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Autore: smile_tears    24/12/2014    4 recensioni
Dovevo aiutare Candy, ma di certo non potevo presentarmi a casa sua e dire: “Ciao sono Louis Tomlinson, uno dei figli di Babbo Natale. Ho letto per sbaglio la tua lettera e sono venuto qui per trovarti un ragazzo. Quando sarai di nuovo felice, sparirò nel nulla così come sono arrivato.”
Non potevo dire una cosa del genere, chiunque mi avrebbe preso per pazzo.
Storia scritta in collaborazione con Clouds_Jas.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Caro Babbo Natale,
so che non esisti, ma credo ancora in te come anima e cuore.
Per Natale vorrei tanto ricevere l’amore vero.
Chiedo a te, cuore, di innamorarti per davvero.
Sempre tua,
Candy.”
 
Polo Nord, 23 dicembre 2014
 
«Se vedo altri giocattoli vomito» dissi con evidente disgusto.
I bambini di tutto il mondo avevano aumentato il numero di desideri e agli elfi toccava fare il doppio del lavoro.
«Ma signorino Lou!» ribatté Evee scuotendo la testa.
Cominciai a scaldarmi «Signorino un corno! Se mio padre mi avesse voluto bene avrei preso io il suo posto, non… quello!»
Già, quello. Il mio gemello, colui che ha preso il mio posto in tutto, vivendo la mia vita come se fosse la sua. Solo per tre minuti, tre maledettissimi minuti.
L’elfo Evee mi guardava con aria afflitta. «Ma tu sei a capo di tutti gli aiutanti di Babbo Natale, è un grandissimo onore»
Lo ignorai lasciando la fabbrica e dirigendomi verso il mio luogo preferito: lo studio di mio padre.
 
Lettere colorate erano ammucchiate sulla scrivania in modo molto confusionario. Adoravo leggere i desideri dei bambini.
Sorrisi leggermente, pensando che mi sarebbe piaciuto moltissimo avere un’infanzia normale, sognando la magia del natale e non facendone parte.
Mi sedetti su una poltrona e allungai pigramente la mano su un normale bigliettino bianco, mentre il calore della stanza si insidiava nelle ossa riscaldandomi.
Mi colpì subito la grafia, troppo ordinata e curata per appartenere ad un bambino, e preso dalla curiosità aprii la bustina e cominciai a leggere.
 
“Caro Babbo Natale,
so che non esisti, ma credo ancora in te come anima e cuore.
Per Natale vorrei tanto ricevere l’amore vero.
Chiedo a te, cuore, di innamorarti per davvero.
Sempre tua,
Candy.”
 
Immaginai una ragazza dolce e sensibile, una di quelle che si siedono su una panchina a leggere invece che uscire con le amiche a divertirsi. La immaginai piangere con il cuore spezzato, a  causa di un ragazzo troppo stupido per accorgersi dell’amore che lei poteva donargli. La immaginai sognare con lo sguardo perso fuori dalla finestra, gli occhi un po’ lucidi e le mani strette intorno alla vita, in una sorta di abbraccio.
Sentivo di dover fare qualcosa. Dovevo preparare un piano, ma per metterlo in atto avrei dovuto parlare con mio padre.
Proprio in quel momento l’uomo barbuto entrò nello studio in tutta la sua possenza, con i vestiti impregnati di neve e gli occhi sorridenti. «Che ci fai qui, Lou?»
Sbuffai un tantino. Avevo bisogno di qualcosa da dire e subito. «Pensavo di prendermi una vacanza quest’anno!»
