Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Giuliacardiff    02/01/2015    3 recensioni
DAL TESTO:
Un titano che uccideva altri titani. Anche se il mio cervello non ci credeva, il mio cuore gridava che quello era Eren, l’unico che abbia mai amato. Lui era un titano.
L’umanità con il tempo si appellò a lui in diversi modi: sopravvissuto, soldato, titano, mostro, icona di un mondo perduto, sterminatore di titani, membro della squadra del più forte dell’umanità, ultima speranza.
Nessuno di questi era quello giusto. Eren era semplicemente … Eren. Non una pedina nelle mani della legione, non l’ultima speranza dell’umanità, non un attrezzo del governo. No. Lui era solo se stesso.
Ed io rimarrò per sempre al suo fianco, come ho sempre fatto.
Jean x Eren. Eren!death, linguaggio forte.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Salve! Questa fan fiction è un po’ fuori da ogni schema, non so neanche come mi sia venuta in mente.
Il passato di Eren è cambiato leggermente. La coppia in questione è una delle meno utilizzate: la Jean x Eren.
Ripercorriamo i momenti che hanno passato insieme.
Inoltre ho aggiunto qualcosa che spero vi piaccia.
Linguaggio forte ma non troppo.
Il titolo è una frase di Roberto Gervaso in “la volpe e l’uva” del 1989. Scusate eventuali errori. XDXDXD

Alla prossima …..

 


Confusione. È l’unico sentimento che risiede in me. I miei sentimenti s’intrecciano creando una catena che non riesco a spezzare e che pian piano diventa sempre più pesante. Rabbia, odio, invidia, frustrazione … sono sentimenti così reali, eppure di fronte ai tuoi occhi cambiano e si trasformano, facendo rimanere solo soddisfazione e gioia.

Fin dal primo momento che ti ho visto, ho compreso. Tu non eri una persona qualsiasi, non eri il solito soldato che messo in prima linea, muore divorato dai titani. No. Tu eri qualcosa di più, di più oscuro, qualcosa di … proibito.

Inizialmente ti ho odiato. La mia vista era offuscata dai miei fottuti principi, non volevo innamorarmi di te, eppure … ti ho amato dal primo istante.
Negavo, il mio intero essere negava l’amore che provavo per te, rendendomi cinico e insensibile davanti ai tuoi occhi.

Te li ricordi i nostri primi mesi di addestramento? Ero un fottuto cazzone e tu un bastardo suicida. Quante volte ho rischiato di morire per venirti a salvare? Quante volte eri illeso e incurante della vita stessa mentre io mi aggrappavo all’idea di un futuro agiato ma vissuto come subordinato senza volontà?

Tu eri tutto ciò che odiavo, tutto ciò che volevo essere ma che la mia codardia m’impediva di diventare.

Ti ho odiato, quanto ti ho odiato. Tu eri … la personificazione della volontà d’animo.

La nostra prima volta insieme … fu un errore di calcolo. Fu per scherzo, non eravamo intenzionati ad andare fino in fondo, entrambi volevamo vincere una stupida scommessa venuta fuori chissà come.

Dopo quella volta, non ci parlammo per settimane. Il tempo in cui rimanemmo separati fu sufficiente per farmi comprendere i miei veri sentimenti e prendere coscienza della persona amata.

La passione che ci accompagnò quella volta, si ripresentò dopo quasi un mese. Nessuno dei due parlò, non c’è n’era bisogno. Entrambi eravamo consenzienti e, perché no, fottutamente eccitati.

All’esterno continuavamo a non sopportarci, ma quando rimanevamo soli, il sesso era il nostro modo di comunicare. Non che fossimo incapaci di avere punti in comune, è solo che … non volevamo complicarci la vita con una relazione inutile. Dopotutto vivevamo con il fardello dell’umanità sulle spalle e l’incombente morte dietro l’angolo. Era solo sesso, niente di più niente di meno.

Verso la fine dell’addestramento, iniziai a notare i primi segni dell’errore che mi portavo dentro.

