Se la meta è qualcuno
è sempre un viaggio di sola andata.
Berlin – Hannover 11.20, Mittwoch 25.12.2014
Lo sbuffo del treno alle 11.22 buca l'ultimo spiraglio
di sole che filtra nei vetri opachi della stazione e precede il rumore
metallico delle rotaie e il ronzio dell'aria condizionata.
Rehen trascina la suola
degli stivali neri sul pavimento lucido, la manica del cappotto tocca terra
mentre raggiunge l'ultimo posto della fila accanto al finestrino, un solitario
15b dalla poltroncina di un rivoltante blu spento.
Ha appena spento una sigaretta - la decima da
stamattina - c'è odore di caffe nel vagone, lei ha mal di testa e la voglia di
fumare ancora. Un bambino indica le macchine appiccicando le dita al finestrino
ad una mamma stanca e immersa nella sua lettura harmony,
Rehen storce il naso e si volta in direzione di
un vecchietto addormentato e di un tizio con uno strano cappello floscio su un
lato della testa che gioca a 2048 piu' avanti.
Fuori la strada si dirama e si perde nella boscaglia rada e spoglia del 25
dicembre, col sole che si fa spazio e le nuvole grigie che quasi cadono a
terra, veloci nel vento gelido del nord della Germania, troppo freddo e troppo
forte per le sue calze nere. Troppo freddo per la canotta bianca sotto la
sciarpa di lana grigia e il cardigan lungo, troppo forte per chi cammina da
solo per strada senza qualcuno a tenerlo per mano, a tenerlo a terra.
Una ragazza scorre la porta ed entra nel vagone
avvolta in circa due chili e mezzo di giubbotto impermeabile arancione scuro
che, a contatto con la pelle nuda del braccio di Rehen,
le fa venire i brividi. Niente a che vedere con le dita fredde di Liam che le
sfiorano le gambe o la base del collo, nemmeno col suo respiro denso sulla
bocca o la delicatezza dei suoi rimproveri, per il suo bene,
ovviamente.
Sbuffa sonoramente mentre la melodia solita delle
parole del ragazzo le rimbomba nella testa, con un suono diverso, stavolta,
malinconico e fuligginoso. Appanna i vetri del treno o forse solo i suoi
occhi. Adesso che è tutto finito e resta, appunto, solo questo strascico di
parole che si ripetono all'infinito quando vogliono e senza un filo, come un
disco rotto, come una bella canzone strimpellata da una chitarra scordata o...
Ma forse è meglio, si decisamente, e passare il Natale
a casa le farà bene perché, insomma…
E poi le manca suo fratello, Felix e Hans e forse
anche il suo cane con le orecchie lunghe e le scale della chiesa rossa in fondo
al viale, dopo la scuola, e pure Liam, ora, ma…
Si rende conto di non essere più capace di concludere
una frase perché fa paura, tremendamente, mettere fine alle cose. Rendersi conto
che qualsiasi cosa sia nata non sarà mai nient'altro, niente più di una
manciata di verbi coniugati male, qualche fotografia sbiadita e qualche oggetto
che le capiterà tra le mani, tra qualche mese o anno, quando non avrà scordato
e nemmeno metabolizzato perché alla fine non ci si abitua mai. Difficile da
concepire, da accettare, da comprendere, come ciò che è esistito smetta di
essere, come possa tanto ridursi in polvere inconsistente, in un niente che sa
di tutto ma adesso è meno di zero.
E li, affondata nei sediolini di uno dei treni
regionali della DB, non può che rendersi conto che, beh, qualcosa è finito. Ed
è il posto sbagliato, il momento sbagliato. Cosa dirà ai suoi? A chi
augurerà Buon Natale stasera? Contro chi si stringerà in
quelle a venire?
Tocca anche questo, che sia Natale o meno. Rendersi
conto che non cambia mai niente, qualsiasi giorno il calendario indichi,
qualsiasi sia la condizione metereologica, qualcosa
ti pioverà addosso nel momento peggiore e tu sarai senza ombrello. Senza
difese, senza protezione, senza sentirti mai pronto. D’altronde, come puoi
conoscere Liam e considerare anche solo per un attimo che non sia esattamente
il tassello mancante, la variabile che risolve l'equazione? Come può sfiorarti
il pensiero che da un giorno all'altro tutto il tuo mondo smetta di girargli
attorno, che riesca a sfuggirti dalle mani, che tu debba spostarlo dal tuo
cuore per far spazio ad altro?
Liam è tondo, come le ciambelle, come gli infiniti
scribacchiati sui quaderni, come le fedi nuziali, nella buona e nella
cattiva sorte, come il sole, la luna e i pianeti. Non ha angoli, non si
nasconde, si lascia guardare, prendere e sfiorare, accarezzare con meno cura di
quanto meriterebbe, si fa prendere a calci come un pallone perfettamente gonfio
e sferico. Rehen lo ha spezzato, gli ha creato
spigoli innaturali che non aveva, una superficie frastagliata di cicatrici,
l'ha steso fino a renderlo immobile, più buio e piatto, un segmento di cui per
definizione, si conosce l'inizio e la fine. E non ha retto Liam,
non è quella la sua natura. Ha resistito finchè ha
potuto, finchè l'amore per Rehen era
più forte di tutto, anche della gravità e di se stesso e alla fine lei si è
accorta di quanto male gli stesse facendo e l'ha aiutato a riprendere la sua
forma, il più lontano possibile da lei. Perché le interruzioni bruciano ma gli
occhi rossi di lui di più e la sua voce spezzata, i suoi incubi, la paura sul
volto pulito e negli occhi scuri, lei non può proprio sopportarli senza che il
senso di colpa le faccia venire la nausea.
La consapevolezza della fine la colpisce giusto
dentro, tra lo stomaco e il cuore, in un punto impreciso, Rehen si abbraccia le costole in un gesto involontario
e fissa davanti a sè lo scompartimento pieno solo per
metà senza realmente guardarlo, mentre un freddo pari a quello esterno le
risale lungo la schiena e…
Qualsiasi cosa sia successa sul quel treno Rehen non
se lo ricorda. E' ferma a quando ha poggiato la testa sul vetro e ha chiuso gli
occhi, risvegliandosi - riscuotendosi - soltanto quando qualcuno l'ha sfiorata
inavvertitamente nei pressi della stazione di Hannover – e no, non era Liam.
Il freddo certo non l'ha abbandonata e “ti vesti
sempre troppo leggera, Reh” la stringe sua madre
contro la pelliccia chiara del suo cappotto. Lei annuisce e ispira l'aria
ghiacciata, lo shampoo economico del supermercato, l'odore del ferro della
ferrovia e non riesce a sentirsi a casa, perchè?
Fa più freddo di quanto voglia ammettere, sono le
13.50, ha ancora mal di testa e ha di nuovo voglia di una sigaretta.
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