza, sotto gli occhi spaventati di Hermione, che invano cercava di abbassare il volume della musica. Era lei quella che si svegliava pimpante la domenica mattina così presto da sentirsi ancora i muscoli intorpiditi, le caviglie bruciare, e saltare comunque di letto in letto. Cantare a squarciagola parole sconnesse, illuminata dai primi raggi mattutini che, timidi, flirtavano oltre le lunghe finestre e, sempre lentamente e con riserbo, si allungavano in ogni centimetro della stanza.
Se non c'era il sole a farla risplendere di gioia e vivacità, allora ci pensava da sola. Si arrangiava con la sua voce stridula ed i suoi modi da fare bambineschi, immaturi e liberi.
E per la prima volta, Ginny pensò, mordicchiandosi le labbra, stringendosi le ginocchia acuminate tra le sue braccia, appiccicandole al debole petto, qualcuno era riuscito ad entrare nella sua testa e, con un po' di talento in più rispetto a Seamus, a far esplodere qualunque pensiero posivito, disintegrando ogni particella della sua precedente ed asfissiante sicurezza.
Perfino Hermione pareva non riconoscerla più, e glielo aveva marcato più volte.
E cosa dire di Ron? Le sue battutine velenose la trapassavano, la graffiavano senza alcuna conseguenza, senza spingerla a ribattere, difendersi con una lingua ancora più tagliente.
Da quando aveva smesso di considerare chiunque le si aggirasse intorno? Da quando, nel suo campo visivo, si erano tutti dissolti nell'aria, svuotati nel nulla, lasciando spazio soltanto alla sua ombra. Ai suoi passi docili e furtivi, alla sua presenza calda ed estenuante, ai silenzi rumorosi che le strappavano le viscere ogni qualvolta lo incrociasse nei vasti corridoi di Hogwarts.
Quella notte, un ronzio fastidioso proveniva dall’esterno, insieme ad una flebile luce che illuminava il bagno, sottili fili di brillantezza che provenivano dall’esterno.
Era balzata giù dal letto e si era diretta in bagno per riprendere a respirare, una sana boccata d'aria.
Ginny si accasciò sulle pietre gelide, spostando con una mano un paio di asciugamani. Si accartocciò su di sé, rimpicciolendosi.
Il ginocchio di Blaise le aveva riscaldato l’anima durante le ricreazioni spese insieme, ora così lontane e spente. Passavano quei pochi minuti in compagnia l'uno dell'altro, racimolavano dentro di loro qualche emozione troppo forte, troppo contrastante, e si attorniavano di un docile silenzio.  Ed era un calore così strano, sconosciuto, che le era rimasto impresso nella mente.
Si strinse ancor di più, scuotendo la testa ed allontanando tutti quei pezzi incomprensibili di quei pomeriggi appassiti.
Le braccia che si sfioravano debolmente, sempre quello stesso bizzarro calore caratterizzava Blaise. Una fragranza forte, una colonia amara da digerire che già avrebbe dovuto metterla in guardia. Blaise era muschio, un campo di ortiche e le mani strette da imprimersi a vicenda le impronte digitali sull'altro, graffiarsi, soffiarsi sulle bocche schiuse. Stringere i denti, respirare a fatica, schiacciare le palpebre fino a perdersi completamente.
Ed era viziato, così lontano dal suo prototipo di ragazzo ideale.
Ginny unì con forza le palpebre dei suoi occhi, imponendosi di dormire e dimenticare qualunque cosa, perfino il labbro rotto di Blaise


Il cortile pullulava di mantelli neri e cravatte di qualunque colore, dal verde smeraldo al rosso accesso, da un blu brillante a un debole giallo.
Blaise era un coglione, e dopo qualche anno finalmente lo aveva capito.
Lungo il piazzale aperto del castello, circondato da mura alte e grigie, pietre incastonate le une tra le altre senza alcuna forma d'eleganza, un'accozzaglia di studenti si era riunita curiosa.
Ginny, piccolina ed eccitata, saltellava, punzecchiando il braccio di Lavanda. Non tanto perché da amiche che erano voleva lasciarsi andare in delle vesti poco mature, ma piuttosto cercava un pretesto per sfogarsi, liberare la sua felicità inaspettata, e l'altra, sfinita, non vedeva l’ora di mollarle un ceffone. I capelli crespi e biondi erano legati in un'alta chioda che oscillava per le brusche spinte ricevute.
“Io allora vado” mormorò Ginny acutamente ed alzandosi ancora di più la gonna.
Un manto di capelli ramati e profumati era dolcemente portato su una spalla, e le labbra inumidite e corrette con del rossetto fiammeggiante.
Non vedeva l'ora di rivederlo. Lei e Blaise si erano dati appuntamento al terzo piano e, per l'attesa, non aveva preso nemmeno qualche appunto per tutta la mattinata, non aveva prestato attenzione alle lezioni, non aveva fatto altro che sognare ad occhi aperti.
“E dove andresti, scusa?”
Calì, con passo leggiadro, sbucò dalla folla affiancando Lavanda ed alzando un sopracciglio. Il corpo magro e minuto raggiungeva l’altezza di Lavanda, ed insieme sovrastavano Ginny con un cipiglio confuso.
La Weasley sbiancò di colpo.
Calì lanciò un’occhiata a Lavanda, piena di panico e rammarico, si strinse le mani e regalò a Ginny un enorme ed innocente sorriso.
"Siamo tue amiche, no?" gli occhi a mandorla di Calì si addolcirono, presero una piega del tutto ammaliante.
Ginny deglutì, disgustata da tanta ipocrisia.
“Da Hermione, naturalmente” soffiò leggiadra, alludendo a un dolce sorriso, "In biblioteca"
Notò gli occhi di entrambi spalancarsi inorriditi, e solo allora sorrise trionfante. Non l'avrebbero seguita, nemmeno sotto Cruciatus o Avada Kedavra.
Uno strillo catturò l’attenzione delle tre ragazze. Proveniva dall’interno dell’agglomerato studentesco, e questo non faceva altro che fischiare, ridere, scommettere su qualcosa di estraneo a loro.
Calì e Lavanda, intrepide, si fecero largo tra i ragazzi servendosi di minaccie e un linguaggio a dir poco scandaloso, che scaldò Ginny.
