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Autore: Amantide    02/01/2015    3 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Buon anno e buone feste a tutti voi! Incominciamo questo 2015 con un capitolo un po' piccante ma come sempre divertente! Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità perchè mi aspetto un sacco di commenti per questo capitolo un po' sopra le righe. Continuate a seguire la storia perchè ci saranno un sacco di altre sorprese e colpi di scena... più scrivo e più cose mi vengono in mente! Tutto ciò è meraviglioso! 
Buona lettura, vi aspetto nei commenti! :-)




 
 
7- Scopro la vera natura delle figlie di Afrodite

 
 
Nel caso in cui non fosse abbastanza chiaro, lo ribadisco: se siete un semidio scordatevi una vita tranquilla. Avevo passato due ore in casa mia solo con Annabeth, probabilmente le due ore più belle della mia vita, dal momento che Annabeth invece di parlarmi di edifici storici e strani progetti di architettura, aveva passato la maggior parte del tempo a baciarmi, ma non avevo la minima idea di quello che sarebbe successo nel corso della serata.
“Si è fatto tardi.” Dice lei mascherando un mezzo sorriso. “Direi che non è il caso di farci trovare insieme un’altra volta.”
Sorrido ripensando alle imbarazzanti scene a cui Grover ha assistito di recente.
“Sono d’accordo!”
“Allora ci vediamo a cena!” Dice lei facendomi l’occhiolino e uscendo rapidamente dopo aver controllato di non essere vista da nessuno.
Mi lascio cadere sul letto sfinito. Gli ultimi eventi mi hanno messo duramente alla prova e io sento il bisogno di tirare il fiato. Chiudo gli occhi per quelli che credo essere pochi secondi e vengo bruscamente risvegliato dal gong che annuncia la cena. Guardo l’orologio a forma di conchiglia appeso nell’ingresso e mi stupisco, altro che pochi minuti, ho dormito un’ora buona. Annabeth mi ha sfinito. Afferro la felpa ed esco prima di cadere di nuovo tra le braccia di Morfeo.
Al padiglione della mensa mi siedo al tavolo di Poseidone dove, come prevedere il regolamento, sono solito mangiare da solo o con Grover.
Quasi come se il nostro legame empatico si fosse attivato improvvisamente, lo vedo comparire tra le boscaglie e raggiungermi tutto sorridente.
“Ehilà.” Dice sedendosi al mio fianco e scrutandomi con attenzione. “Ma che hai?” Chiede curioso notando il mio aspetto sfatto e i capelli scombinati. Viste le sue prediche recenti, mi guardo bene dal raccontargli come ho trascorso le ultime ore, e soprattutto con chi. Distolgo lo sguardo alla ricerca di una risposta evasiva.
“Sono solo un po’ giù.”
“So io cosa ti ci vuole!” Esclama lui fin troppo su di giri. So per esperienza che Grover così entusiasta porta solo guai.
“Che cosa?” Domando non troppo sicuro di voler sapere la risposta.
“Una botta di adrenalina!”
Lo guardo accigliato sorseggiando del nettare. “Credo mi basti questo come adrenalina.” Dico accennando al bicchiere.
“Stasera…” Comincia lui posando le sue natiche pelose sul tavolo. “Casa delle figlie di Afrodite…”
“No!” Esclamo a voce così alta da far voltare l’intera tavolata dei figli di Apollo. “Non se ne parla.” Aggiungo rivedendo il mio tono di voce.
“Ma se non sai nemmeno di cosa si tratta!” Grover non intende arrendersi.
“Ti conosco! E quando si parla delle figlie di Afrodite tu non capisci più niente!”
“Sono figlie di Afrodite! Tutti i maschi vanno fuori di testa in loro compagnia! E se tu uscissi dal tuo tempio che puzza di salsedine un po’ più spesso… sapresti di cosa parlo!”
Io e Grover andiamo avanti a battibeccare per una buona mezz’ora.
“Senti, stasera danno una festa! E non ti permetterò di perderla!” Dice Grover sperando di avermi messo a tacere.
“E tutto questo immagino che rientri nei tuoi doveri di custode!” Esclamo sarcastico.
Lui assume un aspetto fiero e gonfiando il petto come un pavone dice: “Ovviamente!”