Mio padre assunse un’aria sorpresa, non avevo mai osato ribellarmi a lui, soprattutto nel periodo natalizio. «Solo per quest’anno»
La severità sostituì la sorpresa nei suoi occhi. «Non se ne parla, Louis» Il fatto che mi avesse chiamato Louis e non Lou come suo solito era un simbolo della sua evidente arrabbiatura e rabbrividii spaventato. «Qui abbiamo bisogno di te, il Natale non è uno scherzo, tu sei il capo degli aiutanti di Babbo Natale, loro hanno bisogno di te, sei l’anello chiave che lega me a loro. Senza di te non sapranno cosa fare»
La rabbia cominciò a farsi sentire. «Ti ricordo che io ho un fratello!» Avevo voglia di prendergli la barba e legarla ad un palo su una barca in mezzo all’Artico.
«Ti ricordo che tuo fratello Kith dovrà prendere il mio posto l’anno prossimo, non il tuo»
Kith era il problema di tutto. Kith mi aveva rovinato la vita senza accorgersene e con il sorriso sulle labbra.
«Non mi interessa. Hai sempre preferito lui a me, questa ne è la dimostrazione»
Urlai così forte che quasi non riconobbi la mia voce. «Hai il tempo di preoccuparti di tutti i bambini del mondo e non di uno dei tuoi figli»
Mio padre sembrava a corto di parole. Le sue guance avevano preso il colore del fuoco e i suoi occhi mi stavano guardando tristemente. L'avevo ferito, ma non m'importava.
Mi strinsi nel mio giubbotto grigio e sbattendo la porta dissi: «Ce la farai anche senza di me, dopo tutto io non sono nessuno»
Non appena uscii il freddo mi colpì in pieno volto, ma non me ne importai. Dovevo sbollire la rabbia e il freddo pungente mi sembrava l’unica alternativa plausibile.
Cominciai a camminare senza meta, con le mani immerse nelle tasche del giubbotto, e il rumore della neve che sfrigolava passo dopo passo.  Riuscivo solo a pensare a quello che avevo detto a mio padre.
Ero stato molto duro, ne ero consapevole, ma infondo se lo meritava. Ogni giorno la stessa storia: “Kith questo, Kith quello”, lo elogiava, mi rinfacciava di non essere come lui facendomi sentire  una merda.
Mentre camminavo, un paio di scarpe a punta si fece largo nella mia visuale. Alzai lo sguardo e non potei far a meno di sorridere beffardo. Fu come guardarsi allo specchio. Un ragazzo abbastanza alto, dalla figura esile e slanciata; capelli castani abbastanza lunghi, barba incolta e occhi azzurri, profondi come il mare ma allo stesso tempo freddi come il ghiaccio.
L’unica cosa che rendeva diversi me e la persona che mi si stava di fronte erano le scarpe.
Tutti gli abitanti del polo nord dovevano portare le scarpe a punta, ma io ne indossavo un paio da tennis, come segno di ribellione a quell’accessorio inutile, che non faceva altro che uniformarmi al resto della gente. Mentre l’altro, essendo mister perfezione, le calzava come fossero motivo di vanto.
«Indossi ancora quegli obbrobri?» Ero inorridito. Tali capi di abbigliamento avrebbero dovuto essere illegali. «La ragione per cui nessuno indossa più roba così è evidente: fanno cacare»
Il Moretto rise. Era davvero inquietante avere un gemello identico, ogni volta che lo guardavo non potevo far a meno di pensare a quanto fossimo diversi. «Sai, non saranno l’accessorio più modaiolo della terra, ma sono pratiche e comode. Dovresti provarle fratellino! Magari questo Natale potresti trovarle sotto l’albero» Mi fece l’occhiolino e io mi grattai la testa.
«Kith, l tuo lavoro è rendere felice la gente, non farla piangere!»
Il verbo “piangere” mi ricondusse a Candy e il sorriso sfiorì dalle mie labbra. Probabilmente il mio gemello lo notò e da anima candida qual era mi chiese spiegazioni.
