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Autore: sinfokay    29/12/2014    1 recensioni
« Io spero tanto di far emozionare qualcuno, eppure qui dentro nessuno ascolta davvero quello che ho da dire. Ogni volta che suono, loro sentono ma non ascoltano. »
La sofferenza in quella voce faceva... faceva male.
« Non dire così. A me succede. » - Dissi piano.
« Cosa? » - Chiese l'altro, riprendendo a suonare una melodia più lenta.
« Voglio dire, tu mi emozioni. »
{Harry/Louis}
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nota autrice:
Hey there! Non vi ruberò tanto tempo questa volta. Volevo solo ringraziare tutte quelle persone che hanno letto, apprezzato e recensito The Playlist Of My Heart. Continuo a ricevere tantissimi complimenti su Ask e Twitter, quindi grazie di cuore!
Questa è una storia a cui tengo parecchio e che avevo in mente da tanti mesi. Posso ritenermi un po' più soddisfatta rispetto alla OS precedente... spero apprezziate anche voi!

[È ispirata un po' al film "Ascolta Il Tuo Cuore" che consiglio di vedere assolutamente!]

Un abbraccio,

Kay. X

 

 

 

 

 

 


 

The Richmond Bridge.
 


Quando Lucy morì, piansi tanto e ricordai le parole che mio padre diceva sempre: "Non riuscirai mai a diventare un buon medico se continui ad affezionarti così tanto ai pazienti."
Scappai da casa per colpa sua. Ogni giorno mi faceva credere di essere una persona orribile. Tornava a casa ubriaco e sfogava la sua rabbia su di me. Eppure, non erano i colpi di cintura a farmi male ma le sue parole.
Inizialmente avevo paura. Come avrei affrontato il futuro da solo? Avevo solo vent'anni e una laurea in medicina. "Una laurea non meritata" diceva sempre lui.
Mi senti un po' in colpa quando rubai la maggior parte dei suoi soldi per fuggire... ma non ne feci un dramma. Dopo la morte di mia madre, iniziò a trattarmi come un animale e non come un figlio. Non provavo affetto verso quell'uomo, né tanto meno pena.
 
Così, senza tanti problemi, presi il primo treno per Londra. Appena arrivai, mi sentì stupido. Cos'era cambiato? Nulla.
"Finirò sotto un ponte e chiederò elemosina insieme ai barboni." pensai, e così feci.
Quella sera mi ritrovai sotto un ponte con un uomo, il quale non si lavava da mesi e che moriva di fame. Eppure non si fece tanti problemi a condividere un misero pezzo di pane con il sottoscritto.
 
Quando mi svegliai, non sentii il terreno duro e freddo e non vidi il cielo nuvoloso di Londra.
Quando capii di trovarmi nel letto di qualcuno, decisi di alzarmi.
Svoltai l'angolo e lo vidi intento nel preparare la colazione. Un ragazzo alto, capelli e occhi neri. Era ricoperto di tatuaggi e mi sorrideva.
 
 
«Buongiorno raggio di sole!» - Urlò.
Spalancai gli occhi e mi allontanai velocemente.
 
«È così che mi ringrazi per averti salvato? Tranquillo, non sono un maniaco. Ho una ragazza e sono un tipo per bene. Mi chiamo Ian. Il tuo nome è Harry, giusto?»
«Come fai a saperlo?» - Chiesi impaurito.
 
