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Autore: DeadlyPain    28/12/2014    0 recensioni
Sandra, la temibile capopalestra di tipo drago. Così forte e inespugnabile sembra che nulla possa far crollare le difese di questa donna. Ma forse, forse, scavando nel suo passato, nel suo presente e ne suo futuro si scoprirà un terribile segreto.
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sandra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Stavo tornando indietro, verso quella che molti chiamano casa. Non è casa quella, è un'abitazione. Casa è dove ti senti a tuo agio, amato e protetto. Se dormissi in un cartone sarei più protetta, mi sento affogare e sono amata quanto può essere amato un posacenere in una casa di non fumatori.
Quella non è casa, quella è il posto dove ho il letto.
Non ce la faccio più a vivere così.
Claire, cosa devo fare?
Ecco che cammina al mio fianco, qualcosa in lei è cambiato, gli occhi sembrano più infossati ed il sorriso più largo, quasi maligno. Ma forse è solo come mi sento io in questo momento.
Una grandissima stronza ad aver lasciato andare Gyarados così.
Non si meritava quelle bugie.
Clair, non ce a faccio più. Il mio corpo non cambia abbastanza velocemente. Cosa devo fare?
Il tuo corpo è cambiato, ma non sarà mai abbastanza cambiato.
Che intendi?
Non sarai mai abbastanza. Sarai sempre un'inetta. Una stupida inutile e deludente inetta. Rassegnati. Non sarai mai abbastanza magra, non sarai mai abbastanza diligente, non sarai mai abbastanza astuta, non sarai mai abbastanza amata. Non lo sarai mai. Rimarrai sospesa così nel limbo dell'imperfezione per sempre.
No!
Mi salgono le lacrime agli occhi, le ricaccio indietro. Mi sale un conato di vomito, libero il mio corpo da quelle tossine e quello schifo. Il sapore e acido ed il colore verdognolo. Sarà bile.
Mi gira la testa, crollo a terra.
Forse sto per svenire.
Forse sto per morire.
Mi guardo intorno, quel poco che riesco a vedere con la mia mente e la mia vista annebbiata. Qualcosa attira la mia attenzione.
Mi alzo a fatica e inizio a correre. Finalmente la vedo. La soluzione a tutto, è lì, a portata di mano. Per liberarmi del corpo, per essere solo anima.
Per farmi amare come anima.

