Nonostante
avesse realizzato
subito, almeno fin quasi da quando si era svegliato, che era del tutto
inutile
tentare di liberarsi, Lloyd aveva voluto provare comunque. Aveva subito
fallito
miseramente, ma non si era dato per vinto. Il risultato era stato
l'insorgere
di dolorosi crampi ai muscoli delle gambe nel rimanere tesi nel cercare
di
piegare le ginocchia. Anche quelli del collo non erano da meno; il
Deino,
essendo adagiato su un fianco, doveva piegare la testa in un modo
talmente
innaturale per cercare di arrivare alle zampe che dopo appena mezzo
minuto
cominciava a fargli male il collo. E tale tempo si accorciava ad ogni
nuovo
tentativo, e presto il dolore smise di tornare ad intermittenza e si
fece
permanente. Eppure il pokemon non mollava.
Del resto doveva trovarsi
qualcosa da fare mentre aspettava che gli altri si svegliassero. Doveva
essere
passato molto tempo dalla notte nella foresta, forse anche
più di un giorno o
due, poiché aveva dormito per svariate decine di ore e di
questo ne era certo.
Non che non avesse provato ad attirare la loro attenzione, visto che
aveva
passato una mezz'oretta buona a chiamarli mettendosi anche ad urlare.
Senza
successo ovviamente.
Ricordava di essersi svegliato
altre tre volte da quando gli era stato portato del cibo. La prima
aveva
invocato vanamente i suoi amici, la seconda l'aveva passata a studiare
nuovamente l'ambiente e la terza (ovvero quella più recente
e quella da cui si
era svegliato giusto poco tempo prima) la stava impiegando
così, a tentare di
liberarsi.
Non aveva idea di quanto tempo
avesse dormito, ma sapeva per quanto era rimasto sveglio. Decisamente
troppo
poco. Sarà stato forse l'ambiente ad influire su di lui. Si
sa che ogni pokemon
si trova a proprio agio col suo tipo, il quale però
può avere effetti
collaterali se rimanente in contatto per troppo tempo. Essendo
l'ambiente
completamente immerso nell'oscurità più fitta
Lloyd era indubbiamente nel suo
ambiente, essendo per metà di tipo Buio. E meno male che lo
era solo per metà,
altrimenti non era sicuro che gli sarebbe occorso solo il sonno come
effetto
collaterale.
Nonostante il fastidio causato
dai crampi, Lloyd continuò a tentare di arrivare a mordere
le corde per
liberarsi, senza però riuscire nell'impresa. Alla fine
decise di lasciar
perdere, anche se solo per quel momento. Adesso doveva a tutti i costi
evitare
di addormentarsi di nuovo, sapeva che quel sonno non gli avrebbe
portato nulla
di buono.
Ma soprattutto non voleva per
nulla al mondo rivedere il muro nero. Tutte le volte che aveva perso
conoscenza
e aveva sognato, la muraglia nera era sempre costantemente
lì, ai limiti del
suo campo visivo, a pulsare. Ed ogni volta che la rivedeva il pulsare
si faceva
sempre più veloce e più frenetico, quasi come
fosse sul punto di esplodere. Ma
questo passaggio era a malapena visibile, per cui Lloyd aveva dedotto
che ci
sarebbe voluto molto altro tempo prima che quella "cosa" si rivelasse
effettivamente un pericolo. Eppure non la voleva vedere lo stesso. Gli
infondeva calore, è vero, ma lo terrorizzava. Per la prima
volta da quando se
ne ricordava, il Deino alla sua vista aveva avuto paura.
Sapeva che sarebbe stato inutile
tentare di chiamare i suoi amici, ma non voleva nemmeno pensare alla
muraglia
del sogno. Doveva a tutti i costi trovare qualcos'altro che lo tenesse
impegnato.
"Ah, se solo Olston...
" pensò rassegnato il Deino, per poi riscuotersi "Olston! Ma
certo!
Se fosse effettivamente passato tanto tempo da quando siamo stati presi
dovrebbe già essere tornato alla casa e aver visto che non
ci siamo! Forse ci
sta già cercando." Lloyd era visibilmente eccitato "Devo a
tutti i
costi svegliare gli altri, forse insieme riusciremo a pensare ad un
piano".
Lloyd così prese ad urlare più
che poteva, incurante del baccano che stava creando.
