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Autore: Vahonica    25/12/2014    3 recensioni
“Eccomi qui, ragazzi. Scusatemi, non riuscivo a trovare la vostra sciarpa”.
Sanji si raddrizzò al suono di quella voce e si voltò verso il balcone accanto al suo, inarcando un sopracciglio. Il suo vicino dai capelli verdi era lì fuori, che trafficava con le piante che adornavano il suo balcone, ma... con chi diavolo stava parlando? Con... con le piante?
“Come va oggi, ragazzi? Tirchipiducchio ti sei ripreso?” domandò, muovendosi per il balcone, stringendo fra le mani una lunga sciarpa rossa che stava avvolgendo attorno ai vasi.
Il biondo sgranò gli occhi e osservò il suo vicino con sguardo stralunato: quello stava decisamente parlando con le piante.
Attenzione OOC
Genere: Angst, Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tonari no Roronoa - il mio vicino Roronoa'
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BUON NATALE A TUTTI! ^_^
Eccomi qui con la mia fic natalizia.
Spero vi piaccia, nonostante l'OOC a palate (mi dispiace c.c), e spero mi lascerete una recensione, anche piccina piccina :3
L'idea è nata completamente per caso, mentre io e la mia socia Girl_in_the_sun scleravamo sullo ZoSan – niente di nuovo, insomma – e l'abbiamo portata avanti per un bel pezzo, disegnando piante con nomi strani un po' ovunque, finché lei non mi ha detto “devi scriverci una fic” LOL
Quindi ringraziate anche lei per questa cosa uwu
Se avete dubbi sulle piante di Zoro (?), vi metterò una lista di immagini, così saprete che razza di piante Zoro tiene in casa hahah

 

Tirchipide (o Tirchipiducchio)
Marianna
Gertrude, Gianmaria e Gianfrancesco
Walkiriah
Luisa
Icaro
Rodolfo e Jorgescu
Alfredo
Marcella
Ruggero

Ah, e questo è Gato

 

 

Sanji prese una boccata dalla sigaretta che gli pendeva dalle labbra, poi rilasciò il fumo lentamente, chiudendo gli occhi e gustandosi la calma e il silenzio mattutini.
Gato miagolò e iniziò a fare le fusa, strusciandosi contro le sue gambe, e Sanji sorrise, facendogli i grattini dietro le orecchie.
Una leggera brezza soffiò e il freddo di dicembre s'infilò sotto la maglia del suo pigiama, facendolo rabbrividire; decise che sarebbe rientrato non appena avesse finito la sigaretta: faceva troppo freddo, ed in più stava salendo anche la nebbia.
“Eccomi qui, ragazzi. Scusatemi, non riuscivo a trovare la vostra sciarpa”.
Sanji si raddrizzò al suono di quella voce e si voltò verso il balcone accanto al suo, inarcando un sopracciglio. Il suo vicino dai capelli verdi era lì fuori, che trafficava con le piante che adornavano il suo balcone, ma... con chi diavolo stava parlando? Con... con le piante?
“Come va oggi, ragazzi? Tirchipiducchio ti sei ripreso?” domandò, muovendosi per il balcone, stringendo fra le mani una lunga sciarpa rossa che stava avvolgendo attorno ai vasi.
Il biondo sgranò gli occhi e osservò il suo vicino con sguardo stralunato: quello stava decisamente parlando con le piante.
Seguì ogni movimento dell'uomo con gli occhi, senza riuscire a credere a quello che stava vedendo: il verde stava mettendo persino dei guanti e dei cappellini alle piante, conversando con loro – be', da solo più che altro.
Sanji si morse il labbro inferiore, spegnendo la sigaretta nel portacenere e scuotendo la testa; non erano affari suoi, decise infine.
Quando alzò gli occhi, però, incontrò lo sguardo curioso del suo vicino, che lo osservava con la testa leggermente piegata da un lato.
Il biondo lo salutò con un cenno della testa, solo perché era un uomo ben educato, ma il verde non rispose al saluto e si rintanò nel suo appartamento, sparendo dalla sua vista.

