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Autore: champagnesupernova_    02/01/2015    4 recensioni
- Dammele. - gli ordinò, di punto in bianco, spezzando il silenzio un po' imbarazzato che si era creato.
- Che cosa? -
- Le istruzioni. - ribadì, ostentando un gran sorriso, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio.
- Credo di essermi perso qualcosa. Istruzioni per...? - gettò a terra il mozzicone della sigaretta accesa poco tempo prima e si avvicinò, stranito ma curioso.
- Per vivere. -
- Tu sei pazza. - spalancò gli occhi color ghiaccio, pensando all'assurdità della richiesta.
- Può darsi, - gli concesse, - tu però dammele lo stesso. -
Tess si avvicinò così tanto che Luke poté vedere un pizzico di preghiera nei suoi occhi scuri, ben nascosto, e ignorando le domande che stavano affollando la sua mente, annuì in fretta, senza pensare alle conseguenze che quel gesto avrebbe portato.
- Okay. -
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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III.







#Luke


Era stata, inutile dirlo, una mattina di merda.
La Posey mi aveva abbassato il voto, che era abbastanza alto da far felice mia madre, e aveva insistito per parlarmi dopo la lezione e chiedermi perché ero stato così incosciente da rovinarmi nell'unica materia in cui non avevo problemi intrufolandomi nel suo ufficio. L'avevo liquidata con una pietosa storia sul valore dell'amicizia perché, almeno ufficialmente, l'avevo fatto per Ashton che di algebra non capiva proprio niente, ma in verità l'avevo fatto perché volevo far capire a tutti che ero sempre il solito Luke, pronto a fare cagate e a essere sospeso più volte di quante veniva segnato presente.
Se avessi saputo cosa mi sarebbe costato, non avrei mosso un dito, al diavolo l'amicizia.
Erano due giorni che dormivo un paio di ore a  notte, e ogni volta che chiudevo gli occhi un certo ricordo mi tormentava fino a quando non mi decidevo ad accendere la luce e a passare le ore che precedevano la sveglia ad occhi spalancati.
Quando oggi l'avevo accennato ad Ashton, nella speranza che mi consigliasse qualcosa che non fosse una sigaretta per calmare i miei nervi e la mia testa, sia lui che Calum e Michael erano scoppiati a ridere e avevano continuato fino a quando al riccio non era venuto in mente che oggi dovevo accompagnarlo da Tess, la ragazzina dell'ospedale.  A quel punto aveva smesso e, nel tentativo di guadagnarsi qualche punto, aveva intimato agli altri di fare lo stesso, ma ormai lo scherzo era andato troppo avanti.
" Ninna nanna, bambino Luke " era diventato un ritornello per i tre, e non perdevano occasione per urlarmelo nell'orecchio.
- Luke, non te la sei presa, vero? - chiese Ashton, raggiungendomi accanto alla sua auto, una Volvo grigia.
- Stai tranquillo, non rivelerò a Tess quanto sei cretino soltanto per una canzoncina, - lo rassicurai, strizzando gli occhi per cercare qualcuno tra la massa di studenti che uscivano contenti, un'abitudine che andava eliminata dal momento che non c'era più nessuno da cercare.
- Guarda che non me la voglio fare. Monta, che passiamo prima da me, - mi ordinò, lasciandomi perplesso.
- Fammi capire, io ti sto salvando il culo con una ragazza alquanto acida per...? -
- Perché ho bisogno di soldi. Voglio andarmene, Luke. Ho bisogno di andarmene almeno per un paio di mesi, quest'estate. - disse, improvvisamente serio.
Ashton Irwin adorava l'Australia, non ho mai pensato che potesse, un giorno, andare a vivere altrove. Ma da questa scuola, dai soliti posti dove incontravi la solita gente, dalle persone che ti mostravano facce diverse a seconda di cosa volevano da te, da tutto questo Ashton voleva andarsene, e come lui, tutti noi. Solo che non ci avevamo ancora pensato sul serio, fino ad allora.
- Se non soddisfo Tess allora non mi pagherà più e...no, non intendo soddisfarla in quel senso, coglione, togliti quel sorrisetto dalla faccia. - rise, e lo seguì a ruota, mentre la radio cominciò a gracchiare  una canzonetta pop che avevo sentito fin troppe volte.