“Sei incorreggibile!” Commento sconsolato.
“Lo prendo per un sì! Sei un fenomeno Percy Jackson!” Grida tutto contento assestandomi una pacca sulla spalla. Per fortuna la maggior parte dei semidei ha già lasciato il padiglione e nessuno fa troppo caso alle sue parole.
“Non ho detto di sì!” Protesto.
“Alza quelle chiappe da eroe e vieni con me! Spero che il nettare ti abbia ridato un po’ di energia perché ne avrai bisogno!” Quella frase non preannuncia nulla di buono. Non conosco più di tanto le figlie di Afrodite, certo, qualche volta mi era cascato l’occhio sulle loro curve o mi ero imbambolato a guardarle per qualche attimo di troppo, ma queste cose sono all’ordine del giorno quando si tratta delle figlie della Dea dell’amore. Resta il fatto che loro passavano la maggior parte del giorno a prendere il sole e ad ammaliare gli eroi, qualunque cosa andava bene piuttosto che allenarsi con l’arco o la spada, e di conseguenza non passavo molto tempo in loro compagnia. In tutte le estati trascorse al campo, non posso certo dire di aver fatto amicizia con loro.
Grover mi afferra per un braccio e comincia a trascinarmi di forza verso il cortile principale.
“Fate largo gente!” Grida Grover mentre superiamo i figli di Efesto. “Stasera Percy Jackson va ad una festa!”
Spero vivamente che Annabeth non sia nei paraggi.
“Hai finito di farmi fare la figura dell’imbecille?” Protesto cercando di liberarmi dalla sua presa.
“Sei pronto?” Domanda con un mezzo sorriso ignorando bellamente la mia ultima protesta. Sbuffo sconsolato. L’unica cosa che mi rasserena è sapere che abbiamo perso un sacco di tempo a bisticciare a cena e adesso manca poco più di un’ora al coprifuoco, il che significa che sarò costretto ad abbandonare la festa nel giro di poco.
“Questa è la porta del paradiso, amico mio!” Annuncia passandosi una mano tra i capelli per mettere bene in mostra le corna.
“Si, si, è fantastico.” Mormoro poco convinto.
Grover spalanca la porta della casa delle figlie di Afrodite e mi trascina dentro contro voglia. L’interno è qualcosa d’incredibile. Nel corso delle ispezioni avevo visto quella casa un paio di volte ma oggi fatico a riconoscerla. Avete presente il rosa? Bene. Le figlie di Afrodite lo adorano. Prendete tutte le sfumature di quel colore e gettatele a casaccio in un appartamento e otterrete la casa delle figlie di Afrodite. Come se questo non bastasse c’è un odore di fiori talmente forte da far girar la testa e una musica soffusa che ti intorpidisce completamente i sensi.
“Ciao Percy!” Dice una voce ammaliante che precede una cuscinata. “Allora erano vere le voci che dicevano che saresti venuto alla nostra festa.” Una giovane semidea dai lunghi capelli ramati ha appena richiuso la porta d’ingresso e adesso mi fissa appoggiata all’uscio come se volesse impedirmi di fuggire. Indossa solo un babydoll rosa shocking bordato di morbida pelliccia bianca e giocherella con un cuscino fuxia a forma di cuore.
“Grover…” Bisbiglio in cerca di un sostegno morale. Troppo tardi. Il mio amico satiro si è già buttato nella mischia. Lo individuo sdraiato su un letto rotondo circondato da tre giovani semidee. Una gli sta massaggiando le spalle e il collo mentre le altre due litigano per chi debba mettergli lo smalto sugli zoccoli. Sono talmente sbalordito da quello spettacolo che resto a bocca aperta, ma subito qualcuno si preoccupa di chiudermela. La ragazza dai capelli ramati si è liberata del cuscino e adesso si è spostata di fronte a me. Il suo indice si posa sulle mie labbra prima che io riesca a dire qualsiasi cosa.
“Cercavi il tuo amico satiro, eh? Dovresti ringraziarlo, sai? Una volta scoperti i piaceri della casa numero dieci non potrai più farne a meno.” Mentre parla mi gira in torno come uno squalo e io ho quasi la sensazione di essere ipnotizzato. I suoi capelli emanano un profumo intenso e mi sembra quasi impossibile staccarle gli occhi di dosso.
