Capitolo 24
Diedi altri tre pugni alla porta.
Un Templare che prende in prestito un medaglione per
aprire una grotta -rischiando di rivelare nozioni in grado di migliorare il
Mondo- è uno sporco ladro che merita l'impiccagione, ma un Assassino che ruba
il diario personale di un altro individuo è perdonato, poiché lo fa a fin di
bene. Spiegatemi il perché.
Ero frustrato come poche altre
volte nella vita. «Connor!» Indietreggiai di un passo e
sferrai un calcio sperando di abbatterla, fallendo miseramente l'entrata
teatrale che mi ero immaginato. In che modo avrei potuto ucciderlo? Sgozzato? Nah. Troppo rapido e indolore, troppo sangue da pulire.
Evirato? Gesù, scusami, Holden. Bruciato?.... Merda, Tiio.
Impiccato? Un bello spettacolino, mi sarebbe piaciuto vederlo agonizzare mentre
il poco ossigeno che aveva nei polmoni lo abbandonava lentamente, ma la corda
al collo mi rievocava brutti ricordi. Un colpo di pistola per ogni arto e un
quinto in testa? Come sprecare munizioni, non meritava tutta questa
considerazione. Avrei sempre potuto ridurlo ad un colabrodo a furia di
infilzarlo con la spada. Sì, sarebbe stato anche divertente, tutto sommato, se
non per il piccolo dettaglio che mi ricordasse mio padre. Affanculo.
«Smettila di dare colpi» riaprii gli occhi posandoli su Connor, stranamente senza la sua sottana da Assassino. Che qualcuno da lassù preghi per
l'incolumità del mezzosangue.
«Tu.. » annullai la distanza con una
falcata e lo afferrai con entrambe le mani per la maglia vecchia e sgualcita,
spingendolo in casa. «Come cazzo hai osato?!» Gli mollai un pugno sul naso.
Vederlo indietreggiare ma non cadere mi mandò in bestia. Ci sono andato leggero, mh? Rimedio subito.
Lo afferrai con rabbia per il
colletto e lo spinsi, sbattendolo al muro con forza.
«Fossi in te chiederei aiuto ai
tuoi amici spiriti, magari ti preparano un posticino nell'aldilà!»
«Aspetta..» avevo già il pugno chiuso e i
muscoli tesi per lo sforzo, ma mi bloccai lasciandolo a mezz'aria. Mi
incuriosiva, dopotutto. Era così complicato capire quello che gli passava per
la testa, che tappargli la bocca quando voleva parlare di sua volontà era quasi
un peccato. «Consapevolezza»
Serrai i denti, ringhiando. «Mi prendi in giro?!» Se sperava di salvare la pelle
utilizzando i termini del mio credo si sbagliava di grosso. Avrei scommesso
qualsiasi cifra sul fatto che non ne sapesse nemmeno il significato.
«Ho letto spesso questa parola nel
tuo diario. Era quello che cercavo» lo guardai severo, senza capire. «Mi dispiace.»
«La tua pietà è l'ultima cosa che
voglio» era questo ciò che temevo di più.
Odiavo il fatto che gli altri potessero guardarmi con occhio caritatevole solo
per ciò che avevo vissuto. Odiavo essere compatito, aiutato, consolato. Odiavo
immaginare ciò che la gente poteva pensare di me se solo avesse saputo della
mia infanzia felice, e già dicevano
peste e corna su mio padre. Dov'è scritto che chi soffre merita la stima e il
perdono? Io le meritavo? Non credo. E se qualche prete coraggioso mi avesse
purificato l'anima, il merito non sarebbe stato di certo del dolore tipico
degli orfani.
«Per tuo padre. Mi dispiace.» Sì, dispiaceva anche a me, ma che
avrei dovuto fare? Sbandierarlo ovunque per ricevere le condoglianze da tutta
New York? «E
anche per te, so cosa vuol dire veder morire un genitore» abbassò lo sguardo.
«Ti è servito a cosa?, mh?» Lo scrollai malamente per risvegliarlo dal torpore. «Adesso ti è più chiaro il quadro
della mia vita? Sei stato illuminato sul perché delle mie azioni? Hai capito il
motivo per cui sono partito abbandonando questo povero bambino?» Alzai il tono della voce e lo
sbattei al muro ancora una volta. «Per quale cazzo di motivo dovrei
giustificarmi con te?» Mi faceva male il petto da quanto forte batteva il cuore, e
la testa non era da meno, dato che da dieci minuti circa cercava di non
assecondare la vocina omicida che mi suggeriva di sgozzare Connor
come un maiale. «Che cazzo devo fare con te?!» Urlai «Eh?» Colpii la parete lì dove la tappezzeria
era strappata, esattamente ad un palmo dall'orecchio sinistro di mio figlio. Si
sforzò di restare impassibile, ma il riflesso involontario delle ciglia parlò
per lui.
«Io... Io...»
«E smettila di balbettare come una
ragazzina in piena tempesta ormonale» e se avevo immaginato di veder
spuntare qualche pugnale pronto a trapassarmi da parte a parte, la reazione di Connor mi fece ancora più male, dato che non solo non
l'avevo nemmeno presa in considerazione, ma la rifiutavo con tutto me stesso.