Circa quaranta minuti dopo e un lungo discorso sulla festa di quel sabato, che si sarebbe svolta a casa della stronza ex ragazza di Calum, Ashton parcheggiò la macchina davanti a una casa abbastanza piccola, con un giardino sul retro e le mura color bianco sporco, o forse semplicemente un tempo erano bianche e quando con il passare degli anni si erano sporcate nessuno si era preso la briga di ridipingerle. Queste cose, insignificanti e più che normali, soprattutto nel tranquillo quartiere dove eravamo, mi mettevano sempre a disagio: a casa mia ogni sei mesi, a volte anche meno, c'era un restauro generale di tutte le cose che secondo mio padre non andavano, e si rivelavano sempre essere più del previsto.
- Smonta e per piacere, Hemmings, non fare troppo lo stronzo. - pregò Ashton, come se fosse facile non rivelare la mia natura a una ragazza come Tess, e d'altronde me l'aveva chiesto lei di comportarmi come se non fosse malata.
- Ash, tu sai che cos'ha? - chiesi, aprendo la portiera e guardandomi intorno, cercando qualche dettaglio che mi ricordasse la mia casa.
- Intendi che malattia? - annuì, incitandolo a continuare. - A otto anni le hanno diagnosticato una forma di leucemia, il nome c'entra con il miele mi pare, e due anni dopo la chemio e altre robacce hanno iniziato a funzionare e ora sta tenendo sotto controllo la situazione grazie alle cure alternative di sua madre, o una cosa del genere. Insomma, ora sta bene e vuole riprendere ad andare a scuola, per questo siamo qui. - spiegò, velocemente e con indifferenza, mentre io ricapitolavo incredulo. Mi aveva fatto credere di essere malata! Okay, non me l'aveva detto esplicitamente ma me l'aveva fatto capire, e io ero stato così ingenuo da crederle, il che mi faceva alquanto incazzare.
- Ti muovi? - mi accorsi che Ashton era già davanti alla porta scura e stava per suonare il campanello.
- Arrivo, - borbottai, mentre una voce squillante all'interno della casa diceva la stessa cosa.
- Ashton! Sei in perfetto orario, noi Lowe non siamo abituate a questo, ma alle donne piace essere sorprese, quindi...e tu devi essere Luke! Frizzola di conoscerti, ma venite dentro, fa freddo. Tessa! Sbrigati e vieni giù che ci sono i tuoi amici! -
Sia io che Ash restammo fermi in piedi, increduli.
La donna che ci stava davanti vestita solo di una vestaglia di un materiale che sembrava seta aveva al massimo quarant'anni, e lo potevi capire dalle piccole ma profonde rughe che aveva attorno agli occhi e sulla fronte, ma se guardavi solo gli occhi, di un'azzurro brillante, le avresti dato venti anni in meno.
- Che diavolo vuol dire frizzola, - chiesi sottovoce, incapace di dire altro ed entrando in casa.
La temperatura era assai diversa, il riscaldamento sembrava acceso al massimo, e l'aria profumava di incenso spento da poco.
- Tessa! - urlò di nuovo la donna, sporgendosi verso le scale davanti all'ingresso.
- Tessa? - domandai nuovamente, - Credevo si chiamasse Tess. -
- Tessa non le piace, - alzò le spalle lei, avviandosi verso la cucina e facendo segno di seguirla.
- Io mi chiamo Charlotte, invece, ma potete chiamarmi Lottie o semplicemente mamma, o come vi pare insomma. - rise da sola, piano, e io guardai Ashton sempre più preoccupato.
Dove diavolo mi aveva portato?
- Arrivo, tu non dirmi che sei ancora in vestaglia! - sentimmo gridare di rimando dal piano di sopra, e riconobbi all'istante la voce di Tess, e mi sembrò di averla sentita in continuazione da quando me n'ero andato dall'ospedale. Fastidiosa come cosa.
- Perché? - la madre fece una piccola smorfia.
- Perché Ashton ti avrà scambiato per una prostituta e se non l'ha fatto lo farò io! Ti porto giù una tuta! -
- Una tuta... - sospirò ma presunta prostituta, con fare tragico, - che orrore. Mi sento invecchiare di dieci anni solo indossandola. -
Si girò verso i fornelli e mise a bollire un po' di acqua, probabilmente per fare del tea, mentre io e Ash stavamo in piedi imbarazzati e indecisi su cosa dire, ma a salvarci, se così si può dire, arrivò Tess, o meglio, Tessa.
- Ecco, vai pure a vest...cosa ci fai qua, tu?! - spalancò gli occhi scuri e mi rilassai inconsapevolmente quando li vidi.
