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Autore: blackmiranda    25/12/2014    10 recensioni
Cinque mesi dopo la sonora sconfitta, Ade riesce finalmente ad uscire dal fiume infernale in cui Ercole l'ha scaraventato. Purtroppo per lui, i progetti di vendetta dovranno attendere: una nuova minaccia si profila all'orizzonte, preannunciata da una profezia delle Parche, unita a quella che ha tutta l'aria di essere una proposta di matrimonio...
“E' molto semplice, fiorellino. Vedi, sono in giro da un bel po', e, anche a seguito di recenti avvenimenti non molto piacevoli, mi sono ritrovato, come dire, un po' solo. E così ho pensato, ehi, perché non cercare moglie?”
Persefone rimase interdetta. La situazione si faceva sempre più surreale, minuto dopo minuto.
“Tu... vorresti sposarmi?” balbettò incredula.

Questa è la storia di Ade e Persefone, ovvero di un matrimonio complicato. Molto complicato.
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Ercole, Megara, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jealous much?

 

 

Persefone ebbe la sensazione che qualcuno le stesse perforando la tempia con un trapano appuntito. Si portò una mano tremante alla testa, gorgogliando molto poco graziosamente mentre tentava di alzarsi a sedere.

Socchiuse gli occhi, scorgendo a malapena i confini della camera in cui si trovava. Non era una stanza grande, ma era senz'altro ben arredata, con le pareti dipinte di una calda tinta marrone e un grande specchio appoggiato a un cassettone in legno.

Un'altra fitta di mal di testa la fece rannicchiare su se stessa. Odiava essere mortale. Per Zeus, avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare ad essere se stessa...anche se aveva subito talmente tante metamorfosi, nel giro di quella manciata di mesi, da non riconoscersi quasi più.

Si trascinò di fronte allo specchio, tenendosi la testa tra le mani. Aveva delle occhiaie spaventose, i capelli erano un cespuglio informe pieno di nodi e doveva aver sbavato durante la notte...per poco non scoppiò in lacrime, poi il suo sguardo cadde su un pettine in avorio e si ricompose.

Almeno non ho gli occhi rossi, pensò adoperandosi per riacquistare un aspetto decente. Ma come accidenti fa Megara a essere così perfetta?, si chiese, indispettita. Quella mortale dalle labbra rosse e gli occhi languidi era stata al servizio di Ade per un anno, o almeno così le sembrava di aver capito. Magari avrebbe potuto darle dei consigli su come comportarsi con lui...non che le importasse, beninteso.

Una volta pettinati i lunghi capelli biondi, si aggiustò per bene il chitone bianco che le avevano offerto in regalo i suoi ospiti, si sciacquò il viso nel catino di fianco al letto ed uscì dalla stanza con movimenti cauti per non farsi esplodere l'emicrania nella testa.

Il corridoio in cui si trovava era deserto. Facendosi guidare dalle correnti d'aria, Persefone lo percorse fino ad arrivare al cortile interno che aveva visitato il giorno prima. A giudicare dalla posizione del sole, doveva essere mattina tardi. Il suo pensiero volò ad Helios, anche lui assente quando si erano risvegliati alle pendici del monte Olimpo e considerato disperso. Anche se forse, si disse abbassandosi ad accarezzare i fiori in vaso, quelli realmente dispersi erano loro.

Una figura si mosse nel suo campo visivo e alzò lo sguardo per metterla a fuoco. Si trattava di un giovane uomo che non aveva mai visto prima, probabilmente uno dei servitori di Ercole. Era abbigliato con una corta tunica beige che gli lasciava scoperti le gambe e gli avambracci scolpiti; tra le braccia portava due grandi pithoi in argilla dall'aria pesante.

Il giovane rallentò il passo, accortosi della sua presenza, e Persefone si raddrizzò di scatto, imbarazzata. Una fitta tremenda le percorse la fronte e si portò una mano alla testa, barcollando leggermente.

“State bene, signorina?” la chiamò, avvicinandosi in fretta.

“Uh, no, non è niente...è solo un mal di testa...” balbettò lei, sentendo le guance imporporarsi. Il ragazzo si fermò a un metro di distanza da lei, la fronte corrugata. “Posso fare qualcosa? La riaccompagno in casa?”

