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Autore: Nymeria90    30/12/2014    1 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stazione Arcturus, 2176
 
Quando rientrò agli alloggi Sasha non era da nessuna parte, né si era aspettato di trovarla. La conosceva abbastanza bene da sapere che avrebbe fatto qualcosa di stupido. La conferma dei suoi timori arrivò quando entrò nella sua stanza e, in bagno, trovò il lavandino pieno di ciocche rosse. I magnifici capelli di Sasha sembravano deriderlo, tagliati malamente da una mano rabbiosa, impulsiva.
Per quanto si sforzasse non riusciva a comprendere pienamente cosa le passasse per la testa. Appartenevano a due mondi che, nonostante i suoi sforzi, non riuscivano a incontrarsi.
Lui aveva avuto tutto, lei niente: era una realtà che non poteva cambiare né rinnegare. Più il tempo passava più si accorgeva che le differenze tra loro erano tante, forse troppe.
Uscì dalla stanza con un sospiro di frustrazione e cominciò a setacciare la stazione spaziale.
Sasha non era all’osservatorio, né alla stazione di transito; passò davanti al ristorante in cui avevano cenato, gli sembrava passata una vita intera, e non si stupì nel trovarlo chiuso e sbarrato; sulla vetrina un ologramma annunciava che il locale era in vendita. Se fosse stato superstizioso lo avrebbe interpretato come un pessimo presagio; invece si limitò ad aggrottare le sopracciglia mentre una strana sensazione gli chiudeva la bocca dello stomaco.
Si accorse di non aver più pensato a suo padre, e alle rivelazioni di sua madre, da quando Sasha era uscita sbattendosi la porta alle spalle. L’Alleanza, quell’assurdo Progetto, la morte di suo padre e quella di Mandy … gli sembrava tutto distante e incredibilmente insignificante. Si sentiva come un cane che si morde la coda, che gira a vuoto su se stesso senza saperne nemmeno il motivo. Aveva accampato mille scuse pur di non ammettere che, nonostante tutto, era terrorizzato all’idea di lasciare l’Alleanza.
Cosa avrebbe fatto? Dove sarebbe andato? Chi sarebbe stato?
Si era convinto che con Sasha accanto non gli sarebbe importato altro e in parte era vero; ma al di là di loro due insieme non riusciva a vedere altro. Non riusciva a concepire se stesso senza una divisa da soldato.
Sospirò: la priorità adesso era trovare Sasha, impedirle di fare una stupidaggine e lasciarsi alle spalle il veleno di sua madre. Poi avrebbero trovato un modo di cominciare una nuova vita, lontano da tutto quello; avrebbero dimostrato al mondo che nemmeno differenze inconciliabili erano in grado di separarli.
Trovò Sasha appoggiata al parapetto che dava sul centro addestramento dei piloti dell’Alleanza. Malgrado il cristallo che divideva loro dagli hangar, il rombo dei motori di caccia e navette era ben udibile. Era strano pensare che, una volta usciti dall’atmosfera artificiale della stazione, quei motori incredibilmente potenti non avrebbero fatto più alcun rumore, zittiti da uno spazio privo d’aria e suoni.
Si appoggiò accanto a lei, cercando di non mostrare risentimento per lo scempio che aveva fatto alla sua testa. La massa di capelli rossi che le scendeva fin sotto le spalle era solo un bel ricordo; il corpo minuto era nuovamente scomparso sotto uno strato di vestiti informi e mascolini.
Guardandola, di nuovo dura e inavvicinabile come il giorno in cui l’aveva conosciuta, ebbe la certezza che non ci sarebbero più stati abiti a fiori, giochi per bambini e nastri nei capelli. Sentì la bocca inaridirsi mentre nella sua mente si faceva strada un’ombra minacciosa, che scacciava via tutti i sogni di una vita da passare insieme.
Erano bastate poche, crudeli, parole per distruggere l’illusione del loro futuro.
- Non avresti dovuto dare così tanto peso alle parole di quella donna.- esordì, appoggiandosi accanto lei; il rumore dei motori non era così forte da impedire di sentirsi.