«Pochi minuti fa ho letto la lettera di una ragazza che desiderava soltanto qualcuno da amare, vorrei aiutarla, ma non ne sono in grado»
Mio fratello mi abbracciò con stampata in viso un’espressione allegra. Lui era così, sempre pieno di allegria. Era impossibile persino per me odiare la persona più buona del mondo. «Io posso aiutarti! Ho accesso a tutte le informazioni su tutte le persone del mondo e posso darti la mia Porsche per oggi»
«Io non ti capisco – Dissi divertito. – Consegni i regali con una Porsche volante bianca e poi non ti concedi il lusso di usare scarpe normali… Valli a capire i Babbi Natale moderni!»
«A proposito di modernità! Lo sai che sul mio cellulare ho un’applicazione con la quale posso sapere tutto di tutti?»
Lo guardai negli occhi con evidente ammirazione e stupore. «Wow, la tecnologia di oggi è qualcosa di assurdo! Cerca Candy Wess di Doncaster.»
Guardai Kith armeggiare interessato sul suo cellulare. «Candy Wess… Los Angeles, Londra, Abinsk, Doncaster, eccola!» Voltò lo schermo del cellulare verso di me e mi mostrò la foto di una ragazza dal viso dolce, a forma di cuore, incorniciato da miriadi di ricci dorati. Era bellissima.
«Aspetta due secondi… L’applicazione di cui parlavi era Facebook? Devi sempre prendermi per il culo brutto idiota? E io che pesavo a chissà quali congegni miracolosi!»
«Bisogna sapersi accontentare, fratellino- disse sorridendo beffardamente. –Ora mi spieghi cos’hai intenzione di fare?»
«Vorrei solo rendere felice questa ragazza. La sua lettera mi ha colpito particolarmente»
Aveva gli occhi incollai al suo cellulare, sembrava quasi incantato. «Questa ragazza è figlia di una coppia divorziata. Lei vive nella villa di suo padre, ma lui non c'è mai a causa del lavoro… Questo è tutto. Sei sicuro di voler andare da lei?»
Qualcosa mi suggeriva di seguire il mio cuore e andare a Doncaster, da Candy, trovare qualcuno adatto a lei e poi ritornare alla vita normale del Polo Nord.
«Si, sento che è la cosa giusta da fare»
Kith mi passò le chiavi della macchina. «Guida piano, mi  raccomando»
Mi allontanai da lui dirigendomi verso il garage. « Grazie»
Mentre mi allontanavo lo sentii mormorare qualcosa tra se e se: «Sento il profumo di un amore natalizio»
 
Ero in viaggio verso Doncaster già da un po’ ed avevo la testa piena di pensieri.
Dovevo aiutare Candy, ma di certo non potevo presentarmi a casa sua e dire: “Ciao sono Louis Tomlinson, uno dei figli di Babbo Natale. Ho letto per sbaglio la tua lettera e sono venuto qui per trovarti un ragazzo. Quando sarai di nuovo felice, sparirò nel nulla così come sono arrivato.”
Non potevo dire una cosa del genere, chiunque mi avrebbe preso per pazzo. A volte la verità non è la via più giusta da intraprendere, anche se mentirle non sarebbe servito a nulla. Cosa avrei dovuto fare? Mentire o dire la verità?
Decisi di soffocare i miei pensieri e di seguire l’istinto.
Senza tanti problemi ero arrivato a Doncaster: una piccola e tranquilla cittadina situata al centro dell’Inghilterra, precisamente nella contea del South Yorkshire.
Il clima natalizio era forte e chiaro: file di macchine, persone che reggevano enormi uste della spesa, bambini che urlavano e milioni di lucette accese in cielo come mille stelle artificiali.
«La residenza dei Wess si trovava a pochi metri da un enorme parco nel cuore della città. Non puoi sbagliarti ragazzo, è un’enorme villa, si distingue da tutte le altre case della zona.» Mi suggerì gentile vecchietto vestito da Babbo Natale davanti ad un negozio di giocattoli.