Quest’ultima, meno interessata, le seguì e ci volle qualche secondo prima di ritrovarsi spaesata alle prime file e riconoscere, proprio davanti a lei, ritto e in piedi, dall’altra parte del pubblico, un Harry infastidito.
Ginny accennò ad una smorfia, senza nemmeno accorgersene. Doveva sembrare quasi un sorriso.
Quello alzò un sopracciglio vagamente turbato, la salutò con un cenno del capo e riprese a fissare quell’imbecille di suo fratello, proprio Ron, che, tanto per cambiare, stava per pestare a sangue qualcuno.
Quel qualcuno, trattenuto a stento da un Draco agitato e da una Pansy seccata, era proprio ... Proprio Blaise!
Deglutì rumorosamente, arrossì e sbiancò subito dopo. Non ... non era possibile!
“Giuro che ti spacco il culo Blaise, te lo giuro!” sputava inviperito Ron.
Continuamente si scrollava di dosso Dean per lanciarsi contro il rivale e, sempre quando riusciva a muovere un passo in avanti, ecco che l’altro lo riacciuffava mitragliandogli contro le orecchie parole poco carine.  Harry, che sì, ci teneva all’amico, si era arreso già da un pezzo.
Le orecchie di Ron si erano tinte di un acceccante rosso, le labbra sottili tremavano, le guance bruciacchiavano di rabbia e tensione.
“Io non sopporto Blaise” se ne era uscita fuori Lavanda.
Presuntuosa. Ginny, inconsciamente, scattò in avanti.
“E’ davvero arrogante” continuò sempre lei, stringendosi le braccia al petto, “E maleducato e volgare”
Calì si girò improvvisamente verso di loro, incuriosita e scrutandole silenziosamente. Le spinte che riceveva da dietro l’avevano portata più volte a sbuffare rumorosamente.
“Come se non ti piacesse” le rifilò Calì, senza mai rimuovere lo sguardo dai rivali.
“No” Lavanda incespicò sulle proprie parole, "A me non interessa proprio per niente"
“Io mi riferivo al 'volgare'. Perfino Pix sa della tua indole a preferire gli stronzi” ridacchiò Calì, "E non intendevo offenderti, Ginny"
Quest'ultima screditò la cosa con un gesto della mano, sorridendo a fatica. Non voleva proprio prendere le difese di Ron, in quel momento.
Sciolse le sue mani solo per rialzarsi la gonna dignitosamente e mostrare qualche pezzo di pelle in più, ravvivò i capelli e sbuffò.
“Quando cominciano?” domandò frustrata Lavanda, incrociando le braccia al petto.
Ginny le scoccò un'occhiata agghiacciante. Lo vedeva o no che si trattava del suo ex ragazzo? Ed anche del fratello di una delle sue amiche?
Blaise si ribellava ancora contro i suoi amici, sembrava dover badare più a loro che all'altro.
E che ci faceva parte anche il suo ragazzo?
Ginny si rese solo in quel momento della gravità della situazione. Spalancò gli occhi, sorpresa.
Cosa mai aveva spinto Ron a battersi contro Blaise? Si sapeva già da un po' di quella nuova moda di Ron di marcare il suo territorio ma ...
"Come un cavernicolo" aveva spesso ribadito il concetto Hermione.
Ma arrivare a battersi con qualcuno con cui non aveva mai avuto nessun rapporto, nessuna conversazione?
Sperava soltanto che non c'entrasse nulla Blaise, che non avesse spifferato qualcosa soltanto per divertirsi a guardare suo fratello sgretolarsi, avvampare e non riuscire più a contenersi.
Che gli avesse soffiato qualcosa che li riguardava? Che lo avesse punzecchiato così ardentemente da spingere Ron oltre i suoi limiti?
Non che eccellesse di pazienza e ragione, ma cosa mai lo aveva spinto ad essere così violento?
"E maleducato e volgare" le parole di Lavanda le risuonarono in testa, allarmanti.
Se non aveva sbagliato i conti ... Blaise non aveva mica alluso a qualche dettaglio di troppo, non si era lasciato scappare qualcosina di personale, no?
Perché in quel caso ci avrebbe pensato lei stessa a dargliene di sante ragione.
“Lui invece è carino. Certo, rimane anche lui arrogante, ma è meno volgare” Calì sorridendo, indicò Draco che, esasperato, cercava di trattenere a fatica Blaise.
Ginny venne riscossa dai suoi pensieri, seguì il dito dell'amica e sussultò sul posto. A parte che di carino non ci trovava proprio nulla, come avevano avuto il coraggio di non giudicarlo volgare?
Di quel poco che sapeva, Blaise era ... Era una docile Hermione rispetto a Draco, ecco.
Un lieve cenno di barba ricopriva le guance di quest'ultimo, rosee per la fatica. Gli occhi vitrei fluttuavano dall’amico impazzito che non voleva arrendersi, al bestione poco più avanti che non vedeva l’ora di accartocciare lattine umane e berne il contenuto. Le gambe tozze si erano puntate sul fango e le labbra fini borbottavano impetuose, tuoneggiavano minacce dolorose, velenose.
Seppur Draco si era sempre divertito a punzecchiarlo, quella volta non avrebbe di certo continuato, non si sarebbe allungato in qualcosina di più accattivante.
Lo avrebbe rispettato, se proprio voleva. O meglio, se proprio la situazione gli sarebbe sfuggita di mano. Non avrebbe accettato lividi, more, occhi gonfi e violacei ed ossa tritate e ritritate per un piccolo dispetto.
Lo avrebbe lasciato sgonfiarsi, quel povero rimbambito di un Weasley, per riprendere a molestarlo qualche giorno più tardi, senza ricorrere ad inutili problemi.
“Lasciami Draco, devo spaccare il naso a quel coglione!”
Draco, comunque, disobbedì lanciando occhiate caritative a Theodore e Daphne che, alle sue spalle, godevano del suo atroce dolore. Ridacchiavano, sghignazzavano crudelmente senza muovere un dito.