Il ragazzo si allontanò e dopo aver cercato qualcosa tra le tasche del suo cappotto, si avvicinò nuovamente a me.
«Ieri sera, avevi in mano questo
Una fitta mi colpì lo stomaco e subito strappai dalle mani del ragazzo quel piccolo pezzo di stoffa. Era una stoffa color rosso porpora. Sopra, vi era il mio nome cucito in bianco.
«È l'unica cosa che mi rimane di lei.» - Sussurrai.
« Tua madre? » - Mi chiese il ragazzo che continuava a osservarmi.
« Sei uno che legge la mente o cosa? Comunque, sì. Fu lei a darmi questo piccolo pezzo di stoffa. Morì quando avevo solo otto anni. Cancro, brutta storia. »
« Oh, ti capisco amico. Voglio dire, i miei stanno bene ma so cosa intendi. Io, quando non lavoro, faccio volontariato in uno dei tanti ospedali di Londra. » - Disse mentre mangiava una frittella.
« Capisco. » - Risposi freddo.
Mi porse una tazza di caffè caldo e continuò - « Qualche giorno, dovresti venire con me. È una bella esperienza dopotutto. Allora, posso sapere perché ti trovavi sotto un ponte ieri sera? »
Storsi il naso e risposi con un'altra domanda.
« Perché dovrei raccontare la mia vita a un perfetto sconosciuto? »
« Perché ti ho salvato! » - Rise e continuò - « Ma se non ti va, non preoccuparti. Sei il mio coinquilino, avremo tempo per conoscerci meglio. »

Non parlai, ero sconvolto. Quel tizio era abituato a fare amicizia con il primo che capitava?
Non ci pensai e risposi con un sorriso sbarazzino.
 
« Allora hai già trovato lavoro? » - Riprese a parlare.
« In realtà, no. Ho una laurea in medicina ma non credo sia il lavoro giusto per me. »
Mentivo. Fare il medico era il mio sogno. Mia madre mi aveva sempre supportato... eppure, la parola di mio padre ebbe la meglio. Quella parola piena d'odio mi fece credere, una volta per tutte, di essere una nullità.
 
La risposta del moro mi riportò alla realtà.
 
« Potresti lavorare con me. È un lavoro piuttosto semplice, non si guadagna molto ma meglio di nulla, giusto? Si tratta del "Richmond Bridge", un piano bar che si trova qui vicino. Ti va? »
Acconsentì senza farmi tanti problemi. "Meglio di nulla" pensai.
 

 

È così che iniziò tutto.
Iniziai a fare volontariato grazie a Ian. Ma dopo la morte di Lucy, decisi di non tornare mai più in quell'ospedale.
 

 
***
 
 
 
 
Londra, 18 Gennaio 2010.
 
Entrai nella piccola sala, dove quei piccoli esserini mi aspettavano ogni mercoledì.
Mi lasciavano perplesso ogni volta perché gioivano, scherzavano e ridevano utilizzando la malattia come mezzo per poter stare in compagnia. O, la dimenticavano del tutto durante quelle ore di svago.
Vi erano ragazzi dai 6 ai 17 anni e io conoscevo tutti i loro nomi. Lucy era la più giocherellona.
Era una bambina di 7 anni, dolce e solare. Occhi verdi, come i miei e capelli neri. Soffriva di una rara forma di Leucemia. Eppure era così felice, soprattutto quando andavo a farle visita.
Quel giorno di Gennaio sembrava piuttosto stanca. Il viso pallido, le piccole mani gelide e il respiro corto.
 
« Dovresti riposare un po', piccola. » - Le dissi, interrompendo la lettura.
« No, Harry! Il dolore passerà presto. Ti prego, voglio sentire la fine di questa storia! »
 
Non riuscì a resistere a quegli occhi grandi e verdi. Così, la presi in braccio e continuai a leggere storie di principesse intrappolate dentro alte torri, e principi i quali erano disposti a superare qualsiasi ostacolo per salvare le proprie fanciulle. Queste erano le storie preferite di Lucy.
 
« Posso essere una principessa, Harry? La malattia può essere la mia torre e Thomas il mio principe! »
Non ebbi tempo o coraggio per rispondere a quella domanda. Quando Lucy mi sorrise dolcemente e si addormentò sul mio petto, una lacrima rigò il mio viso stanco.
 
Thomas, era l'esatto contrario di Lucy. Aveva 10 anni e affrontava la malattia in maniera negativa. Spesso non partecipava alle ore di gioco e dormiva per la maggior parte del tempo.

 
Oggi vi è un 80% di possibilità di restare in vita per i bambini affetti di Leucemia. Ma quell'80% non fu abbastanza per il mio piccolo angelo.
 
 
***
 
 
Con il passare del tempo io e Ian diventammo migliori amici.
Non era poi così male, mi faceva ridere e spesso uscivamo insieme alla sua ragazza, Paige.
Dopo pochi mesi di prova, iniziai a lavorare ufficialmente al Richmond Bridge.
 
