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Autore: Summer_199    24/12/2014    0 recensioni
Tiffany è alla ricerca di se stessa, del senso della vita, di ciò che la fa sentire viva...però deve mettere da parte le insicurezze che una madre alcolizzata e l'abbandono del padre e del fratello hanno generato in lei. Con una scuola diversa, degli amici nuovi, due amori in contrasto e la musica...la sua vita ha una scossa che la fa migliorare, sbagliare, crescere.
-Alla fine quello che conta è dare un senso alla propria esistenza, trovare se stessi...essere felici- dice lei.
-Già, alla fine ti ho trovato- le dice lui.
-Allora è l'inizio-.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-E tu?- continuò, visto che non accennavo a rispondere.
-Tiffany- dissi non proprio entusiasta. Ecco il classico sexy playboy della scuola che credeva di avere il mondo femminile in pugno. Presuntuoso. Non sopportavo i presuntuosi. Bisognava avere almeno un po' di umiltà per vedere il mondo dalla giusta prospettiva.
-Wow, sei nuova? Non ti ho mai visto...-continuò. Ma mi stava prendendo in giro? Cosa voleva uno come lui da una come me? Pensava che ci sarei cascata? Bene, sarebbe rimasto sorpreso...però ero ancora la Tiffany timida ed innocente di sempre. 
-Sì, è il primo anno per me- risposi sperando di scomparire.-tu invece?- azzardai. Che conversazione squallida. Scontata. 
-E' il terzo per me, ed è dura mano a mano che si avanza ma...almeno sono ciò che amiamo fare, è un qualcosa che tutti abbiamo dentro, no? Certo, alcuni più di altri ma non sembra il tuo caso.- e mi fece l'occhiolino. Sì, era un po' presuntuoso, lo stereotipo che gli avevo affibbiato permaneva ancora un po' ma lui non era del tutto sgradevole. Si vedeva che ci sapeva fare con le persone. Stava poi a lui decidere se voleva mantenere questa buona opinione.
-Già...io non so ancora se ce la farò. Ma devo per forza altrimenti...- dissi più a lui che a me. Mia mamma stava facendo dei doppi turni al lavoro, per pagarmi gli studi e questo non era un bene per lei. Lo stress la avvicinava pericolosamente all'alcool. Io avevo già pensato a trovarmi un lavoretto in fretta...non per guadagnare chissà cosa, ma almeno per comprare qualcosa per me di tanto in tanto, o aiutare la mamma con le bollette. Se si fosse lasciata andare sarebbe tutto andato a rotoli, lei sarebbe finita in un centro di recupero e io a fare un mestiere sottopagato fino alla pensione. Così non dovevo lasciare che il treno partisse senza di me, la vita era più di quello.
-Altrimenti?- mi incitò a continuare lui. 
-Altrimenti niente-. Per fortuna in quel momento entrò la prof.
-Salve a tutti, il mio nome è Daphne Beauville, e sì, mio padre è francese. Vi dico cose che probabilmente saprete già: per avere il credito bisogna seguire almeno il 70% delle mie lezioni; e ovviamente dovrete essere promossi. Sono richieste per questo la massima serietà ed il massimo impegno. Alcuni studenti li conosco già, quelli che hanno frequentato questo corso anche gli anni passati. E' inutile però che io chieda il nome di ognuno, farei una grande confusione io per ricordarmeli e sarebbe una perdita di tempo per tutti.
-In questo corso dovrete imparare a creare- pausa d'effetto -l'Armonia. L'armonia tra due voci. Essa può apparire molto di più. Può apparire come l'armonia tra due persone, tra due anime, fa traboccare il cuore di emozioni. Tutto questo è dovuto alla sintonia che si crea e si sente sempre quando è forzata o spontanea. Certo, non si può avere tutte le volte, purtroppo, ma il nostro obbiettivo è quello di provarci.-
Proseguì con il suo discorso ancora per un po', dopo di ché ci disse il nostro primo compito, da cominciare in classe: 
-Allora, se conoscete già il vostro compagno di banco spostatevi accanto ad uno che non conoscete, altrimenti state dove siete.- non so se ero proprio contenta di essere con Nick. Ci furono degli spostamenti, la prof rimproverò alcuni studenti che non si erano mossi e li fece spostare lei, tra cui una ragazza che invidiai non appena la vidi. Sprigionava sicurezza, fascino e sensualità. Magari fossi stata come lei. Era una di quelle persone nate per stare al centro dell'attenzione. Ci mancava solo che fosse ricca e talentuosa. Il viso era incorniciato da una cascata di riccioli rosso tiziano, gli occhi grandi e marroni, lunghe gambe sinuose, evidenziate dal suo abbigliamento attillato.
