Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Dragon_Flame    02/01/2015    4 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

29.
 


 

Il vento dicembrino spazzava le strade di Firenze con la sua gelida carezza che sapeva d'inverno, coinvolgendo le rade foglie morte in una danza frenetica, mentre spiri d'aria increspavano le acque cupe dell'Arno sonnolento, muovendone la superficie plumbea. Nonostante l'inverno fosse alle porte e il vento gelato che spesso soffiava, le temperature reali erano al di sopra della media stagionale, e Lidia circolava ancora per la città con uno scuro cappotto autunnale che aderiva alla sua figura, incurante del freddo apparente sulla sua pelle chiara.

Erano le sei del pomeriggio. Lidia uscì dal salone della parrucchiera di fiducia di sua madre con un taglio nuovo di zecca. Le morbide, fluenti volute castane che fino a poche ore prima le arrivavano alla vita erano ora state sostituite da un bel caschetto mosso che le incorniciava il viso grazioso, dandole un'aria sbarazzina e giovanile. Felice e compiaciuta, s'era guardata a lungo allo specchio prima di uscire dall'esercizio commerciale, chiedendosi cosa avrebbero pensato della sua nuova acconciatura gli amici e la famiglia.

Pensò a Ivan: vederla con un taglio così corto gli avrebbe fatto prendere un colpo, dato che negli intimi momenti di relax che ogni tanto riuscivano a ritagliarsi insieme l'uomo non si stancava mai di accarezzare, attorcigliare e sfiorare con le dita quelle lunghe chiome. Soffocò una gaia risata, quindi immerse il viso nella sciarpa di lana e si avventurò per le strade trafficate del capoluogo toscano, soffermandosi ogni tanto davanti a qualche vetrina luminosa con la mente già proiettata ai regali di Natale per parenti ed amici.

Passò in un negozio di giocattoli e cercò a lungo tra i peluche di animali cercando una foca monaca gigante da regalare a Emma, che compiva nove anni il 13 gennaio successivo. Non riuscì a trovarne nemmeno una di dimensioni medie e perciò se ne dovette uscire a mani vuote dal locale, promettendosi di esplorare tutta la città alla ricerca del prezioso regalo di compleanno per la bambina, conscia di non potersi lasciar sfuggire, come regalo di compleanno, l'ultimo animale peluche che mancava alla sua ampia collezione custodita gelosamente nella cameretta a casa del padre.

Intorno alle sette Lidia era già a casa di Céline, dove la sua famiglia si era recata per una cena in compagnia dei genitori di Céline e Marco. Fu accolta con calore e affetto da Maria, la madre della sua migliore amica, che le fece i complimenti per il nuovo taglio di capelli. La ragazza le consegnò un bocciolo di stelle di Natale che aveva portato con sé come dono.

In soggiorno la castana ritrovò un bel po' di gente. Abbracciò l'amica e riuscì a schioccare a sorpresa un bacio sulla guancia del riottoso Marco, che a otto anni e mezzo si credeva abbastanza grandicello da non poter più ricevere baci e carezze da parte di donne e ragazze.

"Cavoli, non ti avrei mai riconosciuta, Lilli! Ti sta benissimo quest'acconciatura" osservò Céline con un luccichìo di ammirazione nei brillanti occhi scuri, invitandola a sedere accanto a lei.

Eva, che sembrava litigare al telefono con Matteo, si avvicinò un momento scrutando la sorella e mormorandole un complimento, ma si ritrasse subito.

Invece Marco, impaziente di vedere arrivare Emma, corse in cucina per andare a chiedere a Maria o Sara, indaffarate nella preparazione dell'ultimo piatto della cena, quando sarebbe arrivata l'amica con il padre. Non ottenendo risposta dalle due donne, troppo impegnate per prestargli attenzione, andò ad importunare Giorgio e Domenico nello studio del primo, dove i due uomini conversavano fra loro.

"Credi che a lui piacerà questo nuovo taglio?" domandò Lidia all'amica, accoccolandosi accanto a lei sullo spazioso divano del salotto e stiracchiandosi.

