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Autore: Dragon_Flame    26/12/2014    4 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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28.



 

"Perché non ci hai detto niente, Enri?" lo riprese dolcemente Lidia quando lui si fu sfogato, raccontando ciò che da mesi lo turbava.

I due amici s'erano ritrovati davanti al bar vicino l'Istituto Paritario "Calamandrei" prima di andare a scuola, intorno alle sette e mezza della mattina, privi della presenza di Céline. La loro amica aveva accusato un forte mal di testa la sera prima e aveva deciso, seppur con molto rammarico, di rimanere a casa la mattina dopo, dato che l'emicrania non le concedeva pace ed aveva passato la notte in bianco a causa di ciò.

Perciò, Enrico e Lidia si erano incontrati da soli e, davanti ad un cappuccino caldo e ad un cornetto croccante, avevano parlato dell'inaspettata confessione fatta la sera prima.

Il biondo levò lo sguardo color onice sul volto pallido dell'amica, sospirando sconsolato.

"Perché sapevo di non avere speranze. Lei è completamente sottomessa a quel bastardo e non si permetterebbe mai di lasciarlo, sapendo cosa comporterebbe ciò. E poi lo farebbe mai per me, che nemmeno mi guarda? No. Ho tentato di dimenticarla, di soppiantarla. Sono uscito pure con Chiara Muratti della quarta scientifico a ottobre, ricordi? Ma non ci sono riuscito a scordarmi di lei. L'ho ignorata, l'ho trattata come una persona qualunque per mesi interi. E non parlo solamente di quest'anno. Io faccio riferimento anche a due anni fa, quando lei per un breve periodo aveva frequentato il nostro gruppo per l'amicizia con Céline, Alessandra e Antonio. Allora dovevo ancora partire per il Canada e mi ero preso una bella sbandata per lei."

"Non lo sapevo" asserì con aria colpevole la castana. In qualche modo sentiva di non aver prestato abbastanza attenzione al suo migliore amico in quel periodo e ciò l'aveva fatta dispiacere molto, dato che poi per un anno i contatti tra loro si erano quasi interrotti.

"Non avresti mai potuto intuirlo, Lilì. Eri presa da Roberto, in quel periodo, ed eri rincoglionita come ogni ragazza innamorata." Enrico sorrise brevemente nel notare l'espressione disgustata di Lidia. "E poi io stesso rifiutavo l'idea di essermi innamorato di Valentina. Poi, una volta in Canada, ero stato molto preso dalla famosa Ashley e avevo accantonato il suo ricordo, ma come sono tornato qui in Italia l'ho rivista e ho compreso di non averla mai dimenticata. Anzi; vedendo come si è ridotta in dodici mesi: quasi anoressica, in preda alla tristezza e completamente sopraffatta da Vittorio; vederla così mi ha ferito più di quanto avrei mai immaginato. E ho capito di esserne ancora innamorato, nonostante un silenzio lungo due anni e un anno trascorso all'estero. Io non so più cosa fare, Lilli" finì di raccontarle Enrico, disperato, con gli occhi lucidi al pensiero di Valentina.

Lidia non rispose, ma allungò la mano al di sopra del tavolino per stringere forte quella ampia e spigolosa dell'amico, come per trasmettergli tutto il proprio sostegno.

"Enri... io, mmh... non so cosa consigliarti. La situazione è delicata e lei è convinta di amare un ragazzo che invece la vessa in continuazione e sfrutta i suoi sentimenti per sfogare la propria cattiveria su di lei. Valentina chiude volontariamente gli occhi di fronte al reale carattere di quello stronzo di Vittorio, altrimenti non sarebbe ancora lì a sopportarlo e a subirne di tutti i colori. Però dentro di sé - almeno questo è ciò che penso io - risente da un sacco di tempo di questa relazione d'amore malato e sta dimagrendo a vista d'occhio per il disagio e la sofferenza. Secondo alcuni che spargono dicerie in giro lei si taglia pure, ma io non ci credo. Però è impossibile negare che non stia diventando anoressica: quasi sparisce nei suoi stessi vestiti. Bisogna aiutarla ad uscire da questo circolo vizioso, e l'unico modo possibile è quello di costringerla a troncare con Vittorio. Altrimenti rischia seriamente" gli rispose la compagna di classe con un cipiglio inflessibile dipinto in volto.

