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Autore: ELE106    30/12/2014    3 recensioni
[ATTENZIONE: QUESTA ONE-SHOT SI INSERISCE NEL CONTESTO NARRATIVO DI OCCHI BUI. Sarebbe preferibile averla letta per proseguire.] [Nagron - Post Spartacus]
Agron e Nasir vivono insieme nei territorni selvaggi della Germania celtica ormai da tempo. Un viaggio di caccia spinge Nasir lontano da casa poco prima dell'arrivo dell'inverno. Seguiamolo attraverso boschi e radure, immersi nei suoi pensieri durante questa breve avventura.
Buona lettura e grazie ;)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agron, Nasir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nasir'
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Disclaimer: Agron e Nasir non mi appartengono, questa è una storia di fantasia, l’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
 



 

Bruma

 
 


La bruma non si alza.
 
Immobile, nascosto tra la vegetazione, il mio respiro è calmo e controllato come mi ha insegnato Agron, in modo che il mio fiato non crei nubi di condensa calda che possano segnalare la mia presenza.
 
Chiudo gli occhi, i sensi si accentuano.
 
Se inspiro forte, la mattina presto, posso accorgermi quando l’inverno sta arrivando.
L’odore dell’aria cambia, persino la consistenza è diversa.
Percepisco ogni singola goccia di umidità appoggiarsi alla mia pelle e seguirne le venature.
Sento il fruscio delle foglie e posso facilmente riconoscere se sia provocato dal vento, da un qualsiasi piccolo animale, o dal mio.
Resto fermo e aspetto che la mia preda finisca in trappola.
 
Un ramo che si spezza, grugniti che si avvicinano e la trappola che scatta.
Apro gli occhi e sorrido, prima di rialzarmi e uscire dal mio nascondiglio.
 
 
Il cinghiale è bello grosso e si dimena tra le corde, conscio della fine imminente.
In ginocchio al suo fianco, estraggo il pugnale guardandomi attorno.
L’aria è tersa e umida, pizzica la gola e mi solletica la base del collo nudo.
 
Fa già abbastanza freddo, le pelli che indosso aderiscono al mio corpo e ne mantengono la temperatura, evitandomi l’ingombro delle pellicce.
Per ora.
Presto sarà complicato cacciare e, ancora di più, stanare qualche preda.

Pensieroso, osservo di nuovo l’animale dimenarsi ai miei piedi.
 
Mi complicherai il viaggio di ritorno, bestiaccia! Sembri piuttosto pesante.
 
Manco da casa da due albe e, per tornare, ce ne vorranno almeno altre tre.
Un sospiro stanco e una preghiera agli Dei, per ringraziarli della carne.
Infilo con precisione la lama tra gli occhi spalancati dell’animale, mantengo su di lui lo sguardo mentre si spegne velocemente.

Non esitare, mai. Non deve soffrire. Rendi onore al suo sacrificio e dagli la morte in fretta.
 
Mi rimetto in piedi e preparo il carico per il trasporto.
 
Ripercorrendo i miei stessi passi e seguendone le tracce, riprendo la via di casa.
 


*
 

La bruma non si alza.
 
Sarà una lunga giornata, buia e fredda, meglio che mi affretti.
 
 
Il cinghiale e il resto della cacciagione pesano e, anche se trainati, devo fermarmi spesso a riprendere fiato.
 
Appena sento il rumore sordo dell’acqua che scorre, ne seguo il suono per arrivare al torrente che scorre qui vicino.
Raggiungo la riva e mi ritrovo in una radura ben nascosta da enormi piante secolari e rocce altissime.
 
Riempio d’acqua le fiasche e mi siedo per riposare, approfittando della calma per addentare un po’ di carne secca. E ammirare lo spettacolo meraviglioso della natura che ho di fronte.
Solo al freddo è tutto così limpido.
Prima del gelo, i colori esplodono con ferocia e tingono cielo e terra come fossero pennellate impazzite su una tela.
Il rosso e l’arancio si fondono col verde, il giallo da luce ad ogni cosa e la fa sembrare fatta di sole.

Nella radura la nebbia si è dispersa, come ci fosse una bolla a tenerla lontana.
Fuori di qui è ancora tutto grigio.
 
A casa com’è, mio Agron? Li vedi tutti questi colori?
 
Attenderà il mio ritorno, il mio amore. E, se siamo fortunati, avrà venduto a sufficienza da tenerci in vita un altro inverno.
 
 
La carne secca non è molto buona, è dura e salata. Ma ci si fa l’abitudine, col tempo.
 
Meglio muoversi, ora.
 
 

*
 

La bruma non si alza.
 
Sono quasi arrivato, in altura si dirada sempre, mancherà poco ormai.
 
Non mi piace stare lontano da Agron così a lungo.
Il tramonto, le pellicce e il calore del nostro giaciglio, sono ciò che mi fa andare avanti, ogni giorno.
Sono ciò che mi ricorda da dove vengo, che mi tiene legato al passato, che tiene insieme tutto, che da un senso a tutto.
Persino a questa nuova vita, così estranea, così diversa dalla nostra.
Pur amandola, a modo nostro, io ed Agron siamo consapevoli che non vi apparteniamo.
Che, dentro, saremo sempre i guerrieri di Spartacus.
E sebbene pensarci sia doloroso, dimenticare chi eravamo lo sarebbe ancora di più.
 
