There I was
again tonight
Forcing
laughter, faking smiles
Same old
tired lonely place
Walls of
insincerity,
Shifting
eyes and vacancy
Vanished
when I saw your face
Dopo aver
rassicurato per l’ennesima volta sua madre, Heiji chiuse la chiamata e appoggiò
il cellulare sul tavolino a cui era seduto. Prese poi a sfogliare
distrattamente il libro che avrebbe dovuto aver già finito da almeno un paio di
settimane. Non che non gli piacesse, ma di recente era stato piuttosto occupato
e aveva fatto fatica a conciliare gli impegni dell’università con tutto il
resto.
Gli piaceva Niigata, l’ultimo periodo era stato davvero
positivo per lui e sapeva che da lì sarebbe andato tutto bene. Probabilmente
non si sarebbe ritrasferito ad Osaka per almeno un altro anno.
Ma negli ultimi mesi si era sentito ripetere “Quando pensi
di tornare a casa?” almeno un miliardo di volte e, davvero, nessuno poteva dare
torto ai suoi genitori, ma non era colpa di nessuno se dopo il compleanno del
padre a marzo non era più riuscito a tornare. Le cose gli erano solo scivolate
di mano.
Non aveva intenzione di tornare neanche durante la pausa
invernale. Non tanto perché non volesse o non avesse tempo, era solo colpa di
Madre Natura, avrebbe detto a sua discolpa. Il fatto che per i giorni
successivi fosse prevista neve lo preoccupava, ma sua madre non aveva voluto
sentir ragioni e ora era lui a rischiare di perdere degli esami per una stupida
bufera di neve.
Guardò l’ora, non mancava molto all’apertura dei gate,
quindi finì in fretta il suo caffè e si alzò.
***
“Solo un’altra volta” disse Kazuha in un sussurro, prima di
prendere un respiro profondo.
Chiuse gli occhi, mentre le dita andavano a posarsi sui tasti
bianchi e neri. Lo spartito era proprio davanti a lei, ma dopo tutte quelle ore
passate a provare la stessa canzone, non ne aveva più bisogno. Ricordava ogni
singola nota.
Rabbrividì e iniziò a suonare, tenendo gli occhi chiusi.
Lasciò che la musica riempisse la piccola aula. Adorava l’acustica che c’era in
quel posto, riusciva a captare ogni vibrazione, ogni piccolo suono che il
pianoforte produceva.
Aveva imparato a suonare il piano da bambina grazie allo
zio, che per anni era stato professore di musica. All’inizio persino le melodie
più semplici sembravano complicatissime, ma con il passare del tempo aveva
preso padronanza della tecnica. Vedeva la musica come antistress, le piaceva tornare da
scuola e iniziare a suonare la pianola elettrica che i suoi genitori le avevano
regalato per i suoi otto anni e che già all’inizio delle scuole medie era
finita nel dimenticatoio. Non aveva ripreso a suonare fino alla fine del liceo, quando
si era ritrovata con molto più tempo libero. Certo, l’università era comunque
impegnativa, ma la pressione che si sentiva addosso era completamente diversa.
Proseguì con la melodia, fino ad arrivare alle ultime
battute. Era soddisfatta di se stessa, quella canzone era il suo lavoro meglio
riuscito, forse l’avrebbe persino fatta ascoltare qualcuno prima o poi.
Suonò l’ultima nota e qualcuno applaudì alle sue
spalle. Con gli occhi sbarrati si voltò, maledicendosi per non
aver
chiuso la porta a chiave.
“Heiji?” esclamò, mettendo a fuoco la figura del ragazzo “Mi
hai spaventata”
Ostentò una facciata seccata, ma non riuscì nel suo intento
e scoppiò a ridere, mentre l’altro la imitava, raggiungendola al pianoforte.
“Pensavo avessi detto che non saresti tornato quest’anno”
“Non dirmi che non ti è piaciuta la sorpresa” ribatté lui,
sulla difensiva.