- RAGAZZI! RAGAZZI! SVEGLIATEVI
RAGAZZI!!!
Continuò a fare un frastuono del
genere per un bel po' di minuti. Stava quasi per rinunciare, quando
qualcuno
effettivamente si svegliò.
- Hmmm...
La sagoma di Finley si mosse
debolmente a poca distanza da Lloyd.
- Ah... che male...
- Finley! Sono qui!
- Lloyd? Che... succede...
- Beh... prova a muoverti e lo
vedrai da solo.
Finley, anche se ancora un po'
confuso, seguì il consiglio del Deino, provando ad alzarsi
in piedi. Non ci
riuscì, con l'unico risultato di aver strisciato di un po'
verso l'amico
sveglio. Lloyd così, grazie alla sua vista avvantaggiata dal
buio, vide che
aveva le zampe legate più o meno come lui, mentre le ali
erano tenute aderenti
al corpo da una specie di cintura stretta saldamente attorno a tutto il
suo
corpo. Finley si guardò e rimase di stucco. "Deve essere
parecchio
stretta, quella cintura" pensò Lloyd "Chissà se
ce la fa a respirare.
Ma forse..."
- Finley - gli disse - Riesci a
venire qui vicino a me?
- Perché?
- Voglio provare a slegarti.
Anche se con un po' (anzi, molta)
fatica il Rufflet riuscì a portarsi di fianco al Deino.
- Ora potresti venire davanti a
me, magari dandomi la schiena?
Dopo molto tempo Finley portò a
termine anche quest'impresa, riuscendo a sdraiarsi proprio a ridosso
della
faccia di Lloyd. "Bene" pensò quello.
Prese immediatamente a mordere
con forza il legaccio che teneva bloccate le ali di Finley, ma si
rivelò più
duro del previsto. Il materiale con cui era fatto era parecchio strano.
In
qualche modo gli ricordava il legno, ma era decisamente più
morbido e di
tutt'altra risma. Forse poteva ricordare una pelle parecchio dura, ma
non era
sicuro. Provò con tutte le forze residue a reciderlo a
morsi, ma per quanto ce
la mettesse tutta la cintura sembrava diventare ancora più
dura. Alla fine rinunciò,
anche perché Finley aveva cominciato a gemere per lo sforzo
di tenere le spalle
arcuate al fine di permettere al Deino di lavorare.
Lo allontanò con la testa di
qualche centimetro al fine di riuscire a respirare. Non sembra ma le
piume che
Finley aveva attorno al collo erano decisamente fastidiose. Sentendo
però il
contatto del Deino sulla sua pelle, il pokemon Aquilotto si
agitò un po'.
- N-no - disse debolmente - Non
mi allontanare... caldo... si sta così bene...
Il Rufflet doveva essere ancora molto
confuso, ma Lloyd indovinò subito dove voleva andare a
parare.
- E va bene - disse un po'
imbarazzato - Ma è solo per tua necessità.
Permise a Finley di adagiarglisi
sullo stomaco.
- Che bello... - riuscì a
pronunciare il Rufflet prima di perdere di nuovo i sensi. E meno male
che
successe, perché se avesse prestato un po' di attenzione in
più all'amico
avrebbe potuto notare che sulle guancie del Deino si erano formate due
grandi
gote rosse. "Ma in fondo" pensò Lloyd per riprendersi "Non
sta
succedendo nulla di male".
Guardò per un po' Finley dormire
un sonno beato. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò a
pensare che gli voleva
bene. Un bene proveniente direttamente dalla sua anima. Finley era il
primo (e
forse anche l'unico) amico che aveva mai avuto, e lo stesso valeva
all'inverso.
Era quanto di più vicino ad una famiglia potesse avere. E
ciò lo rendeva
felice.
- Ti voglio bene, Finley -
sussurrò Lloyd, prima di cedere al dolce invito del sonno ed
adagiare il capo a
terra.
***
Neville
continuava ancora a
rigirarsi in mano il barattolo delle pillole. Era un bel po' di tempo
che lo
faceva, poiché non riusciva a trovare nessun'altra
attività che lo potesse
tenere impegnato. Era seduto lì, su una sedia di fianco al
tavolo della cucina,
a giocherellare col piccolo contenitore con lo sguardo perso nel vuoto
chissà
dove.
Era buffo in un certo senso.
