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Autore: NightWatcher96    31/12/2014    6 recensioni
Prendersi cura di qualcuno può avere lati positivi ma anche negativi, questo si sa. Ma se i problemi ne fossero due, diramati in un'avventura mezza ironica dove Raph cresce continuamente d'età mentre Mikey regredisce?
Donnie ha solo 15 giorni di tempo per trovare una soluzione. O perderà per sempre i suoi due fratelli. Attenzione, però: il male è sempre nell'ombra e Leo lo sa.
TMNT Nick
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era come un ritorno al passato per il maestro Splinter. Dopo quindici anni, stava avendo nuovamente l'opportunità di crescere un bambino e non poteva che gioirne, nonostante fosse anche preoccupato per questa nuova mutazione.

Il sensei sedeva in poltrona, osservando lo scandire del tempo sull'orologio a pendolo che capeggiava in salotto, appeso a uno dei pilastri portanti della tana. Il piccolo Mikey era seduto sulle sue ginocchia, guardando affettuosamente un Leonardo disteso sul divano con una gamba flessa e il braccio sulla fronte. Quest'ultimo fissava il soffitto, gettando di tanto in tanto occhiate scettiche su Raph che si allenava nel dojo.

-D'accordo, ragazzi!- irruppe Donnie, con due siringhe vuote nella mano. -Per capire come muoverci in questa situazione, è necessario prendere un campione di sangue-.

Michelangelo sbiancò come un lenzuolo, scuotendo istericamente la testolina, nascondendola nella pelliccia di Splinter che se la ridacchiava sotto i baffi. Donnie si strofinò la nuca con un sorrisetto cupo ma tornò subito alla questione.

-Raph, dai, cominciamo con te. Mi serve un po' del tuo sangue- disse.

Il focoso mugugnò un come risposta e gli tese il bicipite tre volte più muscoloso di quand'era un diciassettenne, mentre Donnie gli disinfettava la zona che sarebbe andato ad estrarre il sangue e a infilargli l'ago.

Non emise gemito e mantenne una faccia neutrale, per convincere il piccolo e tremante Mikey che non era un'operazione tanto malvagia.

-Fa male?- squittì il piccolo, ancora abbracciato a Splinter.

-Non più di tanto- replicò bonario Raphael.

Leonardo voltò le gambe verso il pavimento, cosicché suo fratello in rosso avrebbe potuto sedersi e combattere la vertigine; ciò, purtroppo, gli costò una dolorosa fitta che seppe, però, nascondere bene dietro un sorriso dolce.

Donatello fece segno a Mikey di essere il prossimo. Il piccolo scese dal grembo paterno con un salto e si avvicinò titubante ai suoi fratelli più grandi, con la manina davanti alla bocca e i grandi occhi circospetti.

-Dai, vieni qui- pronunciò Raph, mettendoselo seduto sulle ginocchia. -Ricordi la seconda regola dei ninja?-.

-Non avere mai paura-.

-Bravo!- ridacchiò Leonardo, accarezzandogli la testolina affettuosamente.

Ora più che mai Mikey era il fratellino che aveva sempre considerato nella sua vita e percepiva il formicolare dell'essere più che protettivo nei suoi confronti. Era consapevole che se Shredder o per mezzo dei suoi scagnozzi, sarebbe venuto a conoscenza di questo, avrebbe fatto di tutto per arraffarselo.

E lui avrebbe combattuto con tutte le sue forze per impedirlo.

-Nessuno li toccherà mai- pensò, stringendo i pugni sulle cosce.

Mikey emise un piagnucolio nel vedere l'ago brillante avvicinarsi sempre di più al suo piccolo braccio e nonostante le carezze affettuose del focoso sulla sua testa, scoppiò in lacrime.

-Quest'operazione sarà una battaglia, me lo sento!- gemette Donnie, sedendoglisi accanto. -Mikey, guarda che anche il grosso e possente Raph ha battuto la siringa-.

Il piccolo fissò il secondogenito per una risposta acquiescente e la ottenne con un cenno, tornando alla siringa criminale fra le dita di Donnie. Lui non voleva essere vigliacco. Era un ninja. Improvvisamente si fiondò sulle ginocchia del viola, alzando il suo braccio con una violenza tale che il naso del genio fu colpito in malo modo da un colpo con il dorso della mano.

-Prendi il sangue!- ordinò Michelangelo.

-Un momento, un momento! Mikey, guarda che non devi essere così irruento! Mi hai quasi fracassato il naso, così!- borbottò Donatello, palpando il povero muso alla ricerca di eventuali tracce vermiglie.

-Non ti facevo così donnicciola- sogghignò Raphael, battendo il cinque con il piccolo Mikey che fissava Leo a testa in giù.

Il viola sbuffò giocosamente e finalmente, con un piccolo strillo di sorpresa, riuscì a prelevare un campione del sangue di un Mikey che iniziò a piangere a singhiozzi.

-Mikey, se smetti di piangere ti do un bel lecca lecca!- appianò Donatello, un po' in colpa nel vederlo così fragile sotto il peso delle lacrime.