Con il passare del tempo, comprendevo molto bene il modo di pensare e di agire del mio compagno. Era sempre irascibile, virtuoso, ribelle, uno spirito indomabile, un predatore a sangue freddo in cerca della sua miglior preda umana o titanica. Lui non mi parlò mai del suo passato, quando l’argomento lo sfiorava, si rinchiudeva in se stesso ed era impossibile comunicare con lui. D’altra parte, come biasimarlo? Il suo migliore amico mi raccontò solo parte della sua vita, ed io capii che se voleva parlarmene era il solo a decidere di farlo.

Per puro caso, o forse dovrei dire, a causa di un errore di quella pazza mangia - patate, io e lui finimmo in mezzo alla foresta, senza armi né forni menti. Sperduti, isolati e … completamente ignari del luogo in cui ci trovavamo.

In un primo momento, cercammo di uscire fuori da quel cazzo di casino, invano. Passammo ore a fare la guardia a noi stessi senza sapere in cosa andavamo incontro. Ho già detto che eravamo sperduti in mezzo al nulla?

Non so come, ma a un certo punto mi addormentai, farsi trascinare nelle braccia di Morfeo era così … rassicurante.

Mi svegliai di soprassalto a causa di un rumore acuto: sembravano delle urla disperate. Cercai disperatamente il mio compagno, ma non lo trovai. Terrorizzato, corsi senza una meta verso quelle urla.

Ciò che vidi … fu …

Non ero preparato a ciò che vidi.

Nessuno … sarebbe rimasto abbastanza lucido da assimilare ciò che …

La scena che mi si presentava davanti … era tra le più terrificanti che avessi mai visto, forse la più terrificante di tutta la mia vita.

Sangue, corpi martoriati, membra sparse a terra, urla, lacrime, l’odore malsano della decomposizione mischiato a quello ristagnante del sangue.

Eren si ergeva in tutta la sua altezza e … non so che altro, su quattro corpi umani. Un quinto pregava per la sua vita.

-Eren … -

Provai inutilmente a chiamarlo, ma la mia voce era flebile. Un nodo si formò nella mia gola senza che potessi evitarlo. Volevo vomitare, scappare da quella scena, dimenticare tutto … tutto.

Con una mossa veloce della mano, lui, la persona che credevo di conoscere, iniziò a strangolare il malcapitato che in pochi minuti morì soffocato. Non riuscivo a vedere la sua espressione.

Calò il totale silenzio prima che il cadavere fu appoggiato lentamente a terra. Il suo viso si avvicinò al corpo esamine: i denti affondarono nella carne del collo per poi strapparla e ingoiarla.

Seriamente … una scena raccapricciante. Il ragazzo che mangiava il corpo che aveva appena ucciso.

Le mie gambe cedetterò e riversai il contenuto del mio stomaco sul terreno. Non ci potevo credere. Era quasi surreale.

-Jean … -

La sua voce mi trafisse le orecchie. Non era il suo solito tono di voce, era … malizioso, sadico … perverso. Sembrava preda di un orgasmo, eccitato come una puttana, anche più di quando scopavamo.

Non sembrava neanche più lui: ricoperto di sangue, con la divisa strappata in più punti, postura rilassata e canzonatoria. Ma la cosa più … oscena era il suo viso: sporco di sangue e terra, le gote arrossate per l’eccitazione, gli occhi languidi ma spietati e in cerca di sangue, delle linee di sangue che percorrevano il volto formano come delle fiamme insanguinate e il ghigno disumano e delirate dipinto su una maschera di innocenza.

-Jean … - il suo tono era acuto e languido, come chi chiede supplicando di essere soddisfatto, - questi uomini volevano attaccarci. Me ne sono accorto quando stavi dormendo, non volevo farti preoccupare.

Li ho portati in questo posto e li ho uccisi. Ha hahaha ahah …- è stato così bello, così soddisfacente … così eccitante. -

Non era in sé. Non capiva di aver appena ucciso degli uomini?

