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Autore: MrsLolly    15/11/2008    7 recensioni
Ho letto (o meglio, divorato) il libro Breaking Dawn. Mi è piaciuto veramente molto tranne... l'orribile finale. Qualche giorno fa, tuttavia, ho pensato che avrebbe potuto migliorare se solo la Meyer avesse aggiunto un epilogo con qualcosa che avrebbe potuto equilibrare la situazione. Questo è insomma il mio epilogo, la mia conclusione, di Breaking Dawn. Mi piace ma non troppo... Forse è troppo sdolcinata. Anyway, enjoy it.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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EPILOGO - BREAKING DAWN


<< Puoi anche non farlo >>
<< Devo farlo >>
Forse.
<< No, non sei costretta e lo sai >>

<< Non importa >>

Era una mattina come tante: beatamente sdraiata sul letto, con la testa appoggiata sul petto marmoreo della persona che amavo di più al mondo, guardavo gli occhi di mio marito cercando sicurezza. Renesmee, la mia piccola brontolona, stava dormendo vicino a noi: così bella, così perfetta. Pareva quasi un angelo, con i suoi riccioli rossi che le coprivano il viso. Soltanto un veloce sguardo verso di lei mi tranquillizzò all’istante... ma non di molto.

Eppure, anche se l’atmosfera era fra le più normali, così tranqulla e pacifica, la mia mente era tutt’altro che quieta, come del resto doveva essere quella di Edward.
Erano passati esattamente cento anni. Cento lunghi anni in cui la felicità aveva regnato, sovrana. Cento anni in cui avevo vissuto con la mia famiglia, i Cullen, da vampira. Cento anni da quando il mio cuore aveva smesso di battere e io avevo perso irremediabilmente la mia mortalità.
Le giornate, da allora, erano trascorse così veloci che il solo ripensarci mi spaventava ancora.
Infatti, dopo “la battaglia” contro i Volturi che si erano fortunatamente risolta con una tregua (da allora la famiglia italiana non ci aveva più dato alcun fastidio: d’altronde, non avevamo più fatto assolutamente nulla di sbagliato) mi ero iscritta al college di Dartmouth – come nel piano originale.
I primi anni mi ero ritrovata spesso in difficoltà, ma Edward, grazie alla sua esperienza accumulata per secoli, mi aveva aiutata fino al momento in cui ero riuscita a cavarmela da sola: mi ero laureata a pieni voti, e ora avevo uno studio dove lavoravo come commercialista. Non che il mio sapere si fosse fermato in quel punto, certo: avevo studiato qualcosa in quasi tutti i campi della Scienza e della Letteratura: con l’eternità davanti, qualsiasi cosa è poissibile.
Se mi fossi annoiata del mio lavoro avrei potuto farne un altro. Oddio, prima o poi il cambio sarebbe stato inevitabile: qualche persona si stava già chiedendo perchè non fossi ancora invecchiata in così tanti anni.
Edward mi aveva seguita continuamente, in tutte le mie scelte: mi aveva aiutata e supportata. O meglio, sopportata: aveva avuto moltissima pazienza.
Il nostro amore non era rimasto invariato attraverso il tempo, ma era – se possibile – cresciuto ogni giorno sempre di più: nella quotidianità, nei gesti normali, nelle nostre vite.
Renesmee, la mia piccola meraviglia, per tutti era una adorabile bambina di nove anni. Sapeva incantare tutte le persone con cui aveva rapporti: d’apprima era iscritta a una scuola elementare, ma dopi pochi mesi si era già stufata. Era, se possibile, più intelligente di me; questo era dovuto al fatto che psicologicamente cresceva molto più velocemente di tutti noi.
Ovviamente, Jacob le era stato sempre accanto. Ormai era normale vederlo entrare e uscire da casa Cullen, portando in tutti i luoghi possibili e immaginabili mia figlia. Le aveva mostrato La Push, e la bambina era rimasta completamente presa da quel villaggio, quindi spesso pretendeva di essere accompagnata sulla spiaggia.
Eravamo felici, proprio come mi ero sempre immaginata: come un sogno che non svanirà mai. Non avevamo chissà quanto, eppure vivevamo la nostra piccola parte di eternità. C’era solo un pezzo della storia su cui non avevo mai riflettuto e a che oggi avrei dovuto andare incontro. La morte.
<< Edward, sento devo andarci da sola >>
<< Se è questo quello che desideri... ma lascia almeno che ti accompagni>>
Mormorai un "grazie", baciandolo dolcemente.
Dopo di chè mi alzai velocemente dal letto, il mio piccolo angolo di intimità, e andai verso Renesmee. L’accarezzai e lei aprì gli occhi, sorridendo.
<< Edward e io dobbiamo fare una... commissione. Ti dà fastidio rimanere in casa da sola in questo momento per un’oretta al massimo? >>
<< Non ti preoccupare, mamma, sono mezza assonata. Non mi muoverò nemmeno dal letto. Tornate presto...>> risposte con la sua fantastica voce melodiosa, accompagnata da uno sbadiglio. Si rigirò fra le coperte e richiuse gli occhi.
Mezz’ora dopo eravamo all’entrata del cimitero di Forks. Sospirai, abbracciando Edward, che mi sussurrò delicatamente un "Torna presto". Ripetè di nuovo che mi amava, poi mi lasciò sola. Camminai sotto l’ombrello nel più assoluto silenzio, cercando di pensare a qualcosa, qualsiasi cosa, in preda all’angoscia: i ricordi non dovevano ritornare.
Capii presto che, se avessi potuto, sarei scoppiata a piangere: era una fortuna non avere più lacrime che mi rigavano il volto a ogni accenno di malinconia.
Mi mossi leggera fra le strade coperte di ghiaia, passando file e file di tombe, cercando di puntare solo la mia direzione. Passarono secondi, forse minuti, e poi... finalmente la trovai.
Del marmo duro, freddo, come la mia mano che in quel momento lo stava quasi accarezzando. Sopra c’erano delle cornici, bagnate dall’acqua, in cui si trovavano delle foto di persone giovani, sorridenti. Al momento dello scatto dovevano essere felici e senza pensieri... come la mia vita. E so che loro avrebbero voluto che fosse così.
Per la mia felicità, non mi avevano mai chiesto cosa significasse il fatto che non invecchiassi mai, che la mia voce e i miei occhi fossero cambiati, che la mia pelle fosse diventata più chiara... Mi avevano amata e protetta. Sempre.
Ora che ero madre potevo capire le loro emozioni anche se forse loro erano più... umane... e quindi molto più complesse. Per farmi serena, avevano certamente dovuto faticare molto più di me: non ci avevo mai pensato. Sì, gli dovevo molto... eppure non potevo dargli più nulla. Non c’erano più.
<< Vi voglio bene, mamma, papà. >>



  
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