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Autore: Mikirise    27/12/2014    4 recensioni
Piper sa che sua mamma è… speciale.
Sa che è bravissima a risolvere i problemi di cuore delle persone, nonostante non riesca proprio a togliersi quel sorriso divertito dal viso, quando qualcuno soffre per amore.
Non sa, però, come Afrodite faccia a risolverli, questi problemi.
Bacchetta magica? Stregoneria? Lavaggio del cervello?
No, è inutile, non riesce proprio a immaginalo.
Ma Leo può.
Piper non ha mai accettato di lavorare per sua madre, ma Leo, con un contratto che non chiedeva soldi ma la soluzione ai suoi problemi sentimentali, sì.
E questo è il racconto di quell'anno in cui Leo fu il meccanico-aggiusta-tutto della biblioteca e di come questo lavoro gli cambiò la vita.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Afrodite, Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutta colpa di Afrodite'
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Note pre-testo: Questa volta mi ritaglio un angolino qui, per un motivo molto semplice. Poi mi odierete, quindi tanto vale mettere la mani avanti.

Non capisco perché la gente odi così tanto Octavian…

Detto questo, buon Natale in ritardo e mangiate tanto fino al 31!

Nico risolverà tutti i nostri problemi di cuore ❤️





 

Come utilizzare la biblioteca nella maniera più sbagliata in questo mondo ed essere felici

Ossia di quando Leo scoprì dei retroscena della vita di tutti che non avrebbe mai, mai, proprio mai, confessato a Piper

Capitolo sette: Non sei un investigatore segreto e Se lo fossi faresti schifo





Smettila di preoccuparti tanto por mi. Esto bene. Proccupate de fare il bravo bambino e mangia le tue enchiladas.




Leo bloccò il cellulare e se lo infilò in tasca, sistemandosi con l'altra mano gli occhiali da sole sul naso.

Aveva promesso a Charles che non avrebbe più fatto stupidaggini -beh, una promessa muta vale quanto una sonora- e già stava facendo qualcosa di stupido.

Il problema con quelle situazioni era che lui si rendeva perfettamente conto di star facendo idiozie, ma le faceva lo stesso, perché, cavolo, altrimenti a cosa servono gli amici?

Annabeth, accanto a lui, teneva un ginocchio a terra e adocchiava la situazione davanti a lei, in cui Octavian e Rachel litigavano su qualcosa di assolutamente futile, sotto il punto di vista di una divertita Calypso, che teneva in mano un libricino e girava tra le sue mani un bigliettino.

"Non facciamo prima a chiedere a Percy?" bisbigliò Leo nell'orecchio della bionda che, irritata, fece svolazzare una mano per aria, cercando di farlo smettere di parlare.

Poi sospirò, girandosi verso l'amico "Da quando in qua ti piacciono le strade più facili?"

"Mi sono sempre piaciute, ma nessuno di voi mi ascolta mai, quando lo consiglio"

"Non sempre gettare fuoco su qualcuno è la strada più semplice" lo rimproverò Annabeth, riportando il suo sguardo verso la saletta, coperta dalla sua maglietta nera, il suo cappello nero ed i suoi pantaloni neri. Se non fosse stata Annabeth, Leo si sarebbe spinto fino a dire che era vestita da sexy spia. Stava aspettando che dicesse qualcosa degno di un telefilm per iniziare a saltellare e puntarla con dito gridando Sara!* "E comunque, quell'idiota non avrebbe detto tutto. Mi parla poco o niente delle sue ex"

"Ma tu e Percy non state insieme dall'alba dei tempi?"

Annabeth alzò un sopracciglio, guardando il ragazzo dal basso all'alto, più che altro confusa dalla scelta delle sue parole "Stiamo insieme da qualche mese" rispose alla fine, e, davanti allo sguardo poco sicuro del messicano, la bionda sbuffò, riportando la sua attenzione verso i tre dietro la libreria.

Era comprensibile che il ragazzino pensasse che i due stessero insieme da molto tempo. Quei due erano sempre stati nei confini tra amicizia e amore.

