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Autore: PrincesMonica    13/11/2008    2 recensioni
Come erano Jared e Shannon ai tempi della scuola? E se oltre alla musica si fossero interessati di ragazze?
Quando iniziai la FF non conoscevo ancora bene i due personaggi, quindi perdonatemi eventuali errori
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TREDICI
 
Jared si passò la mano per l’ennesima volta tra i capelli. Doveva andare a prendere Monica e suo padre ancora non era uscito. Sembrava stesse tentennando per qualcosa: eppure il lavoro non poteva aspettare molto.
Rifece il letto, pulì la mensola dei CD, pizzicò le corde della sua chitarra e fece qualche schizzo. Niente, il tempo correva sempre più lento e suo padre non si smuoveva.
“Senti, ma non dovresti essere già partito?” era sceso in cucina con una scusa qualsiasi solo per potergli parlare.
“Sì, in effetti avrei dovuto.”
“Mica ti è saltato il lavoro, vero?” non poteva fargli questo, gli avrebbe rovinato tutta la serata.
“No, certo che no, solo che… “ sospirò “E va bene, ti devo parlare. Siediti.” Jared ubbidì e si posizionò sul divano. Il padre era davanti a lui e sembrava piuttosto teso.
“Dimmi tutto.” Cercò di incoraggiarlo.
“Jared. Io lo so che non sono stato un padre perfetto. Ho sbagliato in molte mie scelte su te e Shannon. Ho capito di aver fatto molti errori e con il tempo spero di poter rimediare.” Jared lo fissava senza capire una sola parola di quello che voleva dirgli in realtà. “E proprio per questo che ti do questi.” E gli passò delle bustine argentate. Jared le fissò a bocca aperta.
“Papà, sono preservativi…” mormorò quasi imbarazzato.
“Lo so. Non sono stupido, so che Monica verrà qui questa sera, altrimenti non ti saresti messo in ordine la camera. Proprio perché voglio essere un padre moderno non mi metterò a proibirti di fare sesso con lei.”
“Ok, basta, questa situazione è surreale.”
“Figliolo, ho avuto diciassette anni pure io, che credi. So come vanno le cose e so che gli ormoni sono impazziti a questa età. Non hai idea di che facevamo io e tua madre.” Jared chiuse gli occhi sperando che, quando li avesse riaperti, lui non ci fosse più. Purtroppo niente di quello che stava succedendo in soggiorno era un sogno.
“Papà, io e Monica non…insomma, non abbiamo…ma ti pare che devo parlarne con te?”
“Certo, io sono tuo padre. A chi vorresti chiedere?”
I due si fissarono, poi il signor Leto riprese.
“Io ti voglio bene, Jared. So che non te l’ho sempre dimostrato, ma è così. Stanotte, dato che so quello che succederà, usali. Se non bastano… ce ne sono altri nel mio comodino.”
Il ragazzo era rimasto di sale: dove si poteva trovare un altro padre che comprava condom al figlio adolescente? “Bene, ora me ne posso veramente andare. Buona serata e salutami Monica.”
Rimasto solo, Jared si chiese mentalmente perché suo padre tenesse dei preservativi nel comodino…scacciò l’insana idea di lui ed una donna assieme e cominciò a preparare la casa per l’arrivo di Monica.
 
“Stefy, devi aiutarmi, non incasinarmi!” esclamò Monica gettando sul letto l’ennesima camicetta che si stava provando. Ormai era mezz’ora che si cambiava di vestito: non era mai stata così nervosa per un appuntamento, neppure per il primo in assoluto con il suo ex boyfriend. Ci aveva messo un’eternità solo per scegliere il completino intimo da indossare, optando per il colore blu e di pizzo leggero.
“Senti, io ti do i consigli che mi vengono in mente, ma tu li scarti.”
“Scusa, topolona, ma non so perché non mi vedo bene in niente. Gli farò pena.” Si sedette esausta sull’unico angolo di materasso che non era stato colonizzato da del tessuto extra-lenzuola.
“Ma quale pena, quel ragazzo ormai stravede per te.”
Monica scoccò un’occhiata laconica alla rosa che lui le aveva regalato: voleva tanto piacergli e aveva paura che non succedesse.
“Sei sicura?”
“Certo! Scusa, ma te lo devo dire io? Non l’hai capito da sola? La rosa, il ritratto, la cena… più palese di così.”
