Successe tutto in un attimo.
La porta si spalancò e Bellatrix Lestrange irruppe nella nostra casa e nella nostra vita.
La felicità di un attimo prima si infranse in mille pezzi.
La sua folle risata riecheggiò in tutte le stanze, mentre la sua bacchetta si agitava senza darci il tempo di prendere le nostre.
Il mio primo pensiero fu Neville. Poi Frank.


“Expelliarmus!”


E le nostre bacchette volarono nella sua mano.
“Alice e Frank Paciock! A me non la fate, Auror da quattro soldi!”
Continuava a ridere sempre di più e io pensavo al mio bambino nell’altra stanza.
“Che cosa vuoi da noi?”
“Che cosa voglio? Cosa voglio Frank?”


“Crucio!”


E il tempo si fermò. Il primo a cadere fu Frank. E poi io.
Non sentivo nulla, poi il dolore mi perforò; mi invase la mente, la violentò, la torturò.
Il pianto di Neville, soffocato dalle nostre urla; la risata di Bellatrix Lestrange, nell’aria; i gemiti di dolore, nella nostra casa.
Poi tutto finì, rapido com’era iniziato.
“Che cosa… Vuoi?” ansimai.
“Oh sapete benissimo cosa voglio!” ci canzonò.
Continuava a ridere, mentre la mia rabbia continuava a crescere.
“L’ufficio Misteri… È lì.” sussurrò.
“Cosa è lì? Di che parli?”
“Non provare a fregarmi Frank! Lo sapete di cosa sto parlando! Della profezia!”
“Profezia?”


“Crucio!”


E tutto ricominciò. Più forte di prima. Più doloroso di prima.
“La profezia dell’Oscuro Signore! Dov’è?”
“Non lo… Saprai…”
“Dov’è? Dimmi dov’è!”
Bellatrix abbassò la bacchetta.
“Dimmi dov’è.”
La guardai dritta negli occhi.
“No.”
La sua bacchetta si agitò e fui sbalzata all’indietro, trovandomi tra le macerie del muro alle mie spalle. Cercai di rialzarmi, ma si era avvicinata di nuovo.
Era furente.
“Dimmelo!”
“…no…”


“Crucio!”


Non mi accorsi quando la mia gola iniziò ad urlare né quando finì. La violenza che entrò nella mia mente fu insopportabile; la testa mi scoppiò.
Questa volta mi sembrò interminabile. Il dolore era troppo. Ma non avrei parlato. A costo di impazzire. Non avrei detto una sola parola.
“Allora? Vuoi dirmi dov’è?”
“Non te lo dirò mai, Bellatrix. Anche a costo della mia stessa vita.”
Scoppiò a ridere. Sempre più forte. Sempre più folle.
“E credi che me ne importi qualcosa della tua vita? Non so che farmene di te, miserabile! O del tuo tesoruccio! No carina! Per me potresti morire anche adesso! Ti torturerò finché non sarai tu ad implorare la morte!”
Rideva sprezzante. Si avvicinava impugnando la sua bacchetta.
“Ti torturerò. E dopo, ti ucciderò. E poi passerò al tuo caro maritino! O preferisci che incominci con lui? Così potrai goderti lo spettacolo!”
Mentre rideva, si girò in un attimo e urlò: “Crucio!”


E Frank finì di nuovo a terra. Si accasciò. Si piegò. Si agitò.
E lei rideva. Rideva sempre di più.
Non si fermava, non abbassava la bacchetta.
Sorrideva mentre uccideva il mio Frank.
Lei rideva. Io piangevo. E lui impazziva.
Più passavano i secondi e più vedevo la luce che volava via dai suoi occhi.
Più passavano i minuti e più vedevo che non riconosceva più Bellatrix, più la sua casa, più me.
Più passava il tempo e più vedevo che ormai il suo sguardo si era fatto smarrito, mentre un riso ebete gli appariva in viso.
 

Poi toccò a me. E persi memoria e coscienza di ogni cosa.