 

***

Per qualche giorno, il vicino dai capelli verdi non si fece vedere, ma Sanji non si era certo scordato di lui, e si chiedeva spesso se fosse possibile che i vicini strani e/o fuori di testa capitassero tutti a lui. Apparentemente sì. Forse era stato maledetto, ad un certo punto nella sua vita, e non se lo ricordava, ma questo faceva sì che adesso attirasse la gente più stramba a sé.
Qualche giorno dopo il loro primo incontro, comunque, Sanji era appollaiato sullo sgabello al bancone della cucina, con una tazza fumante di caffè fra le mani, e stava pigramente sfogliando il quotidiano quando il campanello suonò.
Sanji si raddrizzò e posò la tazza sulla superficie di marmo bianco del bancone, poi si alzò e si avviò verso la porta, chiedendosi chi diavolo potesse essere a quell'ora.
D'accordo, lui era sveglio perché doveva andare a lavorare, ma erano comunque le cinque e mezzo del mattino!
Il biondo aprì la porta e sbarrò gli occhi quando riconobbe il suo vicino dai bizzarri capelli verdi, fermo sulla soglia del suo appartamento, con un vaso fra le mani.
“Ehm...” - esordì Sanji, spostando il peso da una gamba all'altra - “Posso aiutarti?” chiese esitante.
“Sono Roronoa Zoro, il tuo nuovo vicino di casa” - disse il verde, senza dare risposta a Sanji - “Sono venuto a darti Marianna, Chopper pensava fosse una buona idea per un regalo di benvenuto” aggiunse, indicando con un movimento la pianta che teneva fra le mani, e Sanji annuì sebbene non avesse la più pallida idea di chi fossero Chopper e Marianna, se uno fosse la pianta che l'uomo aveva con sé, oppure una persona, o se fossero entrambi piante. Il biondo non poteva dirlo.
“Uhm... grazie?” tentò, allungando una mano per prendersi il vaso.
Roronoa però gli schiaffeggiò il dorso e lo guardò malissimo, stringendosi di più la pianta al petto.
“Cosa pensi di fare?” esclamò, tenendo lontano il biondo, che piegò la testa, confuso. Non era per lui quella pianta...?
Zoro lo spinse da un lato e si fece strada nel suo appartamento, guardandosi attorno.
“Ehy!” sbottò Sanji, indignato. Chiuse la porta e seguì quello schizofrenico di Roronoa.
“Voglio salutare Marianna come si deve e assicurarmi che sia in un posto sicuro. È erba gatta e ha bisogno di luce ed aria” spiegò l'uomo, tenendo il vaso sottobraccio mentre girava per l'appartamento con Sanji alle calcagna.
Alla fine posò il vaso sul davanzale della finestra della cucina, aggrottando le sopracciglia.
“Bene. Addio Marianna, fai la brava, mi raccomando” disse, picchiettando un dito contro la ceramica del vaso. Poi si voltò, puntando quello stesso dito contro Sanji in modo minaccioso.
“Trattala bene o ti spezzo le gambe” sibilò, inchiodandolo al muro con lo sguardo.
“Ma sentilo...” borbottò il biondo a mezza voce, ricambiando l'occhiataccia. Come si permetteva quello scimmione ad entrare in casa sua e dettar legge come se fosse il padrone?!
In quel momento Gato arrivò miagolando e saltò sul bancone della cucina, osservando Zoro attentamente.
Il verde sgranò gli occhi alla vista del gatto e il suo dito finì per indicare l'animale.
“Cosa diavolo è quello?!” sbraitò, riferendosi a Gato.
Sanji sollevò entrambe le sopracciglia, stranito, seguendo il suo sguardo.
“Un... un gatto?” rispose confusamente, con voce incerta. Che cosa gli era preso a quel babbeo, ora?
Zoro sobbalzò e afferrò nuovamente la pianta. Gato seguì ogni suo più piccolo movimento con sguardo interessato, poi miagolò.
“Un assassino vorrai dire” lo corresse il verde, stringendosi Marianna al petto.
Sanji sospirò.
“Non permetterò che Marianna si trovi in pericolo” annunciò Zoro con voce che suonava definitiva, mentre il biondo alzava gli occhi al cielo.
“Fa' come vuoi” - disse, ormai stanco delle stramberie del suo vicino, poi lanciò un'occhiata all'orologio - “Io devo andare al lavoro. Se vuoi lascia pure... Marianna qui, non le accadrà nulla. Gato è troppo stupido per farle qualcosa. Sennò portatela via” aggiunse, massaggiandosi il ponte del naso con due dita. Non sapeva se fosse giusto dare retta a Zoro, ma sperava che così facendo il tutto sarebbe finito al più presto.
Roronoa parve esitare per un momento, facendo saettare lo sguardo da Gato a Sanji a Marianna.
Il biondo lesse il dubbio nei suoi occhi, prima che il verde prendesse una decisione e rimettesse la pianta sul davanzale con espressione abbattuta. Sanji sospirò nuovamente, battendo una mano sulla spalla del suo vicino mentre gli passava davanti e usciva dal suo appartamento. Finalmente.
“Trattala bene; tra una settimana verrò a trovarla e voglio vederla verde e rigogliosa come te l'ho portata” lo avvisò Zoro, ancora con quell'aura minacciosa che lo avvolgeva, prima di chiudersi nel suo buco di appartamento sbattendo la porta.
Sanji lanciò un'occhiata alla pianta, pensando che, viste le sue povere condizione, non sarebbe stato difficile mantenerle, poi scosse la testa e decise che sarebbe stato meglio dimenticarsi dell'accaduto.

