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Autore: General_Winter    28/12/2014    2 recensioni
Germania, in confronto con altre Nazioni europee, è molto più giovane. Deve perciò studiare la storia che è avvenuta prima della sua nascita come Impero Tedesco nel 1871. In una di queste cacce alle informazioni si ritroverà costretto ad ascoltare, dal suo magnifico fratello, un racconto, che, però, riaprirà profonde ferite nel cuore del prussiano.
[OC! Ducati germanici]
Genere: Malinconico, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nuovo personaggio, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Capitolo più lungo del precedente, cercherò di spezzettarlo il più possibile, spero che piaccia. Ci sentiamo in fondo, se mai riuscirete ad arrivarci.

                                   CAPITOLO I


Schloss der Mittelweg, Sassonia, 29 dicembre 1870


Le dolci note del pianoforte impregnavano l’aria della stanza, perdendosi nelle orecchie dei presenti e nei crepitii del fuoco acceso per riscaldare l’ambiente. La soave musica che usciva dalle mani del pianista era, però, sovrastata a volte da irregolari stridii metallici: nella stessa stanza, due spade cozzavano tra di loro in continuazione, ma bellamente ignorate da quasi tutti i presenti.
Sassonia eseguì un ultimo affondo, prima di disarmare Wurttemburg e appoggiare la lama sotto la sua giugulare.

La ragazza ghignò  vittoriosa vedendo il fratello alzare le mani in segno di resa e dargliela vinta per la sesta volta « Va bene, sei a zero … arriverà, un giorno, qualcuno che non riuscirai a battere, Andrea » sospirò Michael, riprendendo la sciabola precedentemente caduta a terra. La ragazza scosse la testa decisa, sorridendo.


Gli altri presenti nella stanza ridacchiarono. Il musicista smise i suonare, voltandosi stizzito verso i due contendenti, facendo sobbalzare il ciuffo ribelle color miele « Avete finito ora o ne avete ancora per molto? »

Michael rise forte « Oh, e andiamo Baden! Non ti stiamo facendo nulla di male, non ti è mica arrivata una stoccata sul pianoforte! » rispose rivolto al fratello pianista, che esasperato si rimise seduto sullo sgabello e riprese la sua sonata da dove l’aveva lasciata.


Il ducato di Hesse, Petra, alzò gli occhi dal suo ricamo per guardare i fratelli « Dai, smettetela e non urlate » li richiamò con la voce dolce che poteva avere una madre « E poi, Andrea e Michael, non è salutare allenarsi con la spada in un salotto, anche se grande come questo » li rimproverò, passando distrattamente una mano tra i suoi capelli castani e voltando lo sguardo verso Baviera, seduto poco distante da lei, intento a leggersi un libro con in braccio il piccolo Hoenzollern.

 « Petra ha ragione » intervenne in quel momento Hans, senza alzare gli occhi dalla scacchiera dove stava giocando con il gemello Johannes « Tutto questo urlare e sferragliare non mi sta facendo concentrare … »« Scacco matto! » esclamò in quel momento Oldenburg, spostando con una rapida mossa la torre.
Mecklemburg, vedendo il suo re circondato da pedine avversarie, chinò sconsolato il capo, al suono la risatina beffarda del gemello. Hans alzò la testa verso il resto della famiglia « Mi dovete una vittoria a scacchi ».

Christian, ormai stanco di tenere Karl in braccio, posò il fratellino a terra e si rivolse all’altro fratello, pragmatico « Hans, avresti perso comunque: ti abbiamo distratto quando Johannes stava per fare l’ultima mossa, non sarebbe cambiato nulla » disse calmo e ovvio Baviera. Mecklemburg non ribatté all’osservazione del fratello maggiore e si limitò solamente a guardarlo storto.