La mascella di Ginny s’indurì di colpo. Aveva spostato lo sguardo dalla compagnia di Blaise a suo fratello, si era scontrata con Harry ed il secondo dopo era ritornata ad ascoltare i bisticci delle sue compagne di stanza. E quando si accorse che stavano parlando di Blaise, prese a mordicchiarsi una guancia interna per non lasciarsi sfuggire nulla, poi arrivò presto a torturare il labbro inferiore e battere ritmicamente un piede contro il terriccio umido.
Calì, pigramente, se ne rese conto e non proferì più parola.
“Cazzo, lasciami” urlò sfuriato Blaise.
Si lanciò in avanti scivolando dalle dita di Draco che, accorgendosi che era troppo tardi, si accasciò al suolo singhiozzando.
“Quanto vorrei andare ad incoraggiarlo” le labbra di Lavanda si alzarono in un sorriso malizioso.
Ginny sentì il sangue ribollirle nelle vene, la testa batterle furiosamente.
“E’ giunta la tua fine bestione!”
Blaise allungò un pugno nello stomaco di Ron, e questo lo afferrò espertamente bloccandolo. Un secondo dopo un gemito frustrato provenne dalle sue labbra, quelle di suo fratello, che non si era accorto del secondo pugno mollato veementemente sul suo mento. La prese ferrea che aveva sulla mano di Blaise si strinse per un secondo sgretolandogli le dita, poi si indebolì fino a sparire.
Blaise si morse le labbra continuando a lanciare pugni a raffica, studiati e precisi.
Un colpo di vento abbassò il cappuccio scuro di Dean, mostrando un paio di occhi impauriti e scandalizzati. Quest'ultimo era intimidito, mai aveva visto il suo esempio piegarsi davanti ad un parassita del genere. Da sempre lodava il terreno su cui camminava Ron.
“Dio cosa gli farei” Lavanda ridacchiò sommessamente, spostando gli occhi vispi da Calì ai pugni serrati di Ginny, poi alla rissa violenta.
Ginny deglutì.
“E non immagino cosa potrebbe farmi lui, poi”
Blaise si scansò per un pelo, evitando così un furente cazzotto da parte di Ron, a cui il naso ormai sanguinava.
“Smettetela. Fate largo branco di pecore!”
“Le sue mani lungo i miei …”
“Smettila!” uno strillo frustrato uscì dalle labbra tremanti di Ginny.
Le guance rosse e gli occhi illuminati da una luce diversa, le sue braccia lungo i fianchi e la sua fronte corrugata, era arrabbiata.
Un lampo ed il cielo rimbombò rumorosamente.
Ora era Ron che si piegava per lanciare cazzotti ben assestati, alzava calci furenti che obbligavano Blaise ad indietreggiare. Un pugno feroce colpì il labbro di Blaise, impreparato.
Tutta la folla li seguiva ammaliata, mai avevano immaginato uno scontro così avvincente.
Calì la guardò confusa, aggrottando le sopracciglia e fissandola di sottecchi. Nascondeva qualcosa.
La McGranitt, una donna risoluta e dal viso aggrottato, spinse con forza chiunque le intralciasse il passaggio con la sua stessa bacchetta. Davanti a lei il sentiero si apriva senza ostacoli, spingendo chiunque le oscurasse la strada ai lati.
“E voi due, smettetela, ora! Dovreste vergonarvi di un comportamento così deplorevole” strillò diventando tutta rossa in viso, “Tutti fuori branco di imbecilli, via!”
Alzò un braccio magrolino e tutti si levarono fuori da quella situazione, impauriti ed infastiditi dalle note altissime che aveva raggiunto.
Il collo teso era roseo ed una vena pulsava agilmente, il respiro era affannoso.
“Ho detto fuori!” strillò la donna con tutto il fiato che le era rimasto.
Le guance scavate divennero ancora più rosse e, spaventati da un sicuro Avada Kedavra generale, i pochi coraggiosi le ubbidirono. Perfino Ron smise di assestare pugni, ormai vittorioso.
“Razza di coglione, finiscila ed andiamocene” borbottò Draco afferrando l'amico per il gomito e muovendo un passo indietro.
Ma subito Blaise gli sfuggì dalle mani, andando a finire in quelle della professoressa.
"Desiderate condividere anche voi la punizione?" mormorò a denti stretti la McGranitt, riferendosi a Pansy e Draco.
Questi subito scossero la testa, negando e fuggendo da quella situazione a gambe levate.
“Non osare guardarlo, mai più” sospirò Ginny, tremante ed impallidita.
Le uniche rimaste rigide al proprio posto erano loro tre e la professoressa che momentaneamente aveva serrato gli occhi, non accorgendosi della loro presenza.
“Non in quel modo, perlomeno. E’ il mio ragazzo” aggiunse abbassando la voce. Tradendo un segreto che aveva promesso di mantere il più a lungo possibile. Ma se non si sbagliava, ci aveva già pensato Blaise a urlare a mari e monti quello che era nato tra di loro.
Alla fine gli avrebbe dato comunque la colpa, a Blaise.
E, da fedelissima Weasley, perché non marcare da subito il territorio? Infondo, lei e Ron condividevano o no lo stesso sangue?
Annullò il contatto visivo con Lavanda e si girò, incamminandosi verso il castello.
Una goccia impavida le rigò la fronte, alzò lo sguardo e contemplò il cielo plumbeo che minacciava un pianto liberatorio.
Le gambe, decise e lunghe, si muovevano lentamente insieme ai fianchi morbidi.
“E da brava amica me lo hai detto” la riprese acida Lavanda, seguendola a sua volta e gonfiando le guance severa, "Ma non preoccuparti, avevo già intuito qualcosa"
Ginny scrollò le spalle, e “Senti da che pulpito viene la predica” disse fredda.
Allora fu la volta di Calì di scrollare le spalle, divertita dalla situazione.


Blaise che faceva a botte per lei?
Lei che, impavida e furente, mossa da qualcosa di strano, se lo stringeva a sé alludendo perfino a se stessa che ormai avessero ufficializzato quella relazione.
Quando fin dall'inizio era sembrato chiaro: niente complicazioni.
Se all'inizio ne era rimasta affascinata, soltanto qualche giorno più tardi, quando Hermione le aveva confessato il motivo della rissa, e non ne sembrava nemmeno interessata, sentì qualcosa di minuscolo, microscopico, sbriciolarsi dentro di lei.
Era stato Harry a rivelare a Hermione il movente di tanta furia da parte di Ron.