 

***

Roronoa si comportò relativamente bene nei giorni seguenti, senza scatti di follia improvvisi o altre cose strane.
Sanji lo vedeva tutte le mattine sul balcone o sul loro pianerottolo mentre annaffiava le piante, con le sopracciglia costantemente aggrottate. Si salutavano e si ignoravano per il resto della giornata, e a Sanji andava bene così.
Quindi la prima settimana del biondo nel suo nuovo appartamento passò in modo più o meno tranquillo e lui si era persino scordato della visita che Zoro gli aveva promesso. Si era comunque preso cura dell'erba gatta che il suo bizzarro vicino gli aveva regalato, poiché Sanji non era il tipo da trascurare ciò che lo circondava, specie se si trovava in casa sua e si trattava di esseri viventi. E sebbene fosse stato difficile tenere Gato a debita distanza da Marianna, il biondo si sentiva fiero di sé per essere riuscito a farla sopravvivere per tutto quel tempo.
Sanji la innaffiò di corsa quella mattina, tenendo una fetta di pane tostato fra i denti e allacciandosi la cravatta con la mano libera.
Era in ritardo per il lavoro e così dimenticò di spostare la piantina in alto, dove Gato non sarebbe mai arrivato, e gli venne in mente solo quando si era già trovato ai fornelli del Baratie, a cucinare per i suoi clienti.
Merda. Sperò che Gato lasciasse in pace quella povera pianta, anche se era altamente improbabile.
Con lo stress del ristorante, comunque, Sanji si dimenticò quasi completamente di Marianna, almeno finché non tornò a casa.
Aprì la porta e Gato arrivò di corsa, strusciandosi sulle sue gambe e guardandolo con aria innocente.
Il felino miagolò e iniziò a fare le fusa; Sanji conosceva abbastanza bene quel ruffiano da sapere che aveva combinato qualcosa, da come si stava comportando.
In quell'istante gli tornò in mente l'erba gatta e il cuore gli saltò in gola. Si diresse in cucina ed eccola lì: il pavimento era ricoperto di cocci di ceramica del vaso rotto di Marianna, di terra e foglie sparse un po' ovunque.
“Stupido sacco di pulci” sibilò, passandosi una mano sul volto. La cosa che lo seccava di più era che il pavimento era un disastro. E che, be', avrebbe dovuto comprare dell'altra erba gatta.
Ovviamente, quel piccolo bastardo di Gato si era già rintanato da qualche parte, lontano dalle grinfie di Sanji.