Una nota stonata in quella melodia perfetta squarciò l’aria e tutti si voltarono verso Mark « Avete smesso di ciarlare o dovrò sopportarvi ancora per delle ore? Purtroppo questa è l’unica sala del castello dove c’è un pianoforte, quindi io non mi posso spostare, siete voi che ve ne dovete andare! » sbottò il pianista « Dai, Mark, non essere così acido! » disse Michael, avvicinandosi al fratello mettendogli un braccio intorno alle spalle, massaggiandosi distrattamente la cicatrice.

Baden si scrollò velocemente la presa del fratello per poi guardarlo torvo « Non toccarmi più, Wurttemburg, o giuro che ti taglio le mani » sussurrò in direzione del moro. Michael rise e arretrò leggermente alzando le mani in segno di resa « Accidenti Mark! Anche questa mattina hai fatto colazione con latte e simpatia, vedo … » ribatté ironico, prima di voltarsi verso sua sorella Sassonia « Giusto Andrea? Ehi! Andrea … »

L’attenzione della ragazza era stata rapita da un’insolita immagine: una carrozza nera fendeva la neve di dicembre germanica. Risaltava come una macchia d’inchiostro su un quaderno immacolato. Il vento gelido smuoveva le criniere dei cavalli scuri quanto la carrozza e visibilmente stremati. Un cocchiere imbacuccato la guidava verso l’entrata del castello, lungo il viale. Lo stemma di un’aquila candida portante nelle zampe uno scettro e un orbe era stampato sulla porta d’entrata.

Nel riconoscere quel simbolo, Sassonia scattò , uscendo dalla stanza sotto gli sguardi attoniti di tutti. Hesse si girò verso la vetrata e notò anche lei il carro signorile. Sorrise con la calma e la posatezza che la contraddistinguevano « Capisco, abbiamo visite importanti » disse e si accinse ad alzarsi, invitando i fratelli a seguirla e chiamando nell’atrio del castello tutti i domestici al loro servizio.


Nel frattempo, Sassonia era corsa all’entrata e, incurante della bufera di neve che fuori imperversava, spalancò la porta.

La carrozza si fermò in quel momento di fronte alla scalinata della reggia. La porticina si aprì e da questa scesero due meravigliose ragazze dai lunghi capelli biondi e gli occhi cerulei, le quali si stringevano convulsamente le pellicce intorno alle spalle per sopportare il clima di dicembre della  regione teutonica.

Andrea le fissò stupita, prima di riprendersi e correre loro incontro, abbracciandole di slancio entrambe.

Lacrime di commozione cominciarono a scendere dagli occhi del ducato germanico. Anche le altre due ragazze strinsero forte Andrea, ricambiando l’effusione d’affetto che Sassonia aveva manifestato nei loro confronti non appena le aveva riconosciute.


Un urlo di sorpresa risuonò alle spalle delle fanciulle « Alsazia! Lorena! » gridò Mecklemburg quando vide le due sorelle francesi tra le braccia di un’estasiata Sassonia. Anche lui corse loro incontro, seguito dal gemello Oldenburg che le aveva appena riconosciute « Cosa ci fate voi qui? » chiese Hans con trasporto.

Un battito di mani precedette la risposta: Petra li aveva raggiunti e aveva cominciato a parlare con il suo solito buon senso « Su, su, andiamo, se sono qui significa che hanno fatto un viaggio molto lungo, lasciamole prima riposare, poi potremmo fare loro delle domande » si rivolse poi alle sorelle Bonnefoy con un sorriso « È passato molto tempo e se siete qua penso che sia per il problema che c’è ora sul fronte a Ovest da qui. Annie, Helene, non fatevi problemi: voi due siete sempre benvenute a casa Bielschmidt »

Una nuova voce, maschile e non proprio giovanissima, s’intromise in quel discorso « Mai sentito parole più ponderate e veritiere. Noto con piacere che non sei cambiata dall’ultima volta che vi ho vista, fräulein Petra ».