Blaise, per tutta l'ora di Pozione, non aveva fatto altro che importunarlo. Ed una volta costretti a lavorare insieme, accoppiati dallo strano destino, una volta che Ron aveva osato rispondergli a dovere, magari azzittendolo, ecco che Blaise, noncurante, sensibile e delicato quanto Hagrid in quel periodo dell'anno, ch'era tutto tranne che calmo, aveva sfiorato il suo unico tasto dolente.
Si era lasciato andare, aveva calcato su quella nota stonante, aveva ingigantito le cose,  sfondato, ammaccato, annientato una volta per tutte la pazienza di Ron, sfiorando proprio sua sorella.
E da bravo codardo, si era ritrovava ad aggiungere.
Debole, vile, freddo, distante, scorretto, spudorato, irresponsabile e avrebbe continuato così per ore Ginny.
Perché mai aveva dovuto ricorrere proprio a lei? Non riusciva a capacitarsene.
Se le cose tra di loro sembravano leggiadre, inutili, capaci di frantumarsi da un momento all'altro, con quel gesto aveva aggravato soltanto la situazione.
Ginny si era rinchiusa di scatto, nascondendosi dai suoi tocchi famelici, imponendosi di estrarre ogni briciola di sentimento che cominciava a nascerle dentro, distruggendo la speranza di costruire qualcosa di solido da quelle mura spoglie e indolenzite dalla superficialità di Blaise.
Si era imposta di rimanere impassibile, indifferente, di star perdendo del tempo ... Si annoiava ed aveva accettato le regole contorte del gioco di Blaise, lo aveva seguito nei meandri della follia.
Ogni sfioramento, ogni carezza, ogni delicata scia di baci roventi che le scolpiva sulla pelle tremante venivano annullati da lei stessa, cancellati ogni volta che il sole tramontava, spariva dietro le colline eterne, le linee irregolari dei paesaggi che attorniavano Hogwarts. Dietro i camini di Hogsmeade che sbuffavano inviperiti contro la neve, contro le decorazioni natalizie, l'allegria, il tepore colmo di dolcezza che saltellava di corridoio in corridoio.
Annebbiava la tensione degli studenti, perfino i nervi tesi di Hermione che per qualche strano motivo aveva cominciato ad aprirsi un po' di più, fiorire ogni qualvolta fosse il suo turno a perlustrare gli angoli del castello alla ricerca di qualcuno da incastrare e punire.
Quel gesto incalcolato non aveva fatto altro che allontanarla dalla persona che veramente era, e non che le dispiacesse, anzi, ma sentiva di preferire se stessa e buttarsi a capofitto su ogni cosa, perfino su quella malsana relazione, che evitare una volta per tutte il dolore.
E solo in quel momento si rese conto che non era servito a nulla. Che avrebbe potuto vivere a pieno ogni loro bacio, avrebbe potuto stringere le sue mani scure fino a sentirsi la propria stritolare. Avrebbe potuto inficcare le sue unghia colorate sulla sua schiena tesa lasciandosi sfuggire qualche gemito, qualche frase sconnessa. Una delle tanti frasi capaci di umiliare, spezzare chi le aveva pronunciate, reprimere ogni forma di orgoglio per lasciar spazio ad un'immensa sensazione d'impotenza.
Avrebbe potuto intrecciare le gambe dietro il suo bacino e sussurrargli quanto bello fosse, quanto affascinanti erano i suoi occhi scuri, quanto le sarebbe piaciuto tracciare ogni centimetro della sua pelle solamente con le punta delle sue dita, tracciarlo con dei baci lenti e roventi, impregnarlo del suo odore. Essere gelosa, possessiva. Essere come giusto fosse, sentire ed appropiarsi di ogni emozione positiva, assorbire i colpi bassi, accettarli. Fare la pace, stringersi fino a sentirsi mozzare il fiato, sbriciolarsi le ossa.
Quanto avrebbe voluto schiacciare il suo seno nudo contro il calore della sua pelle tenebrosa, rovente. Sentire nell'aria solo il silenzio, i respiri rotti che andavano tranquillizzandosi, i battiti irregolari che cercavano di sussurrare paroli dolci all'unisono, combaciare e fondersi.
Lei aggrovigliata e nuda su di lui, le braccia a rilegarlo, le mani congiunte dietro il suo collo e la guancia posata sulla sua spalla ferma. Rimanere così, in silenzio, ad ascoltarsi e conoscersi, tracciare i più piccoli dettagli, esplorare le imperfezioni dell'altro per l'eternità, o anche per qualche manciata di minuti.
Il dopo. Avrebbe voluto valorizzare e dare importanza soltanto a quello che ci sarebbe stato dopo il sesso.
Avrebbe voluto assaporare quello che seguiva, i silenzi calmi che alleggerivano l'aria dopo aver fatto l'amore.
Ed invece, tremante e scrupolosa ad evitare qualsiasi dolore, Ginny era sempre stata la prima a rivestirsi e scappare dai diversi metri quadri che avevano avuto il privilegio di averli visti fondere, combaciare con difficoltà, incastrarsi a fatica. Ma comunque si incastravano, si riempivano a vicenda senza alcun problema.
Avrebbe potuto, ma aveva deciso di rifugiarsi dentro una corazza d'indifferenza e porre fine a tutto quel sentimalismo ancor prima che potesse nascere.
Sollevò la testa, scontrandosi con il più assoluto buio. Quest'ultimo ricopriva il bagno, soltanto dei fiacchi sussurri di luce provenienti dalla luna osavano trapassare il vetro delle finestre, sovrapponendosi all'oscurità dove Ginny, in quel momento, si abbandonava.
Hogwarts, se non l'intero mondo magico, erano ricoperti dall'atmosfera natalizia.
L'intero castello era addobbato con vischio, decorazioni e alberi di Natale decorati maestosamente. Nella Sala Grande vi erano dodici alberi, presumibilmente veri, che parevano essere almeno il doppio di Hagrid, il quale, insieme all'aiuto del professr Vitious, si era occupato personalmente di ornare ogni centimetro del castello.