- Ciao anche a te, Tessa. - sottolineai il suo nome con una punta di orgoglio, perché sapevo che non le sarebbe piaciuto.
- Non chiamarmi così, non mi piace. - disse infatti, raggiungendo la madre e porgendogli una tuta da ginnastica.
- Perché? È un nome carino, - si intromise Ashton, facendole uno di quei sorrisi per cui molte ragazze della scuola avrebbero pagato per essere al suo posto.
- È un nome da bambina, - chiarì, guardandomi male perché probabilmente intuiva cosa volevo disperatamente dire, solo per infastidirla.
- Va bene, ti chiamerò come desideri, ragazzina, - le sorrisi anche io, vedendola diventare sempre più rossa e arrabbiata.
- Grazie Dio, - ci interruppe sua madre, di punto in bianco, - Finalmente un po' di tensione sessuale in questa casa. -
Scoppiai a ridere, mentre Tess la guardava allibita.
- Stai ringraziando Dio perché un cretino è a casa nostra e mi sta prendendo per il culo? - domandò, mentre ridevo ancora più forte.
- Ma è per questo che sono qui, cara, pensi che ti avrei mandato a scuola dopo che l'ultima volta che ci sei stata avevi otto anni? Devi rifarti la mano nel mondo dei teenager, e sei troppo innocente. - spiegò la donna, pacifica e del tutto cieca alle occhiate di fuoco della figlia.
- Ashton, scusa se non te l'ho spiegato prima ma dev'essermi sfuggito dalla mente. - si rivolse a noi sempre sorridendo.
- Si figuri, signora Lowe, ma non ho ben capito quale sarebbe il mio compito, - si passò una mano tra i ricci come faceva sempre quando era confuso, il che capitava spesso.
- Ripetizioni di algebra, è l'unica materia dove Tessa non riesce bene. Ma, soprattutto, devi aiutarmi a rendere mia figlia un po' meno, come dire, pura. -
A quel punto non resistetti e mi uscì una risata, non del tutto contenuta.
- Ecco, tu mi sembri il ragazzo più adatto per questo compito, Luke, quindi se volessi venire anche tu te ne sarei grata. Purtroppo mia figlia non ha più idea di come funzioni la vita a scuola, a meno che non sia come su quelle serie di MTV, perché allora la conosce benissimo.  - spiegò, facendomi persino l'occhiolino.
Mi stava davvero assumendo per parlare a sua figlia di come sopravvivere al liceo?
- Non so che dirle, signora, sarebbe un piacere. - le sorrisi, contento.
- Mamma, - solo allora sentimmo il sibilo di Tess, infuriata.
- Lasciati andare, amore. Lasciati andare. - e con un buffetto sulla testa della figlia uscì di scena.
- Non so davvero cosa dire, - cercò di scusarsi lei, parecchio imbarazzata.
- Tua madre è davvero simpatica, - la rassicurò Ashton, - Mi piace. -
- Se le stai dando della milf, quella é la porta. Non voglio pensare a mia madre in quel modo. - fece una smorfia, mentre il mio amico sorrideva furbo.
- Non ci penserai perché non te lo dirò, - le garantì, portandosi due dita sul cuore e facendo assumere loro la forma di un cuore.
- Che schifo, - gli diede una piccola sberla sul braccio, sorridendo, e come due giorni prima mi ritrovai a pensare che aveva davvero un bel sorriso, e senza aver addosso uno di quei rossetti rosa acceso a cui ero abituato.
- Tessa posso chiederti se hai qualcosa da mangiare? - chiesi, attirando la sua attenzione.
- Dovrai mangiarti le palle se continui a chiamarmi così, magari ti aiuto a tagliarle, - risi mentre lei, contrariamente a quanto aveva detto, aprì qualche cassetto e mi lanciò due pacchi di biscotti Oreo.
- Allora in fondo ce l'hai un cuore, ragazzina. -  la presi in giro, ottenendo un dito medio di risposta.
- So che è chiedere troppo, ma puoi fare quello per cui sei venuto qui? E non intendo raccontami favolette sul liceo come ti chiede mia madre, intendo insegnami qualcosa sull'algebra e te ne sarò per sempre grata. - sbuffò lei, aprendo un pacco di biscotti e mangiandone uno.
- D'accordo, ce l'hai una calcolatrice? -

Due ore dopo, Tess si arrese.
- Sei sicuro che non posso evitare di fare matematica? - chiese, per la centesima volta.