Nel riconoscere la voce, otto fratelli  tedeschi scattarono sull’attenti « Che onore!  Non aspettavamo la sua visita, Herr Bismarck » fece Petra.


Il grande capo prussiano si fece avanti, prendendo la mano di Hesse e baciandole con riverenza il dorso « Il fronte di guerra al momento è abbastanza calmo e sotto controllo da potermi permettere di non pensarci per qualche giorno … » disse, per poi rivolgersi ai restanti componenti della famiglia, partendo dal più vecchio di età apparente dopo Petra, Christian, il regno di Baviera, ancora sull’attenti « Rue, Christian, rue … non c’è bisogno di tutte queste formalità, anzi, dovrei essere io a farle al vostro cospetto ».

All’ordine impartito, Baviera si mise a riposo, parlando comunque con riverenza al condottiero « Non è assolutamente vero, Herr Kommandant! Come procede sul fronte francese, signore? Io e i miei fratelli siamo sempre pronti ad offrire i nostri servigi, non lo dimentichi! » Bismarck fece un gesto con la mano « Non ve ne è bisogno: questa verrà ricordata come guerra Franco-Prussiana, perciò l’unico stato che deve prendersi la responsabilità delle proprie azioni è la Prussia. Io devo fare in modo che gli altri ducati germanici non ne rimangano troppo coinvolti »

Baviera annuì e lo stesso fecero Oldenburg, Mecklemburg, Wurttemburg, Baden e Sassonia. Proprio su di lei si posò lo sguardo di Otto, che sorrise rassegnato e bonario notando che le gambe della ragazza erano fasciate da pantaloni, anche abbastanza stretti « Vedo che non hai ancora smesso di fingerti un maschio, Andrea … » La ragazza scosse la testa « E che ancora non parli per nascondere la tua voce femminile … so perfettamente che per le donne è impossibile raggiungere un campo di battaglia, ma stare sul fronte è qualcosa che non augurerei a nessuno, meno che meno a te » affermò, dandole un bacio sulla fronte come avrebbe fatto un padre per calmare la figlia. Il generale era ben consapevole del desiderio di Sassonia di combattere, ma lo avrebbe sempre soffocato: bastava solo la sua Prussia a lordarsi le mani di sangue.

In quel momento, una folata gelida si insinuò tra i lembi di pelle scoperti dei presenti, ricordando a tutti che erano rimasti fuori dal castello, al freddo.

Petra batté le mani un’ennesima volta, ordinando ai domestici di preparare le stanze per gli ospiti e invitando tutti ad entrare « Ma come? Entrate ignorandomi completamente? » fece in quel momento una voce alle loro spalle, che congelò sul posto tutti i fratelli germanici. Il tono era arrogante e  carico di ironia, ma non sembrava realmente offeso per le loro azioni. I fratelli Bielschmidt si voltarono, gridando tutti all’unisono una sola parola

« BRUDER! ».


Infatti, appena fuori dalla carrozza, stava un ragazzo che cercava di coprirsi con un lungo cappotto pesante.

Quasi tutti i ducati corsero incontro al fratello maggiore, chi con alcune lacrime di commozione e gioia e chi con versi di sorpresa. In quel momento nessuno badò ai brividi di freddo che si insinuavano sotto i vestiti o alla neve che raggiungeva, gelata, le ginocchia.


Gilbert li osservò con gli occhi stanchi e lo sguardo spossato, così in contrasto con il tono di voce arrogante e sicuro con cui li aveva chiamati. Nonostante ciò il sorriso, o per meglio dire il ghigno, era rimasto intatto: supponente e vanaglorioso come i fratelli Bielschmidt lo avevano sempre ricordato.