"E come faccio? Per lei nemmeno esisto. Oltretutto è fidanzata e io non posso nemmeno avvicinarla, perché sai quanto è geloso Vittorio e come reagisce se viene a conoscenza di qualche approccio con lei da parte di un ragazzo. Io temo solo di peggiorare la sua situazione... altrimenti avrei già provato a parlarci da un bel po'." Enrico si ravviò la zazzera biondo miele che gli finiva continuamente in faccia ad ogni tentennamento del capo. "Ho paura che lei mi odi se io dovessi intervenire e che ciò la allontani da me e la spinga di più nella depressione."

"Non so cosa dirti, Enrico. Ci deve essere una soluzione."

Il biondo scosse la testa, sconsolato, e sospirò pesantemente.

"Se così fosse, l'avrei già trovata. E' inutile: devo lasciarla perdere."


 

***


 

"Ciao, Lidia" la salutò Heydar quando vide la compagna di classe entrare nell'aula appena prima del suono della campanella.

"Ciao, Dar" l'apostrofò la castana, pensierosa. "Céline oggi non c'è: stanotte è stata poco bene" l'avvertì.

"Lo so" replicò l'iraniano,dispiaciuto.

Poi Enrico entrò con un'espressione rannuvolata in volto e il moro lo fissò palesemente incuriosito, ma non disse nulla. Spostò lo sguardo su Lidia, ma non fece in tempo a chiederle nulla che il professore della prima ora si fece sentire coi suoi passi pesanti in agguato lungo il corridoio, costringendolo a fare lo slalom tra i banchi della classe per non farsi beccare in piedi davanti alla porta.

Le lezioni trascorsero noiose e soporifere, poi il trillo della campanella annunciò l'avvento della ricreazione e gli studenti, sospirando di sollievo, uscirono a fiumi dalle classi, diretti verso i distributori di merendine e i corridoi dove incontrarsi con gli amici. Enrico, nonostante le insistenze di Lidia, preferì rimanere nell'aula, restio a incrociare Valentina, e l'amica non riuscì a fargli cambiare idea.

A malincuore Lidia lo lasciò in classe, ma presto dovette smettere di rimuginare sui propri pensieri perché si ritrovò impegnata in una conversazione con Heydar, il quale le si era fatto accanto nell'androne dell'istituto.

"Problemi?" le chiese, sostenendo il suo stesso passo lento e dinoccolato mentre la fissava con i profondi occhi ambrati.

Lidia scosse la testa, sorridendogli.

"Nulla che io possa risolvere, purtroppo. E comunque non riguardano me, ma un mio amico."

"Enrico, immagino."

"Immagini bene. Ma non posso dirti di che si tratta."

"Lo so. Comunque, se posso fare qualcosa per te o per lui... mi avete avvantaggiato moltissimo con Céline e se ora stiamo insieme è solo per merito vostro. Mi sento in debito con voi, e se doveste avere qualche problema contate pure su di me, se posso esservi utile a risolverlo." Heydar le posò la grande mano sinistra sulla spalla, in un goffo gesto per farle capire che aveva tutto il suo sostegno, poi si unì a un gruppo di amici lì vicino.

Sopraggiunse Tommaso Romani alle spalle della ragazza, proponendole di accompagnarla al distributore di snacks.

"Allora, come va?" le domandò, rivolgendole un sorriso allegro.

"Mah, come al solito... né bene né male." Lidia fece spallucce, scrutando gli spuntini disposti ordinatamente sugli scaffali dentro il macchinario. Ne indicò uno picchiettando contro il vetro. "Secondo me dovresti assaggiare un Duplo al cioccolato fondente. So che a te non piace il fondente, ma questo gusto è buonissimo e non te ne pentirai" gli suggerì, tentando di spostare l'argomento di conversazione su qualcos'altro.

"Mah, non so..." Tommaso tentennò per qualche istante, indeciso, quindi optò per prendere una Kinder Délice. "Comunque, non sono qui per parlare delle merendine."

Lo sospettavo, commentò la vocina interiore di Lidia.

"Ah no?" replicò la castana con un sorrisino tirato sulle labbra piene e rosse, aspettandosi già una qualche proposta di uscita.

Non era la prima volta che accadeva in cinque anni di liceo, ma ogni volta lei aveva declinato l'offerta adducendo scuse di ogni genere, al solo fine di evitare appuntamenti con un ragazzo che sì, era carino, ma piuttosto insignificante. E poi non le era mai piaciuto in un senso diverso da ciò che poteva rappresentare l'affetto per un compagno di classe.