Passò il pomeriggio a ringraziare Hagrid dell'ottimo lavoro che stava facendo insieme a Vitious ogni volta che lo incrociasse, giusto per bearsi di quell'aria genuina e innocenete. Perché mai privarlo di gratitudine? Per tutto il pomeriggio, insieme alla testardaggine di Luna, era anche stata davanti al camino della sua Sala Comune ad aspettare che Arnold, la sua puffola pigmea, cantasse.
Come sosteneva la Corvonero, quest'ultime erano solite cantare a Natale ed a forza di carezze, di occhi dolci e complimenti, aveva ottenuto solamente la piena simpatia del suo animaletto. Nemmeno una nota mormorata appena, niente di niente.
E Luna, prima di congedarsi educatamente, aveva riversato la colpa soltanto al tempo.
"È solo perché manca una settimana a Natale" aveva borbottato evidentemente delusa, "Magari puoi riprovarci il venticinque, no?"
In quei minuti, Ginny si accorse di quanto comoda e giusta fosse la compagnia di Luna che, così solare e di buon'animo, era riuscita per la prima volta a scuoterla e farglielo dimenticare. Almeno per un po', e le era bastato per darsi una tregua, lui era completamente scomparso dalla sua testa.
Alle tre del mattino, Ginny si era svegliata di soprassalto, faticando a respirare per via di un sogno troppo spinto. Di un ricordo.
I capelli le offuscavano la vista, il mantello era finito sotto ai suoi piedi.
Ricordava quel “Io e te” sotto una diversa sfumatura, le stava appesantendo il cuore e la stava … scombussolando. Quel “Spogliami” era diventato così insolito e odiato come non mai.
Aveva provato a ricoprirsi e dimenticare qualsiasi cosa la riconducesse alla sua, forse migliore, esperienza.
Ginny, con lui, voleva proseguire a condividere ogni emozione senza pensare mille volte alle conseguenze, e, se queste ci fossero state, non le voleva aggravate né tantomeno fuori portata.
A malapena riusciva a tenersi stretta quell’accozzaglia di pelle, ossa e menefreghismo costruito lì su due piedi.
Come poteva mai riuscire a tenerselo stretto solo perché una volta lontano, l’assenza ed il vuoto l’avrebbero distrutta?
Si girò e rigirò per qualche ora sul pavimento, scomoda e sveglia in una realtà troppo complicata. Il buio totale contaminava il bagno, il suo ultimo sorriso le avvelenava il sangue portandola a contorcersi e bloccare ogni pensiero, una volta per tutte. Come si evitava di abbandonarsi su qualcuno?

Per la prima volta, lei e Blaise si sarebbero ritrovati soli per un lasso di tempo così lungo da sfiorare l'incredibile. Avrebbero avuto l'intera mattinata a disposizione, potevano fare qualsiasi cosa che desiderassero senza preoccuparsi delle conseguenze, di chi poteva vederli.
Il resto degli studenti si era agglomerato all'esterno, organizzandosi con ordine sotto l'occhio attento della McGranitt e la perseveranza di Piton.
Hermione l'aveva pregata di accompagnarla, con cuore, braccia e parole pesanti. Avrebbe dovuto aiutarla a scegliere un vestito per il Ballo del Ceppo, e non abbandonarla nelle grinfie di Calì e Lavanda. In quel caso, parole esplicite della Grifondoro, avrebbe preferito sorseggiare Firewhisky in compagnia di Theodore Nott.
E quel paragone l'aveva veramente fatta sentire male, fino a convincerla di rifiutare il pensiero di passare del tempo con Blaise e farsi carico della tragedia dell'amica. Ma, appena intravisti la chioma focosa di suo fratello e lo sbadiglio rumoroso di Harry, non si era preoccupata più. Erano o non erano inseparabili amici? Il famoso trio, no?
Da quel momento, tutto il resto era diventata una successione di fatti e eventi poco chiari, discutibili, certo, ma nebbiosi ed improvvisi.
Non sapeva come si era ritrovata sul letto di Blaise Zabini, completamente sconvolta ed serena, confusa.
Dal vecchio giradischi in camera del Serpeverde, una tetra ed enorme stanza che aveva assunto un fascino del tutto inaspettato ai suoi occhi, proveniva una melodia dolce, quieta.
La stanza di Blaise era enorme, riempita da quattro letti a baldacchino addobbati da tende verdi-argentate, qualche poltroncina in pelle nera ed un camino che sputacchiava fiamme smeraldine. Questo scoppiettava gradevolmente, alleggerendo l'atmosfera e riscaldando i loro corpi inffredoliti.
Ginny canticchiava soavemente il ritornello, balbettando ed inventadosi le parole, sdraiata a pancia in su sul suo letto, rimirando il soffitto colmo di intrecci ed oscurità.
Mentre Blaise, con tra le dita il collo di una bottiglia di Rum di ribes rosso, era seduto comodamente sulla poltroncina del letto di Theodore Nott.
Distanziati da una piazzetta, pochi metri quadri, misuravano i respiri dell'altro, valutandoli e scrutandone ogni mino movimento, senza farsi scoprire.
"Secondo me," Blaise era adagiato, quasi morente, confortevolmente e giocherellava con la bottiglia, "Non sei capace di ballare" scoccò le ultime parole con un sorriso malizioso, le labbra continuamente inumidite.
Da gran pensatore che era, sapeva già ogni possibile reazione della Grifondoro. Sapeva già a cosa sarebbe arrivato, e l'idea lo eccitava terribilmente seppur si costringesse a mostrarsi apatico, indifferente.
Lei girò verso di lui soltanto la testa, confusa. I capelli le coprivano la bocca, le braccia erano aperte su tutta la superficie del letto, così come le gambe allungate, con i piedi che a fatica sfioravano il pavimento freddo.
"Mh?"
Blaise si portò la bottiglia alle labbra, indugiando un po' ed osservandola così ardentemente d'aver paura di ustionarla.
"Senti?" Blaise alzò un dito, ondeggiò sulla melodia e chiuse gli occhi, "Dubito che sapresti ballare con questo ritmo"
Schiuse solamente un occhio, con la mano puntata ancora in alto, e le labbra, pungenti e serafiche, si alzarono in un dolce invito ad accettare la sfida.
E non si fece scrupoli, Ginny. Cominciò a schiudersi lentamente, staccarsi dalle coperte con estrema tranquillità da far deglutire Blaise, involontariamente.