Baden lo abbracciò di slancio, lo stesso fecero Wurttemburg, Hoenzollern, Oldenburg e Mecklemburg; Hesse gli diede un dolcissimo e castissimo bacio sulla guancia; Baviera gli strinse con impeto la mano, affibbiandogli una calorosa e fraterna pacca sulle spalle, non risparmiandosi però una battutina che, sapeva, avrebbe ottenuto solo una risposta megalomane dal fratello « Sei sceso per ultimo, eh, Gilbert? » Il prussiano ghignò come era solito fare « I migliori fanno sempre un’entrata trionfale alla fine! ».
Poi, sorpreso, si mise a contare mentalmente i suoi fratelli.

Si voltò infine di scatto: Sassonia era rimasta in cima alle scale. Gli occhi blu di Prussia del ragazzo si scontrarono con quelli della sorella, molto simili ai suoi, solo leggermente più chiari. Questi lo scrutavano, seri e severi. Gilbert salì lentamente un gradino alla volta, con le folate di vento gelido che smuovevano e scombinavano leggermente i suoi abiti.

Si pose davanti ad Andrea, con le mani in tasca e la guardò con un broncio quasi bambinesco, prima di cominciare a parlare a raffica « Sì, lo so, sono un idiota che fa sempre tutto da solo e non ti interpella mai se ci sono questioni riguardanti una guerra » si bloccò e sorrise stanco « Sarebbe ciò che mi diresti se tu ti decidessi a parlare, ma suppongo che non lo farai. Comunque, mi perdonerai? ».

Lo sguardo di Andrea vacillò per qualche secondo, prima di riempirsi di lacrime. Il ducato, troppo orgoglioso per farsi vedere in quel momento di debolezza, rintanò la testa nel petto del ragazzo davanti a lei, annuendo lentamente alla domanda da lui posta e scoppiando in un pianto silenzioso. Gilbert l’abbracciò stretto, posando un bacio delicato sui suoi capelli biondi, prima di rientrare insieme a tutti.
 

I domestici si erano dati da fare non appena avevano sentito gli ordini di Hesse, per questo trovò la sua camera già pronta per l’utilizzo. I fiocchi di neve cadevano lenti dietro alle finestre della calda stanza, appannando i vetri. Gilbert si tolse ogni singolo abito umido e congelato dal clima invernale della sua terra. I tessuti strusciavano sui muscoli del suo corpo, ricadendo sul letto con morbidi fruscii.

Sorrise, Prussia, al pensiero che era finalmente tornato a casa, dai suoi fratelli, anche se per un tempo molto breve. Non avrebbe sprecato nemmeno un istante di quei giorni a lui concessi per stare con la sua famiglia, tutto il tempo sarebbe rimasto con loro. Un dubbio pervase, però, in quel momento, la mente della nazione: perché Bismarck lo aveva lasciato tornare? Era vero, il fronte occidentale non stava dando particolari problemi, ma non gli sembrava il caso di abbandonarlo, soprattutto lui che ne era il diretto interessato. Doveva parlare con il suo comandante.

In quel preciso momento, la porta si aprì, interrompendo il filo dei suoi pensieri. Una giovane cameriera si fece avanti con riverenza « Herr Otto von Bismarck desidera vederla, Herr Gilbert Bilschmidt » Prussia, ghignando, sussurrò tra sé e sé « Parli del diavolo … »
 

Il condottiero si trovava in uno dei tanti studi del castello. Il fuoco era stato acceso, riscaldando tutto l’ambiente. La bella scrivania in mogano era tappezzata da ogni genere di lettere, trattati e dichiarazioni, segno che l’uomo non si dava pace dal lavoro nemmeno quando si era promesso un periodo di riposo.

Gilbert entrò senza bussare, ben consapevole che ormai quell’uomo era anche fin troppo abituato alla sua baldanza « Volevi vedermi, Otto? » chiese informale, tanto era il tempo che i due avevano passato insieme e tanto stretto il legame che avevano formato, come quello tra un padre e un figlio maggiore; come quello che potevano avere solo una Nazione e capo particolarmente affiatati come loro « Perché, sai, anch’io ti vorrei parlare ».