Camminavo sorridente, mi faceva piacere stare un po’ da solo e non avere intorno elfi ansiosi e super eccitati dal nuovo Natale in arrivo. Mi piaceva particolarmente trovarmi in Europa, il clima non era per niente male per un ragazzo del Polo Nord!
Prim’ancora di metabolizzare, mi ritrovai davanti ad un maestoso ed elaborato cancello argentato con al centro inciso il cognome WESS in oro.
L’ansia s’impossessò di me: cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto dire?
Sul muro si intravedeva l’ombra di un campanello, lo suonai e qualcuno mi rispose con voce annoiata: “Con chi ho il piacere di parlare?”
 Mi sembrava di parlare col muro, tanto era falso l’accento con cui quella donna aveva detto “piacere”. «Buongiorno signora. Sono Louis Tomlinson, un compagno di classe di Candy. Devo parlarle, potrebbe farmi entrare?»
Il cancello si aprì d’un tratto e io lo varcai.
Rimasi sconvolto da quello che mi ritrovai davanti agli occhi: un percorso in marmo bianco immerso in un prato folto e verde interrotto ogni tanto da alberi sempreverdi e piccole piantine di cui ignoravo anche l’esistenza.
Sopra la mia testa, una scia di fili luminosi erano intrecciati creando una sorta di tappeto dei colori tipici del Natale: bianco, verde e rosso.
La cosa più bella, però, era l’enorme villa alla fine della stradicciola. Sembrava l’incrocio tra un vecchio palazzo romano e la Casa Bianca: un ampio porticato retto da solenni colonne ioniche, un portone intarsiato e arcuato scolpito nei minimi particolari, delle ampie finestre anch’esse sovrastate da intarsi e un’altezza imponente.
 
La porta d’ingresso mi fu aperta da una ragazzina con enormi occhi grigio-azzurri che mi fissavano dal basso incuriositi. «Wow! – Esclamò lei meravigliata spalancando quasi in modo teatrale la sua boccuccia sottile. – Stavolta mio padre si è superato, sei un figo assurdo!»
Arrossii, sorpreso dalla strana affermazione che aveva appena lasciato le sue labbra. «Scusa?»
Lei sorrise e un delizioso riccio color platino le si posò sulla fronte. «Non sei uno di quei ragazzi dell’alta società americana con cui mio padre vuole assolutamente che io abbia a che fare?»
Annuii un po’ confuso. In che guaio mi ero cacciato? Era lei la Candy Wess dolce, carina e triste? Non poteva esserlo con quegli occhioni felici e l’aria sbarazzina. Forse avevo sbagliato persona. «Sei tu Candy Wess?» Chiesi con un pizzico di preoccupazione nella voce.
«No, sono una ragazza che vuole assolutamente essere Candy, quindi mi vesto come lei, parlo come lei e mi sono addirittura rifatta i connotati per somigliarle. Certo che sono io!»
Wow. Era completamente pazza.
«Ok, ora usciamo da questa casa! Mi manca l’aria.» Concluse.
Dovevo cercare di farla ridere e di farle conoscere ragazzi facendolo sembrare un incidente. Era arduo, ma non impossibile.
«Ehi Candy… Perché tuo padre vuole che frequenti ragazzi della… ehm… Classe alta?»
Lei mi guardò perdendo un filo della sua aria pimpante. «Non c’è mai a casa e quindi crede che mi faccia piacere vedere una persona diversa ogni giorno.»
«Invece a te piacerebbe solo stare con lui una volta ogni tanto, vero?»
Le sue labbra si piegarono in un sorriso amareggiato. «Già. – Sospirò. – Ehi, ma tu per caso stai seguendo i corsi per diventare psicologo?  Dal tuo aspetto sembri più grande di me. Quanti anni hai?»
«Oggi compio ventitré anni e diciamo che non sto seguendo nessun percorso scolastico al momento. Tu invece? Parlami di te.»