- È una materia obbligatoria, il che significa che devi farla. -
- E se dico che ho avuto il cancro? -
Qualche minuto prima le avevo fatto notare che mi aveva preso in giro, facendomi credere che era ancora malata, e lei aveva semplicemente sorriso, come se bastasse per non farmi essere più arrabbiato.
- Te la fanno fare lo stesso, - rispose Ashton, divertito.
- Non ci capisco niente. - sbuffò, accasciandosi sulla sedia.
- Non è così difficile, dai, - le diedi un colpetto sul braccio.
In effetti, quel sorriso e la totale disabilità in matematica avevano fatto sbollire quello che restava della mia incazzatura.
- È una tortura, Hemmings. - specificò, guardandomi negli occhi e sbuffando.
- Beh almeno hai imparato qualcosa oggi, - aggiunse Ashton.
- Davvero? Cosa? - domandò scettica.
- Stai per caso mettendo in dubbio le mie capacità, ragazzina? - corrucciai la fronte.
- No, tu sei bravo. - ammise, a malavoglia. - A proposito, come mai sei così bravo? Ti sei fatto l'insegnante? -
- Questo è il genere di cose che vedi su MTV ma che nella vita reale non succedono. Nella vita reale le insegnanti sono brutte, - chiarì Ashton, e io annuì d'accordo.
- In più quella di matematica mi ha beccato mentre cercavo di fare una foto al compito del giorno dopo, ecco perché devo andare ogni mercoledì all'ospedale, - le spiegai, mentre la osservavo che cercava di non ridermi in faccia.
- Puoi ridere se vuoi, - le sorrisi, prendendomi il piercing tra i denti e cercando di non scoppiare a ridere a mia volta. Il mio grande gesto, detto ad alta voce, suonava più come una bambinata che un atto di coraggio in nome dell'amicizia.
- Nah, ti arrabbieresti e mi daresti della ragazzina, - disse lei, e si girò dall'altra parte mentre gli occhi ancora le brillavano.
- Comunque, a Luke non piace stare in ospedale. - dichiarò Ashton, aprendo in due e mangiando l'ennesimo biscotto.
- Davvero? - chiese Tess, girandosi di nuovo, questa volta con una punta di delusione ben visibile nelle iridi scure.
- È che non sono a mio agio, - cercai di difendermi, imbarazzato, ma sembravo uno di quei bambini che rivelano che andare a messa non li piace e vengono accusati dalle vecchiette di essere figli del diavolo.
Magari lei non mi stava guardando come fossi un diavoletto, ma era chiaro che era almeno un po' delusa.
- Capisco, se non ci sei abituato può essere davvero disorientante, però ci sono delle belle persone, e i bambini sono simpatici. - provò a dire, indecisa.
- Vero, - l'affermazione di Ashton la rese più sicura e mi ritrovai a sospirare. Per lui era facile, si trattava solo di giocare un po' con dei bambini, doveva solo disegnare qualche dinosauro e il gioco era fatto.
- Lo so, - iniziai, cercando le parole adatte, - non sono le persone in sé, o l'ambiente, è che... -
- Che vedi la malattia prima della persona? - mi suggerì Tess, cogliendomi di sorpresa.
- Sì. - mormorai. Era questo il punto, non era questione di passare del tempo con alcuni bambini innocui, era passare il tempo con delle persone che da una settimana all'altra avrei potuto non rivedere più, erano malati.
Era pensare queste cose che mi faceva sentire una merda e mi teneva sveglio la notte, perché non potevo prenderla come Ashton? Vederli per ciò che erano veramente?
- Toc, toc! - squillò la madre di Tess, che avevamo scoperto chiamarsi Lucy, senza però bussare veramente.
- Interrompo qualcosa? Siete tutti seri, col broncio, - ci sorrise e Ashton fece un gran sorriso di risposta, beccandosi una gomitata da parte di Tess.
- Posso vedere quello che stai pensando. Smettila subito, - sussurrò, mentre ridevo sottovoce e il riccio si scusava.
- Avete concluso qualcosa? - chiese di nuovo, osservando rassegnata le confezioni di Oreo. Ci erano state spiegate le cure alternative della madre, che comprendevano un'alimentazione super sana, ma ci era anche stato detto dell'insana passione per quei biscotti al cacao, che erano l'unica "schifezza alimentare" tollerata in casa Lowe.