Le dita di Sasha si contrassero appena – Non dovrei dar penso alla verità?-
- Stronzate! Conosco il tuo passato e conosco te: non importa quale sia il tuo nome o il sangue che ti scorre nelle vene; le colpe di tuo padre non sono le tue, come non lo sono le disgrazie di tua madre. – avrebbe voluto che lo guardasse, ma non lo fece; i suoi occhi verdi rimasero inchiodati sui caccia che decollavano e volavano via – Di soldati come te ce ne sono pochi, di donne come te non ce n’è nessuna.-
Lei non parve sentirlo – Sai perché mi chiamo Sasha Red? Quando mi arruolai non avevo documenti, non avevo un cognome né una data di nascita: per il mondo io non esistevo.- sotto la corta zazzera rossa la vide aggrottare la fronte – Ero lì, al centro di reclutamento, che cercavo di balbettare qualcosa quando l’impiegato alzò gli occhi su di me, fece un sorrisetto beffardo, adocchiò i miei capelli e mi battezzò “Sasha Red”.- stringeva talmente forte il parapetto da avere le nocche bianche – Capelli rossi, nient’altro. In me quell’uomo vide solo quello. È tutto quello che ero, tutto quello che sono. Pensavo che, scoprendo la verità su mio padre, avrei trovato qualcosa che legittimasse la mia esistenza. Invece è stato persino peggio, no? “Il Fantasma”, un mostro di Frankenstein partorito dai campi di addestramento dell’Alleanza. – sospirò, scuotendo il capo – Tua madre ha ragione: non possiamo sposarci. Tu sei figlio di due eroi dell’Alleanza, io invece ... una puttana e un terrorista: è questo il mio retaggio.-
Si sporse verso di lei, tentò di prenderle la mano ma Sasha si scansò – Non siamo nel medioevo: chi sposo e cosa faccio è solo affar mio. Queste sono solo idiozie: non importano a me e non dovrebbero importare nemmeno a te! L’unico retaggio che conta è quello che ti costruisci con le tue mani. -
Finalmente si voltò a guardarlo, ma avrebbe preferito che non l’avesse fatto: nei suoi occhi c’era una rabbia che mai avrebbe pensato potesse essere rivolta contro di lui – Credi davvero che nome e famiglia non contino niente, comandante Shepard? – fece una smorfia – Sei un soldato eccezionale, non lo metto in dubbio: ma saresti arrivato così in alto, così giovane, se ti fossi chiamato in un altro modo? Abbiamo combattuto le stesse battaglie, dimostrato lo stesso valore, ma nonostante tutto è te che celebrano. Cross ha nominato te comandante, non Abigale o Habib che avevano più anni di servizio e più esperienza. È a te che hanno dato una medaglia per quello che è accaduto su Dumat: ma se non fosse stato per me, tu non avresti mosso un dito per salvare quella gente.- scoprì i denti come in un ringhio –  Prima d’incontrare te non ero niente e nonostante tutti i miei sforzi senza di te tornerei ad essere niente.-
- Non dire sciocchezze.- la interruppe con veemenza – È stato Cross a farti entrare nella squadra, non io. Ha visto il tuo valore e ha scelto di tenerti con noi.-
- Cross mi avrebbe lasciata là a morire.- gli si rivoltò contro con ferocia – La navetta non tornò indietro per me o C.J. o Nadine. Su Dumat, quel giorno, la navetta tornò indietro per te.-
Distolse lo sguardo, incapace di ribattere. Non sopportava l’idea che fosse proprio lei a muovergli quelle accuse. Avevano condiviso le stesse battaglie, versato sangue insieme, sopportato tutti i disagi della vita militare, l’uno accanto all’altra. Aveva combattuto per non essere un privilegiato, ma, evidentemente, non era sufficiente. Persino lei dubitava che non ci fosse altro che un nome famoso sotto la sua corazza.
Un nome: dopo tutto ciò che avevano passato, le promesse che si erano fatti, sembrava non contare altro.
Improvvisamente gli tornarono in mente tutti i motivi del perché voleva lasciare l’Alleanza.
- Che cosa ti aspetti che ti dica, Sasha?-
Lei fece una smorfia – Niente, non mi aspetto niente. Prima hai detto una cosa sensata. - conosceva quello sguardo ostinato, portava solo guai – Hai detto che l’unico retaggio che conta è quello che ci costruiamo. È quello che intendo fare, Shepard. Mi costruirò un nome, una reputazione, ma non posso farlo se continuo a vivere nella tua ombra.-
“Shepard”. Non era più Alex per lei, solo Shepard. Si chiese se era quello il suo destino: nient’altro che un cognome o un titolo. Non voleva essere solo un nome famoso eppure, malgrado tutti i suoi sforzi, lui rimaneva Shepard e nient’altro. Sasha desiderava disperatamente qualcosa che lui detestava.
Forse, dopotutto, le loro differenze erano davvero inconciliabili.
Trovò il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare i suoi occhi. Il verde delle sue iridi non mitigò la durezza di quello sguardo. Uno sguardo dove non c’era più amore o ammirazione o rispetto ma solo profonda insoddisfazione. Nonostante tutto quello che c’era tra loro, nonostante l’amore che si erano professati, Sasha lo odiava. Non per chi era, non per quello che faceva, ma per ciò che rappresentava. Lui era diventato un ostacolo sulla strada lastricata di ambizione che Sasha si era imposta di percorrere.