Persefone lo fissò, incapace di proferire parola: era l'uomo più bello che avesse mai visto. Non che ne avesse visti molti, a onor del vero, ma il suo aspetto era tale da toglierle il fiato: riccioli bruni gli ricadevano sulla fronte alta, appena sopra agli occhi verde prato, incorniciati da lunghe ciglia nere. La sua carnagione era olivastra, scurita forse dall'abbronzatura.

“Signorina?” le fece, evidentemente preoccupato dal suo silenzio e dalla sua espressione imbambolata.

“No, no, ero uscita per prendere un po' d'aria...” disse lei gesticolando in direzione della propria stanza.

Lui accennò un sorriso tutto fossette che la fece tremare da capo a piedi. “È meglio non fissare il sole con il mal di testa.”

Persefone annuì lentamente, come ipnotizzata. “Credo che tu abbia ragione.” biascicò mentre il cuore sembrava volerle uscirle dal petto. Deglutì a fatica.

L'uomo fece un mezzo inchino, accennando ad andarsene.

“Aspetta!” esclamò lei, cercando di pensare in fretta a una scusa per non farlo andare via. “Potresti...ehm...mostrarmi come arrivare in sala da pranzo? Ho un po' fame.” buttò lì sorridendo.

“Ma certo.” rispose lui, solerte. Reggeva ancora i pithoi tra le braccia, ma la cosa non sembrava dargli per nulla fastidio. “Mi segua.”

 

***

 

“Urano ci ha resi mortali per punirci.” esordì Zeus in tono grave. “Considera gli esseri umani creature infime e patetiche e ha deciso di farci vivere e morire come tali.” Lanciò un'occhiata imbarazzata ad Ercole. “Senza offesa, figliolo.”

Il ragazzo scosse la testa. “Quindi adesso è Urano a governare il mondo?”

“Governa molto di più, temo.” rispose Zeus, afflitto.

“L'intero cosmo.” intervenne Atena in tono lugubre. I restanti ex-dei restarono in silenzio, i volti corrucciati.

Ade fece una smorfia. L'intero cosmo...egli stesso aveva aspirato a conquistarlo, in quella che gli sembrava un'altra vita, e che a pensarci bene in un certo senso lo era stata.

Appoggiò la guancia destra sulla mano. Era così stanco. Detestava ammetterlo a se stesso, ma si sentiva vecchio, come se il peso di tutti i suoi secoli gli fosse improvvisamente crollato addosso.

Un'idea inquietante gli si fece strada nella mente: e se si fosse ammalato? Sarebbe stata una cosa grave? L'avrebbe debilitato a lungo? Avrebbe potuto...ucciderlo?

La stanza in cui si trovavano, il tavolo attorno a cui si erano riuniti per discutere della situazione, Megafesso e tutti i suoi detestati colleghi scomparvero dal suo campo visivo, mentre un solo pensiero gli occupava la mente: sarebbe potuto morire.

Era buffo, in realtà, che non avesse realizzato quella piccola, odiosa verità fino a quel preciso momento. Eppure era così: sarebbe bastato un solo attimo di disattenzione, un solo passo falso, un unico insulso raffreddore per fargli tirare le cuoia, e qualcosa gli diceva che non ci sarebbe stato nessun Megafusto a salvarlo dallo Stige.

Per la prima volta in tutta la sua lunga esistenza si sentì in completa balia degli eventi: non aveva più alcun controllo sulla sua vita. Sarebbe morto come un signor nessuno e nessuno l'avrebbe rimpianto.

“...non si è ancora manifestato sulla terra, e non sappiamo quando deciderà di farlo,” proseguì intanto Zeus, ignaro delle cupe elucubrazioni del fratello, “ma temo che non avrà riguardi per nessuno, essere umano o divinità. Siamo sull'orlo di un'era oscura.”

Ade ripensò allo Stige, ai miliardi di anime intrappolate al suo interno ed alle sue acque verdi e putride che bruciavano come sale sulle ferite, e miriadi di puntini neri iniziarono ad offuscargli la vista.