Se qualcuno ascoltasse la mia storia, direbbe: “Stupido questo ragazzo! Butta via una laurea in medicina per lavorare in un semplice piano bar!?”
Eppure, quella fu la scelta migliore della mia vita.
 
 
***
 
 
 
 
Londra, 20 Gennaio 2014.
 
Quando il mio turno finì, posai il camice e uscì dal mio studio. La voglia di entrare in quella piccola sala era tanta eppure i ricordi non mi permettevano di fare altri passi in più.
Presi dalla tasca un piccolo pezzo di stoffa azzurra e lo strinsi un po'. Riusciva sempre a infondermi coraggio.
Aprì la porta e osservai attentamente la sala. Non ci entravo da quattro anni, eppure era sempre la stessa. Iniziai a sorridere a tutti quei ragazzi, i quali spensierati giocavano. Alcuni cantavano allegramente, altri ascoltavano delle storie lette dai volontari presenti.
Ricordai Lucy e un piccolo sorriso malinconico comparì sul mio viso.
Quando mi voltai, lo vidi.
 
Lui stava lì seduto in un angolo e osservava il grande piano che si trovava in fondo alla stanza. Il suo corpo era magro, e i suoi occhi neri e grandi erano colmi di tristezza.
Mi avvicinai con un po' di timore e decisi di sedermi di fianco a lui.
 
« Qual è il tuo nome? » - Chiesi.
Il ragazzo alzò lo sguardo e mi osservò un po' prima di rispondere.
« David. Non voglio sentire nessuna storia. Non sono interessato, caro volontario. »
« Non sono un volontario. Non più. Quanti anni hai? » - Risposi abbassando lo sguardo.
« 17. Allora cosa vuoi? Non ti conosco. » - Chiese freddo.
Continuava a osservare il grande piano nero mentre parlava.
 
« Il mio nome è Harry. Ti piace suonare il piano? » - Chiesi curioso.
« Non so suonarlo ma è l'unica cosa che riesce a rendermi felice. » - Ripose, stavolta guardandomi fisso negli occhi. Occhi neri pieni di sofferenza, dolore e tristezza.
 
«Non vorresti imparare a suonarlo? » - Chiesi piano.
« Non avrebbe senso. »
« Perché no? » - Continuai perplesso.
 
«
 Sarebbe solo una perdita di tempo. Dovrei iniziare da zero, inutilmente... visto che mi restano pochi mesi di vita. Il cancro è più forte, amico. » Rispose tutto d'un fiato.
« La musica non è uno spreco di tempo. Anch'io la pensavo come te fino a poco tempo fa, sai? Voglio dire, cos'ha di così tanto speciale la musica? »
« Cosa ti ha fatto cambiare idea? » - Chiese incuriosito.
 
Iniziò a rilassarsi un po' e ne fui davvero grato.

 « Non cosa, chi. Ma questa è una lunga storia e a te non va di ascoltarla.  » - Mi alzai e feci per andarmene ma la sua voce calma mi fermò.
« Ti prego, voglio ascoltarla. 
»
Sorrisi di sbieco e decisi di sedermi nuovamente. Questa volta, di fronte per osservarlo meglio. E iniziai a raccontare la nostra storia.
 
 
***
 
 
Londra, 20 Gennaio 2011.
 
Non avevo mai turni la sera ma quella volta decisi di fare un salto per salutare Ian.
Quando uscì da casa, il freddo pungente di Gennaio mi congelò le ossa. Decisi che quella volta avrei camminato verso il bar più velocemente per riscaldarmi un po'.
Quando arrivai, vi erano pochi clienti e Ian si trovava dietro il bancone. Era intento a pulire dei bicchieri quando notò la mia presenza.

« Hey amico! Cosa ci fai qui? » - Mi chiese sorridente.
« Nulla, a casa mi annioavo... così, ho deciso di venire a trovarti! » - Risposi velocemente.
 