Otto alzò lo sguardo dai documenti, invitando il suo stato a sedersi su una delle poltrone di fronte alla scrivania « Credo che il mio discorso sia più importante del tuo, a meno che noi non vogliamo parlare della stessa cosa. Comunque, cosa volevi chiedermi? » domandò, prendendo da un’anta della scrivania una bottiglia di cristallo contenente un liquore ambrato. Gilbert osservò il liquido cadere in due bicchieri di vetro, uno dei quali fu poi posto sotto i suoi occhi. Fissò Bismarck « Perché abbiamo abbandonato il fronte in questo momento? ».

Il tappo vitreo tintinnò più forte quando fu posta quella domanda.

L’uomo si fece pensieroso, lisciandosi i baffi « Proprio di questo ti volevo parlare, ma non ho potuto farlo prima, durante il viaggio » rispose, cercando fra i fogli sparsi sulla scrivania. Quando trovò ciò cercava, lo passò a Prussia, lasciandolo accanto al bicchiere non ancora toccato.

Una lettera.

Gilbert la lesse, lentamente, cercando di capire ogni singola parola, ma tutto ciò che c’era scritto sembrava assurdo e impossibile ad ogni riga. L’orrore e l’incredulità si dipinsero sul suo volto non appena comprese l’effettivo significato di quella missiva.
Non che lo accettasse.
 « Che cosa significa?! » urlò contro il suo capo, accartocciando il messaggio.
Era irreale ciò che era stato segnato su quella carta. Irreale e stupido. Il biondo gridò ancora « Ti ho chiesto che cosa significa! » in quell’accorata richiesta erano mescolate tutta la voglia di chiedere informazioni, la paura di ottenerle e il terrore che tutto ciò che avesse appena letto fosse vero.

Bismarck sospirò « Quello che hai appena letto, Prussia. Non penso che tu sia così stupido da non capire. Nemmeno io sono d’accordo su ciò che c’è lì scritto, ma purtroppo bisogna guardare la cosa da un punto di vista molto pragmatico: un impero tedesco unito è più forte e saldo di tanti ducati, a volte persino in conflitto tra di loro. E quel genere di unità è necessaria per dare man forte alla nostra guerra. Perciò è stato deciso che tra non molto verrà istituito l’Impero Tedesco, con la consecutiva abolizione di tutti i regni e le marche germanici » disse grave.
Gilbert sbatté la mano sul tavolo, facendo ondeggiare le carte e tintinnare i bicchieri. Uno sguardo di puro odio si stendeva sul suo viso « E tu pensi veramente che te lo lascerò fare? » la sua voce era poco più che un sibilo di rabbia.


All’udire quelle parole, Bismarck scattò, abbandonando per qualche istante la sua solita compostezza « Gilbert Bielschmidt » raramente usava il suo nome umano, lo faceva solo per richiamare tutta la sua attenzione
« Ormai tutto è stato deciso, non ci possiamo opporre. Fra qualche settimana, i signori dei ducati germanici si riuniranno per stabilire la nascita di un nuovo impero, di cui sarà a capo la Prussia. È una visione a cui ti devi abituare, nel bene o nel male. Io non potrò mai veramente capire il legame che c’è tra te e i tuoi fratelli, dato che sono secoli di storia quelli che vi legano, ma il loro tempo ormai è finito. Forse per te potrà sembrare un’ingiustizia, ma tu sei una Nazione e non puoi comprendere il punto di vista degli uomini. Tutti infatti direbbero che hanno vissuto troppo. Prendi Sassonia » le sue labbra si piegarono in un sorriso malinconico al ricordo di quella ragazza che si ostinava a voler essere maschio « tu, Prussia, la tratti come se fosse la tua sorellina, ma, forse, non ti rendi conto che ha mille anni. Lei ha visto cambiare quest’Europa infinite volte, vedendo scomparire centinaia di Nazioni e in tutti questi cambiamenti è rimasta quasi indenne. Purtroppo, in questo ennesimo cambiamento non ne uscirà viva, come non lo faranno il resto dei tuoi fratelli. Per questo siamo tornati: ti sto dando la possibilità di passare insieme i loro ultimi giorni di vita »

Strinse i denti, Prussia, sibilando maledizioni « Avrei preferito non saperlo » sussurrò poi. In pochi momenti, nella sua testa si affollarono immagini e ricordi di tempi andati e la malinconia lo pervase.

