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Autore: Ashura_exarch    28/12/2014    2 recensioni
Darwin aveva ragione, solo il più forte sopravvive. E, diciamoci la verità, i pokemon sono molto più forti degli umani, è naturale che alla fine li abbiano soverchiati. Non li hanno assoggettati o cose del genere, ma li hanno proprio portati all'estinzione. O quasi. L'ultimo esponente di questa antica razza sa di avere i giorni contati, ma non ha intenzione di finire dimenticato come milioni di altri individui prima di lui.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Chapter 11: Returning home

Nonostante avesse realizzato subito, almeno fin quasi da quando si era svegliato, che era del tutto inutile tentare di liberarsi, Lloyd aveva voluto provare comunque. Aveva subito fallito miseramente, ma non si era dato per vinto. Il risultato era stato l'insorgere di dolorosi crampi ai muscoli delle gambe nel rimanere tesi nel cercare di piegare le ginocchia. Anche quelli del collo non erano da meno; il Deino, essendo adagiato su un fianco, doveva piegare la testa in un modo talmente innaturale per cercare di arrivare alle zampe che dopo appena mezzo minuto cominciava a fargli male il collo. E tale tempo si accorciava ad ogni nuovo tentativo, e presto il dolore smise di tornare ad intermittenza e si fece permanente. Eppure il pokemon non mollava.
Del resto doveva trovarsi qualcosa da fare mentre aspettava che gli altri si svegliassero. Doveva essere passato molto tempo dalla notte nella foresta, forse anche più di un giorno o due, poiché aveva dormito per svariate decine di ore e di questo ne era certo. Non che non avesse provato ad attirare la loro attenzione, visto che aveva passato una mezz'oretta buona a chiamarli mettendosi anche ad urlare. Senza successo ovviamente.
Ricordava di essersi svegliato altre tre volte da quando gli era stato portato del cibo. La prima aveva invocato vanamente i suoi amici, la seconda l'aveva passata a studiare nuovamente l'ambiente e la terza (ovvero quella più recente e quella da cui si era svegliato giusto poco tempo prima) la stava impiegando così, a tentare di liberarsi.
Non aveva idea di quanto tempo avesse dormito, ma sapeva per quanto era rimasto sveglio. Decisamente troppo poco. Sarà stato forse l'ambiente ad influire su di lui. Si sa che ogni pokemon si trova a proprio agio col suo tipo, il quale però può avere effetti collaterali se rimanente in contatto per troppo tempo. Essendo l'ambiente completamente immerso nell'oscurità più fitta Lloyd era indubbiamente nel suo ambiente, essendo per metà di tipo Buio. E meno male che lo era solo per metà, altrimenti non era sicuro che gli sarebbe occorso solo il sonno come effetto collaterale.
Nonostante il fastidio causato dai crampi, Lloyd continuò a tentare di arrivare a mordere le corde per liberarsi, senza però riuscire nell'impresa. Alla fine decise di lasciar perdere, anche se solo per quel momento. Adesso doveva a tutti i costi evitare di addormentarsi di nuovo, sapeva che quel sonno non gli avrebbe portato nulla di buono.
Ma soprattutto non voleva per nulla al mondo rivedere il muro nero. Tutte le volte che aveva perso conoscenza e aveva sognato, la muraglia nera era sempre costantemente lì, ai limiti del suo campo visivo, a pulsare. Ed ogni volta che la rivedeva il pulsare si faceva sempre più veloce e più frenetico, quasi come fosse sul punto di esplodere. Ma questo passaggio era a malapena visibile, per cui Lloyd aveva dedotto che ci sarebbe voluto molto altro tempo prima che quella "cosa" si rivelasse effettivamente un pericolo. Eppure non la voleva vedere lo stesso. Gli infondeva calore, è vero, ma lo terrorizzava. Per la prima volta da quando se ne ricordava, il Deino alla sua vista aveva avuto paura.
Sapeva che sarebbe stato inutile tentare di chiamare i suoi amici, ma non voleva nemmeno pensare alla muraglia del sogno. Doveva a tutti i costi trovare qualcos'altro che lo tenesse impegnato.