Credo che in quel momento Ian abbia iniziato a parlare della sua relazione con Paige. Stavano attraversando un momento di crisi.
Annuivo piano senza però ascoltare una singola parola che usciva dalla bocca del mio migliore amico. La mia attenzione era rivolta a una figura seduta di spalle in un angolo del bar.
Un ragazzo stava suonando il piano. "Nei pomeriggi nessuna veniva a suonarlo." - Pensai.
 
 
« Chi è quel ragazzo? » - Chiesi a Ian, il quale continuava a lamentarsi della sua situazione amorosa.
« Un tipo strano. Ogni sera suona sempre la stessa musica, che fastidio. Pagherei per avere i turni di pomeriggio. » - Rispose Ian.
Non so come o perché ma le parole uscirono velocemente dalle mie labbra.
« Vuoi fare cambio? Di turni, intendo. Il pomeriggio è troppo noioso qui, e mi piacerebbe ascoltare un po' di musica mentre servo ai tavoli. »
« Ho già confessato il mio amore per te, Hazza? Se la risposta è no, ti do il permesso di schiaffeggiarmi. Grazie amico, sei un dio! » - Rispose subito Ian abbracciandomi stretto.

Risi di gusto e in quel momento, il ragazzo seduto al piano smise di suonare. Ero pronto a raggiungere la sua postazione... quando il cellulare squillò.
 « Oh, mia zia Anne. Sicuramente vorrà sapere come stanno andando le cose. Allora, ci vediamo a casa Ian. Chiedi al capo il permesso per la faccenda dei turni. »
 
Guardai un'ultima volta il ragazzo al piano e uscì.
 

 
***
 
 
 
« Quindi è stato quel ragazzo a farti cambiare idea?» - Chiese David.
 
Annuì piano e ripresi a raccontare.

 
 

***
 

 

Londra, 21 Gennaio 2011.
 

Quella sera arrivai al bar puntuale e con un sorriso stampato sul volto. Non riuscivo a spiegare quell'improvvisa felicità... forse era per il consenso ricevuto dal capo per quanto riguardava lo scambio di turni tra me e Ian, o semplicemente per il fatto che avrei rivisto quel ragazzo.
Entrai nel locale e sorpreso notai la sua presenza. Lui era già lì.
"Sarà stato sicuramente Bill a farlo entrare." - Pensai.

« Styles! »
Appena sentì Bill urlare il mio nome, mi girai di scatto.
« Salve, capo. » - Dissi piano.
« Styles, ho delle faccende da risolvere. Quindi, hai il dovere di chiudere il bar questa sera. Sei capace di farlo? » - Riprese l'uomo.
Annui piano mentre Bill si chiudeva la porta alle spalle.
 
Quella sera vi erano pochi clienti, i quali però erano comunque esigenti. Non mi fermai un secondo e per un attimo mi pentì di aver dato i miei turni di pomeriggio a Ian.
Poi però, quella melodia che proveniva dal fondo della sala mi fece cambiare nuovamente idea. N'era valsa la pena.

Verso le 23:00 tutti i clienti andarono via ma lui continuò a suonare.
L'osservai per pochi minuti prima di avvicinarmi. Quando vidi il suo volto, sentì una piccola fitta allo stomaco ma non ci feci caso poiché ero abbastanza nervoso a causa dei clienti di quella sera.
 
« Hey, scusa. Mi dispiace interromperti ma dovrei chiudere il bar.» - Dissi piano.

Lui non mi ascoltò e continuò a suonare.
I suoi occhi erano chiusi e le dita spingevano veloci i tasti bianchi e neri.
Rimasi senza parole alla sua vista. Era così bello e morivo dalla voglia di vedere quegli occhi.
Scossi il capo e ripresi a parlare alzando di poco la voce.

« Amico, devo chiudere! »
Smise di suonare appena sentì quella frase. Mi sentì in colpa ma lasciai fare.
« Prima potrei avere un bicchiere d'acqua? » - Chiese piano.
Dio, la sua voce. La sua voce era così fina e calma ed era migliore di qualsiasi melodia suonata.

Andai subito verso il bancone per accontentarlo... ma quando rivolsi, di nuovo, il mio sguardo verso quell'angolo della sala, lui non c'era più.
Cercai di trovare un perché a quel comportamento ma non ci riuscì.
Ero troppo stanco per pensare a lungo, così uscì dal bar e tornai a casa.
 