Ancora poche settimane e tutto ciò a cui stava pensando non sarebbe più stato reale « Non dire idiozie, Gilbert » lo rimproverò il condottiero « Vorresti dirmi che avresti preferito non conoscere nulla e un giorno tornare a casa e renderti conto che i ducati germanici non esistevano più? » gli chiese Bismarck, con sguardo severo « Fidati di me, è molto meglio saperlo ora, così puoi goderti appieno i loro ultimi tempi ».

La Nazione annuì lentamente, con fare grave. Le sue labbra sembravano incollate tra loro, ma, seppur con immenso sforzo, riuscì a porre la domanda che più gli premeva « Loro lo sanno? ».

Il generale fece un cenno di diniego col capo « No, ma probabilmente tra pochi giorni arriveranno annunci e messaggeri da parte dei loro capi. Se vuoi dirglielo tu, nessuno te lo impedisce ».
Un altro ringhio di disapprovazione uscì dalle labbra di Prussia « È proprio necessario? Non si può farne a meno? ».

L’uomo scosse la testa « A meno che tu non voglia cadere assieme ai tuoi fratelli: se la Prussia perdesse questa guerra, nulla impedirebbe alla Francia di espandere i suoi territori ben oltre il Reno ».
Il biondo non demorse « Potrei parlare con Francis! Potrei negoziare! Morirò io purché lasci andare i miei fratelli! » nel dire quelle parole, aveva ingoiato un boccone amaro di orgoglio: non lo entusiasmava arrendersi così facilmente, ma per salvare i suoi fratelli avrebbe fatto anche altro.

Bismarck si oppose « Non ti stai nemmeno rendendo conto di quello che dici.  Questo è solo un tuo egoistico desiderio, Gilbert: sei disposto a mettere in pericolo le sorti della guerra  per delle Nazioni che comunque non sopravivranno ancora a lungo » fece serio, tentando di far ragionare il suo interlocutore, che sembrava però non voler ascoltare e, testardo, si impuntava sul proprio concetto di giustizia « Non capisci, Otto? Io sono disposto a riportare a Francia sia Alsazia che Lorena, sono pronto a morire per salvare la mia famiglia! »
« Ma non pensi che io non sia pronto a veder morire la mia Nazione?! Non pensi che non sono disposto a restituire quei due territori dopo che li ho ottenuti con tanti sacrifici?! Non ci sei di mezzo solo tu, ma il bene di tutto il territorio germanico! Ormai è già stato tutto deciso, Gilbert, non ci si può fare più nulla! »

Niente, ormai non si poteva contrastare. I suoi fratelli da lì a poco avrebbero smesso di esistere. La consapevolezza investì l’impero: non ci sarebbero più stati i sorrisi di Petra, gli sguardi di Andrea, le pacche fraterne di Christian, gli abbracci di Karl, la complicità di Hans e Johannes e nemmeno i battibecchi tra Michael e Mark. Un groppo si formò nella gola del biondo e i conati si fecero sentire prepotenti nella bocca del suo stomaco. Si posò una mano sulle labbra e represse l’istinto di vomitare. Guardò il suo condottiero « Credo che andrò a riferire questo discorso agli altri » cercando di restare più calmo e neutrale possibile.
 