"Ah, se solo Olston... " pensò rassegnato il Deino, per poi riscuotersi "Olston! Ma certo! Se fosse effettivamente passato tanto tempo da quando siamo stati presi dovrebbe già essere tornato alla casa e aver visto che non ci siamo! Forse ci sta già cercando." Lloyd era visibilmente eccitato "Devo a tutti i costi svegliare gli altri, forse insieme riusciremo a pensare ad un piano".
Lloyd così prese ad urlare più che poteva, incurante del baccano che stava creando.
- RAGAZZI! RAGAZZI! SVEGLIATEVI RAGAZZI!!!
Continuò a fare un frastuono del genere per un bel po' di minuti. Stava quasi per rinunciare, quando qualcuno effettivamente si svegliò.
- Hmmm...
La sagoma di Finley si mosse debolmente a poca distanza da Lloyd.
- Ah... che male...
- Finley! Sono qui!
- Lloyd? Che... succede...
- Beh... prova a muoverti e lo vedrai da solo.
Finley, anche se ancora un po' confuso, seguì il consiglio del Deino, provando ad alzarsi in piedi. Non ci riuscì, con l'unico risultato di aver strisciato di un po' verso l'amico sveglio. Lloyd così, grazie alla sua vista avvantaggiata dal buio, vide che aveva le zampe legate più o meno come lui, mentre le ali erano tenute aderenti al corpo da una specie di cintura stretta saldamente attorno a tutto il suo corpo. Finley si guardò e rimase di stucco. "Deve essere parecchio stretta, quella cintura" pensò Lloyd "Chissà se ce la fa a respirare. Ma forse..."
- Finley - gli disse - Riesci a venire qui vicino a me?
- Perché?
- Voglio provare a slegarti.
Anche se con un po' (anzi, molta) fatica il Rufflet riuscì a portarsi di fianco al Deino.
- Ora potresti venire davanti a me, magari dandomi la schiena?
Dopo molto tempo Finley portò a termine anche quest'impresa, riuscendo a sdraiarsi proprio a ridosso della faccia di Lloyd. "Bene" pensò quello.
Prese immediatamente a mordere con forza il legaccio che teneva bloccate le ali di Finley, ma si rivelò più duro del previsto. Il materiale con cui era fatto era parecchio strano. In qualche modo gli ricordava il legno, ma era decisamente più morbido e di tutt'altra risma. Forse poteva ricordare una pelle parecchio dura, ma non era sicuro. Provò con tutte le forze residue a reciderlo a morsi, ma per quanto ce la mettesse tutta la cintura sembrava diventare ancora più dura. Alla fine rinunciò, anche perché Finley aveva cominciato a gemere per lo sforzo di tenere le spalle arcuate al fine di permettere al Deino di lavorare.
Lo allontanò con la testa di qualche centimetro al fine di riuscire a respirare. Non sembra ma le piume che Finley aveva attorno al collo erano decisamente fastidiose. Sentendo però il contatto del Deino sulla sua pelle, il pokemon Aquilotto si agitò un po'.
- N-no - disse debolmente - Non mi allontanare... caldo... si sta così bene...
Il Rufflet doveva essere ancora molto confuso, ma Lloyd indovinò subito dove voleva andare a parare.
- E va bene - disse un po' imbarazzato - Ma è solo per tua necessità.
Permise a Finley di adagiarglisi sullo stomaco.
- Che bello... - riuscì a pronunciare il Rufflet prima di perdere di nuovo i sensi. E meno male che successe, perché se avesse prestato un po' di attenzione in più all'amico avrebbe potuto notare che sulle guancie del Deino si erano formate due grandi gote rosse. "Ma in fondo" pensò Lloyd per riprendersi "Non sta succedendo nulla di male".
Guardò per un po' Finley dormire un sonno beato. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò a pensare che gli voleva bene. Un bene proveniente direttamente dalla sua anima. Finley era il primo (e forse anche l'unico) amico che aveva mai avuto, e lo stesso valeva all'inverso. Era quanto di più vicino ad una famiglia potesse avere. E ciò lo rendeva felice.
- Ti voglio bene, Finley - sussurrò Lloyd, prima di cedere al dolce invito del sonno ed adagiare il capo a terra.

