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Autore: Ciuffettina    27/12/2014    7 recensioni
Un neonato di poche ore e un arcangelo inesperto, decisamente una brutta accoppiata
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel, Metatron, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Dopo altri 10 giorni, la madre di Abram andò alla grotta per sapere se il figlio fosse ancora vivo (come se un neonato potesse sopravvivere 20 giorni senza aiuto), quando gli parlò e capì che era proprio lui, tornò subito in città ed era talmente felice che lo raccontò al padre che lo spifferò a Nimrod il quale, terrorizzato, mandò un esercito a prenderlo.
Abram, vedendo quel dispiegamento di forze, scoppiò a piangere.
Subito comparve Gabriel: «Che cosa c’è, piccolo? Perché piangi? Non aver paura, il Signore mi ha inviato qui per proteggerti.» Lo spinse dietro di sé e pensò a come avrebbe potuto fermarli. “Ma sì, basterà quello, speriamo di non dover usare mezzi di dissuasione più pesanti.” Schioccò le dita per far comparire una fitta coltre di nuvole e nebbia in cui scoppiavano dei fulmini, per fortuna, i carri si girarono e tornarono indietro.
«Visto? Finché ci sono io, non hai niente da temere! E ora andiamo a mangiare qualche fico per ritrovare il buonumore!» gli disse scompigliandogli i capelli.


Il giorno dopo nell’ufficio di Metatron.
«Che cosa vuol dire che devo riportarlo dai genitori??? Devo ricordarti che il padre vuole consegnarlo a Nimrod che non vede l’ora di farsi un paio di calzari con la sua pelle? E poi è troppo piccolo! Ha poco più di 20 giorni!» La voce di Gabriel era salita di qualche ottava.
«Anagraficamente ma fisicamente ne ha 10, perciò non discutere gli ordini e obbedisci!»

Quando Gabriel disse ad Abram che doveva andare a Babilonia, il bimbo obbiettò che non era equipaggiato per il viaggio, non avendo cavalcatura né soldati per combattere il re.
«E chi ha parlato di combattere? Non hai bisogno di nulla di tutto ciò, ti porterò io, montami sulla schiena e tieniti forte!» Sorvolando la famosa torre, Gabriel gli raccontò di quando lui e Castiel erano scesi per fermarne i lavori(1).
Atterrati a Babilonia, l’angelo lo fece scendere e gli disse: «Ora entra in città e proclama a gran voce: “L’Eterno è l’unico Dio, non vi è altri all’infuori di Lui. Egli è il Dio dei cieli e della terra. Riconoscete dunque questa verità. Io sono Abram, il servo fedele della Sua casa!”»
Abram fece quanto richiesto, poi gli chiese: «Sono stato bravo?»
«Bravissimo» rispose Gabriel, con una smorfia. «Ora devo restituirti ai tuoi genitori, mi raccomando, rivela loro la vera fede e non farti traviare.»
«Ma Gabriel» chiese Abram, perplesso, «vuoi dire che dovrò stare con loro? Che non ci vedremo più?»
«Certo che ci vedremo ancora, sono sempre il tuo arcangelo custode, solo non sarà più tanto spesso come prima» rispose l’angelo, spingendolo leggermente verso la sua casa.
«Non voglio stare con loro! Voglio stare con te!» esclamò il bambino, tirando su col naso.
«Non si può, piccolo, questi sono gli ordini divini. Io ho i miei compiti da svolgere, mentre a te è stata affidata un’importante missione e l’unico modo per portarla a termine è questo.»
«Mi mancherai!» disse Abram, abbracciandolo.
Gabriel rimase interdetto per un attimo (i suoi fratelli non erano molto affettuosi, perciò certi gesti, in Paradiso, erano ignoti), poi si chinò ad abbracciarlo a sua volta, avvolgendolo anche con le ali. «Vai ora! E ricordati: quando avrai bisogno di aiuto, ti basterà chiamarmi e arriverò volando» gli disse, qualche minuto dopo, raddrizzandosi e scompigliandogli i capelli.
Abram raccontò ai suoi genitori tutto quello che gli era successo, poi disse loro: «Come potete adorare un uomo uguale a voi e inchinarvi a una sua immagine? Essa ha una bocca ma non parla, ha occhi ma non vede, ha orecchie ma non sente e non cammina. Non serve a nulla!»
Il padre, sempre con la fissa di obbedire a Nimrod, lo condusse a corte.
Diamine! Non posso neanche girare le ali un attimo…” pensò l’arcangelo, seguendoli.
Appena fu al cospetto del re, Abram gli urlò: «Guai a te, Nimrod, miserabile miscredente, che rinneghi il Dio vivente ed eterno e con Lui, Abram, il Suo fedele servitore! Ripeti con me: l’Eterno è Dio, l’unico, non vi è altri all’infuori di Lui!»
Mentre Abram urlava, Gabriel, restando invisibile, con rapidi movimenti delle mani, faceva cadere per terra i simulacri con fracasso. “Ops! Dimenticavo l’idolo più importante!” Posò due dita sulla fronte di Nimrod, che fissava quel moccioso, basito, e lo fece crollare a terra svenuto. Quando rinvenne, era talmente spaventato da ciò che era successo che ordinò ad Abram e Terach di sparire.


Dopo quasi un mese, un angelo aveva restituito un bambino ai suoi genitori e quella sera entrambi riposavano nei propri letti ma, chissà perché, nessuno dei due ne era particolarmente felice.

*****

1) Vedere racconto “La torre di Babele
Ultimo capitolo, lo so sono una persona orribile, ma purtroppo la storia originale prevede la restituzione del bambino.
Ringrazio Jerkchester, samara89, BROTHERSWINCHESTER95, askyfullofstars, Fenice14 e _Lenalee_ per l'attenzione, il sostegno e gli incoraggiamenti.
   
 
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