Céline rise appena, notando la stanchezza dell'amica.

"Io pensò che ti troverà bellissima come sempre, ma se ti addormenti sul divano non potrà dirtelo!" disse scherzando sulla sua sonnolenza.

"No, è che non ho dormito bene stanotte... e in più sono stata in giro fino a poco fa. Vorrei solo andarmene a dormire" replicò la castana sbadigliando piano e socchiudendo i vividi occhi azzurri.

"Perché, che hai combinato stanotte?" la punzecchiò la mora, sorridendo maliziosamente.

Lidia non abboccò all'amo.

"Nulla... cosa vuoi che abbia combinato?"

"Chat compromettenti, telefonate notturne, incontri fugaci... decidi tu cosa inventarmi."

"Dài, scema! Ho parlato fino a tardi con Ivan. Lui aveva un turno di lavoro e non ha avuto granché da fare per un bel po', quindi ci siamo sentiti con gli sms. Poi lui sicuramente ha potuto riposare, una volta a casa... ma io no, avevo la scuola. Piuttosto, mi chiedo se hai fatto qualcosa tu stanotte... avrai traumatizzato Dar col tuo impeto!" la prese in giro Lidia, ridendo poi dell'espressione colpevole che lesse negli occhi della ragazza.

"Touché" ammise Céline, guardandola con un leggero imbarazzo. "Per la verità, non abbiamo fatto nulla... non stiamo insieme che da tre settimane. Ma lui mi piace tantissimo e in più ha un bel corpo... ne sono innamorata alla follia. Tuttavia Dar vuole aspettare: dice che è ancora troppo presto per finire a letto insieme. Non mi prendere per una stupida o una poco di buono, ma sinceramente non vedo l'ora!"

"Be', non so che dirti: io non me ne intendo di queste cose. Ivan non intende fare nulla, per adesso. Dice che aspetta l'opportunità perfetta per organizzare tutto e rendere la nostra prima volta insieme bellissima. Comunque, fossi in te, io aspetterei un po' di tempo. E magari creerei l'occasione adatta. Heydar è un ragazzo molto maturo: sono sicura che mai penserebbe male di te. Non credo che ti prenderà per una poco seria solamente perché sei innamorata di lui, caspita!"

"Tu dici? Boh, non so. Ci devo pensare."

Lidia le sorrise maliziosamente, ammiccando scherzosamente.

"Tu, quando sei certa che non c'è nessuno, attiralo in casa tua con una scusa qualsiasi e poi chiuditi dentro a chiave e violentalo, che ne so!"

Le due amiche risero insieme, continuando a chiacchierare allegramente per qualche minuto ancora, finché il campanello d'ingresso non suonò. Allora, come concordato in precedenza tra Lidia, Ivan e Céline, le due ragazze si precipitarono al portone insieme per aprire, contente di scoprire che si trattava proprio dell'uomo e di Emma. Mentre la mora accompagnava la bambina da Marco, Lidia e Ivan poterono salutarsi con un bacio veloce prima che lui entrasse nell'appartamento.

L'uomo, che prima non era riuscito a osservare con calma e attenzione la fidanzata, ora la guardò a lungo con occhi ammiratori ed entusiasti, rivolgendole un sorriso compiaciuto.

"Questo caschetto ti sta anche meglio dei capelli lunghi che portavi prima. Sei splendida" osservò con semplicità, contemplando ancora per qualche istante il volto pallido della ragazza che imporporiva di piacere a quel complimento.

"Grazie" balbettò lei, voltandosi di scatto e raggiungendo Céline, Emma e Marco in salotto quando sentì i passi pesanti di Giorgio e Domenico avvicinarsi per dare il benvenuto a Ivan, in modo da non farsi cogliere insieme a lui.

Il padre di Lidia controllava sempre più la sua primogenita. L'invadenza paterna, prima ancora che quella materna, la stressava tantissimo, perché era difficile sfuggirle senza sospetti o dubbi. Quel serrato controllo esercitato sulla sua vita la faceva innervosire molto. Ma non poteva certo dire loro di farsi gli affari propri: ciò li avrebbe spinti a curiosare ancora più di prima. Perciò si era rassegnata alla situazione.