-Jean … perché fai quella faccia?- si avvicinò con passo tremolante ma saldo, -perché mi guardi con quegli occhi?- si leccò un dito insanguinato, gustando il sapore del sangue. D’istinto feci un passo indietro.

-perché ti allontani? Hai paura di me?- il suo sguardo si fece derisorio ma ossessivamente mostruoso.

-perché hai paura? Non mi amavi?- mi prese il viso tra le mani e mi baciò appassionatamente, quel bacio mi lasciò in bocca un retrogusto amaro, probabilmente quello del sangue.

Vidi l’espressione del mio interlocutore inorridirsi per poi intristirsi. Sembrava come se … annaspasse in cerca d’aria.

Poi capii, stavo piangendo. Le lacrime scendevano copiose sulle mie guance, tracciando linee umide e infrangendosi a terra. Iniziai a singhiozzare come un lattante mentre i miei occhi erano ancora terrorizzati.

Non ci volle molto prima che l’essere che mi trovavo davanti … iniziò a piangere. I suoi occhi sembravano compassionevoli, ma così caldi … così soffocanti, mentre le lacrime scendevano lavando via il sangue.

-perché … perché piangi? Stai soffrendo … perché? È colpa … mia?-

Allontanò le mani dal mio viso. Portò le ginocchia al petto e posò la sua testa sul ginocchio destro. Iniziò a singhiozzare e a tremare per gli spasmi.

Era come un bambino che piangeva in un angolo senza farsi sentire da nessuno. Quella visione mi addolcì e mi fece smettere di frignare.

Con uno slancio, lo abbracciai. Non m’importava cosa fosse, se avesse ucciso ancora, se fosse diventato un mostro assetato di sangue, se … fosse rimasto solo. Il mio istinto, il mio raziocinio, tutto il mio essere voleva rimanere al suo fianco, voleva che quella povera anima non piangesse più, voleva vederlo sorridere, voleva … semplicemente essere la spalla a cui aggrapparsi in cerca di un appiglio quando si cadeva nelle tenebre e nell’oblio più oscuro.

-Eren … non ti abbandonerò mai, qualunque cosa sarai … io sarò sempre dalla tua parte-

Era tornato in sé. Le mie parole l’avevano portato indietro. Mi abbracciammo, baciammo, accarezzammo.

Quando si calmò e guardò dietro di sé, la sua espressione era … completamente apatica. Non provava niente, forse sapeva di essere uno spietato assassino.

-sai, quando avevo otto anni, per proteggere Mikasa ho ucciso due uomini.- Jean era allibito, ma lo lasciò continuare. –volevano venderla, non potevo rimanere con le mani in mano. Mi sembrava la scelta migliore. Quando li uccisi … non provai niente, né rimorso né angoscia. Pensai che il mondo era un posto migliore ora che quegli schifosi bastardi erano morti. Non mi sentivo in colpa con me stesso.-

La sua voce era incolore, disinteressata. Come se non fosse l’artefice di quei massacri.

-tutti dissero che eravamo dei mostri, così piccoli eppure così spietati. Non capivo, anche quando mio padre mi rimproverò, io ero soddisfatto delle mie azioni.-

-con il passare del tempo e degli anni, molti mi guardarono con lo stesso sguardo: impietosito e disgustato. M’incazzavo ogni volta. Non sono mai stato … ingenuo, Armin e Mikasa non se ne accorsero ma c’erano molte persone che ci guardavano con secondi fini.-

Jean era confuso.

-volevano la mia famiglia, all’inizio pensavo per venderli, ma poi capii che era per i loro corpi. Così, senza farmi vedere, mi concessi al posto della mia famiglia. Diventai la puttana dei soldati dell’esercito imperiale per proteggere ciò che più mi era caro.-

Jean a quella notizia strinse il corpo caldo del suo amato come per rassicurarlo.

-periodicamente vendevo il mio corpo a quei porci per far sopravvivere la mia famiglia. Loro non sanno niente, è il mio unico segreto, non l’ho mai rivelato a nessuno.-

Si baciarono ancora, per ora andava bene sapere quel piccolo pezzo di passato.