-Le coppie dovranno pescare a sorte una canzone da quella scatola e presentarla davanti alla classe tra due settimane. Come primo compito vi do tempo. Ovviamente dovrete socializzare e conoscere il vostro compagno sennò metà della funzione di questo lavoro andrà perso. Poi quando tutti vi sarete esibiti giudicherò le tre coppie migliori.-
Alcune canzoni erano facili, altre difficili. Quando venne il nostro turno mi affidai a Nick, concentrandomi su di lui, sui suoi movimenti rilassati e fluidi, in modo da non sentire il peso degli sguardi di tutti, che sembravano perforare la mia schiena. Pescò un bigliettino sul fondo e prima di aprirlo mi sbirciò da sotto le lunghe e sottili ciglia nere, facendomi venire un groppo in gola. Lo aprì e lesse il nome del titolo e dell'autore ad alta voce: 
-Faithfully, di Journey.
… 
In piedi pronta per andare a casa, guardavo Nick impaziente che mi dicesse qualcosa. Lui mi guardò attento con quei sorprendenti occhi, come se cercasse qualcosa. Io puntualmente distolsi lo sguardo. Benché avessi desiderato distrarmi contemplandolo. Mi guardò ancora un po' e, come se fosse arrivato alla fine della sua opera, disse: 
- Le ragazze pure ed innocenti come te, secondo me hanno un fuoco dentro che nascondono agli occhi del mondo, anche a sé stesse...ma del resto le cose più belle sono poche, nascoste e non tutti le possono vedere. Bisogna conquistarsele- disse malizioso. Con il dorso di due dita mi sfiorò la guancia, e io ci misi un po' a metabolizzare le sue parole. Sotto quelle metafore c'erano degli evidenti doppi sensi. Era disgustoso...cioè, non proprio. Ero avvampata di calore ed indignata. Cosa gli faceva pensare che sarei andata a letto con lui?! Innegabilmente c'era una piccola parte di me lusingata e civettuola a cui aveva fatto piacere sia il suo gesto sia il suo pensiero. Ma non l'avrei mai ammesso, neanche a me stessa. Anzi, mi rimangio tutto. Indifferente dissi:
-Pensando a cose più importanti e produttive che cosa hai intenzione di fare?-. Si era accesa una luce strana nei suoi occhi. Oh, merda. 
-Riguardo al lavoro che dobbiamo fare insieme, ovviamente- precisai.
-Potremmo andare a casa mia...o a casa tua se preferisci- propose, non riferendosi del tutto al nostro compito. Allarme luce maliziosa! Din din din! 
-A casa tua- dissi facendo finta di niente e sollevata di non dover rischiare che vedesse mia madre o la nostra casa. -Vengo sabato, ok?
-Va bene...-. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò:
-Non finisce qui. Ottengo sempre quello che voglio- respirò sul mio collo. Mi allontanai camminando e facendo finta di niente quando suonò la campanella. Facendo finta di non avere preso la scossa dalla testa ai piedi e di non essere avvampata.
Mi voltai per controllare se era ancora lì e lo vidi avvinghiato ad una ragazza...indovinate un po'? La ragazza dai capelli rosso tiziano! Non ci credo! Lei lasciò la bocca di lui per baciargli il collo. Che spudorati! Pensavano che tutto il mondo volesse vedere l'anteprima di ciò che facevano in camera da letto? Lui aprì gli occhi, guardandomi, soddisfatto della mia reazione. Indignata, orgogliosa e un po' offesa. Ohi ma cosa mi prendeva? Non avevo assolutamente né tempo né voglia di perdere un solo secondo con quel bastardo. Così gli sorrisi composta, glaciale e, a testa alta, proseguii per la mia strada. Il corridoio.