Candy mi saltò al collo stringendomi forte. «Tanti auguri! Baby bisogna festeggiare, offro io!» Mi prese per mano e mi trascinò in un bar dall’aria molto lussuosa.
Ci sedemmo ad un tavolino e mi chiese cosa preferissi. «Un cappuccino.»
Un bel ragazzo dagli occhi castani e i capelli scuri ci chiese le ordinazioni, porgendoci un sofisticato menù con nomi di pietanze di cui ignoravo l’esistenza. «Non serve, grazie. Per ora prenderemo soltanto due cappuccini, se possibile.»
Il cameriere annui e, sorridendole, ci lasciò di nuovo soli.
«Quello ti sta mangiando con gli occhi.» Dissi divertito. “Quello” sarebbe stato la mia prima preda.
Lei si girò di scatto e lo salutò. «Sembra carino, quando tornerà con le nostre ordinazioni stendilo donna!»
La biondina sembrava confusa e divertita insieme. «Si è carino, solo che io in certe situazioni non so proprio come comportarmi. – Sul viso le comparve un’espressione preoccupata. – Sai, ogni volta che esco con qualcuno interessato a me, faccio in modo di rovinare tutto»
Mi faceva male vederla in quelle condizioni. «Io non sono mai uscito con nessuno.»
I suoi occhioni si spalancarono. «UN FIGO COME TE NON È MAI USCITO CON NESSUNO?»
Con chi avrei dovuto uscire al Polo Nord? Con le stalagmiti?
«Beh, non mi è mai interessata nessuna in particolare. Preferivo lavorare.»
«Sei gay?» Il suo tono era ricco di sarcasmo.
«Non credo di esserlo, no.» Risposi ridendo. Era così piena di vita, era difficile non sorridere, anche se non la conoscevo nemmeno un po’. «Sta arrivando il fusto. Provaci con lui, su!»
“Quello” continuava a fissare Candy come io fissavo il mio cappuccino: con interesse.
«Ehi, lo sai che hai le iridi dello stesso colore del pelo del mio cane Molly?»
La guardò scandalizzato e prima di andare sbiascicò un grazie poco convinto.
Mi stavo facendo sotto dalle risate. «Usciamo via di qui prima che lui ti chieda di essere portato al parco per fare i bisognini!»
«Zitto tu signor “ho ventitré anni e non ho mai toccato una ragazza”!»
Uscimmo dal bar e davanti a noi spuntò  una coppietta e d’improvviso la vidi rabbuiarsi, così cercai di distrarla un po’. «Ora dove mi porterai Biondina?»
Si voltò verso di me e con la sua solita sfacciataggine, disse: «Al centro!»
 
Passeggiavamo tranquillamente lungo il corso affollato, quando un ragazzo a me sconosciuto salutò Candy.
Era alto, molto più di me, e la sua figura slanciata pendeva leggermente verso sinistra. Aveva un viso dolce, dalla carnagione chiara, dove spiccavano due grandi occhi verdi, resi più scuri a causa della fioca luce proveniente dai lampioni e coperti in parte da alcuni ricci castani, che gli ricadevano scomposti sul viso. Stava sorridendo apertamente, mettendo in mostra i denti perfettamente dritti, e facendo comparire due fossette ai lati delle guance, che rendevano il suo viso ancora più da bambino.
La biondina accanto a me sembrava ipnotizzata. Stava sorridendo, con lo sguardo perso chissà dove, e non accennava a muoversi.
Le tirai una leggera gomitata nelle costole, facendola così riprendere dal suo stato comatoso, mentre lei mi incenerì con lo sguardo.
«Mi spieghi chi è questo tipo, dato che da quando l’hai visto hai smesso di ragionare?»