Un passo nel vuoto ed ecco che l'aria colpisce il mio viso con violenza, forse qualche pulviscolo sfregerà il mio viso, non mi importa. Voglio solo cadere.
Sentire l'aria.
Sentirmi viva.
Prima di atterrare da quest'ultimo volo. Giù da un precipizio.
Sento già il mio sterno che si comprime, schiacciando il cuore contro la colonna vertebrale, rompendolo definitivamente, spezzandolo a metà.
“È morta col cuore spezzato” Questo diranno i medici dell'autopsia, si, che bello. Forse mamma piangerà, chiedendosi come non ha fatto ad accorgersi prima che sua figlia stava morendo sotto i suoi occhi. Lance chiederà scusa del male che mi ha fatto, ed ammetterà che il suo posto come campione era mio.
Sento già le mie costole spezzarsi, conficcarsi nei polmoni, morire annegata nel proprio sangue. Affogata. Soffocata.
Come dev'essere dolce morire.
Poi sento qualcosa che si attorciglia intorno al bacino, e mi solleva verso l'alto. Non avrei dovuto schiantarmi al suolo?
Mi giro, Dragonair mi sta portando in volo verso la rupe dalla quale mi sono lanciata.
No! Stupido drago, come ti permetti? Non sai cosa vuol dire essere me, non sai quello che provo, tu non senti il dolore che provo. Perchè mi vuoi salvare? Fatti gli affari tuoi, non immischiarti nei miei. Tu non sei me. Tu non puoi giudicarmi.
Tu non devi giudicarmi.
Tu dovresti aiutarmi, dovresti salvarmi; non riportarmi indietro verso il dolore.
La mia salvezza è la morte. La vita è solo dolore e frustrazione.
Lo guardai dritto negli occhi.
Presi una pietra, dura e appuntita.
Cominciai a colpirlo ripetutamente, più e più volte, come le forbici nella mia gamba.
Lui rimaneva immobile a subire quei colpi. Reagisci. Reagisci. Almeno tu, ti prego reagisci. Scagliami a terra. Stritolami. Spingimi via. Corri via. Fai quello che vuoi, ma non subire. Eppure rimaneva fermo sotto i miei colpi, si accasciava sempre di più. Lacrimavo, ma non riuscivo a smettere. Lo stavo uccidendo. Lo stavo massacrando.
Stavo massacrando l'unica cosa che cercava di farmi stare in vita.
Stavo massacrando un mio amico.
Sandra, ti prego, FERMATI!
Finalmente riuscii a fermarmi. Quando ormai del suo corpo non era rimasto più nulla, solo la testa e la coda, il resto del corpo era un'ammasso di ossa, spezzate, interiora che si riversavano al suolo.
Corsi via.
Mi dispiace.
Non volevo.
Se fossi morta tutto questo non sarebbe mai successo.
Se fossi morta nessuno avrebbe dovuto più soffrire.
Sono una persona orribile.
La mia ansia e la mia ossessione per la mia vita mi sta portando a questo?
Quante cose orribili dovrò ancora scoprire di poter fare?
Non voglio saperlo.
Sei stata cattiva. Devi essere punita.
Presi la lametta che tenevo sempre con me. Ormai il gesto era istintivo. Uno due tre tagli da qualche parte del corpo, un punto ancora pulito, un punto ancora vuoto. Ogni cicatrice era un fallimento. Io ne ero coperta.
Stavolta no. Stavolta sono stata davvero terribile, merito di peggio. Chiusi gli occhi e mi passai la lametta sul volto. Un po' più a fondo e sarei rimasta cieca da un occhio, è un rischio da correre, ma forse, se non potessi vedere, forse non potrei stare così male. È allettante come idea.
Finii di passare la lama diagonalmente sul volto. Aprii gli occhi. Ci vedo ancora.
Sono ancora viva.
Merda.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Sono un mostro.
Non merito di vivere.
Mi siedo a tavola. Di fronte ho mia madre.
“È da parecchio che non rientra tuo padre”
“Sarà ancora nella capanna. Sai com'è fatto. Medita per giorni e poi scompare per qualche anno per studiare i Pokèmon Drago”
“Chissà se ha qualcosa da mangiare”
Qualcos'altro lo ha di sicuro.
Comincio a spiluccare qualcosa dal piatto, giusto per non svenire, un po' di frutta e un po' di verdura. Poi soffoco il dolore allo stomaco con litri di acqua.
Annega stupido stomaco.
Annega stupido corpo.
“Chissà se Lance sta bene.”
Lance.
Sempre e solo Lance, no mammina, non ti preoccupare se hai anche una figlia da qualche parte, non ti preoccupare se scappa di casa, non ti preoccupare se ti odia, non ti preoccupare se sta male.
Non ti preoccupare se sta per morire.
Guardami negli occhi. Non mi vedi morire?
No. Sei troppo impegnata a pensare solo al tuo unico figlio, vero? Così lontano da casa ma così vicino nel cuore, per accorgersi che forse hai anche una figlia, che sebbene abiti nella stessa casa ti è lontana. Sono forse un'inquilina. Un'appendice da togliere al più presto perchè da rogne.
Allora sbarazzati di me.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Anche tu mamma? Anche tu mi odi? Anche tu che dovresti essere l'unica persona al mondo che dovrebbe amarmi incondizionatamente?
Cos'ha Lance in più di me?
Cos'ha che io non posso avere?
Claire aveva ragione.
Non sarò mai abbastanza.
Non sarò mai abbastanza Lance per essere amata.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Eppure il mio corpo sta continuando a cambiare.
Mi alzo dal letto e mi guardo nuda allo specchio. Gli zigomi sono sempre più sporgenti, le occhiaie sempre più blu, ma per fortuna per quello esiste il correttore, le scapole spingono voracemente verso l'eterno, il seno è notevolmente diminuito, credo che ora possa stare comodamente in una coppa da champagne, e sotto, una...due... sei costole fanno ombra sulla pelle tirata, tanto da ricordarmi uno scheletro, Poi la pancia piatta, i fianchi inesistenti, e le creste ilache così fuori così perfette.
Almeno il mio scheletro è perfetto.
Almeno quello.
Mi butto sul letto.
Da quanti mesi è che non ho più un ciclo mestruale? Sette forse. Forse sono sterile. Forse lo sono diventata. Meglio così, non mi va di inquinare il mondo con il mio gene dell'inettitudine.
La mia sterilità è un dono al mondo.
Eppure quel corpo allo specchio non è ancora il mio. Non ancora.
Chi è quel corpo?
Chi sono io?
Perchè nonostante tutti i miei sforzi ancora non ho capito chi sono?
Perchè nonostante tutti i miei sforzi ancora non sono riuscita a liberarmi di me?