La verità, però, era che Annabeth e Percy si conoscevano da molto tempo, ma si ritrovavano ad essere il ragazzo dell'una e la ragazza dell'altro da così poco tempo che non sapevano esattamente come comportarsi. Avevano lasciato, in un primo momento, che le loro conversazioni, i loro modi di comunicare -parole, insulti, a volte colpi in testa- rimanessero gli stessi di quando erano semplici amici.

Ma Annabeth capiva che c'era qualcosa di diverso, adesso.

Prima Percy le parlava di tutto, Tyson, cuscini, surf, caccole, a volte addirittura di ragazze. In quel momento, invece, si mordeva il labbro, quasi ci fossero argomenti che loro due non potevano affrontare.

Ed il loro rapporto, basato su una schietta sincerità, sembrava essere arrivato ad un punto morto, in quanto lei stessa si mordeva il labbro per non parlare di niente che potesse scomodare il suo ragazzo, a partire dal problema di comunicazione, perché, beh, pensava che l'avrebbe potuta trovare lagnosa e troppo insicura.

"È l'appostamento più noioso del mondo" si lamentò Leo, incrociando le braccia "Durante l'interrogatorio, posso essere il poliziotto cattivo? Nel senso, tu fai quello buono, io il cattivo, no?"

"Oh, Leo, taci" lo zittì lei.


☆★☆★


"È il musical più idiota in questo mondo" ringhiò Octavian, incrociando le braccia ed assottigliando le fessure degli occhi.

"Oh, per favore" alzò gli occhi al cielo Rachel, scuotendo la sua testa piena di ricci rossi e chissà perché solo quelle parole -che non erano una tesi, non erano nessuna antitesi a quello che aveva appena detto-, fecero mordere le labbra al ragazzo e dare un piccolissimo passo indietro, che però coprì con un enorme passo avanti, verso la ragazza, arrivando ad imporle quasi invasivamente la sua presenza.

"Parla di gatti" lasciò chiaro, abbassando leggermente lo sguardo, quel tanto che bastava per guardarla negli occhi "Gatti"

"Il mondo non gira intorno a te" rispose lei, puntando i suoi occhi verdissimi e chiarissimi su quelli di lui azzurri e penetranti "Non intorno a te" ripetè, prendendo a masticare con più forza per poi soffiare e creare una bolla di gomma, che esplose al contatto col naso del biondo.

Octavian mise il broncio, allontanandosi impercettibilmente da lei, che prese a sorridere vittoriosa.

Calypso sbattè le palpebre, per poi alzare un sopracciglio e distogliere lo sguardo dai due, abbassandolo sul libro e portando una mano sulla fronte.

Aveva conosciuto Octavian esattamente due settimane, quattro giorni e cinque ore prima. E, se se lo ricordava così bene, c'era un motivo.

Esistono almeno tre tipi di persone in questo mondo: quelle di cui non ti ricordi esattamente giorno ed ora dell'incontro, ma che ami incondizionatamente, perché diventati parte di te in maniera delicata -come diceva Silena-; quelle che ti colpiscono dalla prima volta in cui le vedi, in positivo, a causa del loro carisma; quelle che detesti dal primo momento in cui le guardi.

E quel biondino rompiscatole era così.

Octavian era insopportabile. O, almeno, cercava con tutto se stesso di essere insopportabile. E non si capiva perché.

Insomma. Octavian faceva parte della famiglia più solare del mondo -eccezion fatta per Artemide, che aveva fondato il Club contro gli uomini in cui era entrata a far parte qualche mese prima Thalia Grace, donna lunare e lunatica-, con miliardi di cugini e zii dolci, premurosi e col sorriso più caldo in tutta America -spiccavano fra tutti Apollo stesso e Will-, in più aveva anche una faccia quantomeno gradevole, quindi non avrebbe dovuto aver problemi in quella stupida cittadella basata su certe cose superficiali.