 

***

 

Neville continuava ancora a rigirarsi in mano il barattolo delle pillole. Era un bel po' di tempo che lo faceva, poiché non riusciva a trovare nessun'altra attività che lo potesse tenere impegnato. Era seduto lì, su una sedia di fianco al tavolo della cucina, a giocherellare col piccolo contenitore con lo sguardo perso nel vuoto chissà dove.
Era buffo in un certo senso. Sapeva che il tempo rimastogli era poco, eppure si ostinava a trovare dei momenti tipicamente umani di noia e dolce far niente. Anche se cose del genere non se le poteva assolutamente permettere le faceva ogni tanto, esattamente come in quel momento.
Quasi senza pensarci tolse il coperchio, infilò un dito dentro e ne estrasse una pillola. Se la ficcò in bocca e mentre la ingoiava sbirciò dentro al barattolo. Glie ne restava solo una. Solo allora si mise a pensare. L'ultima ingestione risaliva ad una settimana prima, per cui aveva fatto bene a prendere un'altra pillola, anche se era la penultima che gli restava. Aveva deciso di utilizzare quei pochi giorni rimastigli per rimettersi in pace con sé stesso, ma adesso che lo doveva fare lo trovava immensamente difficile semplicemente perché non aveva nulla da dirsi. Sapeva già quello che aveva fatto e quello che non aveva fatto, sapeva quali fossero i suoi desideri realizzati e quelli che non lo erano stati. Ormai per quel breve lasso di tempo gli restava solo un obbiettivo: far sì che l'umanità non fosse dimenticata tanto facilmente.
D'altro canto non c'era altra scelta. Sarebbe morto comunque di lì a poco, l'incedere dell'età non gli avrebbe lasciato alcuno scampo. Era già tanto se il cuore gli aveva retto per tutto quel tempo, e non credeva che comunque sarebbe sopravvissuto di lì a qualche anno, per cui aveva deciso per tempo che sarebbe stato lui a porre fine alla sua vita. Ma per farlo avrebbe dovuto avere dei testimoni. Ed era proprio su questo presupposto che si fondava il suo piano.
Aveva spiato a tal proposito per vari mesi quella "squadra d'esplorazione", com'era definita nei libri, al fine di individuarne i membri più deboli e che quindi gli avrebbero opposto meno resistenza. Non ci aveva messo molto a capirlo, gli era bastato vedere chi avesse la testa china e chi alta. Aveva poi atteso l'occasione adatta per fare la sua mossa. C'era voluto un po', ma alla fine la fortuna era venuta dalla sua parte e quasi tutti i pokemon abitanti della casa se n'erano andati, lasciando nell'edificio solo i membri più deboli. Era stato un gioco da ragazzi stordirli con il gas. Un po' meno legarli alla slitta e portarli alla sua dimora, visto che li aveva sbatacchiati abbastanza procurandogli numerosi lividi ed escoriazioni, ma questi erano dettagli. Gli serviva che fossero vivi, non vegeti, così che potessero vedere l'ultimo umano in azione.
E lì era iniziata la parte più snervante del piano: l'attesa. A quel punto doveva aspettare che gli altri membri del gruppo ritornassero e notassero l'assenza dei loro compagni. Avrebbero cominciato a battere tutta la zona circostante, e alla fine l'avrebbero trovato. Lo avrebbero visto morire, e con lui la specie umana tutta.
Solo che, per qualche strano motivo, tardavano ad arrivare. Neville era tornato un paio di volte alla loro casa, e l'aveva trovata sempre deserta. Non era rientrato nessuno, nonostante fossero passate almeno due settimane dal rapimento di quei mostri. E non era un fatto per nulla positivo, visto che aveva paura che i suoi problemi al cuore prevalessero su di lui prima del compimento dei suoi voleri. Alla fine Neville non poteva far altro che pregare che i mostri tornassero. Lo faceva sempre, e con tutto il cuore.
Per sicurezza gli aveva anche lasciato un messaggio scritto. Se lo volevano affrontare, voleva almeno che sapessero contro cosa andavano a combattere. Chissà, forse la rivelazione che un umano esisteva ancora li avrebbe spinti a cercare con più foga i loro amici. Tanto oramai era solo questione di tempo, prima o poi sarebbe comunque morto.