"Al cinema ci sono un sacco di film belli in questo periodo... non so se ti potrebbe piacere un cartoon come Planes, oppure una commedia di Ruffini, Fuga di cervelli. Esce il 21 novembre e dal trailer mi pare proprio forte. Potremmo andare a vederlo insieme, che ne dici? Se hai altre preferenze, però, dimmelo tranquillamente: guardo di tutto, non ho gusti particolari."

"Ehm, non saprei... in questi giorni ho parecchio da fare" cominciò col dire la ragazza, cercabndo disperatamente una via di fuga.

Non voleva ferire i sentimenti del compagno di classe, ma, per rispetto nei confronti di Ivan, non poteva certo accettare un'uscita con un altro ragazzo. E poi a lei Tommaso non interessava, quindi perché accettare?

"Potremmo andare alla Odeon Cinehall o allo Spazio Uno... ci sono vari cinema dove andare" continuò imperterrito il ragazzo, sorridendo alla compagna.

"Tommy, è una splendida idea, ma davvero in questi giorni non posso. A parte il fatto che la settimana prossima abbiamo la simulazione d'esame e io studio ogni pomeriggio per prepararmi bene alla prova; io non riesco a trovare neanche un momento per uscire con i miei amici. Questo sabato ho una cena di compleanno per festeggiare un collega di mia madre, una festa a cui non posso sottrarmi," - alla fine Miriam e Sara erano riuscite ad organizzare una serata per celebrare i trentott'anni di Ivan, con grande gioia di Lidia che stava pianificando i più assurdi tentativi per trascorrere qualche minuto da sola con l'uomo al riparo della vista degli altri - " e in più ho altra roba da fare prima. Temo che dovremo rimandare."

"Allora che ne dici di un pomeriggio di studio? Ci possiamo preparare insieme per la simulazione" propose Tommaso, speranzoso.

"Ho già un sacco da fare. Prendo ripetizioni da un mio amico per farmi rispiegare gli argomenti di matematica e fisica che con la Landi non riesco a comprendere, perciò già metà di un pomeriggio se ne va via così. Non ce la faremo a vederci per studiare."

Quella era una mezza verità: Lidia aveva veramente deciso di farsi dare ripetizioni sulle materie scientifiche da Ivan, che in matematica e fisica andava bene ai tempi del liceo. Però l'uomo non era un amico, ma il suo fidanzato, ed era lì che stava la piccola bugia in quella frase.

Il volto di Tommaso si scurì per il disappunto.

"Secondo me tu vuoi solamente evitare di uscire con me. Non è da adesso che tu rifiuti. Qual'è il problema? Ti schifo così tanto?" le chiese a voce bassa e offesa.

Lidia sospirò, mordicchiandosi incerta il labbro inferiore coi suoi denti perfetti.

"Non sei tu il problema, Tommaso. Davvero, non pensare che dipenda da te."

"Ma è da cinque anni che mi dici no ad ogni appuntamento! Non mi dire cazzate."

"Tommy, dico sul serio. Non ti sto prendendo in giro. Il problema sono io, che devo avere qualche ingranaggio rotto nella testa. Il fatto è che ti trovo simpatico, ma nulla più" gli rivelò con semplice schiettezza.

Il ragazzo accusò il colpo in silenzio, tentennando poi lievemente il capo.

"Non capisco perché. Prima ci poteva stare, dato che eri fidanzata con Roberto. Ma ora sei single... c'è qualcuno che ti interessa?"

"Esatto."

Tommaso stette in silenzio, senza replicare.

"Tu non lo conosci. E spero che non mi chieda di chi si tratta, perché di certo non te lo vengo a dire. Mi piace, e anche tanto. Ciò non mi impedirebbe comunque di uscire con te, ma preferisco che tu mi lasci perdere. Non meriti di stare male per me." Lidia continuò la sua risposta, augurandosi che il compagno di classe non prendesse troppo male quel netto rifiuto.

Il castano, senza proferir parola, allungò le dita sul ciondolo d'argento che Lidia portava al collo, quello regalatole da Ivan una settimana prima per suggellare la loro relazione. Prese la medaglia fra le dita, leggendo l'incisione posteriore. Quindi la sua mano indugiò per un momento sulla pelle lasciata scoperta dalla scollatura del maglione in una lieve carezza.

"Te l'ha regalata lui questa catenina, vero?" chiese con voce atona.