Eppure Octavian, entrato nell'asilo statale di New Olympus, aveva preso il panda peluche di Percy e lo aveva squarciato, per poi guardare il moro dare di matto, con gli occhi gonfi dalle lacrime ed un sacco di parolacce sentite dal suo fratellasto-no-non-sono-tuo-fratello-fattene-una-ragione Tritone, per le quali venne punito duramente dalle maestre. Quello fu il suo primo atto d'intimidazione, seguito da molti altri, contro tutti i tipi di persona, azioni che, però, ebbero un brusco stop quando decise di prendersela con una rossa di nostra conoscenza.

Rachel fu, fin da quando aveva la tenera età di quattro anni, l'unica persona in questo mondo davanti alla quale Octavian indietreggiò.

Certo, anche Reyna, a volte, gli faceva abbassare la testa, ma era solo una vittoria apparente, visto che il biondo era sempre pronto a darle contro in qualsiasi momento, non accettando il ruolo che la ragazza si dava a scuola, in classe, o nelle squadre di sport.

Octavian sembrava temere Rachel. Poteva essere perché, a quattro anni, Rachel lo aveva morso in testa fino a farlo sanguinare, dopo che lui aveva rubato e rotto un suo disegno. O forse, secondo il punto di vista di Calypso, sebbene con qualche riserva e sebbene non lo volesse ammettere, il biondo, forse, pensava a Rachel come ad una sua pari, come se fosse l'unica che poteva comprenderlo, in un modo o nell'altro.

Alla rossa tutto ciò poco interessava, o almeno così diceva. L'unica cosa riguardante Octavian che le interessava era che quel pallone gonfiato figlio di una buona donna era anche pronipote di Apollo, il che voleva dire che, se un giorno si fosse veramente voluta sposare con Apollo, se lo sarebbe ritrovato nelle riunioni familiari della domenica e già quando se lo ritrovava a Teatro, ogni lunedì, mercoledì, venerdì ed eventualmente la domenica, non riusciva a fare altro se non gridargli contro.

In realtà, il rapporto tra Rachel ed Octavian non era molto chiaro a nessuno, neanche ai due, che, seppure continuamente in contrasto, trovavano l'interesse nelle stesse materie, negli stessi oggetti, negli stessi settori d'arte... il teatro, ad esempio. Un piccolo dettaglio che Rachel aveva dimenticato di raccontare a Calypso era che, tempo prima, quando si era innamorata di Apollo, stava recitando sul palco della biblioteca il romanzo di Cime Tempestose -adattato dal loro professore, Chirone, che si divertiva a seguire quasi tutti i corsi extracurricolari dei suoi alunni, chissà per quale ragione, dal tiro con l'arco alla danza interpretativa-, il suo coprotagonista, Heatcliff, era Octavian -nessuna novità, Octavian e Rachel si dividevano sempre i ruoli dei protagonisti-.

Quel che invece la rossa non poteva raccontare, visto che nemmeno lei ne era al corrente, era il punto di vista di Octavian durante quella recita. Punto di vista che venne raccontato a Leo, in seguito, durante una sessione di allenamento estremo sugli addominali -perché Leo aveva sempre fatto schifo in Educazione Fisica e Octavian lo sapeva, non perdendo mai occasione di andarlo a deridere in palestra-, dallo stesso Octavian.

Leo non pensava di poter ispirare tanta fiducia in qualcuno che reputava antipatico e al confine per essere un suo bullo, ma prese comunque appunti mentali su quello che il biondo continuava a ripetere, non ricordava bene per quale motivo, mentre lui faticava a respirare a causa dello sforzo fisico.

"Lo trovo stupido lo stesso" continuò il ragazzo, accarezzandosi il collo e portando il suo sguardo verso il pavimento "E trovo stupido anche l'assegnamento dei ruoli"

Calypso e Leo, pur in due parti completamente diverse ed opposte della stanza, focalizzarono il loro sguardo sul biondo, che sembrava aver appena fatto un complimento a Rachel e, se proprio non fosse stato un complimento, era come se Octavian avesse coluto esprimere la sua empatia su qualcosa. Come se fosse preoccupato per la rossa.