Sospirando, il biondo ripulì il disastro che quello stupido gatto aveva causato, dopo di che uscì nuovamente di casa e si diresse dal fiorista più vicino a casa sua, che fortunatamente per lui vendeva erba gatta.
Sperava che Roronoa non se ne accorgesse, e si disse che comunque non avrebbe dovuto essere così importante, quella stupida pianta.

Quella sera, dopo cena, il campanello suonò mentre Sanji stava lavando i piatti. Il biondo andò ad aprire asciugandosi le mani sullo straccio da cucina, sapendo già chi fosse alla porta.
“Buonasera” salutò con voce sarcastica. Ovviamente Zoro non rispose.
“Posso vedere Marianna? Come sta?” domandò invece. Sanji alzò gli occhi al cielo e fece un passo da parte, permettendo a Roronoa di entrare. Quello gli scoccò un sorriso, passandogli accanto, e si diresse subito in cucina.
Sanji lo seguì, accendendosi una sigaretta, ma s'immobilizzò sulla soglia quando vide l'espressione seria di Zoro.
Che se ne fosse accorto?
Il verde si voltò lentamente verso di lui e lo osservò per un momento, la confusione evidente sul suo volto.
“Questa non è Marianna” affermò, tornando a studiare attentamente la pianta.
Sanji deglutì e mordicchiò il filtro della sigaretta, spostando nervosamente il peso da una gamba all'altra; il suo cervello iniziò a lavorare furiosamente, alla ricerca di una scusa plausibile. Quella maledetta testa d'alga, come aveva fatto ad accorgersi che non era la stessa dannatissima pianta?! Al biondo sembrava esattamente uguale a quella di prima!
“Come sarebbe a dire non è Marianna? Certo che è lei!” - ribatté infine, elaborando una scusa sul momento - “è solo cresciuta un po'” offrì, cercando di suonare convincente.
Grazie al cielo vide il dubbio fare la sua comparsa sul viso di Zoro, che studiò ancora per un momento la falsa Marianna, poi sospirò.
“Suppongo” - ammise a denti stretti - “che tu abbia ragione”.
Rimasero in silenzio per un lungo attimo; Sanji non credeva davvero di essere riuscito a cavarsela così facilmente, ma poi Zoro gli sorrise e il biondo si sentì come se gli avessero tolto un peso dal petto.
Finché non arrivò Gato, che sembrava aver preso in simpatia il verde, e iniziò a strusciarsi contro le gambe di quest'ultimo, che però non ricambiava l'affetto del felino e costrinse Sanji a levarglielo di torno e chiuderlo in un'altra stanza.

 