“Sai, fino a prima che varcassi quella soglia credevo che non ti saresti mai fatto vivo da queste parti.” Mi prende per mano e mi guida verso il fondo della capanna. Non sono così convinto di volerla seguire ma le mie gambe sembrano muoversi da sole. La cosa non mi piace per niente. È come se il mio cervello fosse in blackout totale e io non fossi in grado di dare ordini al mio corpo. Camminando noto Beckendorf e Silena che amoreggiano appartati in un angolo. Mi sento come se mi avessero narcotizzato. Continuo a camminare dietro di lei incapace di ribellarmi. Dentro questa maledettissima casa è come se il tempo si fermasse e le figlie di Afrodite possano fare di te quello che vogliono.
“Pensavo che visto il tuo interesse per quella figlia di Atena non sarei mai riuscita a conoscerti veramente…” Continua lei mentre mi fa sedere su un divano. Un divano rosa chiaramente. “Sono in tante qui che vorrebbero conoscerti, Percy.” Adesso sale sul divano anche lei e si avvicina pericolosamente mentre continua a parlarmi con voce sensuale.
“Fi-fi-figlia di Atena?” Balbetto ammaliato dal suo profumo e dai suoi limpidi occhi azzurri. L’immagine di Annabeth mi compare vagamente davanti agli occhi ma sono troppo stordito per riuscire a metterla a fuoco.
“Parli di Annabeth?” Chiedo bloccando il suo primo tentativo di baciarmi.
“Scorda quella sapientona.” Mi sussurra all’orecchio facendomi venire la pelle d’oca. “Posso darti io tutto ciò di cui hai bisogno… Guarda Beckendorf… da quando ha conosciuto Silena non può più fare a meno di lei. Ci sarà un motivo, non credi?” E con quelle parole mi stampa un bacio sulle labbra. Io non so come spiegarlo, ma baciare una figlia di Afrodite è un’esperienza assurda. E sottolineo assurda, non bellissima. Mi sento come una marionetta nelle sue mani e ho l’impressione che possa fare di me ciò che vuole. “Sono figlia della Dea dell’amore, hai idea di cosa significhi questo?” Continua a parlarmi a un centimetro dalle labbra e io non posso fare a meno di desiderare che mi baci ancora.
Ho il fiato corto, sento il desiderio esplodermi nel petto. È come se questa giovane semidea baciandomi mi avesse reso dipendente. Fino a quel momento ignoravo i poteri delle figlie di Afrodite, ma adesso mi rendo conto di quanto possano essere pericolose anche senza saper maneggiare minimamente le armi. In un certo senso mi ricordano la maga Circe, sembrano avere più o meno lo stesso effetto sugli uomini e la cosa mi spaventa. La ragazza si siede sulle mie gambe e continua a baciarmi mentre io mi guardo bene dall’opporre resistenza. Sono così in balia degli eventi che non mi accorgo nemmeno che siamo sdraiati sul divano e che lei è sopra di me.
Vorrei parlare ma non ci riesco. Non riesco a smettere di baciarla. Sembra che sia possibile solo se lei decide di staccarsi dalle mie labbra. Lei mi toglie la felpa e mi sfila la maglietta mentre io mi rendo conto che non conosco nemmeno il suo nome. Sono a torso nudo sotto di lei e mi sento completamente impotente. Le sue mani si muovono sapientemente sul mio petto, ormai credo di essere completamente sottomesso quando succede una cosa inaspettata. Le sue mani sfiorano la ferita che ho sul costato. Quella che Annabeth mi ha inferto il primo giorno. Nel momento in cui le sue dita sfiorano i punti di sutura sento come una scossa attraversarmi il petto. L’immagine di Annabeth mi appare chiara e nitida davanti agli occhi. Scosto la ragazza con il babydoll dal mio petto e mi alzo in piedi di scatto. La semidea cade dal divano e finisce contro al tavolino di cristallo che si sposta facendo un gran chiasso. Vedo molti ospiti delle figlie di Afrodite voltarsi per guardare cosa sta succedendo, ma dopo un istante tutti tornano alle loro attività come se nulla fosse successo.
Scuoto la testa ancora frastornato. Non capisco cosa diavolo ci faccio in una casa completamente rosa.