Quanto tempo è passato da quella sconfitta?
Due anni.
E non sono ancora riuscita ad avere un corpo che mi rispecchi, e non sono ancora riuscita a liberarmi di me.
Mi incamminai verso la mia vecchia palestra. Era così vuota, nessuno la reggeva più, e per me potevano morire tutti quanti. Avevo fallito. Non ero degna neanche di varcarne la soglia.
Andai alla grotta del Drago.
Mi buttai in acqua.
Una cosa pulita questa volta. Nessun osso rotto, nessun polmone perforato, nessuno cuore spezzato.
Pulizia.
Sapevo cosa dovevo fare, andare sott'acqua e respirare. Presto l'acqua sarebbe entrata nei miei polmoni, presto avrei smesso di vivere, presto tutto sarebbe stato più semplice.
Poi i Dratini faranno sparire il mio corpo per sempre. Si. Di me non rimarrà neanche una briciola.
Mi immergo sott'acqua, sento il peso del liquido sul mio corpo ancora per poco pieno d'aria, comincio ad inspirare, l'acqua mi brucia sulle ferite da lametta fresche. Brucia anche nei polmoni. Sopporto.
Mi merito questo dolore. Mi merito le cose più orribili del mondo. Mi merito di vivere nel dolore, ma sono troppo debole per farlo.
La mia forza si è rivelata debolezza. Sono inutile, non sono neanche stata capace di essere forte. Sono una buona a nulla. Una nullità.
Mi sollevo. Sempre più su. Qualcosa mi spinge da sotto. Ritorno a pelo d'acqua, respiro. Non ho più voglia di vivere, perchè questa continua lotta per la sopravvivenza?
Squame sotto la pelle.
Allora non ero io a volermi salvare.
“Kingdra!” Urlai. “Perchè anche tu, perchè?”
La guardai negli occhi. Sapevo che mi vedeva morire, sapevo che mi voleva bene, era il mio Pokèmon di punta, nessuno è mai riuscito a sconfiggerlo. Nessuno a parte quel Gold.
Credevo mi volessi bene. Non voglio il tuo aiuto, non ho bisogno di nessuno.
“Kingdra...” Ripetei.
“Vattene, non voglio farti del male”
I suoi occhi si riempirono di lacrime. Non piangere, sii forte, sei stata una buona amica, ma io non ho bisogno di amici, non ho bisogno di possibili persone a cui fare del male.
Kingdra rimase al mio fianco.
L'abbracciai forte. Ti prego vattene. Non dovevi salvarmi. Sono un mostro.
Kingdra mi guardò con degli occhi pieni di amore. Non morire. Sembrava dirmi.
Dovrò farlo prima o poi. Io ho deciso di anticipare quella data.
Non morire.
Devo farlo. È l'unico modo per ritrovare la pace con me stessa, per non dovermi più sopportare.
Non morire.
Questo è il mio inferno. Questo è il mio dolore. Non riesco più a sopportare tutto questo peso sulle spalle. Ho bisogno di morire. Ho bisogno di sentirmi leggera più di una farfalla. Ho bisogno di rinascere dalle mie ceneri come una fenice.
Presi il coltello. Lo strinsi forte tra le mie mani. La doppia lama mi tagliò il palmo e le dita. Non costringermi a farlo o dopo mi dovrò punire per questo.
Non morire.
Fu un gesto veloce, quasi liberatorio. Quel coltello conficcato nella sua gola, morbida e calda. Il suo corpo cominciò a diventare sempre più freddo, sempre più immobile.
Diedi un'ultimo sguardo ai suoi occhi.
Non morire, ti prego.
Perchè amici miei? Perchè vi lasciate morire così?
Dovete reagire dovete reagire.
Non fate come me. È questo quello che mi insegnate? Dovrei reagire io? No, sono troppo vigliacca per affrontare i miei problemi.
Non sono neanche capace di lasciarvi andare.
Devo uccidervi per permettermi di morire.
Sono davvero un mostro.
Sono una persona orribile.
Come potete sacrificare la vostra vita per una come me?