"Sì."

"E' un tipo fortunato."

"Mi dispiace, Tommaso."

"No, non dispiacertene. Non mi ricambi, e hai avuto l'onestà di essere sincera con me, cosa che altre ragazze non avrebbero mai fatto. Sono tutte molto vanitose e ci tengono ad avere qualcuno a cui spezzare il cuore per il proprio compiacimento personale, ma tu sei diversa. Mi hai spiegato il motivo per cui non vuoi uscire con me senza illudermi e sei andata dritta al sodo senza lasciarmi nel vago. Sei stata corretta. Grazie."

Con lo sguardo basso, il ragazzo passò oltre, lasciando la Kinder Délice dentro il distributore senza neanche chinarsi a raccoglierla dal suo contenitore. Lidia si portò le mani al volto, sospirando sollevata.

Fuori uno. E ora liberiamoci di Gianluca e Roberto.

Tuttavia i sensi di colpa nei confronti del ragazzo si facevano sentire forti, come ogni volta le succedeva quando respingeva le avances di un maschio. Non ci teneva a fare la femme fatale: era semplicemente se stessa e non sarebbe cambiata per nulla al mondo. Però sapeva di infrangere dei sentimenti di ammirazione o amore nei suoi confronti e, conoscendo quel tipo di dolore, finiva inevitabilmente per provare sensi di colpa.

Che cosa complicata l'amore.


 

***


 

"E quindi si è dichiarato. Be', mi dispiace per lui, ma tu sei mia" evidenziò Ivan con un sorrisetto sarcastico quando Lidia gli raccontò della mattinata a scuola.

Lei gli lanciò un'occhiata infastidita.

"E da quando sarei un tuo oggetto personale?" indagò, arcuando un sopracciglio con perplessità.

"Da quando ci siamo legati sentimentalmente" replicò l'infermiere senza pensare.

"E certo, io sono una cosa inanimata."

"Sai che non intendevo dire questo."

Lidia incrociò le braccia davanti al petto, voltando lo sguardo cupo verso l'esterno della finestra e distogliendolo dal libro di fisica aperto sul tavolo del salotto della casa di Ivan. Con la scusa di studiare a casa di Enrico per la simulazione d'esame della settimana successiva era riuscita a incontrarsi con Ivan a casa sua per farsi rispiegare l'ultimo capitolo della materia che più odiava, dato che non era riuscita a comprenderlo.

Lo sguardo ambrato dell'uomo, attratto dal movimento delle braccia, si soffermò per un momento sulle rotondità del seno fiorente della castana, messe inconsciamente in risalto dal gesto. Ripensò a come aveva baciato quei seni candidi qualche giorno prima e il pensiero lo eccitò un poco, ma s'impose di scacciarlo dalla mente. Stavano discutendo.

Era la prima volta che accadeva tra loro per motivi seri. La gelosia lo era. Ivan non era possessivo, ma l'attrazione che suo fratello Gianluca provava per la ragazza lo aveva messo in guardia e reso geloso di lei. Perché Lidia era una ragazza bella, giovane, fresca e desiderabile, decisamente inconsapevole della sua inebriante sensualità. E, benché rifiutasse di ammetterlo, molti uomini, coetanei e non, si voltavano a guardarla per strada con sguardi di ammirazione e apprezzamento mentre camminava con grazia genuina, magari completamente persa nel flusso delle sue riflessioni. Era una giovane donna affascinante e Ivan era geloso di lei. Aveva paura che qualcuno gliela potesse strappare via, perché l'amava e non voleva perderla per nulla al mondo. Gli era necessaria per vivere ed essere felice, come gli era essenziale Emma.

"Dimmi tu cosa intendevi, allora" sbuffò corrucciata la castana, lanciandogli un'occhiata bieca.

Ivan sorrise malgrado il malumore della fidanzata.

"Intendevo dire che sei la ragazza più splendida e meravigliosa che abbia mai incontrato in trentotto anni di vita. E che ti amo così tanto da non volerti perdere. Ho paura che qualcuno ti porti via da me e che tu mi dimentichi. Ecco perché sono geloso e ragiono da idiota" le spiegò, rinunciando a nascondere i suoi timori a causa dell'orgoglio. In una relazione che ti prende seriamente non occorre essere orgogliosi, ma spesso lo si è, per amor proprio, per presunzione, per questione di carattere.