Stefy le passò un  paio di pantaloni lunghi, neri, da indossare con delle decoltè con tacco leggero. Ora bisognava trovare l’indumento giusto per il sopra.
“Da scartare il bianco…si vedrebbe quello che hai sotto. Ma dato che ti sei messa in blu, devi puntare su quel colore. Ecco, questa potrebbe andare bene.” Stefy aveva trovato una leggera camicia di seta blu notte, che mandava dei riflessi più chiari, quasi argentei. “Con questa lo stendi”
In effetti, Monica dovette ammettere che stava proprio bene. Il nero la allungava e i tacchi aiutavano a raggiungere di un po’ l’altezza di Jared. In più la camicia le dava un’aria più da donna che da ragazzina. Si sorrise allo specchio: andava proprio bene.
Prese la spazzola ed accese il phon.
“Dai qua, te li stiro come si deve.”
“Wow, mi sento viziata, Ste.”
“Bhe, cerchiamo di far funzionare almeno una vita sentimentale, la tua…”
“Anche la tua potrebbe andare bene se solo la smettessi di fossilizzarti su William.”
“Intanto io e lui adiamo al ballo assieme.”
“Come amici.”
“Sì, ma poteva chiamare qualcun’altra, invece ha scelto me, vorrà pur significare qualcosa.” Monica non rispose, onestamente non lo sapeva neppure lei. Aveva provato a domandarlo al diretto interessato, ma lui faceva orecchie da mercante e glissava elegantemente.
“Dici che dovrò anche truccarmi?”
“Ovvio…leggero, però, non ti vogliamo stile maschera di carnevale.”
Quando Stefy terminò il suo lavoro, Monica aveva i capelli lisci come Nelly Furtado in “Say it Right” cosa che a lei piaceva da matti.
Prese il fondotinta e ne passò un leggero strato sul volto. Poi passò all’eye-liner: quello lo sapeva mettere benissimo, perché lo metteva spesso. Le piaceva come la piccola linea sottile riusciva a valorizzare al meglio i suoi occhi. Un tocco di lucidalabbra ed era pronta ad uscire.
“Come sto?” Il pollice alzato di Stefy le fece capire che stava bene.
“Bene, ora scappo via, non vorrei che Jared mi trovasse qui…neppure fosse un bollettino di guerra. Comunque appena torni a casa voglio sapere tutto! A qualsiasi ora, ok?”
“Non mancherò!” Promise Monica.
Accompagnò l’amica alla porta e si fermò dai suoi genitori che stavano cenando in cucina. William, quel giorno, sembrava scomparso. Sperò con tutto il cuore che non fosse a fare pazzie per Dru.
“A che ora passa questo tipo?”
“Papà, si chiama Jared.”
“Non prendertela con lui, è solo geloso della sua piccolina. Non vuole capire che sta crescendo e che quindi è giusto che si faccia bella per un ragazzo…anche se, forse, dovresti abbottonarti meglio la camicia.” Monica si fissò il decoltè e sorrise.
“Oh no, va bene così.” Il campanello suonò e la ragazza fece un salto per la sorpresa: si rese conto di essere nervosa come il giorno della presentazione di Patterson. In fondo era il loro primo vero appuntamento.
Si portò due ciocche di capelli dietro le orecchie ed aprì la porta, rimanendo folgorata. Jared non era mai stato così elegante e sexy. I jeans erano neri, immacolati, ai piedi un paio di Doc Martins nere con i lacci rossi che richiamavano i suoi capelli, lasciati liberi sulle spalle. Ma era la maglia attillata rossa con la giacca sportiva a dargli quel tocco in più. In una mano teneva una lunga rosa rossa, nell’altro un grande mazzo di fiori tutti colorati. A Monica venne l’acquolina in bocca.
“Per te.” E le porse la rosa.
“Grazie. E quelli?”
“Per tua mamma.” E le si avvicinò all’orecchio. “Devo pur ingraziarmi qualcuno e quindi preferisco partire da lei.” Monica sorrise.
“Entra.” Jared la seguì fino in cucina, dove i genitori l’aspettavano al varco. Capì subito che suo padre non l’avrebbe accettato fino a quando non se la fosse sposata e forse neppure dopo, mentre la madre sembrava più indulgente.