 

***

 

Lloyd si era incantato ad osservare il vassoio con la frutta. Adesso l'odore dolciastro si era fatto più pungente rispetto a quando era stata portata, segno che il processo di putrefazione stava iniziando. "Se non si svegliano andrà a male e resteranno digiuni" pensò. Aveva lasciato un po' di cibo per i suoi compagni quando aveva mangiato, ma adesso se ne stava pentendo. Quella deliziosa frutta stava per andare a male ed era solo colpa del suo maledetto altruismo. Aveva anche impedito a Finley di divorarla tutta una volta che questo si era svegliato per la seconda volta. Fosse riuscito a pensare per sé una buona volta.
Aveva comunque pensato un paio di volte di mangiarla, ma aveva cambiato idea quasi subito. Lo disgustava il pensiero di dover mangiare del cibo avariato, e poi aveva lo stomaco chiuso. Ciò era dovuto alla sua preoccupazione per quella maledetta muraglia nera. Già, l'aveva sognata di nuovo. E pulsava sempre di più.
Credeva di impazzire, rinchiuso in quella stanza oscura, senza nessuno con cui parlare. Erano ore che era immerso nel più completo e deprimente silenzio, senza nulla a distrarlo dalla sua lenta discesa nella follia. L'unica cosa che gli faceva mantenere un briciolo di ragione di sé erano i gemiti che ogni tanto Finley emetteva girandosi nel sonno.
Era impegnato a studiare la parete davanti a sé, quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Aguzzò la vista, e quasi gli si fermò il cuore. Dal muro sporgeva un singolo e appuntito chiodo.

 

***

 

Lasciarono Algish Inn all'alba. La compagnia era arrivata la notte precedente, ma aveva deciso di sostare lì fino a che non avesse fatto giorno a causa delle ferite riportate. Il morale era il più basso di sempre, e  non era decisamente il caso di viaggiare col buio dopo quello che era successo.
Avery quella mattina decise di tenersi in fondo alla fila. Non aveva voglia di parlare con nessuno, specialmente con persone come Sanford oppure Olston. Sanford dopo ciò che era successo era diventato ancora più intrattabile di quanto ancora non fosse già, mentre Olston aveva assunto un'aria cupa, ancora più cupa del suo solito. Questo quando era in silenzio, mentre se lo si chiamava fulminava l'interlocutore con uno sguardo furente. Era terribilmente brutta questa situazione. E visto che il Blaziken e il Gabite si posizionavano sempre in testa alla colonna il Machop preferì mettersi in fondo.
Quello che non sopportava era il fatto di essere stato colto di sorpresa. Quando erano stati attaccati era stato stordito da un attacco, e quando aveva cercato di rialzarsi era stato messo definitivamente KO da un calcio in faccia. Il naso ancora gli faceva male, e aveva l'impressione di essersi anche rotto qualcosa. Quando si era risvegliato, si era infuriato. I nemici erano stati sleali, ma era la banda di Kaiden, e i membri della banda erano capaci di tutto.
Erano arrivati alla città marittima di Dingwall al quarto giorno di viaggio dalla partenza dalla casa. Lì si erano incontrati con i committenti per sistemare gli ultimi dettagli della missione, e si erano anche ricongiunti con Eloise. Erano ripartiti la mattina dopo diretti verso sud, e avevano costeggiato per altri due il lago di Ness. Si vociferava che la banda di Kaiden fosse stata avvistata per l'ultima volta al confine con la Repubblica, e per questo si erano diretti in maniera anche troppo spedita verso la città di Fort William. Ma i loro movimenti non erano passati inosservati.
La sera dell'ottavo giorno erano arrivati al vecchio forte umano abbandonato all'estrema punta sud del lago di Ness. Ogni pokemon con un po' di buonsenso avrebbe scelto di passare la notte all'interno del forte, facile da proteggere e da barricare. Ma Olston si era detto sicuro di voler andare avanti. "Prima arriviamo a Fort William e prima scoveremo la banda" aveva detto. Così avevano continuato a marciare nella notte.
E poi vennero attaccati. Si erano da poco immersi nella foresta attorno al lago di Unagan, quando da ogni lato cominciarono a piovere attacchi. Sembrava che l'inferno fosse sceso in terra. Avery aveva fatto in tempo a vedere una palla di fuoco scagliata addosso ad Olston e a sentire qualcuno imprecare quando qualcosa lo colpì alla testa. Vide tutto rosso, e quando cercò di rialzare la testa vide una sagoma che correva a tutta velocità verso di lui. Cercò di rimettersi in piedi per affrontarla, ma quella era stata più veloce e gli aveva sferrato un poderoso calcio in faccia.
Quando si era risvegliato non aveva potuto credere ai propri occhi. Tutti i membri della compagnia erano a terra. C'erano segni di una battaglia: sangue, fumo, qualcuno che gemeva. Qualcuno si era rialzato con lui, e insieme avevano cercato di far la conta dei feriti. E dei morti, naturalmente.
La mattina seguente, quando chi poteva era di nuovo riuscito a muoversi, avevano seppellito i loro caduti. Nella foresta erano entrati in ventitré la sera e la mattina successiva ne erano usciti in diciassette. Tra gli alberi erano andati, per non tornarne mai più, Fred, George, Millicent, Domnall e Bailey. Ed Eloise.
Erano in qualche modo riusciti a ritornare a Dingwall, anche se ci avevano impiegato il doppio del tempo rispetto all'andata, e lì si erano fatti medicare. Arti rotti e ferite superficiali più che altro, anche se l'occhio di Olston era stato conciato parecchio male, ed il braccio di Mason era a tal punto compromesso che richiese l'amputazione.
Avevano deciso di andarsene il giorno dopo da Dingwall. Si vergognavano di essere stati sconfitti in modo così stupido, e non volevano incontrare di nuovo chi li aveva commissionati. Ancora Avery non riusciva a capire come la banda di Kaiden li avessi sorpresi così facilmente. Forse qualcuno li aveva sentiti mentre contrattavano, oppure erano stati scorti dirigersi verso il sud, chissà. Sta di fatto che avevano fallito.
E la parte migliore di tutto era stata quando avevano incontrato Sanford, poco fuori Dingwall. Quando il Blaziken aveva saputo della catastrofe dire che era impazzito è dire poco. Aveva letteralmente fatto saltare in aria una baracca lì vicino per la rabbia, e aveva seguitato ad urlare per tutto il giorno "Se mi aveste aspettato non sarebbe successo!".
E così, dopo quattro giorni di faticosa e penosa marcia, erano giunti di nuovo ad Algish Inn. Nessuno per fortuna aveva rivolto loro domande. I pochi abitanti del paesino erano schivi e taciturni, e nessuno di loro aveva tanta voglia di parlare. Si erano fermati per la notte, erano partiti di nuovo e adesso volevano solo ritornare a casa. La loro amata casa, dove li attendevano i cinque che avevano lasciato indietro. "Almeno loro stanno bene" pensò Avery, mentre il gruppo si inoltrava all'interno della valle sul fondo della quale abitavano.