 

***

 
« Se si suona il piano a occhi chiusi, la musica ha una melodia migliore? » - Chiese David sorridendo.
« No, ma capirai presto tutto. » - Risposi.
 

***

 
 

Londra, 22 Gennaio 2o11

 
Anche quella sera era seduto al piano, e anche quella sera avrei dovuto chiudere il bar. Ormai ero abituato a stare lì dentro fino allo scoccare della mezzanotte.
Quella sera, i clienti non furono tanto esigenti e riuscì a lavorare tranquillamente.
Verso le 23:00, come di solito, non vi erano più persone all'interno del bar... eccetto una.
 
« Devo chiudere. » - Dissi freddo.
« Sei arrabbiato? » - Mi chiese, mentre continuava a suonare.
Mi avvicinai piano e sussurrai un "No" come risposta.
Lui non si mosse, gli occhi chiusi e le dita lunghe e magre posate sui piccoli tasti.

«Vieni, siediti qui.» - Disse, lasciandomi un po' di spazio.
Una fitta mi colpì lo stomaco. La stessa fitta della sera precedente ma non ci feci caso.
Decisi di sedermi e iniziai a guardarlo. Il suo profilo era fino e perfetto.

« Perché mi guardi? » - Chiese piano.
Arrossì subito - « Scusa, io... io non volevo. »
« No, è okay. Vuoi vedere i miei occhi, non è così? » - Continuò sicuro di sé.
« Io.. no, non..non sei costretto. »

In quell'attimo, sentì la sua mano calda sulla mia. Iniziai a tremare come un bambino, quando si voltò verso di me e aprì gli occhi.
Quel colore mi colpì e mi fece tremare ancora di più. I suoi occhi erano azzurri con una punta di verde, il mio verde.
La sua voce mi portò alla realtà - « Che spreco, vero? Due occhi azzurri che non servono a nulla. »
 


 

***

 
« Era... era cieco? » - Chiese piano David.
« Già. » - Risposi.
 

***

 
 
« Sono... sono davvero belli. » - Sussurrai.
« Come sono i tuoi? » - Chiese l'altro, chiudendo nuovamente gli occhi.
Per un attimo mi sentì perso. Morivo dalla voglia di osservarli ancora ma non ebbi il coraggio di chiedere nulla.
« Verdi con una striscia di azzurro, come il tuo azzurro. » - Risposi.
Sorrise e riprese a suonare la stessa melodia di sempre.

« Di chi è questa composizione? »
« François-Joseph Fétis. "Quando la musica non commuove, è insopportabile. [...] Abbiate la convinzione di quanto fate. Se volete convincere gli altri: siate commossi se volete commuovere." Sei d'accordo? »
« Lo disse lui? »

Il ragazzo annuì piano e continuò.
« Io spero tanto di far emozionare qualcuno, eppure qui dentro nessuno ascolta davvero quello che ho da dire. Ogni volta che suono, loro sentono ma non ascoltano. »

La sofferenza in quella voce faceva... faceva male.

« Non dire così. A me succede. » - Dissi piano.
« Cosa? » - Chiese l'altro, riprendendo a suonare una melodia più lenta.
« Voglio dire, tu mi emozioni. »
La mia voce tremava e il mio cuore batteva forte e veloce, troppo veloce.

« Il mio nome è Louis. » - Disse sorridendo, dopo aver suonato l'ultima nota.
« Io sono Harry... e se non chiudo il bar tra due minuti, domani rimarrò senza lavoro. »
Si alzò e si aiutò con un piccolo bastone per arrivare alla porta.

Prima di uscire, lo sentì sussurrare un leggero: "È stato un piacere, Harry Styles."
"Avrà sicuramente sentito Bill chiamarmi per cognome." - Pensai prima di uscire dal bar con un sorriso stampato sul volto.


 

***

 
 
«Che successe dopo quella sera?» - Chiese David, sempre più preso dal racconto.

« Io m'innamorai dei suoi occhi, nello stesso modo in cui lui si innamorò del mio tocco. » - Risposi sorridendo.
 