Passammo molto tempo raggomitolati in quella posizione, fino a quando non sentii qualcosa ringhiare. Mi girai di lato e notai degli animali che non avevo mai visto ringhiare verso di noi per poi avvicinarsi ai corpi vicini a noi.

Alcuni di quelli strani animali si avvicinarono, cercai di scacciarli, ma lui mi fermò.

-calmati Jean, non ci faranno del male. Sono innocui.-

Con un sorriso calmo e tranquillo, quel pazzo menefreghista della vita, avvicinò una mano verso il muso di uno. Quello si avvicinò cautamente, poi leccò la sua mano con fare giocoso.

È stupido dire quanto fossi esterrefatto.

-tranquilli, tranquilli … non siamo dei nemici- iniziò a giocare con loro, sembrava a suo agio tra quegli esseri. Uno si avvicinò a me con l’intento di attaccarmi, ma lui lo fermò.

-no, è un amico. Non dovete mangiarlo, vi piacerà-

Manco a dirlo, quello stesso essere iniziò ad accarezzarmi e a leccarmi, seguito dal resto del branco.

-lo sai Jean, nel mondo animale ci sono diversi tipi di predatori. Conoscerai di certo le tigri, i leoni e quant’altro, ma una specie che si è estinta dopo la venuta dei titani è questa: quella dei lupi. Sono gli antenati dei nostri cani, quelli che fanno compagnia ai nobili, tuttavia loro sono più … ribelli.-

A quella parola i suoi occhi s’illuminarono, sembrava che adorasse quella specie sconosciuta alla maggior parte dell’umanità.

-i lupi sono degli ottimi predatori, dei carnivori a sangue freddo. Si dice che il loro sangue sia caldo e che non conoscano la temperatura, infatti, vivono sia con il caldo sia con il freddo. Le madri sacrificherebbero la vita pur di proteggere i cuccioli. Sono delle creature spietate con la propria preda eppure così amorevoli con i propri simili-.

-un po’ come te, Eren. Anche tu sei spietato, ma adori la tua famiglia.-.

- … può essere- la sua faccia imbarazzata era la risposta alla domanda che mi martellava in testa: i lupi erano i soli con cui Eren si confidasse.

Dopo qualche minuto, i lupi ci salutarono e presero i cadaveri portandoseli chissà dove.

-dove …?-

-portano le prede nel loro rifugio per mangiarli e darli ai cuccioli. Non è uno spettacolo che ti piacerebbe vedere.-

Ecco spiegato il motivo del loro essere spietati.

Rimanemmo ancora in quel luogo, prima di essere trovati dai nostri compagni e riportati al centro d’addestramento.

Quella notte per la prima volta facemmo l’amore lentamente e appassionatamente, come se non ci fosse un domani, dimostrando tutto il nostro amore.

Il giorno del diploma, l’intera umanità ricordò di essere solo bestiame rinchiuso in una gabbia in attesa di essere divorato. Il titano colossale comparve, subito dopo quello corazzato entrò in scena. Eren era sparito, lo cercai ovunque, fino a quando non lo vidi.

Un titano che uccideva altri titani. Anche se il mio cervello non ci credeva, il mio cuore gridava che quello era Eren, l’unico che abbia mai amato. Lui era un titano.

L’umanità con il tempo si appellò a lui in diversi modi: sopravvissuto, soldato, titano, mostro, icona di un mondo perduto, sterminatore di titani, membro della squadra del più forte dell’umanità, ultima speranza.

Nessuno di questi era quello giusto. Eren era semplicemente … Eren. Non una pedina nelle mani della legione, non l’ultima speranza dell’umanità, non un attrezzo del governo. No. Lui era solo se stesso.

Ed io rimarrò per sempre al suo fianco, come ho sempre fatto.

Quando ci rincontrammo, ero appena entrato a far parte della legione. Quando lo vidi i miei occhi, brillarono.

Finalmente ero di nuovo con lui.