Sapeva che il tempo rimastogli era poco, eppure si ostinava a trovare
dei
momenti tipicamente umani di noia e dolce far niente. Anche se cose del
genere
non se le poteva assolutamente permettere le faceva ogni tanto,
esattamente
come in quel momento.
Quasi senza pensarci tolse il
coperchio, infilò un dito dentro e ne estrasse una pillola.
Se la ficcò in
bocca e mentre la ingoiava sbirciò dentro al barattolo. Glie
ne restava solo
una. Solo allora si mise a pensare. L'ultima ingestione risaliva ad una
settimana prima, per cui aveva fatto bene a prendere un'altra pillola,
anche se
era la penultima che gli restava. Aveva deciso di utilizzare quei pochi
giorni
rimastigli per rimettersi in pace con sé stesso, ma adesso
che lo doveva fare
lo trovava immensamente difficile semplicemente perché non
aveva nulla da
dirsi. Sapeva già quello che aveva fatto e quello che non
aveva fatto, sapeva
quali fossero i suoi desideri realizzati e quelli che non lo erano
stati. Ormai
per quel breve lasso di tempo gli restava solo un obbiettivo: far
sì che
l'umanità non fosse dimenticata tanto facilmente.
D'altro canto non c'era altra
scelta. Sarebbe morto comunque di lì a poco, l'incedere
dell'età non gli
avrebbe lasciato alcuno scampo. Era già tanto se il cuore
gli aveva retto per
tutto quel tempo, e non credeva che comunque sarebbe sopravvissuto di
lì a
qualche anno, per cui aveva deciso per tempo che sarebbe stato lui a
porre fine
alla sua vita. Ma per farlo avrebbe dovuto avere dei testimoni. Ed era
proprio
su questo presupposto che si fondava il suo piano.
Aveva spiato a tal proposito per
vari mesi quella "squadra d'esplorazione", com'era definita nei
libri, al fine di individuarne i membri più deboli e che
quindi gli avrebbero
opposto meno resistenza. Non ci aveva messo molto a capirlo, gli era
bastato
vedere chi avesse la testa china e chi alta. Aveva poi atteso
l'occasione
adatta per fare la sua mossa. C'era voluto un po', ma alla fine la
fortuna era
venuta dalla sua parte e quasi tutti i pokemon abitanti della casa se
n'erano
andati, lasciando nell'edificio solo i membri più deboli.
Era stato un gioco da
ragazzi stordirli con il gas. Un po' meno legarli alla slitta e
portarli alla sua
dimora, visto che li aveva sbatacchiati abbastanza procurandogli
numerosi
lividi ed escoriazioni, ma questi erano dettagli. Gli serviva che
fossero vivi,
non vegeti, così che potessero vedere l'ultimo umano in
azione.
E lì era iniziata la parte più
snervante del piano: l'attesa. A quel punto doveva aspettare che gli
altri
membri del gruppo ritornassero e notassero l'assenza dei loro compagni.
Avrebbero cominciato a battere tutta la zona circostante, e alla fine
l'avrebbero trovato. Lo avrebbero visto morire, e con lui la specie
umana
tutta.
Solo che, per qualche strano
motivo, tardavano ad arrivare. Neville era tornato un paio di volte
alla loro
casa, e l'aveva trovata sempre deserta. Non era rientrato nessuno,
nonostante
fossero passate almeno due settimane dal rapimento di quei mostri. E
non era un
fatto per nulla positivo, visto che aveva paura che i suoi problemi al
cuore
prevalessero su di lui prima del compimento dei suoi voleri. Alla fine
Neville
non poteva far altro che pregare che i mostri tornassero. Lo faceva
sempre, e
con tutto il cuore.
Per sicurezza gli aveva anche
lasciato un messaggio scritto. Se lo volevano affrontare, voleva almeno
che
sapessero contro cosa andavano a combattere. Chissà, forse
la rivelazione che
un umano esisteva ancora li avrebbe spinti a cercare con più
foga i loro amici.
Tanto oramai era solo questione di tempo, prima o poi sarebbe comunque
morto.
***
Lloyd
si era incantato ad
osservare il vassoio con la frutta. Adesso l'odore dolciastro si era
fatto più
pungente rispetto a quando era stata portata, segno che il processo di
putrefazione stava iniziando. "Se non si svegliano andrà a
male e
resteranno digiuni" pensò. Aveva lasciato un po' di cibo per
i suoi
compagni quando aveva mangiato, ma adesso se ne stava pentendo. Quella
deliziosa frutta stava per andare a male ed era solo colpa del suo
maledetto
altruismo. Aveva anche impedito a Finley di divorarla tutta una volta
che
questo si era svegliato per la seconda volta. Fosse riuscito a pensare
per sé
una buona volta.