Sorpassarono il familiare lago quando il sole cominciò a scomparire dietro le montagne, ed arrivarono finalmente in vista della loro amata casa. Avery tirò un sospiro di sollievo nel rivedere i contorni squadrati dell'antica costruzione, anche se per qualche strana ragione non divenne felice come avrebbe dovuto.
"Non esce fumo dal camino" notò "Eppure fa abbastanza freddo qui fuori. Forse stanno aspettando che faccia buio. Bé, comunque sia adesso ritorneremo alla vita di sempre.". C'era una punta di tristezza nell'ultimo pensiero, forse a causa della brutta esperienza appena passata. Almeno rivedere le facce serene di Lloyd e Finley lo avrebbe rimesso su di morale.
Questo almeno pensò finché confuse esclamazioni di stupore si levarono dal gruppo davanti a lui. Di corsa si precipitò verso l'ingresso della casa, attorno al quale si era formata una piccola folla, e contemplò a bocca aperta la scena. La finestrella accanto alla porta era aperta, l'asse di compensato che era stata sistemata alla bell'è meglio ormai più di due settimane prima giaceva a terra. La porta era socchiusa, e dentro l'edificio era buio pesto.
- Presto, tutti dentro! - ordinò Olston - Lloyd! Finley! Hey, di casa!
Ma non c'era nessuno, nella casa.

Note dell'autore
Heilà, bella gente, come va? A me discretamente, nonostante il maledetto raffreddore da cavallo. Oramai la storia, come avete potuto intuire, si avvia verso la sua fine. Due o tre capitoli al massimo e ce l'ho fatta. Forse già a febbraio potrebbe arrivare il prologo di "A Game of Pokémon", un ff di cui sono SICURO non indovinerete mai di cosa tratterà entro quella data.
Buon Natale in ritardo e felice anno nuovo in anticipo!

  
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