Al termine di ogni giorno, quando la luce muore dietro le montagne, giungono i ricordi.
Io e Agron ci corichiamo insieme e sentiamo, viviamo tutto come fossimo ancora a quel tempo.
La nostra pelle ha un nuovo odore (non più ferro e sangue e fuoco), ma è ancora la stessa sotto le nostre dita.
Le nostre mani hanno nuovi segni (non più quelli lasciati dall’impugnatura delle spade), ma sono ancora capaci di amarsi allo stesso modo, di darsi lo stesso piacere.
Nei nostri occhi le scintille fredde di una guerra ormai finita, placate dal tempo e dagli eventi, ma ugualmente intense, ugualmente vigorose.
 
 
“Osserva le farfalle, piccoletto. Da queste parti usano credere che siano gli spiriti dei nostri morti.”
 
Agron sussurra spesso la saggezza del suo popolo al mio orecchio. Un soffio leggero che provoca brividi sulla pelle di tutto il mio corpo; onde violente fatte di immagini e suoni del passano, che si infrangono e depositano sulla riva i detriti.

“Prima, mio Agron, dovrei riuscire a vederne almeno una. Il freddo di queste lande ghiacciate deve averle uccise tutte.”
 
Mi piacerebbe vedere una farfalla proprio adesso.
Sarebbe Lui, ne sono certo.
Lo spirito del Portatore di Pioggia che veglia ancora su di noi e ci guarda dall’alto di ali candide e leggere.
Magiche.
 
 
 
*
 

La bruma non si alza.
 
Ma io sorrido soddisfatto, perché sono ansioso di tornare da Agron e mostrargli di aver onorato il nostro patto.
Ora dovrà rispettare la sua parte.
 
  
Da qualche tempo, ormai, insisto perché lui mi permetta di insegnargli a leggere.
Mai ha voluto assecondarmi. Mai è voluto scendere a compromessi.
Ora non ha scelta, ne va del suo onore.
Il cinghiale è la prova: merito il suo rispetto e quello della sua gente.

Adesso ho anche io qualcosa da insegnargli.
 
 
Ti sarà utile saper leggere, Agron! Per il commercio e il mercato.”
“Ce la caviamo comunque, mi pare.”
“Agron...”
“Non intendo continuare questa discussione. La risposta -”
“Uccidere un dannato cinghiale cambierebbe qualcosa?”
“Te l’ho spiegato: per la mia gente saresti degno di essere ascoltato.”
“Ucciderò un cinghiale allora!”
“Attenderò quel giorno.”
 
Ha sempre saputo come sfidarmi, e io come infiammarlo.
Amo ciò che gli vedo brillare negli occhi, quando non faccio quel che mi ordina e muovo obbiezioni e lamentele contro di lui.
Lo detesta. Ma freme, come prima di una battaglia.
E mi prende con foga dopo, per farmi capire che comanda ancora lui, che è ancora Agron, fianco destro di Spartacus, e che l’arena non è l’unico territorio in cui può battermi.
 
Eppure sono io a stringerlo tra le gambe.
Eppure sono io quello che ottiene ciò che vuole.
 
Così sarà anche stavolta.
 
Lui lo sa.
 
Sorrido di nuovo, faccio forza sulle gambe e riprendo a camminare più veloce.
Sento il cuore pompare forte e il respiro pesante, il chiarore della luce tenta con forza di attraversare la nebbia che forse, pian piano, si sta diradando.
 

*
 

La bruma non si alza.
 
Una farfalla bianca (forse l’ultima prima dell’inverno) vola a un soffio dalle mie ciglia e si appoggia leggera tra il verde opaco di un cespuglio.
 
“Sei tu?”
Chiedo allo spirito.
Chiudo gli occhi, la mano stretta intorno alle cinghie del carico, ferma proprio vicino al cuore.
 
“Onore a te, amico mio. Ti ricordiamo ogni giorno.”
 
 
Quando li riapro, Lui non c’è più.
 
Ma in fondo al sentiero che seguono i miei passi, riesco a scorgere la figura imponente di uomo che si sta avvicinando.
Essa appartiene a colui che amo, la riconosco immediatamente, ancor prima che mi raggiunga.

Agron si ferma appena mi vede, poco distante da me.
Mi sorride, riesco a vederlo, nitido e chiaro come la luce limpida del freddo.
 
“Sei tu!”
Grido.
 
Lascio andare le cinghie e il mio carico piomba a terra con un tonfo tra le foglie dell’ultimo autunno, mentre io corro verso di lui con tutto il fiato che mi resta dopo giorni e giorni di marcia pesante.
Mi fermo soltanto quando il mio corpo impatta contro quello Agron e siamo uno tra le braccia dell’altro.
 
“Pensavo non tornassi più, siriano...”
 
Mi bisbiglia tra i capelli, li accarezza con dita delicate ma frementi.

“Sei tu!”
Gli rispondo sulle labbra, il suo volto vicinissimo, tra i palmi delle mie mani.
 
Un bacio, due, tre, non li conto mai, non serve che lo faccia.
 


La bruma si è alzata.
 
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
 
 
Nda: salve a tutti! E quando pensi che non scriverai più su qualcosa, arriva il compleanno di una personcina meravigliosa e rispolveri ROBA dal pc, tentando di darle un senso e fare un regalo di compleanno decente... speriamo! X’D
Almata77, questa è per te con i miei più sinceri e affettuosi auguri di buon compleanno! <3
 
Approfitto anche per augurare Buon Anno e ringraziarvi del seguito, della pazienza e dei meravigliosi commenti e momenti passati assieme a fangirlare. Vi voglio bene.
Basta che piango.
Buone feste ancora e CIAOOOOOOOOOOOOO
Ele106 (@orsettobiondo)
   
 
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