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Autore: peetarms    28/12/2014    7 recensioni
Elizabeth Jensen non sopporta il suo nome intero, si fa chiamare Effy. Non sopporta neanche il suo passato, la morte di suo fratello gli ha fatto prendere decisioni sbagliate.
Suo padre Jeremy Jensen è un attore di fama mondiale molto legato ad Effy, sua madre Amanda Cortese invece è una delle modelle più famose a New York.
Per far ricominciare una nuova vita ad Effy decidono di trasferirsi nella città natale di suo padre, Union in Kentucky. Ma quando tutto sembrava andare per il verso giusto, il passato di Effy ritorna.
Josh Hutcherson è tornato a Union in Kentucky dopo le ultime première di Mockingjay pt.2 per prendersi un paio di mesi di pausa. Quando il suo agente lo chiama informandolo che agli inizi di Aprile ci saranno le audizioni per il film dell'attore Jeremy Jensen – attore che Josh ammira da sempre – Così Josh decide di provare ad entrar a far parte del cast.
Film che Jeremy ha scritto ispirandosi al passato di Effy.
[OFFICIAL TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=FOPTZkdyxyk]
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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*Attenzione: i comportamenti dei personaggi descritti durante la narrazione della fan fiction non sono assolutamente da imitare: quello che fanno e pensano è spesso sbagliato. Con questo mio scritto pubblicato senza scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in qualche modo. La storia è solo frutto di pura fantasia.*





06.



15 Maggio 2016, 5.45am.


[...]La stazione è buia, vuota, siamo rimasti solo noi due lì dentro. In lontananza si comincia a sentire il rumore dei binari calpestati.
“Dai, vado via. Altrimenti perderai il treno.”
“Che importa? Quello più importante l’ho già perso.”
“E’ colpa tua.”
“E’ colpa di questa fottuta situazione”
Attacco le mie labbra al suo orecchio sinistro e gli sussurro piano.
“Ma adesso siamo vicini.”
“Si. Siamo vicinissimi.”
“Dimentica, ricordati delle emozioni.”
“Il treno su cui non vorrei mai salire sta per arrivare. Non c'è più tempo per ricordarmi delle emozioni.”
“Allora ricordati di me quando guarderai fuori dal finestrino.”
“Se ti bacio ricordo meglio.”
E le nostre guance si sfiorano con le lacrime incastrate fra le ciglia,  le sue mani tremano nei miei capelli come quando si raccoglie un oggetto prezioso caduto a terra che non si è rotto. La sua fronte preme forte sulla mia come per schiacciarmi i pensieri mentre il rumore del treno si fa sempre più intenso.
“Eccolo lì. Mi sa che devo..”
“Si. Devi.”
Raccoglie lo zaino a terra.
“Non mi ricorderò di te quando guarderò fuori dal finestrino. Mi ricorderò di te quanto ti volterò le spalle e ti lascerò qui e starò in pensiero perché non potrò seguirti con lo sguardo mentre mi allontano. Mi ricorderò di te quando in treno ci saranno altri cento posti liberi e a me basterebbe la tua presenza per riempirlo. Mi ricorderò di te quando prenderò la bottiglia d’acqua, e l’altra mano non sarà legata alla tua. E mi ricorderò di te quando…”
“Il treno è qui…” Gli dico con un filo di voce. Lui corre verso le porte che si stanno per chiudere, mi guarda ancora una volta. Dietro quei vetri trasparenti lo vedo sedersi, incrociare le gambe e abbassare la schiena. Il treno è partito. Si allontana velocissimo, e in questo momento lo invidio così tanto, perché sta portando con sé la cosa più cara che ho, avevo. Raccolgo anch’io la borsa a terra, a fianco ad essa trovo un bigliettino. Deve essergli caduto dallo zaino. Lo apro.
“…E mi ricorderò di te quando tornerò a casa, e non mi sentirò più a casa senza di te.”



Mi sveglio di colpo, ansimando. Ogni centimetro del mio corpo è sudato, scendo velocemente dal letto, apro il cassetto del comodino da dove tiro fuori una bottiglietta con un contagocce. Prendo il bicchiere di fianco alla finestra e faccio cadere quattro gocce nell'acqua avanzata dalla sera precedente. Lo porto alle labbra e bevo velocemente il contenuto, con la consapevolezza che tra pochi minuti mi calmerò.
Mi accascio alle gambe del letto, stremata e stanca. Sospiro ogni tanto mentre osservo le prime luci del mattino fare capolino dentro alla mia stanza.