***

Apparentemente Sanji era riuscito ad entrare nelle grazie di Zoro dopo aver superato la prova “Marianna”.
Ora il verde gli sorrideva e lo salutava, scambiava quattro chiacchiere con lui la mattina presto, quando Sanji si fumava la prima sigaretta della giornata, e ogni tanto veniva persino a prendere un caffè con lui.
Il biondo doveva ammettere che in fondo non gli dispiaceva affatto, nonostante gli innumerevoli battibecchi che affioravano fra loro. Zoro gli piaceva – oltre ad essere un bell'uomo (davvero bello, eh), era anche interessante come persona (sebbene conversasse con le piante come fossero esseri umani, il che faceva dubitare Sanji della sua sanità mentale).
Il biondo si era accorto di un altro particolare strano: Zoro si portava spesso dietro un piccolo cactus, di sì e no 10cm, vaso compreso, che chiamava Gianmaria e a cui sembrava particolarmente legato. A Sanji sembrava una cosa estremamente dolce e preoccupante al tempo stesso, ma non aveva mai detto nulla.
Il suo campanello suonava spesso e volentieri, e alla porta c'era quasi sempre Zoro, con un “regalino” per Marianna, un sorriso per Sanji e Gianmaria fra le mani.
Il cuoco fu costretto a relegare Gato in una stanza ogni qualvolta Zoro decideva di fargli visita, poiché il biondo aveva paura che il suo vicino spellasse il suo povero animale non appena li avesse lasciati soli. Soprattutto dopo quella volta che Gato era sgusciato fuori dall'appartamento e aveva deturpato le piante del pianerottolo – Roronoa aveva smesso di rivolgere la parola a Sanji per una settimana buona. Oppure quando lo stupido sacco di pulci si era intrufolato in casa di Zoro attraverso i loro balconi comunicanti.
Fortunatamente il verde non aveva gettato Gato dalla finestra, quella volta (essendo al quinto piano, Sanji dubitava che sarebbe sopravvissuto), ma si era presentato alla sua porta tenendo Gato per la collottola.
Sembravano entrambi estremamente arrabbiati, avevano la stessa identica espressione rabbuiata, con le sopracciglia aggrottate e la bocca piegata in una smorfia.
Gato penzolava miseramente dalle mani di Zoro e quest'ultimo aveva un lungo graffio sanguinante che gli attraversava una guancia; apparentemente avevano avuto un incontro ravvicinato l'uno con l'altro e Sanji era riuscito a trattenersi a stento dal ridere.
Si era ripreso Gato e aveva preparato un caffè a Zoro per farsi perdonare.

***

Sanji posò i gomiti sul metallo freddo della ringhiera del balcone, inspirando una grossa boccata di fumo, e si strinse di più nel maglione bianco e rosso che indossava, mentre aspettava che Zoro uscisse per prendersi cura delle sue piante.
Gato era lì con lui, che faceva le fusa fra le sue gambe, quando sentirono il suono delle porte scorrevoli che davano sul balcone di Zoro aprirsi, ed entrambi si voltarono per vedere il verde emergere dalla sua casa con il suo solito annaffiatoio rosso in una mano e Gianmaria nell'altra.
Sanji sorrise spontaneamente e lo salutò, mentre Gato saltò sulla ringhiera del balcone, miagolando.
Zoro ricambiò il saluto e il sorriso del biondo, poi guardò male il micio e posò Gianmaria sulla ringhiera, che fortunatamente era abbastanza larga.
Il verde iniziò ad annaffiare le piante, come ogni mattina, domandando loro e a Sanji come stavano. E fu così, parlando del più e del meno, troppo presi l'uno dall'altro, che non si accorsero che Gato aveva zampettato fino al balcone di Roronoa.
Zoro urlò quando lo vide troppo vicino a Gianmaria per i suoi gusti, spaventando quel povero gatto, che fece dietro front e saettò in casa propria, con uno scatto che spinse il cactus di Roronoa oltre il bordo.
Gianmaria cadde dal quinto piano e si sfracellò a terra, e per un momento di puro panico Sanji pensò che Zoro l'avrebbe seguito, per come si era sporto oltre la ringhiera.
Il biondo lo afferrò per la maglia, ma il verde si raddrizzò all'improvviso e si divincolò dalla sua presa, fulminandolo con lo sguardo.
“Giuro che lo scuoio, quel dannato sacco di pulci!” ringhiò e sembrava mortalmente serio.
Sanji fece un passo indietro.
“Non osare alzare un dito su Gato. Mi dispiace per quello che ha fatto, davvero, ma se gli metti le mani addosso, ti spezzo le ossa” ribatté, sentendo la rabbia montargli dentro.
Zoro sibilò, in preda alla furia. Quel gatto di merda aveva ammazzato Gianmaria!
“Non me ne frega un cazzo di quello che farai tu! Io lo ammazzo!!” minacciò, alzando le braccia al cielo.
“Io ammazzo te, stupida testa d'alga!”
“Provaci, damerino, fatti sotto!!”
Sanji non se lo fece ripetere due volte: scavalcò la ringhiera che divideva i loro balconi e i due uomini iniziarono a prendersi a calci e pugni e parole, finché non vennero interrotti da Nami, la ragazza che abitava nell'appartamento di fronte ai loro, che minacciò entrambi di farli rimanere senza casa se non avessero smesso di fare baccano.