Riprese la sua aria sognante, mentre mordendosi un labbro continuava a mandare occhiate furtive al riccio di fronte a noi. «È un mio compagno di classe. Il ragazzo più bello della scuola. No, di tutta Doncaster. Ma che dico, è il più bello di tutta la Gran Bretagna»
Ruotai gli occhi al cielo, stanco di sentire i suoi deliri, e le misi una mano davanti alla bocca per impedirle di parlare. «Ok, hai chiarito il concetto. Ora, se hai finito di sbavare, vai da lui e parlagli, voglio proprio vedere se sei così disastrosa nel flirtare»
Mi scoccò un’altra delle sue occhiate di fuoco, poi mi diede le spalle ed incominciò a correre verso il suo secondo spasimante.
«Harry!» quasi urlò, agitando un braccio in sua direzione.
Il ragazzo si voltò verso di lei, regalandole un altro di quei sorrisi mozzafiato. «Ciao Candy, come stai? Come stai trascorrendo le vacanze?»
La bionda sorrise, come mai l’avevo vista fare da quando ero con lei, con gli occhi blu pieni di gioia.
Forse stavolta ce l’avevamo fatta, forse era davvero quello giusto, quello che l’avrebbe resa felice.
Li osservavo parlare concitatamente, scambiandosi sguardi inequivocabilmente civettuoli. Sembravano andare molto d’accordo quei due, non riuscivo a capire perché ancora non si fossero messi insieme.
D’improvviso vidi Candy avvicinarsi al riccio, con l’intenzione di tirargli un pugno scherzoso sul braccio, ma nel farlo inciampò in una mattonella rialzata con il tacco. Nel tentativo di non cadere, pestò il piede al moro che cadde all’indietro trascinandosela con se.
Sbarrai gli occhi, per poi coprirmi il viso con le mani pur di non assistere all’ennesimo rifiuto. Imbranata, quella ragazza era completamente imbranata.
Mi decisi a spostare le mani solo quando sentii una risata maschile risuonarmi nelle orecchie.  Il riccio, Harry mi pare, era seduto a terra che rideva di gusto con le lacrime agli occhi. Davanti a lui c’era una Candy spaesata e sorpresa almeno quanto me.
Insomma, chi si metterebbe a ridere in momenti del genere?
Lo aiutò a rialzarsi pronunciando quelle che sembravano un fiume in piena di scuse. Lui le prese la mano e senza smettere di ridere le disse qualcosa tipo: «Sono stato io a cadere, tu mi hai solo pestato un piede! Non preoccuparti.»
Si aggiustò il berretto blu sulla testa.  «Bene, io ora devo andare. Ho la lezione di pianoforte oggi, ricordi?»
Candy annuì dispiaciuta, ma non fece in tempo a dire nient’altro che il riccio la  interruppe nuovamente. «Che ne dici di uscire insieme uno di questi giorni?»
La ragazza sembrò al settimo cielo. «Certo, mi farebbe molto piacere.»
Si sorrisero nuovamente, poi Harry la salutò con un bacio sulla guancia e corse via, lasciando di se solo la scia di orme nella neve fresca.
La biondina tornò da me sorridendomi «Grazie Louis, grazie, grazie!»
Risi dolcemente, era stupendo sapere di essere riuscito ad aiutarla.
«Ed ora dove hai intenzione di portarmi, signorina “ho un appuntamento con Harry”?»
Si separò da me e con un dito indicò un edificio poco distante da noi. «Lì, ho voglia di pattinare»
Era bello stare con Candy, era simpaticamente goffa e adoravo il suo modo di parlare: sembrava una macchinetta, le parole le uscivano dalle labbra come un fiume in piena.  Ero affascinato dal suo carattere allegro.
«Sono ancora sorpreso dal fatto che tu non abbia detto a quell’Harry che le sue guance arrossate avevano lo stesso colorito del culo di un babbuino!»
Scoppiammo a ridere insieme, e poi lei si fece improvvisamente seria. «Avrei anche potuto!»
«Se questo è il tuo modo di flirtare capisco perché tutti i tuoi appuntamenti non siano andati a buon fine!»
