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Autore: Dan    28/12/2014    1 recensioni
Lia è una ragazza paranoica. O almeno così pensano i suoi genitori, che decidono di portarla da uno psicologo affinché questo la curi. Ma non sanno che lei non è malata, solo diversa, e che quello non è uno psicologo, ma un Ricercatore, che le aprirà le porte di Liecks, il suo paradiso personale.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sei solo una povera malata mentale."
Anche quel giorno niente di nuovo. I suoi compagni di classe che la prendevano in giro dopo aver scoperto che i suoi la trascinavano ogni lunedì dallo psicologo, gli insegnanti che la ignoravano, e il cielo che era coperto da un manto di nuvole nere come la pece. Era tutto allegro come al solito, quindi.
Ignorò il tizio davanti a lei dribblandolo come avrebbe fatto un giocatore esperto con una palla da difendere, e si diresse verso il cortile.
Ché poi, pensandoci, la differenza tra una palla e la faccia di quel ragazzo non era neanche molta.
Kevin era il suo nome. Lo aveva memorizzato il primo giorno di scuola, così come le capitava di fare con tutto il resto. Le era inevitabile.
'Kevin: un nome stupido per una persona stupida' pensò Lia. Ma si guardò bene dal dirlo.
Avanzò verso le scale antincendio portandosi dietro quello che i cuochi della mensa si ostinavano a chiamare cibo. Non si stupì nel vedere che nessuno era seduto su quelle scale: quello era il suo posto. Il posto della stramba.
Ma se solo avessero saputo, sarebbero stati disposti a vendere la metà dei loro organi per essere al suo posto. Anche solo per un giorno.
'Tuttavia non sospettano nulla e mai dovranno farlo'. Concluse così le sue elucubrazioni mentali mentre terminava il suo pasto di un giallino smorto.
Si alzò lentamente e nel farlo si guardò attorno ignorando qualsiasi forma di vita, o almeno all'apparenza. Vide il piccolo cortile con una fila di querce poco cresciute a delinearne il perimetro, a loro volta circondate da piante dai fiori colorati delle quali non aveva mai sentito parlare. Se mai avesse udito qualcuno parlarne, se ne sarebbe ricordata.
Ricordare qualsiasi cosa e dare importanza anche al più piccolo dettaglio faceva parte di quella che i suoi definivano malattia. Per fortuna Ray, il suo psicologo, non la pensava come loro. Lui le aveva creduto, seppur non fosse come lei. Le aveva aperto le porte di Liecks. Lui era un Ricercatore: a lui spettava cercare tutte le persone degne di entrare in quel Mondo fantastico con lo scopo di aiuare il Re nella sua missione.
Lia, stando a quanto le aveva detto Ray, era una dei Prescelti. E tutto questo grazie a quella che nel mondo degli umani veniva definita paranoia, di cui lei soffriva fin dalla nascita. Ne dimostrò fin da subito i sintomi: prestava attenzione ad ogni minimo ed inutile particolare, dalle sfumature di colore di un sasso al grado di inclinazione di quei quadri orrendi che sua madre amava comprare. I suoi se ne accorsero qualche anno dopo, quando lei frequentava ormai le elementari, ma si limitarono a definirla una bambina un po' più stupida del solito e facilmente impressionabile. Non sapevano che lei era alla ricerca di qualcosa e, in verità, neppure lei lo sapeva. Solo quando aveva ormai 17 anni decisero che erano stanchi e pretendevano il supporto di uno strizzacervelli. Così, da qualche settimana tutti i suoi lunedì erano occupati. E probabilmente lo sarebbero stati sempre.
'Chissà che delusione scoprire che la vostra unica figlia è una pazza paranoica.' Continuò chiedendosi se dall'esterno fosse possibile notare subito che qualcosa in lei non andava. Per cercare una risposta si specchiò nel finestrino di un'auto parcheggiata nei pressi del cortile mentre si dirigeva a gettare i rimasugli del suo pasto per poi rientrare nell'istituto.
Si ritrovò a fissare una ragazza sul metro e sessanta, diciassettenne, corporatura esile, dagli occhi nocciola e i capelli castani ondulati con riflessi rossicci lunghi fino al fondschiena. Fin qui tutto normale. Forse la stranezza era visibile nel suo modo di vestire: amava letteralmente gli indumenti colorati, soprattutto quelli blu, colore che però quel giorno era presente solo sulle sue unghie, dipinte con uno smalto blu notte tutto rosicchiato e che non aveva alcuna voglia di togliere. Indossava dei pantaloni viola scuro, una camicietta smanicata color del cielo (ovviamente non del colore del cielo di Benton) così come le scarpe, e un cardigan lilla. 'Decisamente anormale rispetto alle ragazze di questo istituto' decretò alla fine.
Decise di lasciar stare ed entrò in aula, che era ancora mezza vuota. Questo significava che aveva sprecato ben poco del suo intervallo e, quindi, che la fine della giornata era ancora lontana. 'Per lo meno oggi è lunedì: potrò vedere Ray e fare visita al mio paradiso personale' si rincuorò.
I minuti restanti del suo intervallo li trascorse facendo ciò che più le piaceva: osservare. Guardò per un attimo i limiti notevoli che poco prima la professoressa Kristensen aveva scritto alla lavagna, ma conoscendone i risultati, deviò l'attenzione sulle cinque persone presenti in aula.
Due di loro erano Lucia e Marcus, che facevano coppia fissa da ormai due mesi. Stavano parlottando tra di loro. 'Che noia'.
Le altre tre potevano essere riassunte in una: una ragazza dai lunghi boccoli biondi ad incorniciarle il viso appesantito da da diversi strati di fondotinta, blush e cipria, sommati a ombretto, mascara e tutto il resto. 'Un'altra cosa che ci diversifica: come al solito io ho solo una linea di eyeliner sugli occhi ad allungarli, visto che mi sembrano sempre troppo grandi.' Anche l'abbigliamento era lo stesso: mini di un colore acceso e top più chiaro dello stesso colore. Una vestiva di blu, una di verde e una di rosa.
'Sembrano le Superhicche' fu il suo ultimo pensiero prima che la lezione di letteratura inglese cominciasse.
  
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