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Sono una fallita. Sono un danno. Non faccio bene nulla.
Ho provato ad essere la migliore. Fallita.
Ho provato a superare mio fratello. Fallita.
Ho provato ad essere Maestra Drago. Fallita.
Ho provato a farmi amare. Fallita.
Ho provato a liberarmi di me. Fallita.
Ho provato ad uccidermi. Fallita.
Fallita.
Questa parola rimbomba nella mia testa. Vado allo specchio. Barcollo. La testa è leggera, dentro però c'è un turbinio di pensieri. Ho la nausea. Sto male.
Alzo lo sguardo.
Claire.
Più magra del solito, con lo sguardo più cattivo. Gli occhi rossi sporgenti ed un sorriso pieno i denti aguzzi. “Fallita”
No, ti prego. Non anche tu.
Fallita.
No.
Fallita.
Basta.
Fallita. Fallita. Fallita. Verrai punita per questo.
Si. La punizione che libera da tutto, la punizione che mi porta via il sangue cattivo in me. Lametta. Scopro la pancia.
Comincio.

Ho perso molto sangue, probabilmente ho calcato troppo. Presto si cicatrizzerà e mi porterò in giro il marchio, il mio marchio come Hester fece con la sua lettera scarlatta.
Lei doveva indossare una “A” di Adultera, io ho inciso nella pelle quattro lettere: F-A-I-L.
Fallita.
Fallimento.
Dannata ad essere una fallita per l'eternità.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Non ho più la forza di camminare. Dovrei mangiare per reggermi in piedi, ma l'idea di toccar cibo, mi stomaca. Il sapore è sempre uguale per tutto, come mangiar plastica, l'odore è nauseabondo, e proprio non mi va.
Eppure gira la testa e non ho più forza.
Sono stanca.
Sono stanca della mia vita, sono stanca di questa situazione.
Mamma, Lance, qualcuno, perchè non vi accorgete di quanto sto male? Perchè non venite su a prendermi e mi portare fuori a vivere?
Sono rinchiusa in casa da 4 giorni, non voglio uscire e affrontare il mondo, uscire ed essere giudicata da quella gente che di me non sa nulla.
Non mi conosci, non giudicarmi.
Guardo le mie mani, piene di tagli.
Guardo le mie Pokèball. Una sola. La mia buona Dragonair. La prima che ho catturato da sola, per impressionare qualcuno che se ne frega altamente di me.
Un “Brava!” sarebbe bastato a farmi vivere ancora per un po'. Mi nutro di complimenti ed amore fittizio di una notte come una falena.
Aiuto.
Mi guardo allo specchio.
Quanto ancora devo cambiare per essere amata? Ormai mi si vedono solo le ossa, non ditemi di mangiare, non ho più la forza per farlo, non ne ho più l'abitudine. Guardate il mio corpo, così diverso rispetto a quando era pieno di cibo.
Ma non ancora abbastanza. Quello ancora non è il mio corpo. Quello ancora non sarà mai amato.
Mai quanto Lance.
Lance.
Scatto in piedi e prendo una forbice. So cosa fare. Velocemente l'avvicino alla testa.
ZAC.
Un colpo secco, via via via... sempre con più foga, sempre con più rabbia. Via intere ciocche di capelli.

Zac zac zac.

Via tutti, solo pochi ciuffi, che ho colorato di rosso. Ora ho anche i capelli di Lance, ora posso essere uguale a lui. Ora sono lui.
Ora mi ameranno come lui.
Voi mi amerete.
Fosse l'ultima cosa che faccio.