“Signori Cross, buonasera. Signora, questi sono per lei.” E le diede i fiori.
“Oh grazie, ma che pensiero gentile.”
“Mamma, papà, lui è Jared. Ora che lo avete visto, noi andiamo.”
“Potete stare qui ancora un po’.” Fece il padre.
“No. Andiamo, ho fame.” E prese il ragazzo per mano, mentre vedeva sua madre che cercava di trattenere il marito: la ringraziò mentalmente.
“Potevamo rimanere.”
“Dio ce ne scampi: poi non ce li saremmo tolti dai piedi mai più. Papà, poi, so già che ti avrebbe fatto il terzo grado. Dove andiamo?” Jared sorrise.
“In un posto speciale ed intimo…” e non disse altro. Monica seguì la radio e si mise a canticchiare, fino a quando non si ritrovarono a casa del ragazzo.
“E tuo padre?”
“È via per lavoro. Shannon è uscito con Tomo e io ho pensato che mangiare qui sarebbe carino…”
“Molto più che carino.”
Entrarono e Monica rimase allibita: in centro al soggiorno c’era un tavolo tondo, su cui erano accese delle candele che risplendevano calde. Jared aveva preparato il tutto con il servizio buono e dalla cucina provenivano dei profumini celestiali. Da qualche parte suonava lo stereo, la sua camera a giudicare dalla lontananza.
“Wow, ma…è incredibile. Sei veramente tu, Jared?”
“Certo. Ora siediti che faccio tutto io questa sera.”
Monica era felice e questo aveva fatto risplendere anche Jared. Si sentì finalmente gasato e contento per quello che le aveva preparato.
“Ma hai cucinato tutto tu?” Chiese Monica davanti ad un piatto fumante di lasagne.
“Ovviamente no, ma esistono i take-away, ringraziando il cielo.”
I due chiacchierarono tranquilli, parlando di tutto e di niente.
“Ma tuo padre che lavoro fa?”
“Il camionista. Di solito si occupa di tratte vicine, ma una volta ogni due, tre mesi, lo mandano lontano. Starà via un paio di giorni, mi pare di aver capito che deve arrivare fino a Seattle.”
“Però, è un gran bel viaggetto.” Monica si guardò attorno e vide una foto dove Jared era insieme a Shannon, molto piccoli. “Senti…come sta Shan?” in quei pochi giorni il batterista non si era quasi visto e a lezione restava muto. Sembrava un uomo diverso dal suo solito essere e Monica temeva di sapere il motivo.
“Insomma…è molto abbacchiato. Si è preso una sbandata con i fiocchi per la Stefy e so che voleva invitarla al ballo.”
“Poverino…quasi quasi metto un po’ di Guttalax nel caffè di William.” Jared la fissò ridacchiando. “Guarda che non scherzo, sono capacissima di farlo.”
“Io devo stare molto attento con te…sei pericolosa.”
“E non hai ancora visto quanto.”
Jared le prese la mano che lei aveva abbandonato sul tavolo e gliela accarezzò: stava veramente bene così, lui e lei da soli, a mangiare e parlare, proprio come una vera coppia. Chissà se anche lei pensava la stessa cosa?
“Pensi che potremmo fare qualcosa per loro?”gli domandò seria.
“Magari potremmo provare a mettere un po’ di sale in zucca a quella psicolabile della tua amica. Quello che prova Shannon è così…ovvio.”
“Purtroppo molto spesso l’ovvio non risulta così chiaro per chi è incluso nella situazione. Stefy…” E sospirò “…Stefy è sempre stata completamente persa per mio fratello. A volte credo che lo abbia quasi idealizzato, nonostante fosse pienamente conscia dei suoi difetti. Ha sperato e pregato così tanto per avere una chance con lui, che adesso che è innamorata di un altro, neppure se ne accorge.”
“È innamorata di Shannon?”
“Forse innamorata è una parola forte, ma di sicuro gli piace. Solo che ha i paraocchi e non lo vuole capire. Purtroppo più di cercare di spiegarglielo, non posso fare niente. Ognuno di noi deve capire i propri sentimenti e lavorarci su da solo e poi esporli alla persona giusta, non trovi?” Lui sorrise.
“Sì, hai perfettamente ragione, ma spesso non è così semplice.”
“Lo so.”
Jared si alzò e iniziò a portare tutti i piatti in cucina, seguito da Monica.