"Non hai avuto Macativity? Sei praticamente nato per quel ruolo" rispose la ragazza, senza smettere di masticare la gomma.

"Ma tu non sei nata per quello di Cassandra" sbuffò quasi inudibilmente lui, continuando a mantenere lo sguardo basso "Tu sei più..." continuò mentre il suo sguardo da arrogante e strafottente, cervcava di diventare dolce e con un accenno ad un sorriso sognante.

Mentre Calypso studiava attentamente il ragazzo, con i suoi occhi allungati e scuri, immaginando quali pensieri potessero passare per la mente di un biondino come Octavian, Leo, accovacciato accanto ad Annabeth, ricordò le parole del ragazzo in quella palestra puzzolente.

Aveva detto La migliore attrice che io abbia mai visto. La migliore Catherine che abbia mai fatto innamorare il suo Heatcliff ed ammaliato chi lo interpretava.

Dovette sbattere le palpebre almeno quattro volte per riprendersi dalla scottante sorpresa della verità che Octavian gli aveva confidato. Perché gli aveva detto per davvero un segreto, mentre erano soli, premettendo il fatto che sembrava che, tra tutte le persone che conosceva, l'unico che lo avrebbe potuto capire e che sarebbe stato zitto sarebbe stato proprio lui, Leo. Perché non avrebbe capito le parole del ragazzo completamente e, se lo avesse fatto, beh, Leo era il Mollato per eccellenza, come aveva scoperto leggendosi Teorema Catherine, e sapeva quanto umiliante potesse essere far scoprire alla persona per cui hai una cotta che hai una cotta per lei -l'esempio per eccellenza era stata Thalia: Leo lo aveva detto ad Annabeth e Jason. Annabeth lo aveva spifferato a Percy, che lo aveva commentato a Hazel, che lo aveva detto a Frank, che se lo era lasciato sfuggire coi fratelli Stoll che, per dare una lezione a Leo, che non voleva aiutarli a progettare uno scherzo ai danni di una certa Katie, avevano fatto dei manifesti per attaccarli ad ogni muro e palo della città, con una rosa ed una poesia-dichiarazione per Thalia. Comunque, quando i fratelli Stoll mettevano in atto la loro vendetta, Thalia Grace già sapeva tutto: Jason glielo aveva raccontato non appena era uscito da scuola. Che amici!

E dovette riprendersi anche dallo shock di scoprire che Octavian -l'uccisore di peluche, il demagogo che aveva fatto insorgere una rivolta a scuola contro le fotografie di fine anno, solo per evitare l'esame finale, il ragazzo che voleva diventare presidente del consiglio studentesco per mandare a morte tutte le persone che tiravano su col naso e quelle che il naso se lo suonavano in pubblico- avesse addirittura dei sentimenti.

Dèi, il mondo è pieno di sorprese.

"Non insultare la mia capacità di recitazione!" puntò il dito contro di lui Rachel, senza comprendere quelle parole nascoste che il biondo aveva lasciato cadere all'interno della stanza.

"Non sto..." cominciò Octavian, per poi iniziare a balbettare e mordersi il labbro con tanta forza da riuscire a sentire il sapore del suo sangue sulla lingua.

Non stava dicendo che Rachel non recitava bene. Stava dicendo che Rachel recitava troppo bene per quel ruolo di semplice spalla. No, lei non era la ragazza carina che rimaneva nell'oscurità, senza un vero e proprio momento di gloria, senza una canzone che strappava le lacrime ai peggiori spettatori. Lei non era Cassandra, agli occhi di Octavian, che, all'età di quattordici anni si era visto essere trasportato in un modo di recitare nuovo, accanto ad una persona che lui ammirava, che lui am...

Rachel, agli occhi del biondo poteva avere di più. Doveva avere di più.