Lidia non replicò, ma un sorriso di perdono spuntò sulle sue labbra piene. Come uno spicchio di luna splendente nella tenebra notturna. L'uomo si rilassò contro la sedia, senza distogliere lo sguardo.

"Riprendiamo la spiegazione di fisica, che forse è meglio" propose poi Ivan per spezzare il silenzio calato nella stanza.

Lidia annuì appena, chinando nuovamente lo sguardo sul libro. Il moro le si rifece accanto nuovamente, con una matita nella mano sinistra per sottolineare i passaggi più importanti della pagina e cerchiare le parole chiave. Dal canto suo, la ragazza continuò ad annuire ogni volta che Ivan la guardava per cercare nei suoi occhi azzurri la conferma di aver rispiegato bene l'argomento. In realtà, lei pensava a ciò che le aveva confessato. Lidia odiava la gelosia, ma il fatto che il suo fidanzato tenesse così tanto a lei la rendeva euforica e fermamente sicura dei suoi sentimenti.

"Ti è chiaro questo concetto?" le domandò l'uomo ad un certo punto, puntando, come sua abitudine, lo sguardo pungente nelle iridi celesti della ragazza.

Lei, per tutta risposta, si sporse a baciarlo con delicatezza, lasciandolo di stucco.

"Se ami qualcuno, non tentare mai di soffocarlo con la gelosia e la possessività. Lasciagli i suoi spazi, la sua libertà. Non devi sempre controllarlo. E con me stai tranquillo: ti amo, e non intendo lasciarti per qualcun altro. Perciò, sii meno apprensivo e starai più tranquillo anche tu" mormorò a un centimetro dalle sue labbra, alzandosi poi di colpo dalla sedia e dirigendosi verso la cucina.

Ivan rimase confuso da quella mossa e si alzò per seguirla nel locale attiguo al salotto, incuriosito.

"Voglio fare una pausa. Fisica mi sta facendo venire un mal di testa assurdo. Ce l'hai burro e marmellata in casa?" lo anticipò, andando a curiosare impudentemente negli scaffali della cucina. "Ma qui non c'è quasi nulla."

L'uomo si portò la mano alla testa, ravviando i lunghi capelli bruni con un certo imbarazzo.

"Eh, effettivamente... devo andare a fare la spesa. Sai, sono abituato ad avere sempre qualcuno che fa le provviste, cucina e riordina la casa. Per l'ultimo problema sono riuscito ad adattarmi a occuparmi della casa da solo, dato che già lo facevo da giovane, quando abitavo ancora con mio padre a Bologna e non c'era nessuno ad occuparsi di riordinare. In quanto a cucinare, so preparare qualche piatto semplice, anche se mi intendo più di pasticceria... Invece, parlando di fare compere... oddio, sono una frana" confessò con una risata impacciata.

"Potevi dirmelo prima, no? Te lo insegno io! Oppure posso occuparmene direttamente io" si offrì Lidia, cogliendo al volo la possibilità di mettere fine a quella straziante ripetizione di fisica.

"Ma tu dovresti studiare..." s'oppose Ivan, ma non riuscì a finire la frase.

"E chi se ne frega! Prima della scuola, sicuramente, per me sono più importanti la salute e la cura di te e di Emma. Pensa a tua figlia. Devi crescerla con una dieta sana. Perciò io ti insegnerò come fare. Conosco i segreti del mestiere" e gli fece scherzosamente l'occhiolino, come per rassicurarlo. "Mia madre mi ha cresciuta abituandomi a mangiare di tutto e da lei ho imparato anche a cucinare abbastanza bene. Sai che mamma è fissata con la salute. Non sarò Gordon Ramsay, ma ai fornelli me la cavo bene, perciò posso essere il tuo mentore. Pensa a Emma: è in crescita e deve mangiare sano. Dài!" lo incitò, riuscendo infine a convincerlo.

"Va bene" accettò con un sospiro Ivan, chiedendosi cosa avesse in mente di combinare Lidia con quel pomeriggio di ripetizioni che se ne era andato in malora. "Ma come la mettiamo con fisica?"

"Oh, ci penseremo dopo. Chi se ne frega della simulazione d'esame. L'importante è che io vada bene almeno nelle altre materie, e di sicuro non avrò problemi con tedesco e filosofia. Poi storia dell'arte è un discorso a parte ma mi basta studiare un po'."