***

Okay, Sanji doveva ammettere che gli mancava Zoro; ormai erano due settimane che Roronoa lo evitava come la pesta e al biondo mancava la loro routine, le loro chiacchierate e i loro battibecchi.
Doveva trovare un modo per farsi perdonare – anche se la colpa era tutta di quello stupido gatto maledetto, che per la cronaca era stato messo in punizione e gli era stato proibito di uscire di casa – e l'idea brillante gli venne mentre osservava le piante di Zoro una mattina, prima di andare a lavorare.

Forse – ma proprio forse – organizzare un funerale per una fottutissima pianta non era stata poi un'idea così geniale come gli era sembrata all'inizio.
Fuori era ancora buio quando Sanji uscì sul giardino interno del loro stabile e iniziò a scavare una piccola buca nella terra indurita dal freddo, accanto ad uno degli alberi, assicurandosi che fosse abbastanza grande da farci stare la scatolina nella quale il biondo aveva messo i resti di Gianmaria che aveva trovato sparsi per terra.
Quando ebbe finito, se ne tornò nel suo appartamento, dove fece colazione e si vestì come per andare a lavorare: giacca e pantaloni neri, camicia blu e cravatta; dopo di che, suonò il campanello di casa Roronoa.
Gli venne ad aprire uno Zoro assonnato, che lo guardò male, ma che al tempo stesso sembrava incuriosito dal perché Sanji fosse venuto a fargli visita alle sette di una domenica mattina, vestito di tutto punto.
“Muovi il culo e vestiti, c'è il funerale di Gianmaria fra dieci minuti” spiegò brevemente e si posò con la schiena contro il muro, mentre Zoro, senza chiedere altro, andò a vestirsi, lasciando la porta aperta.
Ci mise poco, in due minuti si era gettato addosso una camicia bianca e un paio di pantaloni neri, e Sanji dovette concentrarsi per non rimanere a fissarlo come un idiota perché – be', Zoro era fottutamente attraente vestito così – non che di solito non lo fosse, ma. Così lo era particolarmente.
Senza dire una parola, fianco a fianco, uscirono in giardino e Sanji guidò entrambi alla piccola buca che aveva scavato precedentemente.
Il biondo piazzò la scatolina nella buca e fece un passo indietro, lanciando un'occhiata di sottecchi al verde. Quest'ultimo era immobile, con un'espressione neutra sul viso, a parte per gli occhi che sembravano infinitamente tristi.
Per un momento, Sanji si chiese perché diavolo avesse organizzato un funerale per una stupidissima pianta e ringraziò il cielo che fossero solo lui e Zoro lì fuori. Tutto quello non era normale e forse Sanji non doveva dare così tanto spago a Zoro... però si sentiva in colpa per la fine tragica di Gianmaria, e probabilmente era anche il fatto che, essendo in periodo natalizio, si sentiva più buono verso tutti... o forse no. Nah, non c'entrava nulla il Natale, era solo una scusa perché gli dispiaceva per Zoro.
“Siamo qui, questa mattina, per ricordare il povero Gianmaria, morto tragicamente due settimane fa, e per dargli una degna sepoltura” annunciò, dopo aver aspettato qualche minuti di silenzio, intrecciando le dita davanti a sé.
Rimasero zitti un altro po', il cuoco non sapeva davvero che altro dire, poi fece un passo indietro e il suo sguardo incontrò quello triste di Zoro.
“Vuoi dire qualcosa, prima che la copriamo?” chiese, un po' insicuro.
Il verde fece un respiro profondo e spostò gli occhi sulla piccola tomba del suo ex cactus.
Tirò un po' su col naso, poi iniziò: “Gianmaria è stato un grande amico per me, era il cactus più importante della mia vita e io gli volevo un mondo di bene. Penso che alla fine abbia vissuto una vita piena e felice e io sono contento che sia stato il mio cactus. Abbiamo passato tanti bei momenti assieme e ricordo come lui fosse sempre presente per me, qualunque cosa accadesse...”
Continuò a parlare di Gianmaria così a lungo che Sanji cominciò a chiedersi se Zoro stesse ancora parlando di una pianta o fosse finito a parlare di un essere umano, poiché, stando a quanto diceva, quel cactus aveva una gamma di emozioni sicuramente più vasta di quella del suo padrone. Sanji non sapeva se preoccuparsi della cosa, se lasciar parlare il verde a ruota libera o se interromperlo.
Alla fine però, quando il biondo si decise a zittirlo, Zoro concluse il proprio discorso; dopo di che avanzò di qualche passo, prese la piccola paletta da giardinaggio e iniziò a ricoprire la buca, mentre Sanji aspettava in silenzio.
Zoro rimase inginocchiato ancora per qualche minuto, dopo che ebbe finito, osservando il biondo con espressione pensierosa, poi si alzò e gli si avvicinò, fermandosi a pochi passi da lui.
“Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me” lo informò, prima di tornarsene nel suo appartamento senza nemmeno aspettare il biondo.
Il cuoco non sapeva se fosse una cosa buona o meno, quello che Zoro gli aveva appena detto, ma supponeva fosse una bella cosa. Lo sperava, per lo meno. Così come sperava di essere stato finalmente perdonato.