- Sì, che non ti fanno saltare le ore di matematica anche se hai avuto la leucemia, - si lamentò Tess, pregando la madre di scrivere al presidente Obama di togliere algebra dalle materie obbligatorie. Un discorso senza senso che fece ridere tutti quanti e imbestialire colei che lo stava pronunciando.
- Ashton, se vuoi venire di là ti dovrei dare una cosa... - e così Lucy sparì in soggiorno, mentre il mio amico si illuminava tutto.
- Deve solo pagarti, idiota, - gli spiegai, mentre la luce piano piano si spegneva e lui seguiva la donna in un'altra stanza.
- Comunque è normale. - iniziò Tess, una volta soli.
- Guardare quei bambini e vedere solo il cancro, o qualunque sia la loro malattia, - chiarì, mentre impallidivo di colpo.
- Capita a tutti, e intendo proprio a tutti. Se ad Ashton non è capitato ora, capiterà quando la sua bambina preferita, passami il termine da pedofila, tornerà sulle sue ginocchia senza capelli o Samuel, quello che ti chiedeva di disegnare i dinosauri, tra una settimana sarà troppo stanco per chiedergli qualunque cosa. Capita a tutti, è una gran rottura e ti complica la vita, ma non fartene una colpa, Hemmings, perché è la cosa peggiore che tu possa fare. Ti abituerai, tra qualche settimana non la vedrai più così. - spiegò, con l'aria di chi stava elencando la lista della spesa, mentre mi stava togliendo un enorme peso dal petto.
- Io... -
- Tuttavia a volte è troppo. Se vuoi posso parlare con i tizi che reclutano i volontari. - e qui mimò delle virgolette con le dita, - Credo abbiano un debole per me, potrei dire loro che stai scontando la tua punizione facendomi ripetizioni, magari questo basterebbe per non farti più venire in ospedale. - continuò, sempre con tono tranquillo, quasi indifferente.
- Io... - ripetei, senza sapere davvero cosa dire.
- Non rispondermi subito, pensaci su se ne hai bisogno. -
La guardai fisso quando si girò, incredulo per la piega che avevano preso le cose. Quella ragazza mi stava offrendo una via di fuga dai miei incubi. Dall'ansia che mi attorcigliava lo stomaco al pensiero di passare altre sessantotto ore dentro quell'edificio.
- Grazie. - dissi, e fu forse il ringraziamento più sentito che avevo pronunciato fino ad allora.
Lei alzò le spalle, sorridendo appena.
- Non è niente. Grazie per la matematica, - rispose, togliendomi l'ennesimo peso dal petto.
- Però non chiamarmi più ragazzina. - si girò di colpo e mi puntò contro un dito chiaro e lungo.
- Ma lo sei, - ghignai, in parte sollevato che la tensione che c'era si fosse sciolta.
- Hai due anni in più di me, non hai abbastanza esperienza in più per chiamarmi così, - si impuntò, e mi avvicinai a lei.
- Ti assicuro che ho molta, ma davvero molta, esperienza. - sorrisi, coprendo sempre più distanza.
- Quella in campo sessuale non vale, - si impose, incrociando al petto le braccia.
- Ah no? E quale dovrebbe valere? - chiesi nuovamente, ormai a poco meno di dieci centimetri da Tess.
- Quella...ehm, quella in campo... - tentò di dire.
- Sto aspettando, - sorrisi ironico, fermo in un punto da cui potevo vedere bene le sfumature scure nei suoi occhi.
- Luke? - chiamò Ashton all'improvviso, per poi entrare dopo una frazione di secondo.
- Ho interrotto qualcosa? - chiese, con una luce strana negli occhi. Mi avrebbe torturato per giorni dicendo che ci stavo provando con Tess, ne sono sicuro.
- No, Ashton. Che c'è? -
- A che ora è la festa domani? -
- Andate ad una festa? - si intromise Tess, con un'espressione così da bambina in faccia che mi balenò, per un secondo solo, l'idea di chiederle se voleva venire con noi.
- Già, non ci sei mai andata? - volle sapere Ash, e già lo maledicevo mentalmente.
- Sì, con tutti gli amici che mi sono fatta facendo la spola tra ospedale e casa per otto anni ne ho fatte decine, oserei dire centinaia. - ironizzò lei, con una punta di malinconia nella voce.
- Non hai amici? - continuò imperterrito. Che razza di domanda era?
- Ho una migliore amica, e qualche conoscenza, ma niente di che. - sbottò lei, parlando di quello che era, evidentemente, un punto dolente per lei.
- Come tutti, quindi. - dissi, con il malsano desiderio di non farla sentire troppo fuori posto.