 

***

 
 

Londra, 28 Gennaio 2011.

Ormai eravamo diventati una cosa sola... e amavo quella situazione, tanto quanto amavo sentir suonare quella stessa melodia ogni sera. Come poteva Ian dire che tutto quello fosse fastidioso?
 
Ore 23.00:

« Louis, devo chiudere. » - Dissi piano avvicinandomi al ragazzo.
« Siediti un momento, ti prego. »
Non me lo feci ripetere due volte, non riuscivo a dire di no a quel ragazzo.

« Suona con me. »
Risi e risposi piano - « Louis, non è possibile. Sono una frana. »
« Ti prego, ho... ho bisogno di sentirti. Di sentire il tuo tocco. »
La solita fitta mi colpì lo stomaco.
« Come puoi sentire il mio tocco attraverso i tasti di un piano? »
« Io... io non lo so. Lascia stare, hai ragione tu. Sono un completo idiota. »

Fece per alzarsi ma la mia mano fu più veloce. L'osservavo ed era così bello, tanto da fare male.
« Apri gli occhi, ti prego. »
E lo fece, e io mi persi per la seconda volta dentro quell'azzurro.
Quando appoggiai la mano fredda sulla sua guancia calda, sentì il corpo di Louis tremare sotto le mie dita.
« Sei così bello, Louis. » - Dissi piano.
 
Non riuscì a ritirare quelle parole perché, in una frazione di secondo, le sue labbra erano posate sulle mie.
 

 

***

 
« Com'è stato? » - Chiese David sorridendo.
« Strano ma bellissimo. » - Risposi, scacciando via una lacrima.
« Strano? » - Riprese.
« Sì, non avevo mai provato così tante emozioni contemporaneamente. Felicità, tristezza, paura, amore. »
 

 

***


 

Londra, 17 Maggio 2011.

 
Le cose tra me e Louis andavano più che bene. Fin troppo bene.
In quei quattro mesi scoprì tutto sulla sua vita e lui scoprì tutto sulla mia.
I suoi l'avevano abbandonato da piccolo in un orfanotrofio. Fu preso da una donna di mezza età quando aveva appena compiuto 7 anni. Fu lei a insegnargli come suonare il piano.

Inoltre, anch'io iniziai a suonare con lui.
« Basta, è inutile. Non è la melodia giusta, Louis. »
E lui, m'incoraggiava sempre dicendo: "Questa è musica, sentimento. Non c'è un modo corretto per suonarlo."
 
 
Quella sera suonò una melodia diversa dalla solita. Alle 23:00 non vi erano più clienti al bar ed io mi avvicinai verso il piano.
« Questa era nuova, vero? » - Chiesi sorridente.
« Già. L'ho composta io. » - Rispose freddo.
« Davvero? Louis, è magnifico. »
Non rispose ma sorrise piano.

« Tutto okay? » - Chiesi preoccupato.
« Sì, solo.. vieni qui. »
Sorrisi di sbieco e mi avvicinai a lui per baciarlo. Le sue mani sfioravano il mio corpo.
Soffiai piano sulle sue labbra - « Lou... »
« Andiamo da qualche parte, Harry. »
Spalancai gli occhi e risposi piano - « Possiamo... possiamo andare a casa mia. Ian è fuori per il weekend con Paige. »
« Okay. »
 

 

***

 
« Hey, hey Harry! Evita i dettagli. » - Disse Daniel ridendo.
Sorrisi, eppure mi stavo sforzando così tanto per non scoppiare a piangere lì, davanti a tutti quei ragazzi.
 

***

 
Quella sera facemmo l'amore per la prima volta. I nostri cuori battevano all'unisono, le mie mani sfioravano piano il suo corpo magro e le sue labbra si muovevano piano sulle mie. Le sue labbra delicate come una piuma.
Aveva fame del mio corpo, del mio amore e fu la sensazione più bella di sempre... ma quando lo sentì singhiozzare, smisi di sorridere e mi avvicinai alla sua pelle nuda e fredda. Lui mi dava le spalle e tremava.