***

Sanji non vide Zoro fino al giorno di Natale, quindi supponeva che il verde non lo avesse perdonato affatto. Oppure che l'uomo fosse morto, visto e considerato che il verde sembrava completamente sparito dalla circolazione; il biondo non lo aveva più visto annaffiare le piante o parlare con loro e queste ultime erano ingiallite un po', il che significava che Zoro non era più uscito. Chissà che fine aveva fatto.
Ma Sanji non era uno che si perdeva d'animo facilmente e per il giorno di Natale aveva organizzato una cosa che, a suo avviso, era molto meglio del funerale per Gianmaria.
La mattina del 25 dicembre suonò il campanello a Zoro, con in mano un regalino e tutti i loro vicini di casa dietro di lui. Erano tutti ragazzi più o meno della loro età, che vivevano da soli e non avevano nessuno con cui passare le feste: Nami e Rufy, Usopp e la sua fidanzata Kaya, Franky, Robin e il piccolo Chopper – alla fine Sanji aveva scoperto che era il figlio adottivo di Robin, la ragazza che abitava sotto di lui, e non una pianta come aveva sospettato all'inizio – e Brook.
Sanji sapeva che anche Zoro non aveva nessuno con cui passare il giorno di Natale, quindi gli era sembrata un'ottima idea quella di festeggiare tutti assieme.
Quando Zoro finalmente aprì la porta, un'espressione sorpresa si dipinse sul suo viso, seguita poi da un sorriso sincero. Il verde si fece da parte, permettendo a tutti di entrare, Rufy in testa, mentre cantava canzoni di Natale con Chopper, Usopp e Brook.
Sanji entrò per ultimo, sorridendo a Zoro, e, con gran sorpresa di entrambi, il verde lo abbracciò per una frazione di secondo, prima di chiudere la porta e iniziare a gridare avvertimenti a dritta e a manca - “Brook attento a non battere la testa contro Icaro che pende dal soffitto!”, “Rufy sta' lontano da Walkiriah, è un'aloe molto delicata!! E lascia stare anche Gertrude, è una vecchia pianta grassa, lasciala riposare!!!”, “Usopp, Chopper, smettetela di giocare con le decorazioni di Ruggero, l'ho addobbato giusto ieri!!!!”.
Ridendo, Sanji se ne andò in cucina per preparare il pranzo per tutti quanti, ascoltando i loro discorsi con un sorriso dipinto sulle labbra. Era divertente scoprire i nomi che Zoro appioppava alle sue piante. Aveva molta fantasia quell'uomo.
“Zoro, quella là fuori è edera velenosa?” sentì chiedere da Robin, che stava rientrando dal balcone, a giudicare dal fruscio delle porte scorrevoli.
“Sì, esatto, si chiama Luisa. Era lì da prima che mi trasferissi qui” rispose il verde.
“Queste stelle di Natale sono stupende!” esclamò Chopper e Sanji poté solo immaginare il ghigno soddisfatto che molto probabilmente si era dipinto sulla faccia di Zoro.
“Si chiamano Rodolfo e Jorgescu” annunciò poi, con una nota orgogliosa nella voce.
“AHIO!”
Sanji sobbalzò e si affacciò dalla porta della cucina per vedere cos'era successo. Rufy si stava succhiando l'indice, mentre Zoro lo sgridava: “Così impari, Alfredo è una pianta carnivora, idiota!”, ma il moro era già stato distratto da una di quelle piantine che si chiudono in se stesse non appena vengono toccate.
“SI È MOSSA!” strillò, indicandola e ricevendo successivamente uno scappellotto dal verde.
“Marcella è estremamente timida. Non sei capace di sederti e lasciare in pace le mie povere piante?!” sbottò, spintonandolo lontano da esse.
Sanji decise che forse era il caso di intervenire e salvare Rufy, prima che accadesse qualche spiacevole incidente come era successo con Gato.
“Ehy, Rufy, ti va di darmi una mano in cucina?” domandò, tornando ai fornelli.
Non appena il moro mise piede nella stanza, però, Sanji capì di aver fatto un madornale errore, e fu più il cibo che finì nello stomaco del ragazzo che quello servito in tavola.