Con calma, pigramente, si ritrovò in piedi, ad ondeggiare sulle note della fisarmonica. A muovere elegantemente il bacino, scuotere i fianchi lentamente. Prima attirava in alto il fianco destro, lo riabbassava, ed ecco che fluttuava, oscillava le lunghe braccia nel vuoto e si dedicava a quello sinistro.
Si avvicinava a lui sorridente, sensuale e delicata. Fioriva constantemente, socchiudeva le labbra e combaciava le palpebre. Respirava pacatamente, accorgendosi di come fosse solo il respiro di Blaise a scordare con il resto.
L'affanno, la frustrazione, gli occhi che la scrutavano, la spogliava, esploravano senza garbo e pazienza.
Con i capelli spettinati e stretti in un'alta coda, la fronte imperlata di soddisfazione, le labbra stirate in un sorriso vittorioso e il cuore spento, totalmente disattivato da quell'ammasso di trepidazione, emotività, giocherellava con gli sgoccioli della clemenza e sopportazione di Blaise.
Danzava con addosso le luci soffuse del caminetto sulla pelle nuda, soltanto l'intimo a coprirle le sue solite preoccupazioni. Gli occhi di Blaise vivi, ammaliati, che la seguivano dovunque.
Solo quando la musica si sfumò nel silenzio, quando Blaise si accorse dei suoi sospiri affannosi, della perdità totale di controllo e lucidità, posò la bottiglia sul tavolino e si issò sulle mani grandi.
Quando Ginny riaprì gli occhi docili, densi e colmi di potere, di vittoria, si accorse di avere il suo respiro addosso, gli occhi stanchi che non demordevano comunque.
Il tempo di schiudere la bocca che Blaise si gettò su di lei, la ricoprì con le sue mani, la strinse. Le ricoprì i fianchi fragili, per niente violente, soltanto un po' possessive. Delicate, morbide, esauste.
Per la prima volta, Blaise non si era catapultato sul quotidiano, sul suo corpo inerme e nudo. Il tempo di rendersene conto che già sentiva i suoi baci bisognosi sul collo, una scia umida che partiva dall'orecchio e proseguiva oltre, avida e torrida.
Il tempo di aprirsi un po', di essere la Ginny che racimolava ogni piccolo sentimento, che si era subito rinchiusa dentro la sua corazza, subendo. Amalgamandosi alla sua superficialità, alla sua frivolezza, senza chiedere nulla in cambio, o dare, nemmeno meritarsi ed avere.
Blaise le soffiava contro la bocca solamente l'eccitazione, l'emotività, la provocazione. Nemmeno un briciolo di sentimento, di qualcosa di impalpabile che cominciava dolcemente a penetrare dentro di lei, uno spiraglio di luce che le invadeva l'indifferenza ricorrente. Che, silenziosa, si addentrava, irrompeva senza far rumore, senza che proprio lei, Ginny, se ne rendesse conto.

Una porta nelle vicinanze, silenziosamente, si aprì, provocando un brusio che la fece sussultare. Quando poi si rinchiuse, a tratti, e sotto i suoi occhi impauriti e curiosi allo stesso tempo, Ginny riuscì a scorgere i capelli impastrocchiati di Hermione che, ancora addormentata, era entrata in bagno senza accorgersi della sua presenza.
Deglutì a fatica. Portò le gambe al petto, lasciandola così passare. Poi, una volta che l'amica si sedette sul gabinetto, posando così la testa sulla parete e ritornando a sonnecchiare profondamente, si alzò in piedi. Si diresse verso la porta del bagno per uscire via, poi verso quella del loro dormitorio, ed infine della loro Sala Comune.
Era rimasta sola.
Ginny si ritrovò agitata, a stringere ancora di più le mani e non riuscire più ad alzare i piedi da terra, parevano ancorati alle pietre gelide del pavimento.
Si fece coraggio, strinse i pugni e alzò sui capelli scompigliati il cappuccio del mantello. Attenta a non far rumore, a non destare alcun sospetto e svegliare così i fantasmi, procedette verso le scale, illuminando il passaggio con un "Lumos!" appena sospirato.
Erano le due di mattina, o forse le tre, o magari le cinque. Non lo sapeva.
Per ora necessitava solo filare fuori dal castello ed assorbire quanto più ossigeno necessitasse.
In punta di piedi, girando angoli dopo angoli, finalmente si ritrovò davanti al grande portone. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che osservare i dettagli di Hogwarts, la maestosità delle decorazioni e l'anziana storia che questo custodiva silenziosamente.
Aveva sfiorato con le punta delle dita le ruvide mura, respirato a pieni polmoni, sorriso a fatica per cercare di allontanarlo dai suoi pensieri.
Ma una volta uscita fuori, affrontato il gelido freddo pungente, Blaise ricadde con tutto il suo peso dentro di lei. Il freddo le faceva un baffo, in confronto a tutte quelle emozioni si era perfino dimenticata le dita congelate, gli stivali immersi nella neve che piano piano irrigidivano i suoi piedi.
Camminò senza prestarci molta attenzione, tracciò un sentiero del tutto nuovo ed inesplorato.
Il cielo notturno ospitava poche stelle e la luna, ricoperta dalle nuvole, sfuggiva dal loro controllo per qualche secondo per poi essere di nuovo risucchiata dalle ombre.
Quando si accorse di essersi fermata, si ritrovò davanti le porte del campo da Quidditch. Il respiro era affannoso, le fuoriuscivano dense nuvolette dalla bocca.
Raccolse tutte le forze che aveva e silenziosamente osò spingere con una mano il portone in legno battuto. Serrò le palpebre.
Dentro era più caldo e cominciò a rilassare le spalle. Sospirò rumorosamente.
Confusa, ecco cosa era. Viveva quegli ultimi giorni aggrappandosi ad un’irrealtà immaginaria, si muoveva come una pedina da dita estranee, consolava gli altri cercando invece qualcuno che le porgesse una spalla su cui abbandonarsi.
Piegata, spezzata dai propri rimorsi, dalle ansie più grandi e dalla paura di non arrivare al giorno dopo. Ansie che la divoravano di giorno e la distruggevano di notte. Sentiva la mancanza di qualcosa, qualcosa che non avrebbe mai dovuto lasciarla in balia di sé, ancora giovane ed imprudente.