« Lou, cosa c'è? » - Sussurrai.
« Nulla. Scusami, Harry, sono un idiota. » - Rispose con la voce spezzata dai singhiozzi.
« Non lo sei. Girati, ti prego. »
 
Era ormai notte fonda e il buio regnava in stanza, eppure riuscivo a vedere comunque quell'azzurro chiaro.
« Dimmi cosa c'è che non va, ti prego. » - Dissi piano, accarezzandogli una guancia.
« Io.. io ti amo, Harry. »
Il mio cuore perse un battito e gli angoli delle mie labbra si sollevarono in un ampio sorriso.
 

***

 
 
« Piangeva perché... ti ama? Che senso ha? » - Chiese perplesso David.
« Sì. Sai, quando ami tanto qualcuno, con tutto il cuore... semplicemente, ti emozioni. » - Mentì.

« Oh, adesso capisco! Comunque, è una bella storia. Hai trovato la tua anima gemella, Harry. »
Io sorrisi e lui continuò - « Grazie. »
« Per cosa? »
« Louis è cieco, eppure suona bene il piano e ti emoziona sempre. Perché io non dovrei provare a suonarlo? Mi rimane poco, sì... ma se questi pochi mesi serviranno a far emozionare qualcuno, ne sarà valsa la pena. »

Strinsi forte David e una lacrima rigò il mio viso.
« Sarà meglio che vada adesso, si sta facendo tardi. » - Dissi alzandomi da terra.
« Ci rivedremo presto Harry? »
« Più di quanto immagini David. »
« Oh, bene! La prossima volta porta anche Louis, potrebbe aiutarmi con il piano. »
Sorrisi e corsi verso l'uscita.

Avrei rivisto David molto presto... ma Louis? Louis, no.
 
 

***

 
 
« Lou, ti amo tanto anch'io... ma perché piangi? »
« Perché non doveva accadere. È tutto sbagliato. »
« Questo è quello che sono per te? Uno sbaglio? »
« Non intendevo questo. Sai che sei la miglior cosa che mi sia mai capitata, Harry. »
Sorrisi piano ma non feci caso a quelle parole per una volta.

« Allora cosa, Louis? »
« Sono malato, Harry. È la stessa malattia con cui è morta tua madre. Mi restano pochi mesi e voglio viverli a pieno, con te. Ma se questo è chiederti troppo, lo capirò. »
« No, no... non è possibile. No, no... »

Avrei voluto urlare tutta la mia sofferenza, rabbia, tristezza... ma non ci riuscì.
« Harry calmati, ti prego. » - Disse, cercando le mie mani nel buio.
« Vuoi sapere qual è il titolo della melodia che ho suonato oggi al bar? » - Mi chiese.
Appoggiai la testa sul suo petto e annuì piano.
« Il tuo nome. »
 
Quella notte, mi addormentai stremato tra le braccia dell'amore della mia vita.
 
 

***


I due mesi successivi furono orribili per entrambi. E quando Louis rinunciò alla cura, sentì il peso del mondo sulle mie spalle.
 

***

 
 

4 Agosto 2011.

Quella notte dormì cullato dalle braccia di Louis, sapendo sarebbe stata l'ultima volta che avrei sentito tutto il suo calore e amore.
 
Ore 06.00:
« Harry.. » - Sussurrò piano.
Strinsi la sua mano e risposi con un semplice "Sono qui."
Louis aprì gli occhi e riprese a parlare.
« Devi promettermi una cosa. »
« Louis, non fare così... »
« Harry, ti prego. Sono troppo stanco. »
 
Un dolore mi trafisse il cuore. Quella frase, la stessa frase che mia madre pronunciò prima di morire. "Sono troppo stanca."
Come potevo dire addio anche a lui? Non riuscivo a immaginare un futuro senza Louis.
La sua voce calma mi riportò alla realtà.
 
« Devi prendere il mio cappotto e frugare nella tasca, in alto a destra. Fallo, Harry. Fallo quando me ne andrò. »
« Lou... » - Iniziai a piangere come un bambino.
« Non piangere Harry. Voglio andarmene con il sorriso, okay? Solo... dimmi com'è il tempo oggi. »
Asciugai le lacrime che non smettevano di bagnare il mio viso pallido e guardai fuori.

