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Autore: Pinz97    29/12/2014    0 recensioni
Ma se il mondo dovesse precipitare da un momento all'altro, a chi potrei aggrapparmi?
Sono anni che mi pongo questa domanda e a 18 anni non ho ancora trovato una risposta. O meglio, pensavo di averla trovata, ma era errata.
Ogni tanto mi prendono quei pensieri filosofici che neanche platone sarebbe riuscito a formulare: infondo cosa ne sapeva lui dell'amore?
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Da quel giorno avevo iniziato ad evitare Elia come la peste.

Mi aveva attirata nella sua trappola ed aveva vinto la scommessa.

Fuori le nuvole minacciavano una cascata di neve. Amavo la neve.

Decisi che per quel giorno dei jeans una maglia lunga e degli stivaletti sarebbero andati più che bene.

Mi preparai in poco e finalmente uscii di casa con una brioche appena scaldata tra le mani.

Dovevo raggiungere la stazione senza incrociare il riccio.

Camminavo tenendo la testa bassa e contando i passi.

131 ed ecco che qualcuno mi tira per la sciarpa.

-Ti faccio così tanta paura?- mi domandò quella voce che avrei preferito non sentire.

Feci per proseguire, ma Elia si mise difronte a me.

-Dovresti portarmi un po' più di rispetto- sorrise lui.

Lo guardai infastidita.

Poi lo vidi scoppiare a ridere e...cavolo era davvero bello.

-Ferma- mi ordinò e mi prese la testa fra le mani.

Si avvicinò improvvisamente e la sua lingua toccò il lato destro della mia bocca.

-Ora va meglio- rispose facendomi l'occhiolino.

Guardai il mio riflesso nella vetrina alla mia sinistra: speravo di essere rossa a causa del freddo.

-Fammi passare- dissi poi cercando di proseguire lungo la mia strada.

-Si può sapere che hai ora?- domandò con tono infastidito.

Gli avrei tirato un ceffone. Lui infastidito? Io cosa avrei dovuto dire? Ero stata usata per una schifosa scommessina a cui avevo contribuito.

-Senti bravo, complimenti hai vinto la scommessa. Ora puoi lasciarmi in pace?- gli urlai infuriata.

-Che cosa?- urlò lui di rimando.

-Ma vai a fanculo Elena- urlò e diede un calcio violento ad una lattina di fanta che si trovava sul marciapiede.

Era incavolato.

Ma cosa potevo farci? Lui aveva sbagliato tutto.

Avevo una gran voglia di ribattere che era un cretino, m in quel momento ce l'avevo soprattutto con me stessa.

Si allontanò lasciandomi finalmente da sola.

Non sarebbe mai potuto succedere niente fra me e lui.

Troppo diversi, troppo opposti.

Sentii qualcosa bagnarmi la punta del naso. Alzai lo sguardo e sorrisi: finalmente qualcosa di bello. Nevicava!

 

 

Arrivai a scuola con Alice e Nicola al seguito.

Appena entrammo il calore ci pervase a lanciammo tutti un sospiro di sollievo.

Mi tolsi la sciarpa ed andai nella mia classe.

Amavo il fatto che ogni mattina, arrivata a scuola, non c'era mai nessuno, fino al suono della campanella delle otto.

Era così affascinante la scuola al mattino, senza tutto quel chiasso e quel movimento.

Mi affacciai alla finestra e vidi una ragazza bionda spuntare dalla curva.

Si stava avvicinando.

Guardai la ua meta e capii tutto: un'altra vittima di Elia.

La vidi arrivare e gettarsi tra le sue braccia.

Si scambiarono un bacio.

Mi faceva davvero schifo quel ragazzo.

Come poteva usare le persone? Possibile che non sapesse rispettare i sentimenti degli altri?

Era così freddo.

Come i suoi occhi.

Vidi il suo volto alzarsi nella mia direzione e sentii i suoi occhi posarsi sulla mia figura.

Mi allontanai dalla finestra scappando da tutto quel male che opprimeva i miei occhi ed il mio cuore.