Salendo le scale, una per una per guadagnare più tempo possibile, cominciò a riflettere ed a ricordare del perché si ritrovasse lì.
Un senso di claustrofobia le riempì i polmoni, allora si ancorò ad un angolo e chiuse gli occhi. Aveva preso una decisione giusta?


Spesso, e molto volentieri, quello era stato il loro piccolo rifugio.
Era lontano da occhi indiscreti e ogni qualvolta Ginny avesse finito di allenarsi, ecco che lo notava aspettarla lì, imprudente e cocciuto, penetrato da occhiataccie ostili dei suoi compagni di squadra.
"Cosa ci fa lì?"
"Non ci stanno mica spiando, vero?"
"Tranquilli, uno come lui non sa nemmeno cosa sia una scopa"
Ginny, imperlata di sudore e stanca, si congedeva dal resto della squadra senza destare sospetti e si dirigeva verso le scale delle tribune dei Serpeverde. Con un'indifferenza così imposta e ferrea da celare il cuore che le martellava furiosamente, che la minacciava di esplodere da un momento all'altro.
E sempre lì, in quelle dannate scale, avevano affrontato la loro ultima conversazione. Civili, ironici e maturi.
Ora Ginny se ne pentiva solamente. Quanto avrebbe voluto urlargli contro, torturargli il petto con le sue mani chiuse a pugno, mostrarsi vulnerabile e dimostrargli che ci teneva a lui così tanto da far male.
Ginny, quel pomeriggio, aveva raccolto i capelli in una veloce crocchia. Le labbra erano stirate in un'espressione tranquilla, mentre gli occhi lucidi minacciavano di tradirla, di arrendersi ad un pianto liberatorio, doloroso, proprio davanti a Blaise.
Quanto sarebbe stato umiliante? Ginny non osò nemmeno immaginarsi una scenata del genere.
Semplicemente non sarebbe stato da lei, lei.
Il collo era incastrato dentro un'enorme sciarpa di lana cucita da Molly, verde e azzurra. L'uniforme da Quidditch le calzava a pennello, i pantaloni erano stretti e le tradivano le scarse curve femminili. Il mantello ricadeva alle sue spalle, orgoglioso e possente.
"Ciao Blaise" non si era nemmeno illusa di allungare il collo e ritrovarsi contro la bocca la sua, di bocca, "Come stai?"
Blaise, davanti a lei, rispose con una scrollata di spalle. Anche lui si stringeva in una sciarpa, di cachemire scuro. I suoi occhi brillavano contro il cielo plumbeo, sorridevano furbi e provocanti. Cercava sempre un modo di sfidarla, di incastrarle le mani dietro la schiena.
Si era appoggiato contro una parete, le mani incrociate sul petto ed un ghigno stampato sul viso.
"Tu?"
Ginny si lasciò sfuggire uno sbuffo innervosito. Irrigidì subito la mascella, incorporando la fierezza di una vera Grifondoro, tese ogni muscolo affinché si proiettasse dritta ed intoccabile davanti a lui. Indipendente, forte.
"Vuoi parlarne?" osò nuovamente Blaise, quasi sembrava innocuo.
"Di cosa vuoi parlare, tu?"
Blaise ansimò, preso contropiede. Schiuse la bocca, inumidì le labbra e cominciò a torturarle, affannosamente. Che anche lui si fosse stancato?
"Di noi, ti va?" si ammorbidì pronunciando quelle parole. Blaise sciolse le braccia, rilassò i muscoli e batté una mano sul muro, affianco a lui.
Lei parve pensarci un po' su, soppesare quel gesto e rifletterci affinché nulla le si ritorcesse contro. Non mollava un secondo la sua scopa, era stretta tra le sue dita in una morsa ferrea e dolorosa.
"Non mordo, Ginny" quelle parole uscirono tenere e pure, la consistenza del miele mentre scivolava lungo la gola.
Gli sorrise, automaticamente. E cominciò ad avvicinarsi, indebolendo sempre di più la presa intorno alla sua scopa.
Amava come pronunciava il suo nome, come ogni lettera sfuggiva morbida dalle sue labbra, quasi un invito a baciarlo, e ribaciarlo ancora.
Si sfioravano continuamente le spalle, non osando avvicinarsi un po' di più o guardarsi, o ancora fissarsi negli occhi. Codardi entrambi.
"Più affrontiamo il discorso velocemente, meno farà male" borbottò Ginny, alzando lo sguardo verso il soffitto polveroso.
"Farà male?"
Ops! Ginny maledì se stessa per aver lasciato sfuggire quel piccolo e potente dettaglio. Si torturò le dita, le intrecciò sotto l'occhio vigile di Blaise, spaesato.
"Era per dire!" ci giocò subito Ginny, giustificandosi e dandosi un contegno. Non demordendo la forza che doveva caratterizzarla in quel momento.
Se mai ne sarebbe uscita viva, lo avrebbe fatto a testa alta.
"Ah" soffiò cauto Blaise. "Secondo me, non funzioniamo più insieme"
Da quando?
"Cioé, non sto riversando la colpa su di te. Dico solo che le cose sembrano incastrarsi a fatica"
Io non la penso così.
"Perfino annoiarci"
Parla per te, vigliacco.
"Io vorrei ancora parlare con te, non mi sembri una cattiva persona"
Stai solo giustificando un tuo capriccio, mostrandoti disponibile e gentile. Vigliacco, vigliacco!
"Anzi, dovremmo rimanere amici"
Bugiardo.
"Che ne dici?"
Alle parole stonanti di Blaise, Ginny rispondeva solamente mentalmente. Non voleva ridursi in brandelli per lui, azzerarsi fino a rischiare di scambiarla con molecole di ossigeno.
Blaise non poteva allontanarla, incontrarla così raramente da permettere al tempo di cancellare la loro relazione, piombando soltanto dopo soddisfatto. In quel caso, la colpa non era di nessuno. Le cose si erano cancellate da sole, lui non aveva avuto abbastanza coraggio da sputarle in faccia la cruda verità ed aveva trovato un modo per poter levarsela di dosso senza passare per un bastardo.
Cosa che era, e Ginny lo stava capendo finalmente.