[…] Stringo tra le mani le foto che avevo poco prima davanti.
Fotografie nitide di assenze massacranti, alla fine ci resterà solo questo, la consapevolezza di poter essere, ma di non essere stati nulla per la troppa paura.
Le butto a terra in un momento di completa rabbia dopo di che prendo il mio cellulare sopra al comodino.
Scorro la rubrica del telefono e vedo solo un’infinità di nomi. 
Ho bisogno di sentire vicino qualcuno, ma non so a chi chiedere aiuto.
Continuo a leggere tutti quei nomi, ma alla fino spengo lo schermo e rimango da sola con i miei pensieri, come sempre.
Ma io li capisco cazzo. Capisco perché se ne sono andati tutti. Sono un'insopportabile acida, mi faccio un sacco di paranoie e cambio umore spesso, è normale che tutti se ne vadano. Anche io me ne andrei da me stessa.
Scendo dal letto e mi addentro all'interno della camera di mio fratello. É vuota, è uscito. Mi avvicino al suo letto, per poi infilarmi sotto alla ricerca del contenuto dentro alla botola segreta dove sono sicura di trovare due bustine: una con dentro le pastiglie di Ecstasy e nell'altra la cocaina.
Apro quella contenete l'Ecstasy e ne prendo una, mi lecco il dito per poi immergerlo in quella contenente la cocaina dopo di che lo porto all'interno della mia bocca facendo sparire la sostanza bianca lungo il mio dito giù per il mio corpo vuoto e stanco. Rimetto le due bustine nel loro posto e inghiottisco la pastiglia dopo aver bevuto un sorso di vodka dalla bottiglia di mio fratello.
Rientro in camera mia dove mi dedico a vestirmi. Un top e una minigonna. I tacchi neri lucidi che mi ha regalato mamma per Natale. Indosso tutto con cura.
Ripasso i miei occhi con abbondante matita nera e finisco il tutto con il rossetto rosso.
Prendo il portafoglio e la borsa. Esco dalla casa vuota con in circolo l'Ecstasy e la Cocaina. 
La prima volta che mi sono drogata, la prima volta in discoteca da sola. La prima volta nel vero e senso della parola me la sono fatta portare via da un lurido maiale quando ero troppo impasticcata e troppo ubriaca per ribellarmi.



Mi sveglio nuovamente percorsa da tremiti e con le lacrime agli occhi.
Mio padre mi sta osservando in cerca di una risposta.
«Papà» la mia voce è roca, allungo le mani e lui mi solleva rimettendomi sul letto e coprendomi con la trapunta nera del mio letto.
«Effy che ti sta succedendo?» mi guarda negli occhi, è spaventato.
«Non lo so, sono settimane che ho continui flashback. Sembrano reali. Mi sembra di tornare in quei momenti papà» una lacrima scende involontariamente. Lacrima che mio padre raccoglie subito con il suo pollice.
«Stai tranquilla. Ora chiamo il dottor Bren» si alza dopo avermi lasciato un bacio tra i capelli. Compone il numero del dottor Bren e porta il telefono all'orecchio. «Salve dottore, sono Jeremy Jensen, il padre di Elizabeth Jensen, volevo chiederle una cosa. Mia figlia da settimane ha continui flashback, flashback che la riportano indietro nel tempo...Sì esattamente in quel periodo... Okay, va bene... Grazie mille, le farò sapere» chiude la telefonata e mi guarda attentamente.
«Che c'è?» chiedo con voce stanca
«Sei in queste condizione da quando hai litigato con Josh? Da quando lui si è comportato in quel modo quella sera?» mi chiede sedendosi di fianco a me
«Sì» sospiro pesantemente
«Come pensava il dottor Bren – lo guardo senza capire – Mi ha spiegato che se qualcuno attacca quel periodo della tua vita, il tuo organismo reagisce portando la tua mente in quei momenti cercando di manipolarti facendoti credere che quello che hai fatto non era sbagliato ma giusto. Tutto questo in quanto la tua mente non ancora del tutto guarita»
«Smettila. Sai che non guarirà mai. Sai che sarò sempre tentata dalle droghe e dall'alcool» 
«Lo so» replica lui stancamente «Devi chiarire con Josh, e il più presto possibile – lo guardo in malo modo – A meno che tu non ci tenga a rivivere i mostri del tuo passato costantemente» e quella è l'ultima cosa che gli sento dire per quella giornata. 



18 Maggio 2015, 1.27am.


Barcollo per la strada principale di Union. In cerca di un equilibrio inesistente sui tacchi vertiginosi indossati. A causa della bottiglia di vodka alla pesca che tengo stretta nella mano destra e allo spinello nella mano sinistra. So che c'è un solo modo per capire i sentimenti che provo verso Josh, cresciuti in questi pochi mesi. Nonostante le divergenze, nonostante i contrasti e nonostante le litigate. E di certo non era ritornare ai miei vecchi vizi. No, ma ci sono caduta.
Mando un giù un'abbondante sorsata di vodka alla pesca che mi fa bruciare la gola dopo aver buttato la cicca dello spinello pochi metri più indietro di me.
Giro per la via della casa di Josh e la percorro dopo aver lasciato la bottiglia ormai vuota all'angolo della strada. Una volta arrivata di fronte a casa sua, mi attacco al campanello noncurante dell'ora.
Pochi minuti dopo la porta principale si apre e un Josh assonnato con indosso un paio di pantaloni della tuta e una maglietta nera mi si para davanti. Spalanca gli occhi alla mia vista. E allo stato in cui sono.