“Deve pur esserci un modo per intervenire!” protestò Ercole serrando i pugni.

Gli ex-dei si guardarono l'un l'altro, come aspettandosi che qualcuno se ne uscisse con un'idea geniale di punto in bianco.

Atena si schiarì la voce. “Ci sarebbe un modo per riacquistare lo status di divinità...”

Ade si scostò bruscamente dal tavolo, facendo strisciare le gambe della sedia sul pavimento, si alzò in piedi e fece per allontanarsi, brancolante: non riusciva a vedere nulla e gli mancava il fiato.

“Ehi, cosa pensi di fare?!” gli abbaiò dietro Ares, scattando in piedi.

Ade non gli prestò la benché minima attenzione, le orecchie che ronzavano come vespe rabbiose. Riuscì a trascinarsi fino alla porta, la aprì e se la chiuse alle spalle, incespicò e cadde a faccia in giù.

Non ricordava di essersi mai sentito così male, in tutta la sua lunga esistenza. Si convinse di essere sul punto di morire e, suo malgrado, non riuscì a soffocare un singhiozzo. Sarebbe morto, sarebbe rimasto intrappolato per sempre nel vortice di fuoco, sprofondando sempre più giù, sempre più giù...

“Cosa diamine stai facendo?” gli fece all'improvviso la voce oltremodo seccata di Meg, al di là del ronzio.

Ade digrignò i denti per lo sforzo e sollevò appena la testa. “Sto morendo, Meg! Sto morendo!” piagnucolò mentre sbatteva freneticamente le palpebre nel tentativo di vedere qualcosa.

La sentì sbuffare. “Non essere ridicolo!”

“Vedo tutto nero...sento le forze mancare...” biascicò respirando affannosamente.

La donna si chinò su di lui. “Stai avendo un malore, tutto qui. Piantala di fare il buffone e alzati.”

“Non riesco..! Non ne ho la forza!” annaspò l'ex-dio dei morti. “Mi devi aiutare, Meg! Aiutami!” la supplicò con la voce più pietosa che gli riuscì di fare.

“Hmm...hai proprio una brutta cera. Forse mi sbaglio e stai davvero per morire...” fece lei senza preoccuparsi di nascondere il divertimento.

Ade emise un grido strozzato. “Ti prego, Meg, ti prego, non lasciarmi morire!”

La donna rise. “Perché mai dovrei farlo?”

“Io ho fatto in modo che il tuo uomo vivesse!” le ricordò lui, mentre il ronzio alle orecchie scemava e la vista gli si schiariva. Forse non stava morendo, dopotutto, rifletté sentendosi incredibilmente sollevato.

Meg sbuffò di nuovo. “A carissimo prezzo!”

“Ehi, io ho fatto la proposta, sei tu che hai accettatnnngh.” fece lui quando lei gli calpestò la mano sinistra.

“Prometti che lascerai in pace me e la mia famiglia, da questo momento in poi.” gli intimò con ferocia.

Ade emise un grido strozzato. “Mi stai frantumando la mano!” protestò cercando di sfilarla da sotto il piede di lei. Era incredibile quanta forza avesse quella ragazza, nonostante il fisico minuto...

“Promettilo!”

“Okay, okay! Lo prometto!”

Meg scostò il piede. Cauta, gli si accostò e gli passò un braccio sotto l'ascella sinistra. “Pesi una tonnellata, maledizione...” si lamentò tirandolo bruscamente verso l'alto.

Ade non replicò. La vista gli si era schiarita quasi del tutto, ma si sentiva debolissimo e a stento riuscì a mettersi in piedi.

“Vieni, ti porto in camera.” gli fece Meg, iniziando lentamente a camminare. Ade la imitò, poggiando gran parte del proprio peso su di lei.

“Non ho ancora scartato del tutto...l'ipotesi di stare morendo.” ammise arrancando.

“Credimi, non chiederei di meglio.” replicò la giovane, tremante sotto il suo peso.

Ade fece un pallido sorriso. Doveva ammettere che gli era mancato il suo inossidabile sarcasmo. “Credo davvero che tu...sia troppo dura con me. Non sono stato un buon boss?”

Meg lo fulminò con lo sguardo.