Aveva comunque pensato un paio di
volte di mangiarla, ma aveva cambiato idea quasi subito. Lo disgustava
il
pensiero di dover mangiare del cibo avariato, e poi aveva lo stomaco
chiuso.
Ciò era dovuto alla sua preoccupazione per quella maledetta
muraglia nera. Già,
l'aveva sognata di nuovo. E pulsava sempre di più.
Credeva di impazzire, rinchiuso
in quella stanza oscura, senza nessuno con cui parlare. Erano ore che
era
immerso nel più completo e deprimente silenzio, senza nulla
a distrarlo dalla
sua lenta discesa nella follia. L'unica cosa che gli faceva mantenere
un
briciolo di ragione di sé erano i gemiti che ogni tanto
Finley emetteva
girandosi nel sonno.
Era impegnato a studiare la
parete davanti a sé, quando vide qualcosa che
attirò la sua attenzione. Aguzzò
la vista, e quasi gli si fermò il cuore. Dal muro sporgeva
un singolo e
appuntito chiodo.
***
Lasciarono
Algish Inn all'alba.
La compagnia era arrivata la notte precedente, ma aveva deciso di
sostare lì
fino a che non avesse fatto giorno a causa delle ferite riportate. Il
morale
era il più basso di sempre, e
non era
decisamente il caso di viaggiare col buio dopo quello che era successo.
Avery quella mattina decise di
tenersi in fondo alla fila. Non aveva voglia di parlare con nessuno,
specialmente con persone come Sanford oppure Olston. Sanford dopo
ciò che era
successo era diventato ancora più intrattabile di quanto
ancora non fosse già,
mentre Olston aveva assunto un'aria cupa, ancora più cupa
del suo solito.
Questo quando era in silenzio, mentre se lo si chiamava fulminava
l'interlocutore con uno sguardo furente. Era terribilmente brutta
questa
situazione. E visto che il Blaziken e il Gabite si posizionavano sempre
in
testa alla colonna il Machop preferì mettersi in fondo.
Quello che non sopportava era il
fatto di essere stato colto di sorpresa. Quando erano stati attaccati
era stato
stordito da un attacco, e quando aveva cercato di rialzarsi era stato
messo
definitivamente KO da un calcio in faccia. Il naso ancora gli faceva
male, e
aveva l'impressione di essersi anche rotto qualcosa. Quando si era
risvegliato,
si era infuriato. I nemici erano stati sleali, ma era la banda di
Kaiden, e i
membri della banda erano capaci di tutto.
Erano arrivati alla città
marittima di Dingwall al quarto giorno di viaggio dalla partenza dalla
casa. Lì
si erano incontrati con i committenti per sistemare gli ultimi dettagli
della
missione, e si erano anche ricongiunti con Eloise. Erano ripartiti la
mattina
dopo diretti verso sud, e avevano costeggiato per altri due il lago di
Ness. Si
vociferava che la banda di Kaiden fosse stata avvistata per l'ultima
volta al
confine con la Repubblica, e per questo si erano diretti in maniera
anche
troppo spedita verso la città di Fort William. Ma i loro
movimenti non erano
passati inosservati.
La sera dell'ottavo giorno erano
arrivati al vecchio forte umano abbandonato all'estrema punta sud del
lago di
Ness. Ogni pokemon con un po' di buonsenso avrebbe scelto di passare la
notte
all'interno del forte, facile da proteggere e da barricare. Ma Olston
si era
detto sicuro di voler andare avanti. "Prima arriviamo a Fort William e
prima scoveremo la banda" aveva detto. Così avevano
continuato a marciare
nella notte.
E poi vennero attaccati. Si erano
da poco immersi nella foresta attorno al lago di Unagan, quando da ogni
lato
cominciarono a piovere attacchi. Sembrava che l'inferno fosse sceso in
terra.
Avery aveva fatto in tempo a vedere una palla di fuoco scagliata
addosso ad
Olston e a sentire qualcuno imprecare quando qualcosa lo
colpì alla testa. Vide
tutto rosso, e quando cercò di rialzare la testa vide una
sagoma che correva a
tutta velocità verso di lui. Cercò di rimettersi
in piedi per affrontarla, ma
quella era stata più veloce e gli aveva sferrato un poderoso
calcio in faccia.