Lei si finse offesa e s’imbronciò. «Allora mostrami come flirtare!»
Intanto eravamo arrivati alla pista di pattinaggio: un enorme patina ghiacciata contornata da un recinto di plastica colorate. Bambini, ragazzi e grandi scivolavano sui pattini goffamente o in modo fluido. Io amavo pattinare ed ero anche abbastanza bravo.
«Attenta Candy, a giocare con il fuoco ci si brucia…» Mi misi una mano nei capelli tirandoli un po’ all’indietro, mentre  freddi fiocchi di neve me li inumidivano.
Entrai in pista e iniziai a pattinare. Mi sentivo a mio agio, libero di muovermi a mio piacimento. Ed è proprio questo che iniziai a fare, pattinai senza pensare a niente e a nessuno, come se ci fossi stato solo io. Mi risvegliai solo quando sentii una voce familiare emettere un lamento.
Mi voltai e vidi Candy a terra, un broncio le increspava le labbra fini.
«Cos’è successo?» le chiesi andandole incontro.
Borbottò fra se, poi arrossì, rendendo le guance di un rosso tenue. «Succede che io non so pattinare»
Iniziai a guardarla scettico: non era stai lei a proporre di andare a pattinare?
Lei intuì la domanda che stavo per farle, ed arrossì ancora di più. «Volevo solo che tu ti divertissi, hai fatto tanto per me oggi»
La guardai incredulo, per poi sorriderle dolcemente  e porgerle una mano, per aiutarla a rialzarsi. «Dai, alzati, ti insegno io»
Mi guardò, gli occhi blu pieni di entusiasmo e mi sorrise, proprio come l’avevo vista fare quando era con Harry.
Mi misi di fronte a lei e le presi entrambe le mani. Iniziai a pattinare all’indietro e molto lentamente la portai con me, spiegandole come doveva fare per mantenersi in equilibrio.
Dopo un po’ provai a lasciarla sola, ma continuai comunque a starle vicino per paura che cadesse.
Detto fatto. Si distrasse un attimo, per guardare un bambino che le stava passando accanto, e perse l’equilibrio. Fortunatamente riuscii a prenderla in tempo, facendola rimanere in posizione eretta, trovandomi a pochi centimetri dal suo viso.
Mi fissò  con gli occhi carichi di vergogna, e io mi avvicinai a lei, scostandole una ciocca di capelli. «Sai, il tuo viso ha una delle forme più rare esistenti al mondo, quella a cuore, che non fa altro che renderti più bella. Per non parlare dei tuoi occhi, che sono i più belli che io abbia mai visto. Hanno il colore del mare in tempesta, tempesta che tu hai dentro di te. Amo il fatto che usi quei tacchi vertiginosi per mascherare la tua misera altezza, ti rendono una piccola bambola di porcellana ai miei occhi. Amo i tuoi ricci, che risaltano sulla tua pelle candida, sembri un angelo»
Candy mi guardò intensamente, vedevo crescere lo scintillio delle sue pupille aumentare quando avvicinai il mio viso al suo.
Mi fermai a pochi millimetri dalle sue labbra e scoppiai a riderle in faccia, lasciandola basita. «Hai visto? Ci sei cascata anche tu! Io sono il mago dei flirt!»
Il suo volto diventò paonazzo. «Sei un idiota, un bastardo, un lurido orrendo verme!»
Alle sue minacce cominciai a ridere ancora più rumorosamente tendendomi la pancia con le mani. All’improvviso lo sguardo mi cadde su un orologio: si era fatto tardi ed era ora di tornare a casa. «Devo andare, la mia missione è compiuta, non ho più niente da fare qui»
La biondina mi guardò corrugando le sopracciglia, non comprendendo bene le mie parole.