POV Josh Hutcherson.


«Effy che diavolo ci fai qui?» la prendo per un braccio e la faccio entrare.
«Ciao Josh» il suo viso è così rilassato, credo di non averla mai vista così. 
«Effy che cosa ci-» mi interrompe in un modo che non mi sarei mai aspettato. Le sue labbra fredde e secche incontrano le mie calde e morbide. Mi appoggia alla parete mentre chiede accesso alla mia bocca. Accesso che gli concedo. Il suo alito sa di fumo e alcool, una morsa allo stomaco mi invade ma la caccio via appena si stacca da me sorridendomi.
«Sai caro Josh, sei riuscito a mandarmi a puttane tutto il lavoro fatto» la sua voce è amara, mentre mi da le spalle. Continua a parlare ma non riesco ad ascoltare, sono troppo concentrato su quello che sta facendo. Lascia scivolare il tessuto nero che copriva il suo corpo a terra. L'intimo, anch'esso nero che indossa invita i miei muscoli vogliosi ad avvicinarmi, ma farlo di mia spontanea volontà mi sembra quasi una violazione di quella tela bianca macchiata d'inchiostro nero. Soltanto quando mi invita posso toccare con la mia pelle la sua, posso gioire di quel tocco tanto atteso. Le sue labbra cercano nuovamente le mie e mi lascio baciare, con tanta foga che il mio corpo è percorso da tremiti.
Accarezzo il pizzo del reggiseno con l'indice, insinuandomi sotto al tessuto prima di sganciare la chiusura. Con un tocco delicato, nonostante questa lentezza mi lega i nervi.
Non faccio altro, lei si stacca dalle mie labbra dopo avermi morso il labbro inferiore. Mi chiude gli occhi, e accarezza il collo con le dita mi bacia di nuovo con lo stesso trasporto con il quale l'oceano accarezza la riva rocciosa delle coste nordiche, mi perdo per poi ritrovarmi in quelle labbra rosse, sospiro per poi respirare la sua materia tossica.
Mi sfila la maglietta nera, l'indumento cade indisturbato sul pavimento della stanza. Mi stacco dalla sua presa per trascinarla lungo la scala. Una volta chiusa la porta della mia camera inizia a baciare ogni lembo di pelle del mio petto facendomi sospirare come probabilmente nessuna è mai riuscita a fare. Termina la sua sensuale tortura facendomi sedere sul letto, e sedendosi al cavalcioni sopra di me per concedermi altri baci, altri gemiti.
La mia eccitazione è ormai evidente, provo dolore fisico nel trattenerla, e come se mi avesse letto nella mente, decide di liberarmi dai miei vicoli, lasciandomi libero di ricambiarle il favore.
La blocco sotto il mio corpo, il mio tocco perverso accarezza le sue zone sensibili mentre bacio i suoi seni. Effy si dimena sospirando animatamente sotto la mia presenza, mi innamoro di quella visuale, della sua nudità vagamente rinascimentale estasiata dal mio merito.
«Sei sicura?» dico con la voce rotta dal piacere.
Poco dopo finisco sotto di lei, estasiato e volenteroso mentre cautamente mi riempo di un sentimento incerto che stento ad ammettere.
«Sì. Ne sono sicura»  la sua voce trema così come il suo corpo freddo.
I nostri movimenti coordinati riempono le mura della mia stanza, i suoi sospiri stanchi si frantumano nei miei. Bacio le sue labbra ancora una volta prima che il piacere raggiunga l'apice costringendomi a stringerla ancora più stretta a me. Respiro ancora affannatamente, ma necessito comunque di parlare.
«Non andartene. Non lasciarmi tagliato fuori dalla tua vita ancora una volta» la stringo nuovamente.
«Non farlo succedere. Comportarti bene e questo non succederà più» i suoi occhi sono sinceri questa volta, i suoi meravigliosi occhi azzurri mi stanno dicendo la verità.
La tiro sopra di me e la intrappolo in un bacio voglioso, voglioso di lei anche se è appena diventata mia.
Le sue mani fredde vagano lungo il mio petto provocandomi centinaia di migliaia di brividi.
In questo momento è viva, come mai l'avevo vista.














 

Ciao bella gente. Scusate il mio tremendo ritardo (per qualsiasi delle tre storie in corso) ma l'ispirazione mi aveva abbandonato completamente.
Ma fortunatamente è tornata, sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo.
Attendo le vostre recensioni, vi scongiuro.
Bene, ora vado a cercare di scrivere altri due capitoli: uno di Winter e uno di Explosions ahah.
ANYWAY AUGURI DI BUON NATALE ANCHE SE IN RITARDO.

un bacio;
-peetarms.
   
 
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