Lidia scoppiò a ridere, scatenando comunque l'ilarità di Ivan, che sembrava riluttante a dargliela vinta così facilmente. L'uomo sospirò, arrendendosi. In fondo, l'idea di andarsene a spasso insieme, fingendo di essere una coppia normale, gli pareva fantastica e rilassante.

"Ok, andiamo."


 

***


 

"Prendi un chilo di carciofi, adesso" suggerì, o meglio ordinò, la ragazza a Ivan, cancellando poi il nome dalla chilometrica lista di cibo e bevande che aveva stilato a casa insieme all'uomo, appuntando ciò di necessario che mancava in casa Castellucci per fornire ai suoi residenti una dieta salutare, varia ed equilibrata.

"Emma non mangia molte verdure" la contraddisse l'uomo, cercando di farsi valere un pochino.

In fondo, lui era il padre della piccola e in più un infermiere, e tra i suoi studi aveva pure affrontato l'educazione alimentare. Perciò conosceva da sé quali cibi fossero sani e adatti alla crescita di una bambina di quasi nove anni. Ma non sapeva imporsi con lei, dato che adorava la figlia e non avrebbe mai voluto doverle dire di no. Perciò lasciava correre quando Emma rifiutava di mangiare verdura, frutta o pesce, e ciò non era molto indicato per una ragazzina.

"Ci credo, non ti sai imporre" lo rimbeccò Lidia con una punta di acredine nella voce, passandogli una busta di plastica trasparente colma di carciofi.

Ivan la prese tra le mani e la soppesò, osservando poi con occhio critico il mucchio di alimenti che ingombravano i due pesanti carrelli della spesa che trascinavano con sé da mezz'ora e più nei corridoi del supermercato.

"Non abbiamo preso troppa roba? Con tutto questo cibo ci potremmo sfamare un reggimento per un mese!" osservò.

Lidia si voltò a guardarlo negli occhi con biasimo.

"Si vede che sei abituato a fare i tuoi comodi senza curarti troppo della tua casa, eh? Che pensi facciano le donne quando vanno a fare compere? E' ovvio che non possiamo tornare ogni giorno a prendere qualcosa di cui abbiamo bisogno. Si fa la spesa per una settimana e poi, a ogni weekend, si va a fare rifornimento di ciò che manca per i prossimi sette giorni."

"Be', se già sei così e ancora non abbiamo una famiglia nostra, figuriamoci quando sarai madre e mi trascinerai a fare la spesa con te ogni fine settimana, litigando sulla correttezza o meno dell'alimentazione dei nostri figli!" ironizzò l'infermiere, scoppiando a ridere sarcasticamente.

Le guance di Lidia imporporirono, segno che era imbarazzata.

"Ma... te già pensi al nostro futuro, quando non sai nemmeno se durerà tra di noi?"

Ivan accennò un sorriso, annuendo convinto.

"Non mi hai fatto finire la frase. Se, ovviamente, la nostra storia prenderà quella piega. Intanto godiamoci il presente. Però mi piacerebbe pensare che possa diventare realtà, un giorno."

Lidia scosse la testa.

"Tu sei pazzo. Se pensi che io mi metta a fare figli a vent'anni o giù di lì, puoi direttamente rivolgerti a una mamma surrogato e farti fare un bambino. Io ne voglio di figli, ma mica a quest'età! Forse intorno ai trent'anni... Sono troppo giovane" gli fece presente la ragazza, scuotendo la testa e facendo ondeggiare i lunghi boccoli bronzei che di lì a pochi giorni sarebbero stati accorciati ad un semplice caschetto mosso.

"Ma se io volessi avere un figlio da te prima di passare la soglia dei cinquant'anni, Lidia, come la mettiamo? Considera i vent'anni che ho in più di te. Io mi avvicino ai quaranta. Ho già una figlia di quasi nove anni. Emma si ritroverebbe con un fratello o una sorella a vent'anni suonati o forse anche più tardi. Dovremmo trovare un compromesso."

"Sempre che la nostra relazione duri tanto" rimarcò con durezza la castana, gelandolo con uno sguardo inclemente e dirigendosi nuovamente al carrello per trascinarlo via con sé, diretta al reparto dei surgelati.

Ivan, in balìa ai suoi pensieri, s'incupì. Forse Lidia aveva preso quella storia un po' come un'avventura eccitante, e non come un impegno serio. Forse davvero non sarebbe durata tra loro.