-D... davvero?-.

-Ma certo. Dammi la mano. Lo andiamo a prendere insieme- disse, conducendolo verso la cucina.

Il maestro Splinter si alzò, non trattenendo una risatina che la diceva lunga; i suoi due figli sussultarono, scambiandosi un'occhiata circospetta.

-Sensei, cosa c'è di così divertente?- domandò burbero Raphael.

-L'atteggiamento impavido che vi siete sempre imposti di tenere in tutti questi anni vacilla quando Michelangelo è intorno a voi. Questo dimostra che siete ancora ragazzini-.

Leonardo arrossì leggermente e Raph contrasse l'angolo della bocca in un sorrisetto. Sensei aveva proprio ragione e decisero di seguirlo per raggiungere la cucina. Non volevano certamente perdersi Don che consegnava il dolcetto al piccolo.

E infatti, Mikey aspettava con impazienza, seduto sul bordo del tavolo, agitando le gambe. Donnie sembrava sempre meno convinto della presenza del lecca-lecca e sperava davvero di non aver inutilmente impiantato false speranze nel minore imbronciato.

Fortunatamente, la sua mano alla ricerca nei mobili della cucina palpò un bastoncino con un cerchietto all'estremità e orgogliosamente consegnò il lecca-lecca a fragola a un Mikey che sollevò le braccia in aria, in pura estasi.

-Dolcetto!- gridò, iniziando a mangiucchiarlo.

Donnie rilasciò un respiro sollevato e fece cenno alla sua famiglia di mettersi all'opera per analizzare i campioni di sangue infilati nella sua cintura.

-Visto? La siringa non era cattiva- sogghignò amorevolmente Raph.

Mikey annuì convinto e gattonò per raggiungere Leonardo. -Lecca lecca?-.

-No, grazie, Mikey. E' il tuo-.

Il piccolo fece il broncio ma continuò comunque a gustarselo...

 

***

 

Un nero naso aveva fiutato per molto tempo l'aria cambiata nella notte di New York. Piccole spore si erano levate dal sottosuolo e modificate in polvere bianca. Neve.

Il bianco manto era contaminato e portatore di mutazioni se ingerito stupidamente; ma una Big Apple gremita di mutanti più o meno senzienti non era un'idea tanto negativa. Gli esseri umani non familiarizzavano con chi aveva quattro occhi o le fattezze di un pipistrello? Con un po' di fortuna oscura, sarebbero stati costretti a convivere con esseri trasformati.

Esattamente com'era accaduto a Chris Bradford e Xever, rispettivamente Rahzar e FishFace, due scagnozzi di Shredder. Erano su un tetto, parallelo alla nera cattedrale divenuta la Roccaforte di Oroku Saki, a fissare il buio senza vita alla ricerca d’informazioni.

-Torniamo dentro. Qui dentro si gela e non mi piacerebbe diventare un pesce surgelato- espirò FishFace.

-Tu vai pure se ci tieni alla tua pelle. Io rimango ancora un po' qui-.

-Ah, certo. Perché tu hai la pelliccia, Rahzar, eh?-.

Il cagnaccio non lo rispose e l'altro svanì nel buio di una gola fra due medi edifici; alzò la testa al cielo, continuando ad annusare qualcosa che lo aveva allarmato già da un po' di tempo. Sfortunatamente non sapeva cosa.

Saltò un condizionatore ricoperto di ghiaccio e appoggiò una zampa sul bordo del cornicione, vagando con lo sguardo fino a quando non adocchiò un tombino.

-Le tartarughe- mormorò, mentre il suo respiro si tramutava in nuvolette candide. -Forse anche loro percepiscono quest'aura-.

Rahzar atterrò come un falco sull'asfalto ricoperto di gelida neve, marciando silenziosamente verso il cerchio di gelido metallo.

-Non conosco la vostra tana, questo è certo. Ma vi stanerò prima o poi- mormorò, sollevando il coperchio del tombino, per calarsi al suo interno.

L'acqua stagnante inghiottì le sue zampe: un brivido corse lungo la schiena dai peli ispidi e ritti; Rahzar superò comunque lo shock iniziale e cominciò ad avanzare nel fetore delle fognature illuminate da alcuni neon a luce fredda.

Egli era quasi affascinato di vedere un mondo a lui sconosciuto e contorno in vari bivi che avrebbero condotto dall'altra parte di New York. Era quasi straordinario.

-Shredder sarà fiero di me quando troverò la tana di quegli insignificanti rettili a sangue freddo- commentò oscuramente, svoltando verso sinistra.

Vi era un ponte di metallo sopra una voragine oscura dove s’intravedeva dell'acqua stagnante. Probabilmente dovevano essere le cosiddette vasche che raccoglievano i liquami dai vari tubi che correvano lungo le pareti.