Lui, però, preferiva non rivolgermi la parola. Ora era sorvegliato dal Capitano.

In un momento di vuoto, riuscì a rimanere solo con lui.

-Eren … - provai a chiamarlo, ma lui sembrava altrove. Abbassai lo sguardo e in quel momento, lui mi abbracciò. Mi sentii di nuovo completo, come se mi mancasse qualcosa: la sua sola presenza fra le mie braccia.

Frignava come un neonato, non potevo fare altro che confortarlo con parole dolci ma vuote alle mie orecchie. Quello che ci univa erano i fatti non le parole.

-Jean … io … sono un mostro – prima d’ora si era già riferito a se stesso con quell’appellativo, ma questa volta era diverso.

-io … non sono umano, sono un titano. La gente ha paura di me, ma io … non voglio essere un mostro.-

Lo strinsi contro il mio petto, quasi mi faceva tenerezza, era adorabile con i suoi dubbi tanto infantili quanto seri.

-tu non sei un mostro Eren - lo vidi mentre mi osservava confuso. –tu non sei né un assassino, né un titano, nemmeno l’ultima speranza dell’umanità.

Tu … sei solo Eren, potrai non essere umano, potrai saper diventare un titano, ma questo non cambia il fatto che sei quello che sei. –

Lo vidi calmarsi per poi guardarmi dritto negli occhi con ammirazione.

-io sarò sempre dalla tua parte, qualsiasi cosa sarai, anche se andrai contro l’umanità io ti sarò accanto, anche se sarò privato di tutto ti seguirò. Tu sei la persona più importante per me, non dimenticarlo-.

Il bacio che ci concedemmo fu uno dei migliori: casto e dolce.

Eravamo di nuovo insieme, uniti nello spirito e nella carne. Di nuovo un unico essere.

………………………………………………………….

-EREN!!!!!-

Dove sei … non ti vedo. Non scomparire, non andartene, rimani con me.

Era la fine della guerra, nessuno sapeva chi avesse vinto: umani o titani. Una cosa era certa: i morti erano milioni da ambe le parti.

Corpi ammassati a terra, soldati morenti, vapore ovunque. Cazzo, dove sei Eren!

Eccoti, finalmente ti ho trovato. Sei con qualcuno, lo vedo in lontananza. È basso ma eretto. Ah, è il capitano Levi. Perché e fermo? Perché ti guarda e non ti aiuta? Perché sei a terra e non ti muovi?

Mi avvicinai. Ero lì …

No. Ditemi che non è vero. Ditemi che sto sognando. Cazzo non può essere.

Eren …

È a terra sanguinante, sul punto di morte, annaspa a ogni respiro, nessuno lo aiuta. Nessuno ne è in grado. Dovrebbe guarire subito da una ferita così superficiale, poi ci arrivai. Il danno non era esterno ma interno. Questa era la conseguenza della trasformazione in titano: la morte. Maledizione …

Il capitano non faceva niente, lo fissava con lo sguardo basso, senza essere in grado di fare niente. Dopotutto lui era sempre abbastanza forte da sopravvivere, ma non abbastanza da proteggere qualcuno. E lui lo sapeva, lo sapeva quando non era riuscito a salvare né la sua famiglia, né la sua squadra. E ora era arrivato troppo tardi anche per salvare Eren. Fottuto bastardo.

Scosto malamente quell’inutile essere, non è neanche in grado di replicare, e mi avvicino a Eren, sputa sangue, ma sembra felice di vedermi.

-Jean … - la sua voce è strozzata e sembra provare molto dolore, -sei qui … -

Il suo tono è speranzoso ma la mia espressione è sufficiente per fargli intendere il mio stato d’animo. Sono turbato, incazzato, sofferente, deluso, affranto, ce l’ho con me stesso per non essere in grado di salvarlo, per non essere stato al suo fianco nel momento del bisogno, mi faccio schifo, sono uno stronzo. Non merito di vivere.