“Perseus Jackson!” Strilla la ragazza in babydoll. “Come osi rifiutare una figlia di Afrodite.”
“Senti…” Dico ancora stordito. “Io non dovrei essere qui!” Afferro la maglietta e la felpa e mi avvio a passo svelto verso l’uscita di quel covo di ammaliatrici. Mi gira la testa e quel profumo mi sta facendo venire la nausea.
“Percy!” Grida Grover ancora svaccato sul letto rotondo.
“Con te faccio i conti più tardi!” La mia voce suona come una minaccia, ed è proprio quello che voglio.
Mi richiudo la porta alle spalle e respiro il profumo del bosco che circonda le capanne. Adesso tutto mi sembra di nuovo normale. Basta profumo di fiori, basta rosa e soprattutto basta semidee in babydoll che ti rendono incapaci di intendere e di volere. Sono ancora a torso nudo. Passo una mano sulla ferita ricucita e penso ad Annabeth. Non so di preciso cosa sia accaduto, ma è come se Annabeth avesse rivendicato la sua proprietà attraverso la ferita. O per lo meno mi piace pensarla così. Sorrido. Non pensavo che sarei mai stato grato ad Annabeth per una ferita, ma se non fosse stato per lei non so proprio come sarebbe andata a finire. Sospiro profondamente ancora sconvolto da quello che ho appena scoperto. La casa numero dieci non è altro che un bordello. Un bordello rosa.
Sono madido di sudore. Uso la maglietta per tamponarmi la fronte e decido di avviarmi verso casa. È solo in quel momento che noto una figura che si sta avvicinando. Mi rendo conto di aver perso la cognizione del tempo, non ho idea di che ore siano. Forse è già scattato il coprifuoco e Argo sta per venire a mettermi in punizione. Aguzzo la vista sperando di non riconoscere il guardiano ricoperto di occhi. La luce delle torce illumina la figura in avvicinamento e io sento un nodo all’altezza dello stomaco. È Annabeth.
“Percy.” Dice accigliata. “Quella è la casa numero dieci.” Mi volto come un imbecille per controllare il numero della capanna alle mie spalle.
“Si…”
Annabeth mi guarda quasi disgustata. Sta notando solo adesso che ho metà dei miei vestiti in mano invece che addosso. Mi sembra quasi di vedere gli ingranaggi nella sua testa che stanno per farle capire quello che è appena successo. Sento puzza di guai. E vi garantisco che preferirei sentire puzza di mostri.
“Ecco dov’erano tutti.” Dice lei incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa in segno di disapprovazione. “Quelle oche della casa numero dieci hanno dato un’altra delle loro feste. E tu…”
“Annabeth aspetta…” Dico cercando di avvicinarmi, anche se ho un po’ paura che lei mi molli un pugno.
“E tu ci sei andato!” È così arrabbiata che le trema la voce. “Io… io, non posso crederci.”
“Annabeth…”
“Ho passato tutta la sera a cercare di capire quale potesse essere il pegno d’amore per Afrodite di cui parla la mia profezia, e tu te la spassavi con una delle sue figlie. O forse due, non lo so…”  Continua a scuotere la testa incredula.
“Una.” Dico senza pensare. Annabeth mi rivolge un’occhiataccia e mi sento uno schifo.
“Grazie per averlo precisato.” La voce di Annabeth è più acuta del solito.
“Pensavi che come pegno d’amore Afrodite si aspettasse di vederti compiacere una delle sue figlie?” Non aspetta nemmeno la risposta. Mi volta le spalle e si avvia verso la casa dei figli di Atena senza aggiungere altro. Tento di replicare ma non so cosa dire così m’infilo la maglietta al volo e le corro dietro.
“Annabeth… io sono finito in quella casa per sbaglio, te lo giuro! Le figlie Afrodite sono delle…”
“Zoccole?” Domanda lei senza smettere di camminare per la sua strada.
Effettivamente non mi viene un termine più adatto per descriverle.

“Vai a letto Percy… possibilmente nel tuo, perché tra cinque minuti scatta il coprifuoco.” Quelle ultime parole le pronuncia senza nemmeno voltarsi e degnarmi di un’occhiata. La sua voce suona triste e delusa.
Ok, ho fatto un bel casino, e la cosa peggiore è che non so come uscirne.
  
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