Voleva dirgli che non voleva stroncare la cosa lì su due piedi, che voleva riprovarci a far funzionare le cose fino alla nausea. Che con lui non si annoiava mai, che non voleva mai essergli amica se poi non poteva tuffarsi sulle sue labbra trattenendo il respiro.
Se non poteva sfiorarlo, toccarlo, scalfirlo, sprofondare le sue mani e la sua lingua dentro di lui.
E comunque, loro potevano pure incastrarsi a fatica ma almeno s'incastravano, accidenti!
"Come vuoi, Blaise" inasprì il concetto sputacchiando il suo nome con così tanto disgusto che perfino lui se ne rese conto.
"Quindi?"
Erano già arrivati al maledetto quindi? Ginny si staccò dalla parete e si posizionò davanti a lui. L'espressione dura, gli occhi un po' più lucidi rispetto a prima, le labbra tremavano.
Inaspettatamente sorrise.
"Vuoi che la facciamo finita?" domandò retoricamente afferrando la sua scopa, "E allora chiudiamo" mormorò, guardandolo negli occhi. "Morto un papa, se ne fa sempre un altro, no?"
Per la prima volta, fu Blaise a rimanere senza parole, di stucco, basito. Giaceva fiacco e immobile contro la parete, vedendola allontanarsi con qualche singhiozzo indiscreto, scomposto e disperso nell'aria gelida, con la schiena dritta e i capelli che andavano allentandosi dall'elastico.
Quando svoltò l'angolo, a segnalare la sua precedente presenza, a dimostrare a Blaise che avevano seriamente chiuso qualunque cosa fosse sbocciata tra di loro, furono la sua fragranza dolce e le punta dei suoi lunghi capelli. Incandescenti, focosi e furenti come Ginny Weasley lo aveva abbandonato quel pomeriggio.

Ginny si era accomodata su una delle posizioni più alte delle tribune di ... Si guardò intorno per ritrovarsi e, sussultando, si accorse di esser finita proprio nella postazione dei Serpeverdi.
Arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, roteò gli occhi al cielo e si rese conto di quanto le cose andavano degenerandosi. Sembrava una tredicenne, maledizione!
Tra le mani stringeva una canna ritrovata nelle tasche del mantello. Lei e Blaise erano soliti fumarle nei limiti della Foresta Proibita, attenti a non farsi adocchiare.
Flitt era sempre stato una fonte sicura e soddisfacente, non li aveva mai delusi.
Da poco era divenuto un rito, un tabù segreto che solo loro due condividevano. Passavano minuti interi a fumarle in silenzio, passandosele di bocca in bocca.
Ginny si sedeva contro un tronco anziano e sulle ginocchia sistemava la testa di Blaise che, a occhi chiusi, assaporava talvolta la canna e talvolta le sue labbra secche.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivivere quei piccoli momenti, preziosi.
Aspirò quanto più potesse, fino a sentire la bocca inasprirsi, la gola bruciare ed i polmoni raggrinzirsi.
Alzò la testa in alto, sbuffando, ed incontrò un cielo leggermente più rischiarato. L'alba risplendeva dolcemente sopra i suoi occhi, le tenebre si scioglievano in candidi colori azzurri, pacatamente.
Erano le sei, allora.
Aveva speso l'ennesima notte in bianco, senza nemmeno accorgersi del tempo che le sfuggiva dalle dita rapido, le scivolava come sabbia lasciandola ancora una volta sola.
Ginny sbuffò di nuovo, ed ancora una volta, e un'altra ancora.
Posò il mozzicone sulle labbra rosse e secche, aspirò, trattennè il contenuto maledicendo Blaise e il secondo dopo strillò con tutto il fiato rimastole in corpo.
Strillò senza paura, sfiatò esigente e, una volta liberata, ritornò a fumare tranquillamente, con quel solito ghigno ironico a decorarle il viso.

 

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Non ci credo nemmeno io, tranquilli.
Io che scrivo su questo fandom dopo anni di sola lettura, e sinceramente mi scuso perchè non è per nulla degno questo scritto di essere postato, ne sono consapevole.
Ma ieri non sono riuscita a resistere e reprimere la voglia di scrivere qualcosa su di loro, coppia che adoro. All'inizio non era proprio possibile, ma alla fine sono riuscita ad incastrarli per bene!
Spero che abbiate capito lo stato d'animo di Ginny, di come sia uscita a pezzi da quella rottura.
In pratica, Blaise le aveva sempre sottolineato il fatto che fosse una relazione più fisica che altro e dopo un po' Ginny si era decisa ad accettare, chiudersi in se stessa e continuare per la sua strada, da bravissima masochista.
Spero che siate riusciti a scorgere una minuscola scintilla traditrice, di come Ginny dopo un po' si arrende e si accorge solo dopo la rottura che ci tiene a lui, ma pure troppo. E' nato qualcosa, nonostante tutto. Si è impegnata duramente ma tutto le è sfuggito di mano.
In pratica si è accorta che poteva fare di più, che avrebbe potuto godersi i piccoli momenti e pentirsene solo dopo. Si è stretta dentro i suoi fianchi durante la relazione, e fa male anche dopo.
Io non so come spiegarlo proprio haaha, spero sia stato chiaro!
Poi, nella scena dove ballava davanti a lui, per un piccolo momento Blaise si è arreso, si è dimostrato vulnerabile e debole. Cosa stranissima, si è soffermato su di lei solamente per ricoprirla e proteggerla, per un breve istante, ma comunque l'ha lasciata basita, sorpresa.
E quando se n'è accorta, quando ha cominciato a sentire qualcosa per lui e lo ha liberato, ecco che Blaise ritorna il solito superficiale.
Poi le altre scene spero si siano capite, perchè mi sto dilungando troppo e rischio di ritrovarmi con lo spazo autrice più lungo della os. E' un continuo alternarsi di flashback e presente.
Io spero di non aver deluso nessuno, dato che sono nuova in questo fandom e boh, spero di non aver sparato qualche cazzata, perchè altrimenti correggetemi!
Inoltre vi auguro buon natale con questa os, anche se pesante hahah
Buone vacanze, buon Natale e felice anno nuovo a tutti,
un bacione!!

 
 
 
 
 
 

 

  
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