Quando , però, si ritrovò di fronte alla stanza dove stavano tutti i suoi fratelli, il cuore gli si bloccò. Sentiva la melodia di un pianoforte e le parole confortanti dei Hesse.

No.

Non voleva che tutto quello finisse. Non voleva vedere le lacrime dei suoi fratelli di fronte alla notizia della loro imminente morte. Voleva che tutto restasse com’era, voleva poter vincere la guerra senza sacrifici di alcun genere, voleva vivere una vita lunga con i suoi fratelli.

Tutto ad un tratto Gilbert perse tutta la sua convinzione. Si girò, dando le spalle alla grossa porta, pronto a scappare come un codardo, ma la porta si aprì, rivelando il viso paffuto e gli occhi grigi del piccolo Karl, Hoenzollern. Lo sguardo della Nazione più piccola si illuminò e corse ad abbracciare il fratello maggiore « Gilbert! Gilbert! Siamo tutti contentissimi di vederti di nuovo! Dai! Entra e rimani con noi!  » gridò entusiasta, mentre Prussia lo stringeva a sé.

Karl lo guidò nella stanza e Prussia non aveva più scuse per non fare i conti con la realtà. Tutta la famiglia Bielschmidt si voltò verso di loro, tutti sorridendo per la presenza di Prussia, il fratello che li aveva sempre protetti. Gilbert si morse l’interno della guancia: quella volta non ci sarebbe riuscito.

Tutti lo osservano come se si aspettassero che lui mostrasse qualcosa, ma l’unica cosa che fece il biondo fu guardarsi intorno e chiedere « Dove sono Alsazia e Lorena? ».

Petra si premurò di rispondergli « Erano stanche per il viaggio e si sono ritirate nelle loro camere. E tu, invece? Non sei stanco? Anche noi stavamo per andare a dormire » disse calcando l’ultima parte e fissando con sguardo di rimprovero il piccolo Karl, che si era prontamente nascosto dietro le gambe di Gilbert.

Sorrise « Hai intenzione di andare a letto tardi, eh? Fratellino … ». Anche Hesse addolcì gli occhi alle parole del fratello maggiore nei confronti di Karl, per poi puntarli sul ragazzo più grande « Volevi qualcosa, bruder? » chiese poi.

La consapevolezza lo investì in quel momento. Giusto. Doveva parlare. Doveva dare loro la notizia. Doveva … « Io volevo chiedervi se volevate fare un ritratto con me »

Stupido. Stupido e vigliacco Gilbert. Non si era mai aspettato un comportamento simile da se stesso. La grande, potente e temuta Prussia si era così spaventata di fronte alla realtà tanto da non volerla nemmeno pronunciare. Si insultò mentalmente per quella codardia.

Nel frattempo, gli altri fratelli si stavano scambiando occhiate perplesse « E perché mai? » chiese Hans, accanto al suo gemello Johannes.

Il biondo li squadrò. Ad un occhio poco attento, potevano sembrare irriconoscibili fisicamente l’uno dall’altro, se non fosse stato per il codino di capelli scuri che portavano ognuno su una spalla diversa: Oldenburg sulla sinistra e Mecklemburg sulla destra. Ma il resto dei fratelli sapevano riconoscerli con un solo sguardo e da tempo avevano smesso di cascare in quello stupido scherzo in cui i due gemelli si scambiavano la posizione della ciocca per confondere il resto della famiglia.
Ma anche se fossero stati completamente identici, si capiva immediatamente che Hans fosse più impulsivo e, a volte, persino più infantile del fratello Johannes, più calmo e posato.

« Perché non potremmo invece farci una fotografia? » domandò a quel punto Oldenburg. A volte era un loro vizio completarsi frasi e domande a vicenda.