No.
No!
NO!
Non ci siamo ancora, ancora non sono io quell'immagine. Ancora non mi somiglia. Cosa devo fare? Cosa devo cambiare per essere amata? Per amarmi...
Mi guardo allo specchio, somiglio più ad uno scheletro che ad una donna, ma non somiglio a Lance. E non somiglio a Sandra.
Sono ancora un guscio imperfetto, sono ancora una delusione. Cos'altro posso fare? Cos'altro devo cambiare?
Chi sono io?
Fallita.
Alzo lo sguardo, al di là dello specchio c'è Claire. Claire! Ti prego aiutami, aiutami ad essere come te, me l'avevi promesso, mi avevi promesso che se avessi fatto tutto quello che dicevi sarei stata perfetta. Aiutami.
Fallita.
Lo sguardo oscuro di Claire stava cominciando a svanire e con lui anche il suo corpo magro e snello, non questo mucchietto d'ossa che mi ritrovo. Al suo posto ritornò la solita immagine che mi lancia lo specchio, un corpo imperfetto, indegno, inutile.
No!
Resta con me. Aiutami!
Non lasciarmi sola con lei, non lasciarmi sola con me stessa!
Comincio a battere sempre più forte le mani sullo specchio, come a romperlo, come per entrarci, andare dall'altra parte dello specchio, con Claire, dove tutto è prefetto, dove tutto è migliore, dove potrò sentirmi a mio agio.
Lontano da qui, lontano da tutta questa gente che mi odia, lontano da dei genitori troppo ciechi per vedermi, lontano dai miei Pokèmon che mi ostacolano.
Batto sempre più forte, i miei pugni cominciano a infrangere il vetro dello specchio, lo disintegrano e le schegge di vetro mi perforano la pelle, resisto resisto. Lo specchio e le crepe dei pugni cominciano a tingersi di rosso scuro, il mio sangue e pezzetti di carne colano fino al pavimento della camera.
Piango.
No! Ti prego! Portami via da me!
Sono esausta, ma non mi arrendo, comincio a grattare con le unghie la superficie, ma è davvero dura, i polpastrelli si lacerano e le unghie si staccano dalla pelle e rimangono attaccata alla superficie liscia del vetro. Ormai sono disperata. Batto e graffio con la sola forza di volontà, finchè non mi ritrovo distesa al suolo ad annaspare nella pozza del mio sangue e di schegge di vetro.
Le mie dita si sono distrutte, rovinate, spezzate e senz'unghie. I due mignoli ormai sono un unico ammasso di carne, si riescono a vedere i nervi e parte delle ossa. Fantastico, mi sono pure fottuta le dita.
Ma non mi importa. Nulla è più importante di essere me, di diventare me. Qualsiasi cosa io sia.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Dove sono i colori?
Ormai la mancanza di cibo comincia a farsi sentire. Obbligami mamma a mangiare, portami il piatto in camera, chiedimi se sto bene ed io mangerò. Ti prometto che mangerò se mi darai attenzioni per una volta.
Accorgiti di me, ti prego.
Liberami da questo peso.
Non ho la forza di uscire di casa, o forse semplicemente non mi va. Non ho la forza nemmeno di sollevarmi dal letto. Sono stanca. Sono davvero esausta.
Essere perfetta comporta davvero tutto questo?
Quanti anni della mia vita ho perso a inseguire un sogno di perfezione che non otterrò mai?
Chi sono io?
La mia vita è grigia e piatta, forse non ho neanche più la forza di pensare. Mi aggiro per la casa come uno zombie, le occhiaie mi infossano gli occhi e le cicatrici non sono un bel vedere, sopratutto quella che mi taglia a metà il volto. Quella non la posso nascondere. Anche se quella che brucia di più è la scritta incisa sulla pancia.
Il mondo è grigio.
Sono davvero così stanca da non riuscire più a vedere i colori.
Sono come una larva, che si rotola in attesa che qualcuno la rimetta in piedi, attende in attesa che sopraggiunga la morte. Non mi da neanche più fastidio mamma che parla solo di Lance, non mi danno più fastidio i commenti della gente sulla palestra chiusa da anni, non mi da più fastidio neanche il mio corpo.
A breve se ne andrà.
A breve me ne andrò.
Sono grigia, fredda, apatica.
Non mi interessa più nulla, continuo a digiunare, come una bambina che mangia tutti i giorni alle 7 di sera e tutti i giorni alle 7 ha il suo rito della cena, io ho il mio. Scendo a tavola, mangio una mela e un piatto di insalata. Vado di sopra e scarico tutto nella porcellana del WC. Semplice e lineare, come una macchina, come una produzione in serie.
Qualsiasi cibo ha lo stesso sapore.
Qualsiasi avvenimento ha lo stesso sapore.
Ogni cosa ha sempre lo stesso sapore.
Di aria.
Di vuoto.
Di nullità.
Sono apatica, nulla mi fa risvegliare.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Distesa sul letto, devo dormire, non ci riesco.
Poi eccole, delle mani, scheletriche come rami secchi escono da sotto il letto e si appoggiano sul lenzuolo. Da lì si solleva un mostro, magro e scheletrico, fragile come un ramo spezzato ma forte di rabbia e dolore. I capelli blu inchiostro, spenti e opachi, lame che fuoriescono da una bocca più larga del normale, aperta in un sorriso alquanto inquietante, il sorriso di chi sorride alla sua preda prima di dilaniarla a brandelli. Gli occhi, scuri, neri, lucidi di cattiveria ed odio.
Claire.
Sei un mostro.
No, cara. Tu sei il mostro, io mi sono nutrita di te. Io avevo bisogno di te, della tua pazzia e del tuo dolore per crescere. Mi sono finta bella per attirarti a me. Ora tu sei mia. La tua anima è mia. Sei in mio potere e non riuscirai mai a liberarti di me. Io sono il mostro che tu sei diventata.
Io non sono quel mostro.
Hai ucciso tuo padre, spezzato il cuore ai tuoi amici e nel momento in cui cercavano di salvarti li hai uccisi, convinta che ti remassero contro.
No!
Ti stai autodistruggendo, ed io ti ho permesso di farlo.
No!
Si. Presto morirai, per sempre. Ed io andrò a uccidere ancora.
Chi sei tu?
Sono la tua ossessione, la tua paranoia, il tuo digiuno, la tua lametta. Sono la tua malattia.
Vattene.
Troppo tardi.