Doveva essere Grizabella, perché solo lei sarebbe riuscita a dare tutte le sfumature di un tale personaggio, anche se in pochisime scene. Solo lei poteva capirlo. Solo lei poteva portarla in scena, solo lei poteva far innamorare gli spettatori di lei e di ciò che interpretava, non Lou Ellen. Perché Lou Ellen, per quanto potesse sembrare vera, era solo ipnotica, non mostrava una parte di sé nel suo recitare: mostrava quel che tutti volevano vedere, non più, non meno, dando l'impressione di essere una maschera piatta, una donna senza carattere. E probabilmente lo era, secondo quel che pensava Octavian.

Nel club di teatro c'erano solo due persone che valevano la pena di vedere e di ricordare i nomi. Una era lui. L'altra era la rossa.

Rachel.

Rachel metteva in disaccordo tutti e tutto col suo modo di stare al palco, ipnotizzava perché era se stessa attraverso altri nomi. Lei brillava, splendeva illuminava le vie, creando delle ombreggiature dove Octavian, che era un sole più oscuro, amava sedersi e contemplarla in tutta la sua bellezza.

E avrebbe voluto dirglielo, gridarglielo in faccia, proprio in quel momento in cui lei stava a pochi millimetri da lui.

Ma lui era Octavian, lo stesso ragazzo che aveva tagliato i capelli a Reyna in quinta elementare per poter attirare la sua attenzione e, per orgoglio, l'aveva trattata come le peggiori delle nemiche, una volta che lei, gridando gli aveva scagliato contro i suoi due vecchi -ed orrendi, a detta del biondo- cani.

Non poteva dire a Rachel che la trovava fantastica.

"Dico solo che attrici migliori potrebbero interpretare la tua parte" bugia "che dovresti prendere lezioni di canto, visto che stoni ogni due note" parzialmente vero " e che non emozioni. Come attrice sei un completo fallimento" assolutamente falso.

Rachel sostenne il suo sguardo per un millesimo di secondo, assottigliando i suoi meravigliosi occhi verdi e studiando la postura nervosa di Octavian.

La pausa fu così densa che Calypso alzò il suo sguardo dal libro, con in bocca un "Che succede? Vi baciate?", ma riuscì a terminare a malapena la prima frase, perché la rossa diede una ginocchiata in pancia al ragazzo, che si dovette piegare e concentrarsi con tutto se stesso per non gridare.

"Pensa piuttosto alla tua dizione" replicò irritata, sbattendo a terra le sue vecchi scarpe Nike e e prendendo a camminare verso l'uscita della stanza, mentre Calypso inclinava la testa e la seguiva ripetendo un "Per come stavano andando le cose, pensavo dovesse esserci un matrimonio!"

Ma si fermò, mentre passava davanti agli scaffali, dietro i quali, pochi secondi prima si nascondevano Annabeth e Leo.

Quando girò la testa verso destra, facendo fare un piccolo salto alla sua treccia laterale, era rimasto solo Leo, fermo a nascondersi dietro un libro, perché la bionda, più allenata negli inseguimenti e nello spionaggio, era corsa verso l'area di letteratura latinoamericana non appena aveva capito che Rachel si era arrabbiata con Octavian ed aveva preso a scalciare furiosamente.

Gli occhi dei due ragazzi s'incontrarono, lui mentre cercava una maniera per scappare lontano da quella che già da due settimane e mezzo non gli rivolgeva più la parola, lei mentre lo osservava attentamemte, per poi abbassare lo sguardo verso il suo libro ed infilarci in mezzo quel foglietto che, poco tempo prima, teneva in mano.

"Tieni" disse tirandogli il libro come se fosse una palla da baseball e, quando Leo -che a baseball non era per niente bravo- riuscì a prenderlo, seppure con molta difficoltà dopo averlo fatto passare in volo da una mano all'altra, rise "Comunque, quegli occhiali da sole ti fanno il naso più grande, Ragazzo delle Riparazioni" disse a mo' di saluto, per poi scappare dietro le orme di Rachel.

Il bigliettino che la ragazza aveva lasciato spiccava nel libro, e Leo ci mise un po' per decifrarlo.