I due continuarono ad accumulare generi alimentari in gran quantità sui carrelli e poi si diressero alle casse. Ivan pagò. Poi, carichi di buste e con due carrelli stracolmi, i due ritornarono alla sua piccola Fiat 500, caricandola del tutto. Quindi ripartirono per la casa di Ivan.

In auto nessuno dei due disse nulla, in un'atmosfera tesa e silenziosa che entrambi avrebbero voluto spezzare magicamente con una parola di scusa, di spiegazione, di pace. Non erano mai entrati in conflitto fra loro, mettendosi a discutere sul futuro che forse avrebbero voluto condividere insieme. Lidia, dal canto suo, aveva rimuginato a lungo sulle proprie parole e si era accorta che erano state troppo insensibili e dure. Ivan, invece, era atterrito al pensiero che a causa di un discorso del genere lei potesse accarezzare l'idea di sciogliere la loro neonata relazione, improvvisamente insicuro dei sentimenti di lei.

"Ivan" lo chiamò la ragazza ad un certo punto, sollevando su di lui uno sguardo amareggiato. L'interpellato ricambiò l'occhiata con ansiosa curiosità. "Mi dispiace per prima... non volevo litigare, né tantomeno parlare così di un futuro che nemmeno sappiamo se condivideremo o meno. Ma mi hai messo paura con quelle tue parole sul fatto di avere figli. Io ho appena diciotto anni, Ivan. Vorresti che io diventi madre a diciotto, o magari venti, ventuno anni?"

"Ma no, certo che no. Io parlavo di un futuro ancor più lontano: intorno ai venticinque, ventisei... Capisco che tu prima voglia divertirti con i tuoi amici, viaggiare, vedere il mondo, studiare all'università e cercare di garantirti, se possibile, una stabilità ed autosufficienza economica trovandoti un lavoro, se solo con questa crisi fosse possibile per i giovani... però, se continueremo a stare insieme, sappi che io vorrei dei figli. Ho sempre desiderato una famiglia numerosa, ma, come è successo a me, alla fine ne ho avuta solamente una scombinata e spaccata dal divorzio."

"Sapevo che prima o poi avresti intavolato il discorso. Ma non è ancora troppo presto parlarne? Tiri in ballo un futuro che potrebbe anche non esserci e che, ipoteticamente, si realizzerebbe fra sette, otto, dieci anni, forse. Godiamoci il presente, no? Lo hai detto anche tu prima, a casa."

Lidia sbuffò corrucciata. Ivan, invece, scoppiò semplicemente a ridere di fronte a quella buffa espressione.

"Sei un cretino" lo rimbeccò, faticando per trattenere le risate. Perché l'allegria dell'uomo era in qualche misterioso modo contagiosa e non le riusciva di sottrarsi a quella sottile costrizione. "Cerca di essere serio, su. Stiamo affrontando un argomento spinoso."

"D'accordo, Lilli... d'accordo. Bene, tu sostieni che dovrei rilassarmi e assaporare il vivere quotidiano giorno per giorno senza pensare al domani."

"Sì, come nel film. Scialla!" lo interruppe lei.

"Scialla?"

"Sì. Un film per adolescenti. Magari te lo faccio vedere, uno di questi giorni, così capisci pure che vuol dire."

"Vabbé, ne parliamo dopo. Comunque, scialla o non scialla, io ho anche delle responsabilità sulle spalle e non posso permettermi il lusso di fregarmene del mio futuro. Ho una figlia per la cui custodia dovrò lottare parecchio in tribunale, una madre che sicuramente vorrà sapere prima o poi con chi mi vedo, perché già sospetta qualcosa, un fratello a cui forse dovrò confessare una verità terribile e una coppia di amici che dovranno sapere che esco con la loro figlia diciottenne. Tira tu le somme e pensaci un momento."

Lidia fece un gesto infastidito.

"E che fai, mi ricadi nel periodo 'prima il dovere verso gli altri, poi la mia felicità'?" lo accusò. "Allora fai come i gamberi: un passo in avanti, un passo indietro. Sei sempre indeciso!"

"Buona, buona, Lidia! Fammi finire. Dicevo: ho le mie responsabilità, a cui non posso sottrarmi. Ma, dato che non voglio nemmeno rinunciare a te, penso che questa sia la soluzione ideale: io vivrò questa nostra relazione giorno per giorno senza opprimere te e me con deleteri discorsi sul nostro futuro, sulla possibilità di un impegno serio e duraturo e così via. Però terremo comunque conto di possibili risvolti futuri, perciò almeno una volta dovremo parlarne seriamente."