- Già. - tagliò corto, imbarazzata.
- Comunque Luke, dobbiamo andare da Cal il prima possibile. - dichiarò Ash, affrettandosi a salutare Lucy e Tess e a ringraziarle, con la promessa che saremmo tornati il venerdì dopo.
Appena usciti da casa mi accessi una sigaretta e pregai Ashton di aspettarmi appena dietro l'angolo, e lui capì che era uno di quei momenti in cui avevo bisogno di respirare e basta e fece come gli avevo chiesto.
Mi appoggiai al muretto davanti a casa di Tessa e presi una lunga boccata di fumo, aspettando la sensazione di pace che mi avrebbe dato la nicotina una volta entrata nei polmoni.
Subito dopo il primo tiro, però, venni interrotto.
- Vattene, stupido gatto, e non provare ad avvicinarti, - la voce della ragazza con la quale avevo parlato poco prima mi costrinse a voltarmi.
- Non fissarmi così. - ordinò lei a un gatto randagio che, seduto a qualche metro da lei, le teneva gli occhi addosso.
- Ho detto di non fissarmi così! - ringhiò, facendo assurdi gesti con le mani per mandarlo via.
- Non ti mangia mica, -
Non resistetti alla tentazione di interrompere quell'esilerante quadretto.
- Lo so ma...fanculo, mi fanno paura i gatti. - confessò, avvicinandosi.
- E poi non dovrei darti della ragazzina... - sospirai teatralmente, godendomi la sua reazione.
- Non c'entra niente, - si innervosì, ma dopo poco si calmò.
- Cosa ci fai ancora qua? -
- Avevo bisogno di un momento da solo, - spiegai, mentre le sue guance prendevano colore.
- Scusa, torno dentro. - incespicò sulle parole e sui suoi passi mentre tornava dentro casa.
- Non fa niente, puoi restare. - aspirai di nuovo.
- Mh, okay. - si mise accanto a me, in silenzio.
- Puoi anche parlare, se vuoi. - la incitai, divertito dal suo imbarazzo.
- Cosa dovrei dire? -
- Anche qualcosa di stupido va bene. -


- Dammele. - gli ordinò, di punto in bianco, spezzando il silenzio un po' imbarazzato che si era creato.
- Che cosa? -
- Le istruzioni. - ribadì, ostentando un gran sorriso, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio.
- Credo di essermi perso qualcosa. Istruzioni per...? - gettò a terra il mozzicone della sigaretta accesa poco tempo prima e si avvicinò ancora di più, stranito ma curioso.
- Per vivere. -
- Tu sei pazza. - spalancò gli occhi color ghiaccio, pensando all'assurdità della richiesta.
- Può darsi, - gli concesse, - tu però dammele lo stesso. -
Tess si avvicinò così tanto che Luke poté vedere un pizzico di preghiera nei suoi occhi scuri, ben nascosto, e ignorando le domande che stavano affollando la sua mente annuì in fretta, senza pensare alle conseguenze che quel gesto avrebbe portato.
- Okay. -


















Angolo autrice

Buonasera a tutte ma, più importante, buon anno! ( scusate il  ritardo )
Eccomi qua col terzo capitolo, dopo soloquattro giorni, sono o non sono stata super brava? Scherzo, so di non esserlo stata lol
Comunque, come avrete visto questo capitolo, a parte il pezzo finale, è tutto Luke's POV. Come vi sembra? Preferivate il narratore esterno? Help me perchè davvero dipende tutto da voi, meow
Altra domanda importante, stavo pensando di invece di mettere come nome del capitolo solo il numero romano potrei mettere una frase di una canzone della quale riporterei un pezzo all'inizio, e che ovviamente c'entra con il capitolo. Pollice su o pollice giù?
Aiut mi sento come se vi sto tartassando lol
Comunque, se siete arrivte fin qua, GRAZIE.
Se avete recensito o state per farlo, GRAZIE.
Se state seguendo/preferendo/ricordando la storia, GRAZIE.
Vi cuoro.

Il quarto capitolo arriverà sempre dopo un paio di recensioni, ci terrei molto a sapere cosa ne pensatedi questa storia, soprattutto se avete qualche critica, ma non vorrei davvero sembrare interessata solo a questo o cose del genere.
Grazie a tutti voi people from Ibiza che state leggendo, besos ( e pesos )
Alla prossima *heart emoji*
  
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