Mi abbracciò. Prima timidamente,
poi serrando la presa sulla redingote. Mi trovai stretto a lui, incapace di
reagire o pensare. Desiderai ardentemente che si staccasse, perché io non ero
in grado di farlo. Picchialo e vattene.
Oh, avrei voluto farlo, ma uno strano calore al petto mi impediva di immaginare
il ragazzo col naso rotto e un fiume di sangue in bocca. Ah, quanti sentimentalismi. Sto invecchiando.
«Ragazzo, smettila» mi ritrovai a poggiare una mano
sul suo petto e a spingere per interrompere quel contatto poco desiderato, ma
la stretta di Connor si fece più forte. Aprii la
bocca col respiro spezzato «Co-Connor!» Esercitai più pressione più che
altro per riprendere a respirare, ma sembrava fossi intrappolato in una
trappola mortale. «N-Non… respiro!»
«Mi dispiace, davvero» quel concetto l’avevo capito,
giuro.
«Lasciami- grugnii espirando
pesantemente. C’era qualcosa che non andava. Avevo notato qualcosa nel tono di
voce, troppo teso e acuto rispetto al normale.
Persi definitivamente la pazienza
quando iniziò a singhiozzare contro la mia spalla. Gesù, questo è troppo. Gli mollai una ginocchiata tra le gambe
senza troppi indugi, costringendolo a piegarsi e a mollare la presa. Indietreggiai
affannato fino ad appoggiare la schiena al muro opposto, sconvolto e incredulo
per ciò che stavo vedendo.
Con le mani sul cazzo e la testa
abbassata, attesi che facesse una mossa, una qualsiasi, per tentare di capire
cos’avesse in mente. Deglutii quando alzò il viso, mostrando appena gli occhi
gonfi, lucidi e arrossati.
«Cosa diavolo…?» Portai una mano in avanti per
calmarlo, ma sembrò quasi che il mio movimento l’avesse snervato. Infatti scattò,
ringhiando e afferrandomi il polso con una mano. Mi colse di sorpresa,
riuscendo a piegarmi il braccio dietro la schiena e a sbattermi contro il muro,
che ebbe un impatto piuttosto violento con il mio naso.
«Ah, merda» istintivamente tirai su,
consapevole che ingoiare non fosse esattamente salutare. Sempre meglio che la redingote sporca. «Perché?» Non chiesi altro, poiché quella
domanda racchiudeva tutto quello che avevo da dire. A cosa dovevo quella
reazione? «Allora?» Non disse nulla, dato che un
calcio nelle reni non equivaleva a rispondere.
Soffocai il lamento e tentai di
liberarmi, divincolando il polso destro e pregando che scivolasse tra le dita
forti e allenate del ragazzo. Sentii l’osso scricchiolare e imprecai, se avesse
stretto ancora un po’ me l’avrebbe spezzato come un legnetto secco.
Cazzo, pensa. Pensa a qualcosa o sei fottuto. Pensare? Dio, con quel dolore al
braccio mi era quasi impossibile, quindi agii d’istinto. Tirai una capocciata
all’indietro, colpendogli in pieno il naso. Sentii il polso libero nello stesso
istante in cui Connor emise un lamento, quindi ne
approfittai per sgusciare via e correre verso la porta. Era rimasta aperta, per
mia fortuna, e mi precipitai fuori saltando gli scalini due a due.
Feci appena in tempo a toccare il
suolo con un piede, che l’ombra del ragazzo oscurò la mia, facendomi intuire
mezzo secondo prima ciò che stava per accadere. Rotolammo entrambi giù per la
collina, verso la stalla, lui con l’intenzione di artigliarmi il viso o il collo,
io tentando di tenerlo il più lontano possibile da me. Perché improvvisamente
voleva uccidermi?
Istintivamente alzai la gamba
sinistra, affondandogli lo stivale in pieno stomaco e sbalzandolo via di
qualche metro, lasciando che rotolasse via. Ne approfittai per rialzarmi e
correre verso la stalla prima che si rimettesse in piedi, quindi sciolsi il
nodo delle briglie attorno al gancio e montai in sella col fiato corto.
Mi assicurai che entrambi i piedi
fossero saldi sulla staffa, concedendomi un secondo per guardare il ragazzo
inginocchiato sull’erba, sporco di terra e col naso sanguinante. Colpii il
fianco del cavallo con il tallone e partii, ancora scioccato e accaldato per il
pestaggio appena avvenuto. Mi allontanai di corsa dal terreno Davenport più
arrabbiato di prima, consapevole di aver lasciato il diario nella tenuta, nelle
grinfie di quel vecchio pazzo del ragazzino squilibrato.
Saaaaalve. Anche voi state
ancora rotolando causa troppo cibo ingerito nelle vacanze? lol,
io sì.
Ma parliamo di cose più interessanti, come ad esempio Connor e i suoi sbalzi d’umore, ewe.
No, non sono impazzita, capirete tutto più avanti, sperando che Haytham intanto non muoia a causa del mezzosangue isterico,
lol.
Va beh, terminiamola qui prima che divaghi e inizi a parlare
male di Connie.
Grazie come sempre a chi legge e una brioche calda –sì, nel
caso vi interessasse le ho appena sfornate- a chi recensisce.
A preeeesto.