"Lo stiamo già facendo, Ivan." La ragazza incrociò le braccia sul petto.

"Certo, ma magari ne parliamo pure un'altra volta. Consideriamo tutti gli aspetti possibili e poi chiudiamo la discussione una volta per tutte, senza però dimenticarci delle nostre decisioni. Se la nostra relazione, andando avanti, incontrerà degli intoppi, li affronteremo come avremo deciso insieme. Ok?"

La castana si prese un momento per riflettere, mentre intanto l'uomo alla guida dell'auto attuava la manovra di parcheggio davanti a casa propria.

"Ok, accetto."

"Per esempio, se i tuoi genitori scoprissero..." suppose Ivan.

Lidia sganciò rapidamente la cintura di sicurezza e lo zittì baciandolo con slancio, disarmante, repentina, inattesa. L'uomo si arrese a quel contatto piacevole e fece per prenderla tra le braccia, ma lei sgusciò via prima di essere irretita dalle sue dita lunghe e affusolate. Gli rivolse un sorriso tollerante.

"Tesoro, l'hai appena detto tu: ne parliamo un'altra volta. E non mi stressare!"

"Hai ragione" concesse lui, riluttante a lasciar cadere la conversazione ma consapevole di doverlo fare.

"Che facciamo adesso? Tu dovresti ripassare fisica, lo sai?"

"In teoria, sì. In pratica, prima dobbiamo portare tutta questa spesa in cucina e nella dispensa di casa tua. E' una priorità. Poi, dato che la salute di Emma con te è a rischio, ho deciso di insegnarti a cucinare qualche piatto basilare e, soprattutto, salutare. E ti preparo pure qualcosa per stasera e domani a pranzo, così se non ti riesce a combinare nulla di decente abbiamo già pronto un piano B."

"E se io invece volessi fare qualcos'altro?" ironizzò Ivan, posando una mano sulla sua gamba mentre le scoccava un'occhiata a metà fra l'eccitato e lo scherzoso.

"Sempre il solito pervertito" lo accusò ridendo la ragazza, gettandosi fra le sue braccia aperte, anelante le sue labbra sottili e ampie che tanto le piaceva baciare. "Comunque, se vuoi fare qualcosa, ti consigli di spostarci in camera tua, perché qui, premuti come siamo contro questa marea di buste della spesa in un'auto minuscola, stiamo come delle sardine in scatola, tanto per rimanere in tema di alimentazione!"

E altre gaie risate, un bacio, un abbraccio intimo, ardente, e poi fuori della Cinquecento, decisi finalmente a mettere a posto la quantità abnorme di spesa fatta al supermercato, con le menti proiettate alla prima lezione di cucina che Lidia avrebbe impartito a Ivan quel pomeriggio, divertente, impegnativa, lunga, ma soprattutto con la persona amata.

Per loro era importante solo questo, stare insieme. Ma il futuro si prospettava da tempo assai difficile per loro due e, nonostante la decisione comune di non pensarci, il peso di quell'ingiusta costrizione pesava sulla loro felicità come un macigno intollerabile.


 

***



N.d.A.
Salve a tutti! :D
Eccomi qui dopo tempo immemore! Ma sicuramente non sarò mancata a nessuno, eh?
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mmh, a giudicare dall'entusiasmo causato dal precedente, credo che la storia cominci ad essere noiosa o che vada troppo per le lunghe. Se ci sono dei problemi, se non piace, non l'apprezzate, la trovate insulsa/noiosa/altro magari ditemelo, per messaggio privato, per recensione, come volete. Comunque, recensioni o no, continuerò ad aggiornare, e spero che apprezziate sempre la mia storia. Per me il giudizio altrui è abbastanza importante.
Comunque, Ivan e Lidia assaporano i primi attriti di coppia a causa di un argomento spinoso, il futuro della loro appena cominciata relazione. Per ora lasciato in sospeso, dovrà però essere affrontato prima o poi. Intanto, il timido Tommaso si fa avanti, segno evidente che la protagonista attrae un bel po' di maschi. Il tutto a discapito del povero Ivan, ingelosito da tutti gli spasimanti di Lidia.
Be', spero davvero che abbiate apprezzato il capitolo. Voglio ringraziare chiunque abbia recensito e letto la storia fino a questo punto, specialmente chi la segue dall'inizio. Un grazie di cuore a tutti i lettori! E buone feste! :D


Flame
  
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