Presi l'autobus per tornare a casa. Non era pieno zeppo come al mattino dove non si respirava. In prima superiore avevo preso la mononucleosi per colpa della vicinanza forzata che c'era, e c'è anche oggi, sugli autobus. Ne ero certa perché non avevo mai baciato un ragazzo o avuto il minimo approccio con uno di loro, neanche con scopi amichevoli. Con le amiche non ero mai stata una di quelle le che bacia e urla di gioia appena se le trova davanti. In realtà un po' le compativo quelle ragazze, sembravano isteriche, ma non mi piaceva giudicare, non lo ritenevo giusto, quindi appena lo pensavo mi rimangiavo il pensiero. Non sopportavo le ingiustizie, appena ne vedevo una sentivo un moto di rabbia ribollire dentro di me, anche per le cose più banali, come i favoritismi di qualche insegnante a scuola, le persone che trattano bene solo chi gli pare a loro e sono stronze con tutto il resto del mondo che è, secondo loro, infimo ecc. Certo, dentro di me poteva esserci un fuoco che desiderava ardentemente bruciare tutte le ingiustizie del mondo, però poi il mio carattere, il mio modo di essere me l'avevano sempre impedito...Oh no. Il fuoco. Nick! Ero riuscita a non pensare alla mia dignità calpestata e poi mi ero data la zappa sui piedi! Che dire? Niente. Possibile, però, che il mio discorso desse, in piccola parte, ragione al suo? Cioè, il fatto di ammettere che dentro di me ci fosse un fuoco, come lui aveva constatato, era già molto. Voleva dire che un po' gliela davo vinta.

Misi energicamente questi pensieri deprimenti da parte e mi infilai nelle orecchie gli auricolari del mio antiquato mp3 nero della Sony. “Che sollievo, finalmente potrò stare con me stessa senza reprimermi, senza maschere. In pace. Libera”. Capivo che una canzone mi prendeva se cominciavo a cantarla, a volte a squarciagola persino. Canticchiarla no. Non mi piaceva canticchiare le canzoni perché per me era, ed è, un modo troppo confuso, anche se più discreto, per dare impulso alla canzone che si canta, per far rivivere il momento. Non si rende bene l'idea della profondità dei sentimenti e delle sensazioni che trasmette. Canticchiando non riuscivo a farmi compagnia da sola. Sì, con la musica mi sentivo meno sola. Riusciva a riempire tutti gli spazi vuoti della mia vita, da sempre. Riusciva a farmi dimenticare i buchi intorno e dentro di me, le cose che mi facevano sentire vuota. Come quando soffri per qualcuno che se n'è andato, portando con sé un pezzo di te, lacerandoti. Quel vuoto non si potrà mai colmare definitivamente. Nessuno può essere sostituito.
Alcune persone sfogano i loro dolori avventandosi sul cibo, diventando aggressive, in casi peggiori offuscando se stessi nella droga o...annegando nell'alcool. Ma questo è per le persone più fragili, che non hanno saputo reggere il peso che questa vita ha dato loro. Le persone forti affrontano tutto, si lasciano attraversare dal dolore che le scuote da cima a fondo e, all'inizio sembra insostenibile, destinato a non finire mai, poi si abituano al peso di questa esistenza. Mi ricordava un po' Atlante, costretto a sostenere il peso immenso della volta celeste. Ma è così. E' giusto così. Sembra giusto solo pensando che in questo modo possono esistere tutte le gioie, le cose belle del mondo. I momenti di felicità. Solo che a volte capitano le cose peggiori alle persone migliori, a chi non se le merita affatto e, queste, sono le vere ingiustizie. Ma, forse, alcune delle tante prove ci capitano proprio per metterci in discussione. Per testarci. Che vita crudele. Se siamo forti, chissà cosa succederà, e se non lo siamo...non si sa. Crolliamo. Come mia madre.

  
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