Gilbert sorrise ancora, ma questa volta si leggeva perfettamente il suo sguardo amareggiato.
Questo non sfuggì agli attenti occhi cerulei di Sassonia e a quelli scuri e indagatori di Baviera.
Nonostante si atteggiassero a fratelli minori, Andrea e Christian aveva più esperienza di tutta la famiglia. Entrambi erano nati alla morte di Sacro Romano Impero e avevano osservato tutta l’Europa cambiare. Avevano pianto quando erano morte le loro due sorelle Franconia e Svevia e  avevano festeggiato quando la loro famiglia si era allargata con l’arrivo di Hans, Johannes, Petra e lo stesso Gilbert. Perciò ogni singola azione compiuta da Prussia urlava loro che qualcosa non andava, nessuno lo conosceva meglio di loro. Lasciarono correre per quella volta, attribuendo il tutto alla stanchezza del fratello causata dalla guerra.


« Perché le fotografie sono in bianco e nero. Vuoi forse privare il magnifico della sua colorazione? » chiese ironico Gilbert, ma con falso tono narcisista, che non scappò alle orecchie degli stati più antichi.

Petra si intromise « Ha ragione Gilbert. Ormai, con l’arrivo della fotografia, pochi si fanno ancora i ritratti, perché attirati dalla novità. Noi abbiamo tutto il tempo per farcele, invece per un ritratto di famiglia non è così. E, sono sicura, la tecnologia progredirà ancora e le foto saranno a colori, un giorno  e, se anche questo fosse tra cento anni, noi non moriremo di certo, no? »

A quelle parole, un nodo si formò alla gola di Prussia, come il cappio di una forca: povera, dolce ed innocente Petra, non sai quanto ti sbagli!

Il biondo si costrinse a stirare un ghigno sul suo volto e, con un tono palesemente falso, affermò « Vedo che siamo tutti d’accordo, no? Vada per il ritratto, farò chiamare un pittore perché venga il prima possibile, per non perdere tempo! Scusate, ma ora vado a dormire perché sono molto stanco. A domani » parlò tutto d’un fiato, senza riprendere aria e uscì dalla stanza, chiudendo la porta e bloccandosi appena fuori.


Lo sguardo severo di Bismarck, che aveva atteso all’esterno del salotto, lo squadrò da capo a piedi: la sua Prussia teneva lo sguardo e la testa bassi, incurvando le spalle in avanti. Era attraversato da piccoli spasmi e, nonostante sapesse di essere osservato dal suo capo di stato, non si vergognava delle grosse e lucenti lacrime che cadevano verso il pavimento, ma che tentava in tutti i modi di trattenere: la potente Prussia non poteva e, soprattutto, non doveva dimostrarsi debole.

Cercò di calmare il respiro e gli ansiti « Non ci sono riuscito, herr Bismarck. Sono stanco ora, credo che andrò a dormire » disse, ingoiando un paio di bocconi di amaro orgoglio represso.

Si avviò verso la sua camera, ben consapevole che la sua nottata sarebbe stata tutt’altro che tranquilla.


Angolo autrice:
Spero vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato. Avvertimento: io non so il tedesco, quindi ogni parola in lingua germanica presente in questa storia è presa da Google Translate; se, a differenza mia, conoscete il tedesco e vedete degli errori, segnalatemeli che li correggerò il prima possibile. Secondo avvertimento: Schloss der Mittelweg me lo sono inventato di sana pianta, forse esiste davvero un castello con questo nome in Sassonia, ma non era mia intenzione copiarlo o prenderlo come esempio.
 Ringrazio Braveheart_99, girasole98 e Nikkith che  hanno messo la storia tra le ricordate e Braveheart_99 che ha anche recensito il prologo: spero che questo capitolo abbia una formattazione migliore. Cercherò di aggiornare una volta a settimana ma non prometto nulla. Ricordo che lasciare anche solo un pensiero o una recensione che dice che devo smettere di scrivere e darmi all'ippica non uccide nessuno.
Al prossimo capitolo, anche se arriverà la one-shot per il compleanno di Russia :3
Baci by Lupus.

 
  
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