Il cane bipede superò senza problemi il suo primo ostacolo e svoltò verso destra, in un piccolo tunnel pendente dove una luce cremisi schiariva un'immensa vasca di acqua scura, recintata da un parapetto a sbarre di ferro, dove un tubo dal diametro inimmaginabile era puntato verso di essa, pronto a rigettare schifezze varie.

Rahzar fece un piccolo fischio nell'intravedere questo tubo susseguirsi verso l'alto e arricciarsi in una spirale lungo i muri, dividendosi in piccole tubolature che svanivano all'interno di altri tunnel. Una scala di metallo, alla sua sinistra, lo invitava a proseguire per raggiungere un nuovo background dai colori non più freddi, bensì caldi. Tendenti al rame.

Salì, dunque, mantenendo un passo moderato.

Rahzar contò il tempo impiegato: otto minuti netti.

-Questo posto è un labirinto- mormorò, guardando il percorso completato dietro di sé.

Era giunto davanti a un bivio in pendenza e in salita. Il cane si affidò al suo fiuto per imboccare il sentiero in salita che lo portò all'inizio di una metropolitana abbandonata e polverosa.

-Deve risalire alla fine dell'Ottocento- constatò, passando un artiglio contro alcuni mattoni rovinati dal tempo.

Era, ancora una volta, illuminato da una luce vermiglia che proseguiva verso nord, con una leggera curva verso sinistra.

-Sento che sono vicini- sogghignò, scattando in una feroce corsa.

Il vento freddo sibilava nelle sue orecchie canine, infondendogli una felicità sinistra al centro del petto. Poteva trovare la tana! Doveva assolutamente!

Rahzar non si preoccupò nemmeno dello sbarramento di alcune assi di legno: fece sfoggiò della sua agilità selvaggia per superarlo con salti e acrobazie nell'aria e proseguire.

Improvvisamente, si fermò, stupito da ciò che vide.

Era un veicolo abbastanza colorato, che aveva le fattezze di un vagone modificato da una mente superiore, con l'aspetto di un furgone all'ultimo grido. Lo riconobbe all'istante ma non si pronunciò fino a quando anche il suo fiutare gli venne incontro alla sua idea.

-Le tartarughe...- sogghignò malignamente, girando il capo verso destra, dove alcune scale conducevano a una sorte di salottino. -La tana... ho trovato la tana!-.

Rahzar era estremamente felice e s’intrufolò in essa, pronto per carpire segreti ed informazioni utili. Non avrebbe lottato, però, sarebbe stato in netto svantaggio.

La tana era la più strana e fornita che avesse mai visto in tutta la sua vita; era formata da una piccola cucina, camere varie, un dojo ben attrezzato. Una vera casa sconosciuta.

-Queste tartarughe ne sanno una più del diavolo- pensava, mentre si addentrava nella zona notte, osservando le porte chiuse dalle quali si udivano diversi russare.

D'un tratto, una delle porte si aprì cigolando, rivelando due occhi azzurri, uno dei quali era bendato da un cerotto candido. Rahzar si nascose subito dietro a un pilastro, seguendo la piccola tartaruga in possesso di un orsacchiotto consumato di pezza che entrava nella camera di Raphael.

-Chi è quella tartaruga piccola? Non mi risulta che abbiano figli- pensò il cane.

Uno spolvero di lentiggini sulle guance del piccolo ninja gli fece quasi sobbalzare il cuore: Rahzar emise un leggero ringhio dal basso della gola, facendosi quasi ironicamente scoprire.

-Entra, Mikey- richiamò una voce burbera, impastata dal sonno.

Per il cane, anche vedere un'imponente tartaruga senza maschera ma con gli occhi verdi fu sinonimo di sgomento. Che diavolo?!

-Sono Raphael e Michelangelo, ne sono certo!- pensò, mentre il focoso prendeva in braccio il minore e richiudeva la porta dolcemente. -Quando il maestro saprà di questo, sarò enormemente ricompensato! Magari potrò avere un po' del suo retro mutageno per tornare il Chris Bradford di un tempo!-.

Il cane scivolò via, veloce e malvagio com'era arrivato, frettoloso di spiattellare un grande segreto.

Ignari di tutto ciò, nella camera di Raph, il mutante più grosso aveva ben coperto quello più piccolo con varie coperte e gli accarezzava leggermente il nasino infreddolito.

-Non so perché mi viene così spontaneo coccolare Mikey e proprio dinanzi a tutti- pensò, baciando la fronte del suo fratellino sopito. -Devo proteggerlo. Ho... uno strano presentimento...-...



Angolo dell'Autrice

Un grazie enorme e speciale a HelleBach, Ayumi Edogawa, anche a Gru e CartoonKeeper8 e a tutti gli altri che fanno capolino nelle mie altre storie. Questo nuovo racconto mi sta prendendo a tal punto che mi viene la voglia spontanea di scrivere un capitolo al giorno! Eheheheh!
Colgo, intanto, l'occasione per augurarvi Buon Anno Nuovo e quella che rimane, ossia, l'Epifania! Un luminoso abbraccio come i fuochi d'artificio di stasera!

  
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