Come se avesse letto nei suoi pensieri Sasha si tolse l’anello dal dito e glielo porse – Non posso sposarti, Shepard. Diventerei tua moglie e nient’altro. Non voglio essere la moglie di un uomo famoso. Io voglio la gloria, voglio l’immortalità.-
Un’altra donna, in un altro tempo aveva opposto quello stesso rifiuto all’uomo che le chiedeva di sposarlo. Sasha Red era più simile ad Hannah Shepard di quanto entrambe avrebbero tollerato. Si chiese se un giorno, negli occhi di Sasha, avrebbe rivisto la stessa insondabile freddezza che dominava quelli di sua madre.
Ignorò l’anello – Come posso competere contro tali ambizioni? Ma attenta a quello che desideri, Sasha, gloria e immortalità hanno un suono allettante, ma possono rivelarsi più insopportabili di una vita passata nell’anonimato.- si stupì lui stesso del gelo nella sua voce. Il suo cuore era appena andato in frantumi ma preferiva morire cento volte piuttosto che darle la soddisfazione di vederlo crollare.
Sasha distolse lo sguardo – Non parlare di cose che non conosci, Shepard.-
Mai avrebbe pensato che sarebbero finiti in quel modo, a sputarsi veleno l’uno contro l’altro come … come persone qualunque in un mondo qualunque.
- Immagino tu abbia già un piano per diventare …- roteò gli occhi - … qualunque cosa tu voglia diventare.-
Sasha si umettò le labbra, improvvisamente a disagio – Mi hanno proposto di entrare nel programma N7. Ho accettato.- si passò una mano sul viso.
Non riuscì a trattenere un verso di sdegno – Complimenti. Non hai perso tempo.-
Maledetta, impulsiva, ragazzina testarda.
Vide la sua espressione contrarsi – Tuttavia c’è un problema.- sospirò -È necessario avere cento missioni attive per accedere al programma. Io ne ho fatte novantanove. Devo andare in missione, Shepard, e posso farlo solo con la 33.-
Serrò la mascella tanto forte da sentire i denti scricchiolare – No, io ho chiuso con l’Alleanza: ho già detto ai ragazzi che non ci sarebbe più stata alcuna missione. La “33” non esiste più.-
- Una sola missione, Shepard, non ti chiedo di più.-
- Davvero?- fece una smorfia – Io credevo in te, credevo in noi. Pensavo fossi una persona speciale di quelle che s’incontrano una volta nella vita, invece guardati: mi odi per il nome che porto eppure mi chiedi di usarlo per soddisfare la tua ambizione. Dovrei lasciare che ti arrangi da sola, dopotutto non è quello che vuoi?-
La vide chiudere gli occhi – Shepard …-
- Dovrei lasciarti implorare.- sibilò, interrompendola – Ma voglio illudermi che tu sia migliore di così. Io ti amavo davvero, Sasha. – scosse il capo – Immagino di amarti ancora, non è un sentimento che può scomparire nell’arco di cinque minuti. La prima volta che ti ho visto ricordo di aver pensato che eri al di là di qualsiasi salvezza: eri un guscio vuoto, consumato dalla rabbia. Poi ho visto quel guscio riempirsi, ti ho vista piangere, ridere, urlare, sospirare e ho pensato che ci fosse ancora speranza per te. Mentre l’apatia lentamente ti abbandonava ho visto quello che stavi diventando. Una donna unica al mondo, di quelle che s’incontrano poche volte nella vita.- nonostante tutto, guardandola, il capo leggermente inclinato, le labbra socchiuse, così fragile sotto quella scorza di cicatrici, ebbe il desiderio di stringerla a sé, baciarla e dimenticarsi di ogni cosa. Se solo avesse fatto un passo verso di lui, l’avrebbe perdonata, perché l’amava più del suo stesso orgoglio, più della sua stessa vita. Ma Sasha non si mosse, un caccia partì rombando e il momento passò – Unica lo sei davvero, ma non nel modo in cui credevo io. - continuò, osservando il caccia sparire nell’oscurità – I tuoi incubi sono i miei sogni e i tuoi sogni sono i miei incubi. Se l’avessimo capito prima ci saremmo risparmiati tutte queste parole.-
Sasha aveva gli occhi lucidi ma non pianse. Era troppo orgogliosa per piangere. Amava il suo orgoglio più di quanto avesse mai amato qualunque altra cosa al mondo. Lui compreso.
 – Mi dispiace. La vita che sognavi per noi …- prese un profondo respiro - … mi ero convinta di volerla anch’io. Ho ingannato anche me stessa, Shepard.-
Era più di quanto potesse sopportare. Si allontanò da lei, incapace di guardarla – Avrai la tua missione, Sasha Red. Poi potrai fare quello che vuoi, diventare chi vuoi. – Sasha gli porse di nuovo l’anello, la mano che tremava leggermente; ancora una volta lui si rifiutò di prenderlo – No, tienilo. Me lo riporterai quando avrai ottenuto ciò che desideri e allora mi dirai se ne valeva la pena. -
Se ne andò, avevano già parlato abbastanza: era finita, cos’altro c’era da dire?
 
  
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