Ti voglio dare cinque buone ragioni per cui non è consigliato ad una persona normale essere amica di Leo Valdez...

"Per come la vedo io" gli diede una pacca sulle spalle Annabeth, che si era materializzata accanto a lui non appena aveva capito che quasi tutti se ne stavano andando -e con quasi tutti la bionda stava pensando a Calypso, l'oggetto del loro spionaggio-, ed aveva appoggiato il suo mento sulla spalla del più piccolo leggendo velocemente il foglietto che il ragazzo teneva in mano " questo è un passo avanti per le nostre indagini" sorrise e, soddisfatta, si stirò la schiena.


☆★☆★


Nico arricciò le labbra, allungando le sue corte gambe sotto il tavolo della biblioteca, mentre Piper, Annabeth e Leo, osservavano il bigliettino davanti a loro, neanche fosse stato scritto in greco antico.

A New Olympus, per quanto FedEx potesse essere un buon modo per mandare messaggi per tutti gli Stati Uniti, era preferibile spedire i propri pacchi per mezzo di HermesPoste, o IrideMessage. Le due ditte erano controllate rispettivamente dal signor Hermes e dalla signora Iride, che annoiata dall'essere portatrice di messaggi, aveva abbandonato la città ed aperto l'Associazione Arcobaleno, facendo diventare matta tutta la sua famiglia, ma, soprattutto, la sua assistente.

I figli ereditieri della fortuna delle due poste, volenti o nolenti, erano Butch -che Leo trovava buffo, visto che era tutto un omaccione, con il tatuaggio di un arcobaleno e la mancata scritta I love Mum- e Luke, che si vedevano costretti a viaggiare da una parte all'altra della città in bicicletta, più velocemente possibile, cercando di rallentare l'altro. Nelle loro corse contro il tempo, cercavano di sabotare l'altro in modi poco carini, non tanto Butch, quanto Luke, che, con un sorriso furbo, ripeteva sempre quanto in amore ed in guerra tutto fosse possibile, andando a trovare il rivale all'ospedale.

Nonostante questo, HermesPoste e IrideMessage non erano gli unici modi per comunicare, in quella cittadella, dove telefoni e cellulari sembravano essere banditi.

"Numero Uno:" lesse Piper, spostando leggermente l'amico a destra "hai un pessimo senso dell'umorismo"

"Bugiarda," sbuffò Leo, poggiando la schiena sulla sedia "ride sempre alle mie battute!"

C'era un modo per comunicare legato ai libri della biblioteca. Chi lo aveva usato almeno una volta, lo chiamava Viaggio Ombra, per svariate ragioni. La prima tra tutte: il libro compare dal nulla davanti al destinatario, senza che nessuno si accorga di niente; sembrano essere, i messaggi, trasportati da un'ombra, silenziosa ed invisibile.

"Numero due:" continuò Annabeth, mordicchiando una penna "sei troppo rumoroso"

"Per i canoni della biblioteca? Tutti sono rumorosi in biblioteca! Altrimenti, sai che mortorio?"

Per chi non l'avesse capito, l'ombra è sempre stato, e sempre sarebbe stato, Nico, che ascoltava la conversazione, nascosto, come sempre, dietro ad il Giro di vite, il giusto libro per ingarbugliarsi un poco la testa. Intrappolato con un trucchetto, da Eros, era stato costretto ad aiutare Afrodite nel suo lavoro da bibliotecaria, nonostante non fosse del tutto schiavizzato come lo era Leo. Il suo lavoro consisteva, essenzialmente, nell'essere un messaggero. E a lui poco importava, fintanto che nessuno gli desse fastidio, o lo scoprisse.

"Numero tre:" riprese Piper, ignorandolo " a volte, sembra tu voglia capire tutto, come se tutto fosse una macchina"

"Numero quattro:" Annabeth non lasciò al ragazzo neanche il tempo di prendere fiato per rispondere alla precedente affermazione che Calypso aveva lasciato nel foglietto "sembra tu voglia aggiustare tutto, come se tutto fosse una macchina"

"Non capisco cosa..." iniziò Leo, arricciando le labbra e scuotendo la testa.