“Tsk” fece schioccare la lingua, spostando per un attimo lo
sguardo sugli spartiti abbandonati sul piano “La tua ragazza non si arrabbierà
quando saprà che sei qui?”
“Occhio non vede, cuore non duole” rispose lui, con tono
melodrammatico.
In tutta risposta lei gli rifilò una gomitata nel fianco,
ricominciando a ridere.
“Hey!”
Tutto era cambiato in un lasso di tempo fin troppo breve. A
Kazuha era sempre piaciuto avere il controllo sulle cose - non in modo
ossessivo, si intende - e per questo aveva ben chiaro cosa volesse fare della
sua vita. Aveva programmato tutto ciò che sarebbe successo, ciò che avrebbe
voluto fare, i posti che avrebbe voluto visitare. Persino chi avrebbe voluto
avere al suo fianco.
Ma è risaputo, più pianifichi qualcosa più questa va storta.
La notizia della partenza di Heiji era arrivata senza che
nessuno se lo aspettasse. Un vecchio amico di suo padre gli aveva proposto una
sorta di stage alla questura di Niigata ed Heiji si era talmente esaltato per
la possibilità di lavorare in una vera centrale di polizia che non aveva nemmeno
preso in considerazione l’idea di rifiutare. Il fatto che Kazuha non si fosse
intromessa era di poco conto.
L’unico pensiero che rassicurava la ragazza era che il tutto
non sarebbe durato più di un paio di mesi, perché subito dopo sarebbe
cominciata l’università ed Heiji sarebbe stato di ritorno ad Osaka.
Ma le cose erano cambiate di nuovo e i due mesi erano
diventati cinque e poi un anno, quando l’amico di suo padre gli aveva
presentato uno degli investigatori privati più influenti e conosciuti della
zona. Inutile dire che i due avevano iniziato a collaborare e il ragazzo aveva
deciso di rimanere a Niigata e frequentare l’università là.
Il colpo di grazia era arrivato quando aveva saputo di
Hikari.
Il loro primo incontro era stato tanto strano quanto
imbarazzante. Evidentemente alla ragazza sembrava non andare a genio Kazuha,
qualsiasi cosa lei facesse.
Dopo tutto quel tempo ancora si chiedeva perché Heiji avesse
deciso di portarla ad Osaka.
“Come facevi a sapere
che mi trovavo qui?” chiese la ragazza, quando entrambi ebbero smesso di
ridere.
“Beh, un paio di mesi fa mi hai detto che avresti aiutato la
Kotobuki con la classe del giovedì per lo spettacolo di fine anno, e poi quando eravamo piccoli ti fermavi dopo
le lezioni per suonare questo dannatissimo piano,” fece lui, toccando qualche
tasto a caso.
“Oh”
Possibile che se ne ricordasse ancora? Eppure erano passati
più di dieci anni. E poi a quei tempi lui nemmeno le prestava molta attenzione.
Per lo meno non a scuola.
“Ti va se andiamo a fare un giro? Questo posto mi deprime”
Salvee
Tanto per cominciare, Buon Natale a tutti!!
Allora, per due settimane mi sono scervellata per trovare un'idea originale per quella che doveva essere una one shot natalizia e pensavo anche di esserci riuscita ma alla fine non è venuta esattamente come volevo, quindi l'ho abbandonata. Alla fine, un paio di giorni fa mi è capitata sotto mano una storia che avevo praticamente solo plottato e.. niente, questo è il risultato di quella e di due storie diverse che ho iniziato ma mai terminato. Sarà una minilong, per il momento sono orientata sui tre capitoli e dovrei riuscire a pubblicare tutto in breve tempo (Che Dio ce la mandi buona).
Coooomunque, spero che questo primo capitolo vi abbia incuriositi almeno un po' e che vogliate seguirla fino alla fine. Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, se vi va!
Buone feste di nuovo,
a presto,
Gaia