“Che fai? Tu stasera non muovi un dito, sei la mia ospite, ok?” Lei rise e lasciò i bicchieri nel lavello. Si sentiva trattata come una principessa e guardandolo mentre si muoveva sicuro tra soggiorno e cucina, pensò che si era trovata anche un gran bel principe.
“Perché ridi?”
“Lo stavo facendo? Non me ne ero neppure accorta.”
“Bene…allora, mi aspetti qui un secondo?” le chiese nervoso. Doveva passare alla seconda parte della serata: coccole e dichiarazione. Sì, forse avrebbe potuto farcela.
“Ok, io non scappo.” Fece Monica un po’ sorpresa dalla strana richiesta del ragazzo. Lo vide scomparire sulle scale e continuò a guardare le rare foto sul mobiletto. Una, particolarmente, l’attrasse. C’era Jared, a undici, dodici anni, non di più, che guardava in lontananza, con il broncio appena pronunciato e gli occhi immensamente tristi. Le fece molta tenerezza.
“Sali!” sentì urlare dall’alto. Monica seguì il suono che proveniva dallo stereo, fino ad arrivare nella stanza di Jared e rimanere, una volta di più, senza parole. Era totalmente ricoperta di candeline bianche e nere che spandevano una tenue luce arancione. L’impianto Hi-Fi risuonava “Goodbye my lover” di James Blunt. Monica si mise la mano davanti alla bocca e sentì il cuore battere all’impazzata.
Jared le si avvicinò.
“Vuoi ballare un po’?” lei non riuscì neppure a rispondere, si limitò ad annuire ed a seguirlo in mezzo alla stanza. Ballarono stretti, Monica aveva appoggiato la testa sul suo torace e riusciva a sentire perfettamente il cuore che gli batteva, trovandolo un suono perfetto. Jared le accarezzava la schiena e aspirava a piene boccate il suo profumo che lo faceva volteggiare.
“Monica…io devo dirti una cosa.” Le mormorò all’orecchio. Il fiato caldo di Jared le fece partire un leggero brivido dalla base del collo.
“Dimmi.” Lui prese un profondo respiro: aveva provato quel discorso un sacco di volte, anche davanti allo specchio, ma ora che lei era lì, la faccenda era decisamente più complicata.
“Io… io…ok, è un po’ difficile, quindi cerca di seguirmi.” Lei annuì perplessa. “Quando tutto questo è iniziato, io non pensavo di certo di finire in questa maniera, con te tra le mie braccia a ballare una selezione di musica sdolcinata…uhm…detta così non è il massimo.” Si stava perdendo troppo e non andava bene. Aveva notato lo sguardo titubante di Monica e si stava maledicendo. “Insomma, io ho bisogno di te.” Monica si fermò e sgranò gli occhi per la sorpresa: era una dichiarazione quella? La sua prima dichiarazione da parte di un ragazzo? Non ci poteva credere. “Più passa il tempo e più vorrei stare con te, ma veramente e non per una stupida bugia. Una relazione vera, basata sulla reciproca fiducia e sull’affetto che possiamo provare.” Guardare un punto fisso della stanza e non i suoi occhi magnetici era decisamente meglio, si distraeva di meno, ma per dire quell’ultima parte di discorso, doveva fissarla. “Monica, io ti amo.”
Monica si assaporò sulla lingua quelle tre parole magiche, mentre gli U2 cantavano “With or Without you” e continuava a guardargli le labbra, gli occhi, il volto, i capelli, senza trovare una valida risposta: quel momento era troppo perfetto, aveva paura di rovinarlo. “Mi puoi dire qualcosa, per piacere”
L’unica cosa che poteva fare era dimostrarglielo: gli si avvicinò e lo baciò sulle labbra. Leggero, dolce, intenso. Gli passò la mano sulla guancia accarezzandola, per poi veleggiare verso i suoi capelli. Jared si rilassò ed approfondì il bacio prendendole la testa ed attirandola a sé. Le loro lingue si incrociarono proprio quando Bono Vox urlò il suo amore.
Il loro incontro si fece più urgente, più disperato, più bisognoso: Jared la desiderava al limite del possibile. Scese sul collo lasciandole una scia umida di baci, mentre lei gemeva per quell’assalto.
“Ti amo anche io.”
   
 
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