Le due ragazze si lanciarono uno sguardo veloce, prima di abbassare lo sguardo verso il bigliettino e sbattere le palpebre velocemente.

Nico, incuriosito dal silenzio, abbassò il libro quel tanto che bastava per poter tenere d'occhio i tre, cercando una parola, o un bisbiglio che gli suggerisse l'origine dell'inquietudine delle ragazze.

"Che c'è?" chiese il messicano.

Annabeth si leccò velocemente le labbra, prendendo in mano il foglietto "Punto cinque:" lesse, soffocando un sospiro "io non sono una macchina"

"Questa è una dichiarazione d'amore" si sorprese Piper, incrociando le dota tra loro e sorridendo come un ebete verso l'amico, che, invece, la guardava dubbioso.

"Tu dici?" chiese la bionda, facendo oscillare la penna tra il dito indice e medio, con una pinta di nervosismo "A me sembra una ragazza che cerca di farsi chiedere scusa"

"Scusa di che? È lei che ha iniziato!"

"Anche" ammise la castana, continuando ad ignorare il moro che sbuffava e borbottava indignato "Ma queste sono le parole di chi non vuole perdere qualcuno"

"Non capisco cosa hai letto tu, perché io non leggo niente del genere"

"Oh, sei così ingenua! È così ovvio"

"Ragazze, mi state confondendo"

"Se avesse avuto veramente così tanta voglia di non perderlo, avrebbe almeno scritto Mi dispiace per essermi comportata come una matta in queste settimane. E dico almeno. Se non chiedi scusa, rischi di perdere le persone, sai? Se è così disperata all'idea di perdere Leo" Annabeth alzò la mano, indicando il moro accanto a lei, che dovette abbassare in fretta la testa per non essere colpito da lei "avrebbe usato tutte le armi per farlo riavvicinare. Soprattutto le scuse"

Piper alzò gli occhi al cielo "Ovviamente no! Questo è un rapporto con Leo. Hanno iniziato insultandosi e senza mai chiedersi scusa. Le scuse non sono normali per loro! Lo sta punzecchiando per riportarlo all'inizio della loro relazione-barra-amicizia"

"Ragazze"

"Perché Leo non merita scuse?"

"Leo merita tutte le scuse del mondo, ma non per questo le avrà mella maniera più tradizionale, no?"

"Calypso non lo vuole più vedere!"

"Calypso è pazza di lui!"

"E io che devo fare?" chiese Leo, sempre più confuso, facendo saltare il suo sguardo da Annabeth a Piper, che tamburellavano con le dita sul tavolo, lanciandosi veloci sguardi in contrasto.

"Va da lei, santi dèi!" "Allontanati e non farti più rivedere da lei", le risposte, in contemporanea, delle due ragazze, prima di lanciarsi l'ennesimo sguardo contrariato.

Nico scoppiò a ridere, poggiando il libro che teneva in mano sul tavolo. Leo girò la testa verso di lui, non troppo sorpreso di vedere il piccoletto lì, seduto a pochi metri da loro.

"Ti chiederei perché ridi, se non sapessi che sei un sadico"

Nico sfoggiò un sorriso sghembo, che doveva esser stato formato in sede, perché Leo non l'aveva mai visto sorridere in quel modo "Rido perché sei stupido" fece spallucce il più piccolo, per poi indicare l'oggetto che, in precedenza, conteneva il messaggio di Calypso "Puoi risponderle, no?"

Il messicano e le ragazze intorno a lui poggiarono i loro occhi sul libro, che innocentemente era rimasto aperto ad una pagina a caso.

Leo rise, prendendolo in mano, per poi indicare l'italiano "Sei un genio"

"Non ho bisogno che un essere inferiore come te me lo dica, ma grazie"



*Sara: certo, ovvio, Leo sta parlando della serie tv Chuck

  
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