Quando si era risvegliato non
aveva potuto credere ai propri occhi. Tutti i membri della compagnia
erano a
terra. C'erano segni di una battaglia: sangue, fumo, qualcuno che
gemeva. Qualcuno
si era rialzato con lui, e insieme avevano cercato di far la conta dei
feriti.
E dei morti, naturalmente.
La mattina seguente, quando chi
poteva era di nuovo riuscito a muoversi, avevano seppellito i loro
caduti.
Nella foresta erano entrati in ventitré la sera e la mattina
successiva ne
erano usciti in diciassette. Tra gli alberi erano andati, per non
tornarne mai
più, Fred, George, Millicent, Domnall e Bailey. Ed Eloise.
Erano in qualche modo riusciti a
ritornare a Dingwall, anche se ci avevano impiegato il doppio del tempo
rispetto all'andata, e lì si erano fatti medicare. Arti
rotti e ferite
superficiali più che altro, anche se l'occhio di Olston era
stato conciato
parecchio male, ed il braccio di Mason era a tal punto compromesso che
richiese
l'amputazione.
Avevano deciso di andarsene il
giorno dopo da Dingwall. Si vergognavano di essere stati sconfitti in
modo così
stupido, e non volevano incontrare di nuovo chi li aveva commissionati.
Ancora
Avery non riusciva a capire come la banda di Kaiden li avessi sorpresi
così
facilmente. Forse qualcuno li aveva sentiti mentre contrattavano,
oppure erano
stati scorti dirigersi verso il sud, chissà. Sta di fatto
che avevano fallito.
E la parte migliore di tutto era
stata quando avevano incontrato Sanford, poco fuori Dingwall. Quando il
Blaziken aveva saputo della catastrofe dire che era impazzito
è dire poco.
Aveva letteralmente fatto saltare in aria una baracca lì
vicino per la rabbia,
e aveva seguitato ad urlare per tutto il giorno "Se mi aveste aspettato
non sarebbe successo!".
E così, dopo quattro giorni di
faticosa e penosa marcia, erano giunti di nuovo ad Algish Inn. Nessuno
per
fortuna aveva rivolto loro domande. I pochi abitanti del paesino erano
schivi e
taciturni, e nessuno di loro aveva tanta voglia di parlare. Si erano
fermati
per la notte, erano partiti di nuovo e adesso volevano solo ritornare a
casa.
La loro amata casa, dove li attendevano i cinque che avevano lasciato
indietro.
"Almeno loro stanno bene" pensò Avery, mentre il gruppo si
inoltrava
all'interno della valle sul fondo della quale abitavano.
"Non esce fumo dal
camino" notò "Eppure fa abbastanza freddo qui fuori. Forse
stanno
aspettando che faccia buio. Bé, comunque sia adesso
ritorneremo alla vita di
sempre.". C'era una punta di tristezza nell'ultimo pensiero, forse a
causa
della brutta esperienza appena passata. Almeno rivedere le facce serene
di
Lloyd e Finley lo avrebbe rimesso su di morale.
Questo almeno pensò finché
confuse esclamazioni di stupore si levarono dal gruppo davanti a lui.
Di corsa
si precipitò verso l'ingresso della casa, attorno al quale
si era formata una
piccola folla, e contemplò a bocca aperta la scena. La
finestrella accanto alla
porta era aperta, l'asse di compensato che era stata sistemata alla
bell'è
meglio ormai più di due settimane prima giaceva a terra. La
porta era
socchiusa, e dentro l'edificio era buio pesto.
- Presto, tutti dentro! - ordinò
Olston - Lloyd! Finley! Hey, di casa!
Ma non c'era nessuno, nella casa.
Note dell'autore
Heilà, bella gente, come va? A me discretamente, nonostante
il maledetto raffreddore da cavallo. Oramai la storia, come avete
potuto intuire, si avvia verso la sua fine. Due o tre capitoli al
massimo e ce l'ho fatta. Forse già a febbraio potrebbe
arrivare il prologo di "A Game of Pokémon", un ff di cui
sono SICURO non indovinerete mai di cosa tratterà entro
quella data.
Buon Natale in ritardo e felice anno nuovo in anticipo!