Lui sembra capire cosa mi passa per la testa perché mi accarezza con gentilezza e mi sussurra tremando:

-non ti preoccupare, sono felice. Li ho uccisi tutti, questo era il mio scopo e l’ho raggiunto. Non sono arrabbiato con te, né con nessun altro. Evidentemente doveva finire così ed io l’accetto-.

Le lacrime iniziarono a scendere su entrambi i nostri volti.

-sono felice di averti visto un’ultima volta. Ti ringrazio per … tutto quello che hai fatto per me. Mi hai amato nonostante la mia natura, ti sei fatto carico delle mie sofferenze sostenendomi, non mi hai mai … abbandonato. Grazie … senza di te non c’è l’avrei mai fatta. Grazie.-

-no … n-non puoi … morire, non puoi … lasciarmi solo … come farò senza di te-

La mia voce era rotta dal pianto, non riuscivo neanche a respirare, non volevo che …

-puoi farmi un ultimo favore?-

Annuisco con un po’ troppa veemenza, ma non importa.

-quando sarà tutto finito, ti prego … non abbandonare la speranza. Non provare a seguirmi bastardo, altrimenti questa volta ti ucciderò seriamente-

Le sue ultime volontà non erano qualcosa di squallido come “ci rincontreremo” o “sarò sempre nei tuoi pensieri”. No, mi stava dicendo che se provavo a uccidermi per non sentire il dolore della sua perdita, non mi avrebbe mai perdonato. Devo ammetterlo, erano le parole più dolci che qualcuno mi avesse mai detto.

-cazzo … si-

Anche se piangevo, ero determinato. Non sarei morto fino alla fine. Non l’avrei seguito, dovevamo dividerci.

-grazie Jean … ti amo- le sue ultime parole, l’ultimo bacio … poi tutto si fermò intorno a me. Non sentivo niente, non ero in grado di piangere, non ero in grado di urlare, sentivo solo il vuoto dentro me.

Un urlo acuto squarciò quel silenzio. L’ultimo titano era caduto e i soldati rimanenti si stavano avvicinando. Non importava. Era tutto finito. L’umanità aveva vinto.

Nessun titano, nessuna traccia dell’ultima speranza. L’umanità, non valeva neanche la pena che sopravvivesse se la vita da pagare era quella di Eren.
Qualcosa si avvicinò, conoscevo bene quel rumore.

I lupi, unici supersiti della propria razza, accerchiarono me e il corpo senza vita di Eren. Iniziarono ad ululare, era un suono così soave. Volevano accompagnare nella morte il loro amico fino alla fine. Il cielo si schiarì e un raggio di luce illuminò il viso di Eren, era ancora bellissimo. Come la prima volta che lo vidi.

Una musica echeggiò nell’aria, non so se gli altri riuscirono a sentirla, ma io potevo. Quella musica era un segno. La pace era giunta, e quella stessa pace ringraziava il solo essere che aveva combattuto per salvare entrambe le parti. Nessuno pianse. Nessuno si sentì in dovere di farlo, non conoscevano Eren, ma noi … noi sì.

L’umanità era stata inutile.

I titani erano scomparsi.

I lupi smisero di ululare e mi accarezzarono per confortarmi. Cercavano di dirmi che Eren era felice.

Lo sapevo, un sorriso triste si dipinse sul mio volto.

I lupi leccarono via il sangue dal suo volto e lo salutarono per l’ultima volta prima di andarsene.

 Il sole era alto nel cielo e come dei frammenti il corpo di Eren iniziò a frantumarsi e a brillare.

Dietro di me, qualcuno trattenne il fiato. Lo salutai per l’ultima volta prima che il vento e la luce lo portassero via.

Eren non c’era più, così com’era venuto era scomparso. Di lui nessuna traccia.

Non importa, sono felice. La mia anima è in pace. Le sue ali lo porteranno in quei luoghi che non vedeva l’ora di vedere. Finalmente … Eren è libero da queste catene.

Il cielo era limpido e davanti all’umanità una rondine annunciava la fine di tutto.

Un nuovo inizio era alle porte.






-FINE-





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