***

Ormai se n'erano andati tutti ed era calata la sera. Avevano passato una bellissima giornata, era stato un Natale fantastico per ognuno di loro, avevano mangiato bene e si erano divertiti, ripromettendosi di trovarsi più spesso per mangiare assieme.
Erano rimasti solo Zoro e Sanji, ora, e il biondo si disse che era il momento di dare il proprio regalo a Zoro.
Lo portò in salotto su un vassoio dove aveva messo una piattino di biscotti e del caffè per entrambi e che posò sul tavolino di fronte al tavolo. Si sedette accanto a Zoro e gli consegnò il pacchetto, sopra il quale aveva fatto dei buchi per l'aria e che aveva avvolto in carta regalo verde smeraldo con un fiocchetto rosso fuoco.
Zoro occhieggiò il regalo, prendendolo fra le mani con attenzione, e iniziò a scartarlo dopo un attimo di indecisione.
Il biondo lo osservò, gongolando interiormente. Era sicuro al 99% che il regalo sarebbe piaciuto a quella testa d'alga.
Il verde gettò la carta regalo dietro di sé e aprì la scatola, tirandone fuori un piccolo cactus, di sì e no 10cm, vaso compreso.
Sgranò gli occhi e la sua bocca si spalancò a formare una perfetta O.
“Allora?” chiese Sanji, perché, alla fin fine, non poteva ancora leggergli nella mente e non poteva essere completamente sicuro che gli piacesse.
“GIANFRANCESCO!” urlò Zoro, alzando il cactus sopra la propria testa e facendo prendere un colpo a Sanji. Il biondo dedusse che doveva piacergli parecchio.
Il verde riabbassò la pianta, tenendola in grembo, e si voltò verso il cuoco con un sorriso da orecchio a orecchio. Poi, senza nessun preavviso, lo baciò sulle labbra, afferrandolo per il retro del collo per tenerlo fermo, anche se Sanji dubitava si sarebbe spostato.
Si scostarono l'uno dall'altro e si sorrisero, prima di baciarsi ancora, con più trasporto.
Il biondo non si aspettava di certo che le cose prendessero una piega del genere, ma doveva ammettere che non gli dispiaceva affatto.
Ora era sicuro di essere stato completamente perdonato da Zoro, il suo bizzarro vicino dai capelli verdi che parlava con le piante.
Gli rimaneva soltanto l'arduo compito di tenere Gato il più lontano possibile sia dall'uomo che da Gianfrancesco.

   
 
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