«Io non sono chi tu credi, Candy. Io sono Louis Tomlinson, uno dei due gemelli figli di Babbo Natale. Sono stato declassato ad elfo, perché sono nato tre minuti prima della mezzanotte del 25 dicembre e sono stato giudicato indegno di essere il successore di mio padre. Sono qui perché ho letto per caso la tua lettera e ho deciso di aiutarti. Ora sono riuscito a renderti felice, per cui devo tornare al Polo ad aiutare gli altri elfi. È stato un piacere conoscerti Candy, sei davvero una brava ragazza. Spero tu sia felice con Harry. Infondo chiedevi soltanto qualcuno che ti amasse, no? Ora ce l’hai»
Le diedi le spalle allontanandomi da lei senza nemmeno darle il tempo di parlare o di accertarmi se mi avesse creduto o meno.
Una presa salda sul mio braccio mi impedì di proseguire, così mi girai. Candy era di fronte a me, sul viso aveva un’espressione tremendamente seria, che in quelle ore non le avevo mai visto addosso. «Io non voglio essere felice con Harry, voglio essere felice con te»
Non feci nemmeno in tempo ad assimilare le sue parole, che mi colse di sorpresa e mi baciò, portando le sue braccia attorno al mio collo. Mi lasciai trasportare e ricambiai il bacio, stringendole la vita e avvicinandola maggiormente a me.
«Ti rendi conto di cosa mi hai detto, vero?» le chiesi una volta separati.
Si morse un labbro distrattamente ed annuì. «Pur di stare con te verrei a vivere al Polo Nord»
«Bene, allora preparati, perché io devo tornare immediatamente a casa se non voglio essere declassato anche dall’essere un elfo»
 
Quando arrivammo al polo Nord, trovai Kith e mio padre ad aspettarmi. Mi ero preparato mentalmente ad una bella strigliata, invece successe qualcosa che mi stupì: mio padre disse che le mie parole lo avevano fatto riflettere e che gli dispiaceva avermi fatto credere di essere meno importante di mio fratello, quando in realtà non era così. E in più ci riferì di aver preso una decisione: io e Kith avremmo
condiviso il posto di Babbo Natale.
Così la notte di Natale mi ritrovai sulla Porsche di mio fratello a consegnare regali insieme a lui e a Candy, che cantava una canzone di Natale. «Santa tell me if you’re really there, don’t make me fall in love again if he won’t be here next year. Santa tell me if he really cares, cause I can give it all away if he won’t be here next year»
«Perché stai cantando questa canzone, Candy?»
Si voltò verso di me, regalandomi un altro dei suoi splendidi sorrisi. «Direi che mi rispecchia no? Dice quasi le stesse cose che ho scritto nella mia lettera.
Volevo una persona da amare, che fosse rimasta con me, ed ora ho trovato te»
Sorrisi dolcemente, per poi iniziare ad intonare a mia volta “All I want for Christmas is you”.
«Perché stai cantando questa canzone, Louis?»
«Perché credo mi rispecchi» le risposi ghignando.
Candy si avvicinò a me e mi baciò, sorridendo sulle mie labbra.
Si, lei era tutto ciò che volevo per Natale.
 
 
 
 
 

Hola!
Sono tornata con questa storia, scritta per il compleanno di Louis, in compagnia di Clouds_Jas.
Jasmine, sappi che ti ringrazio. Anche se a volte mi sono arrabbiata, non sarei mai riuscita a concludere questa storia senza di te, per cui grazie, grazie, grazie.
Un altro ringraziamento speciale va a Carrots_Curls, che mi ha fatto questo bellissimo banner, anche se gliel’ho chiesto solo due giorni fa.
Credo di non avere nient’altro da dire. Voglio solo fare i miei auguri al nostro ventitreenne, per cui… Auguri Louis!
Ora vado, ci rivediamo con la one shot che scriverò per il compleanno di Zayn, sperando che riesca a pubblicarla in orario.
A presto,
Miky.
 
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