Ade scorse l'entrata della sala da pranzo. “Aspe...aspetta. Fammi sedere...cinque minuti.”

Lei annuì. “Per una volta sono d'accordo con te, boss.”

Entrati in sala da pranzo, furono accolti dalla risata squillante di Persefone, in piedi di fronte ad un tizio muscoloso dall'aria piuttosto compiaciuta. “Oh, come sei divertente! Raccontamene un'altra, ti prego!” trillò l'ex-dea, che non si era accorta del loro arrivo.

Ade sollevò un sopracciglio, poi socchiuse gli occhi. Il giovane uomo lo guardò, corrugando la fronte.

Ade si irrigidì e decise tra sé e sé che poteva aspettare ancora un po' prima di sedersi. Meg gli lanciò un'occhiata perplessa.

“Sì, raccontacene un'altra!” esclamò d'un tratto, glaciale. “Voglio ridere anch'io.”

Persefone si girò a guardarlo, gli occhioni tondi spalancati. “Ad...eh...sei tu!” balbettò, arrossendo all'istante.

Il tizio le sfiorò il braccio nudo, un gesto che ad Ade non piacque nemmeno un po'. “Ehm...c'è qualche problema?” chiese, un'espressione confusa stampata sul volto dai tratti regolari.

“Nooo, figurati!” rispose subito Ade, sorridendo minacciosamente. “Sono sempre molto contento quando qualcuno intrattiene mia moglie. Giusto qualche settimana fa abbiamo avuto degli ospiti molto graditi, tanto che mi sono rifiutato di farli andare via da casa mia.” raccontò, mentre il rossore sulle guance di Persefone svaniva, sostituito da un pallore malsano. “Ricordi, Seph? Due giovani e aitanti eroi, anche se, devo ammetterlo, non aitanti come lui...”

Il ragazzo fece un passo indietro. “Io...io non sapevo che fosse sposata, signore...”

Ade cedette alla debolezza e si sedette ad un capo del tavolo, senza però distogliere lo sguardo dall'uomo. “No, certo che no. Immagino che si sia ben guardata dal dirtelo.”

“Non si può biasimarla.” osservò Meg, facendo rapidamente segno al ragazzo di andarsene.

Ade finse di non averla sentita. Avvertì distintamente la rabbia montargli dentro e rimpianse di non poterla incanalare in un paio di fasci di fiamme roventi da dirigere dritti dritti verso il belloccio che si trovava di fronte.

“Chiedo scusa, signore.” biascicò il giovane prima di andarsene in fretta e furia.

Persefone lo seguì con lo sguardo, incapace di proferire parola. Dopodiché si girò verso di lui, il viso contorto in una smorfia di rabbia.

“Bene, Meg, ora puoi portarmi a letto.” fece Ade sogghignando.

“Non credo proprio.” replicò lei incrociando le braccia al petto.

Persefone gli si avvicinò e sbatté con violenza le mani sul tavolo. “Si può sapere che problemi hai?!” gridò con tutto il fiato che aveva in gola.

Ade non si scompose. “La mamma non ti ha insegnato il significato di adulterio, riccioli d'oro?”

“Stavamo solo parlando!”

“A me non parli mai così.”

Persefone boccheggiò. “Che...cosa...cosa ti importa?!”

“È una questione di principio.” rispose lui candidamente.

“Principio?! Che ne sai tu di...urgh, ti odio! Non provare...non azzardarti a rovinarmi anche questa cosa, o giuro che...”

“Quale cosa, Seph? Vuoi fuggire con un mortale qualunque? Vuoi innamorarti di un mortale qualunque?!”

“Lui non è un mortale qualunque!” protestò la ragazza. “E comunque...sempre meglio che restare insieme a te!”

Meg indietreggiò silenziosamente. “...vi lascio soli.”











Aggiornamento natalizio lampo venti minuti prima di partire per l'Austria. :D
Vi auguro della bellissime vacanze! Scusate se non ho risposto alle ultime recensioni, non ho avuto tempo. Ma sono contenta di essere almeno riuscita ad aggiornare prima della fine dell'anno. Un bacione a tutte! :*

 

   
 
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