Mi tirai seduta sul letto di soprassalto, forse troppo, mi girò la testa velocemente e vorticosamente. Mancanza di zuccheri e sali minerali.
Forse sto per svenire.
Forse sto per morire.
Sono davvero un mostro?
Si, certo che lo sono, sono una fallita e sono un mostro.
Claire mi ha davvero reso così?
Perchè mi sono fidata di lei?
Perchè non ho lasciato che mi salvassero?
Perchè ho minato il terreno intorno a me?
Sono una stupida. Una stupida inetta, buona a nulla.
È colpa mia, se li avessi ascoltati, se fossi stata più buona, se fossi stata più calma.
Rimango così immobile, oppressa da tutti questi pensieri, le lacrime escono dagli occhi senza sforzo, ma presto di asciugano. Non ho neanche più la forza di piangere.
Lascio che tutto questo mi venga spinto addosso.
Ed io resisto senza fare nulla.
Come Dragonair sotto i colpi della pietra.
Sono un mostro vi ho lasciati morire senza poter fare nulla. Accecata dall'odio e dal dolore.
Vi siete sacrificati per me.
Ed io vi ho deluso, per l'ennesima volta.
Non merito nulla, non merito di vivere.
Sono un mostro. Ecco chi sono.
Sono una brutta persona. Ecco chi sono.
Sono imperfetta. Ecco chi sono.

Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

Affondo il viso nelle mani, sento le ossa perforarmi la pelle. Come mi sono ridotta a tanto? Come mi sono consumata così? Perchè nessuno mi ha fermato? Mamma, perchè non hai cercato di salvare tua figlia?
Scendo piano le scale, voglio uscire. Voglio mettere fine a questo dolore.
Recupero la mia ultima Pokèball. La mia amata Dragonair.
E tu Dragonair, cosa farai?
Si accende la luce.
“Sandra, che ci fai sveglia a quest'ora?”
“Esco”
“Adesso?”
“Si”
“E dove vai?”
“Cazzi miei”
Prendimi a schiaffi come hai sempre fatto, impediscimi di uscire, insisti, insisti a voler tenere in vita tua figlia, costringimi a vivere.
Almeno questa volta.
Almeno una volta.
È l'ultima volta.
“Okay. Non fare tardi, domani torna Lance a casa, devo preparargli una bella torta”
Ancora Lance, ancora lui, sempre e solo lui.
“Ti odio! Vi odio! Vi odio tutti! E voi odiate me! Bene, se non sopportate così tanto la mia presenza vedrò di scomparire un'altra volta e questa volta per sempre”
Incredibile come le parole siano uscite dalla mia bocca, le stavo solo pensando. Da quando ho tutta questa forza?
“Non essere sciocca, lo sai che Lance riceve più attenzioni solo perchè è il mio bambino. Tu sei grande, te la puoi cavare da sola”
No, non sono in grado di cavarmela da sola, ho bisogno di un aiuto che tu non sei capace di darmi.
“E comunque, non far più queste scenate, Lance non le ha mai fatte. Lui si che è un bravo figlio”
Un tuffo al cuore, di nuovo.
Cos'ha Lance che io non ho. Perchè amate lui e non me?
Perchè mi odiate in questo modo?
Cosa vi ho fatto?
Sono nata. È questa la risposta, voi non volevate una figlia femmina vero? Voi volevate da subito Lance, ed invece vi sono capitata io, una donna. Quale disgrazia, quale onta per la famiglia che si dica in giro che la primogenita del grande Clan dei maestri Drago è una donna.
Sono nata. È questo il motivo.
Beh, d'ora in poi avrete un solo figlio.
Lance.

Esco di casa. Che ore saranno? L'aria è fresca da primo mattino, la rugiada si accumula sulle foglie d'erba, ma è ancora molto buio.
Ritorno alla Grotta del Drago, stavolta nulla potrà fermarmi.
Faccio uscire dalla Pokèball la mia Dragonair, i suoi occhi erano tristi e mesti. Piangeva. Non piangere piccola mia, non è colpa tua.
“Da che parte stai?”
Sfiorò il suo muso con il mio volto, mi accarezzò la cicatrice. E pianse.
“Bene.”
Presi una corda e me la legai intorno ai polsi e al collo di Dragonair.
“Nuota, portami dove non posso più sentirmi viva”
Ci immergemmo nell'acqua vorticosa e torbida. Probabilmente dovuto ai due cadaveri che lì non troveranno mai pace.
Brucia.
L'acqua salina brucia sulle mie ferite.
Sopporto, è l'unica cosa che ormai so di essere capace di fare. Sopportare.
Le corde sono legate molto strette sui polsi e Dragonair va davvero veloce. L'acqua la fa stare bene. Almeno lei sta bene.
Stringono e spaccano la mia pelle.
L'acqua salina me la cuoce.

Presto trovai una rientranza nella roccia. Lì. Quella sarebbe stata perfetta.
“Lì, piccola. Andiamo lì”
L'interno della grotta era umido e freddo, gocce d'acqua cadono dall'alto.
Drip Drop.
Qua è perfetto come tomba, la mia ultima tomba.
“Dragonair” lanciai la Pokèball in acqua, la vidi affondare “sei libera ora.”
Dragonair rimase al mio fianco.
Anche tu piccola mia?
La guardai negli occhi.
Non sei sola.
Non sono sola?
Cosa intendi piccola mia?
Non sei mai stata sola. Non ti lascerò ora.
“Vuoi rimanere con me?”
Fece lo stesso dolce gesto che fece alle porte della grotta. Non mi vuoi lasciare, no vuoi abbandonarmi.
“Grazie”
Sussurrai abbracciandola forte. Anche tu. Anche tu ti sacrificherai per me. Anche tu morirai a causa mia. Piango. Si piango. Voglio piangere. Voglio essere debole. Voglio che qualcuno mi veda piangere e mi consoli.
Qualcuno come Dragonair.
Ma è tardi ormai.
Ci distendemmo a terra. Ero stanca, come sempre.
Dragonair mise la sua morbida coda sotto la mia testa, come un cuscino, dolce piccola amica mia. Staremo qua, distese. Attendendo che la vita ci passi davanti.
Insieme.
Come sempre.
Ho freddo.
Buonanotte Dragonair.


Sorridere come se servisse a qualcosa.
Sanguinare come se non facesse male.

   
 
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