Alice arrivò alle mie spalle.

Sentii girare tutto; cercai un punto fisso da guardare ma non lo trovai.

Nero.

Il brusio di voci che avevo sentito in precedenza era svanito. Qualcosa di fresco era appoggiato sulla mia testa.

Mi addormentai.

“-Ciao. Io sono Elena- gli dissi tendendo la mano.

-Alessandro- rispose lui.

Aveva degli occhi proprio belli quel ragazzo. Sorrisi mostrando la mia dentatura un po' storta. Eppure a tutti piaceva il mio sorriso. Dicevano che mettevo allegria.

-Come mai in questa città?- chiese curioso.

-A P****i non ci sono scuole buone e persone abbastanza intelligenti- risposi facendogli l'occhiolino”

“-Pronto? Chi parla?- chiesi col cuore in gola. Sentivo che qualcosa non andava.

-Parlo con la signorina Elena Pinzuti?- chiese una voce sconosciuta.

-Si- sussurrai.

-I suoi genitori e la bambina piccola sono stati coinvolti in un incidente- ci fu una pausa.

-Mi dispiace- disse l'uomo ed il telefono mi cadde dalle mani.

-Nooooo-”

-Noooo- urlai, svegliandomi in preda alle lacrime.

-Calmati Elena!- sentii una mano stringermi i polsi.

Aprii gli occhi: era tutto così sfuocato.

-Dove sono? Dove sono mamma e papà?- urlai di nuovo.

Riconobbi solo il viso di Ale.

-Calmati Elena, stai tranquilla- lo sentii dire. Le sue labbra si posarono sulla mia fronte.

-Ale, voglio i miei genitori- sussurrai rabbrividendo.

Un silenzio infernale era sceso in quella stanza.

Dove erano i miei genitori?

Si erano dimenticati di venirmi a prendere a scuola? Perché non avevano avvisato?

Sentii l'abbraccio di Alessandro e le sue lacrime cadere sul mio braccio.

Aprii un po' di più gli occhi.

-Perché sono in ospedale?- sussurrai, più a me stessa che al mio migliore amico.

-Ti sei sentita male- rispose preoccupato.

I suoi occhi si incrociarono con i miei.

Eppure in quel momento capii che c'era qualcosa che mi mancava ma non capivo cosa.

Vedevo degli occhi azzurri, color ghiaccio. Degli occhi che mi davano i brividi e mi affascinavano al contempo.

Ma non riuscivo a capire perché quegli occhi facevano parte dei miei pensieri.

-Cosa è successo?- chiesi ancora frastornata.

-Sei svenuta ed hai battuto la testa sullo spigolo della cattedra. Ora ti rimarrà una bella cicatrice qui sull parte destra della fronte- disse lui.

Portai la mia mano alla fronte e sentii la ferita bruciare al contatto con le mie dita.

-Perché i miei genitori non sono venuti a prendermi?- chiesi delusa.

-Elena sei sicura di stare bene?- domandò il mio migliore amico guardandomi stranita.

-Certo. Ora sto meglio-. Risposi secca.

Probabilmente mi pensava matta in quel momento ma non capivo il perché.

In quel momento entrò un dottore con in mano delle cartelle cliniche.

-Beh, la ragazza ha perso molto sangue ed il cervello ha subito abbastanza danni purtroppo. Probabilmente alcuni ricordi sono andati persi a causa di una commozione cerebrale- disse con molta calma e sorridendomi.

Assomigliava un po' a mio padre.

Aveva i capelli brizzolati, gli occhi scuri ed era molto alto.

Portava gli occhiali, che gli davano un'aria da nonno e non aveva barba.

-Dottore devo parlarle in privato- disse frettolosamente Alessandro.

Li guardai uscire.

Il mio sguardo s'impuntò sulla finestra.

Fuori stava nevicando: io amavo la neve!
 



Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :)
Presto ne arriverà uno nuovo!
Nel frattempo recensite!!!!
-Pinz97-

   
 
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