"Ho sempre voluto osservare il cielo." - mi diceva sempre.
Presi un bel respiro e iniziai piano a parlare.
 
« È bellissimo, Louis. Proprio come te. Il sole splende alto, e il cielo è limpido e azzurro. Chiaro come i tuoi occhi. So che puoi vederlo, Lou. Come hai visto me per tutto questo tempo. Mi hai guardato, mi hai osservato per ore, giorni, mesi e mi hai scelto nello stesso modo in cui io ho scelto te. Ti amo così tanto, Louis. Non so come e perché mi sono innamorato di te. Non lo so, mi credi se dico che non lo so?»

Louis mi guardò e rise piano.
Sorrisi mentre l'ennesima lacrima rigò il mio viso.
 « Non so perché ti amo, so solo che lo faccio. Lo faccio con tutto il cuore e continuerò a farlo sempre, Louis. Io ti ho scelto... tra tutti, ho scelto te. E lo farò sempre, perché degli altri non m'importa. Perché sei Tu, e tu sei diverso... speciale. Tu sei l'unico che i miei occhi sono capaci di vedere e il mio cuore capace di amare. Mi hai salvato in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. Mi hai salvato con i tuoi sorrisi, le tue parole dolci, i tuoi baci, i tuoi abbracci, la tua voce, i tuoi occhi, la tua musica. Tu sei la mia melodia preferita... e lo sarai sempre. Ti amo così tanto, Lou. Ti amo così tanto.»

Non riuscì più a trattenermi e scoppiai in un pianto senza fine.
« Ti amo anch'io, piccolo. »
 

***

 
 

6 Agosto 2011.

Pioveva quel giorno. Il funerale durò poco più di mezz'ora e parteciparono solo poche persone. Riconobbi anche qualche cliente del "Richmond Bridge". Ian mi strinse forte infondendomi coraggio.
Dopo il funerale, ricordai la nostra promessa.

Quando rientrai in quella stanza d'ospedale ormai vuota, mi sentì così debole ma non piansi.
Presi il suo cappotto e lo strinsi forte. Sorrisi quando sentì il suo profumo.
Louis profumava di rosa e vaniglia.
 
"Tasca in alto a destra" - Ricordai.
Così, iniziai a frugare dentro la piccola tasca e dopo pochi secondi feci uscire un piccolo biglietto e un pezzo di stoffa.
Un pezzo di stoffa color azzurro. Iniziai a piangere ricordando quando, in una di quelle tante sere al bar, raccontai di mia madre a Louis.
Osservai bene il pezzo di stoffa e lo riconobbi subito. Era del suo maglione preferito e quel colore chiaro era lo stesso azzurro dei suoi occhi.

Il piccolo biglietto era un po' stropicciato ma la sua scrittura era chiara.
Un altro flashback m'attraversò la mente. Ricordai quando Louis, con espressione fiera, mi raccontò d'aver imparato a scrivere da piccolo, oltre a suonare il piano.
Scacciai via quel ricordo così felice ma allo stesso tempo così triste, e aprì piano il biglietto.
 
"Sei la miglior cosa che abbia mai visto, Harry Styles."
 

 

***

 
 

20 Gennaio 2014.

Fuori dall'ospedale, presi il piccolo pezzo di stoffa e lo strinsi piano.
Dopo la morte di Louis, iniziai a fare il medico perché: "Questo è il tuo sogno e devi realizzarlo!" - mi diceva sempre lui.
L'idea di poter salvare la vita di qualcuno fu l'unica cosa capace a rendermi felice dopo quei tre lunghi anni.

Alzai lo sguardo al cielo. Azzurro, proprio come i suoi occhi che continuavo a vedere nei miei sogni. Alzai lo sguardo e sussurrai piano.
Sapevo avrebbe sentito quelle parole...

"Sei la miglior melodia che abbia mai sentito, Louis Tomlinson."
 
 
 

***

 
 
 
 

La maggior parte di malattie rare non ha una cura.
Per questo l’arte di vivere con una malattia rara come l'amore, è un’esperienza di continuo apprendimento.”

 

  
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