"Bene bene, ragazzi: è arrivato anche Ivan con Emma. Venite qui, su! Si va a tavola" li chiamò dalla cucina Maria, esortando soprattutto il figlio a non fare storie.

I dieci commensali si accomodarono alla tavola e un leggero antipasto a base di crostini e olive fu servito dalla padrona di casa.

"Che peccato che Rita e Tony non siano potuti venire con i figli: ci saremmo divertiti un sacco" osservò Domenico cominciando a parlare con Maria.

"Zut, che palle."

Lidia, che stava masticando lentamente un crostino di carne, si voltò a guardare la sua migliore amica, seduta accanto a lei, con negli occhi azzurri un'espressione perplessa.

"Che c'è?" le chiese, facendosi più vicina a lei per ascoltare la risposta.

Céline assaggiò appena uno stuzzichino in salsa rosa, poi lo rimise sul piatto, senza toccare altro.

"I miei genitori sono un po'... diffidenti, ecco. Non credo accetterebbero la mia relazione con Heydar, nemmeno se dicessi loro che sua madre è italiana e che lui ha una mentalità più moderna e occidentale della loro!"

"Non riesco a ricordare quando abbiamo iniziato questo discorso, ma se per te va bene parlarne andrà bene anche a me" ironizzò la castana, facendo spuntare un sorriso sulle labbra carnose dell'amica.

"E' proprio vero che l'umorismo di Ivan è contagioso, allora! Stammi lontano" replicò la mora stando al gioco.

Quindi le due si guardarono negli occhi con complicità, scoppiando a ridere insieme.

"Se non avessi te, Lilli... riesci sempre a costringermi a ridere come una scema, anche quando non ne ho voglia" ammise Céline a voce bassa, quasi sussurrando all'orecchio della convitata.

"Dimmi tutto, su."

La ragazza afferrò una tartina alla maionese e si obbligò a inghiottirla, cominciando poi a parlare.

"Non dico subito, ma pensavo di presentare Heydar ai miei, un giorno, se la nostra storia durerà. Anche perché Dar ha già raccontato ai suoi genitori di me... L'ho trovata una cosa un po' prematura da fare, ma in fondo non c'è nulla di male. Il problema però lo conosci: secondo te, mamma e papà lo accetteranno? Sai che sono pieni di pregiudizi. Ecco cosa mi tormenta."

"Oggi Heydar ti aveva invitata ad uscire per cena, vero?" dedusse Lidia, osservando l'amica con sguardo sagace.

"Vedo che hai capito il perché della mia inquietudine. Sì, oggi dovevo uscire con lui, e invece per colpa di queste stupide cene tra amici di famiglia non posso vederlo. Mi fa tanta rabbia sapere di non poterle condividere con lui a causa della mentalità provinciale dei miei, cazzo!"

"Posso capire la questione della mentalità provinciale, ma perché ti fai tanti problemi? Hai diciotto anni, sei fidanzata già da un po' con Heydar e lui inoltre è un ragazzo a posto e con la testa sulle spalle. Mettili di fronte al fatto compiuto, no? Non potranno mica negarti di vederlo. Sei abbastanza indipendente e grande da fare quello che vuoi e frequentare chi desideri" la consigliò la castana.

"Sì, hai ragione, ma temo che loro non l'accettino, che si dimostrino razzisti con lui o la sua famiglia in futuro."

"Questo non potrai saperlo finché non arriverà il momento. Non pensarci, Céli... io credo che loro capiranno. E poi considera che il concetto di razzismo è molto relativo: il fatto che sua madre sia italiana e che lui abbia una mentalità occidentale deporrà a favore di Dar, giusto? I tuoi genitori non se la prenderanno, o almeno credo."

"Vorrei poterne essere certa" sbuffò seccata Céline, infilzando nervosamente con la forchetta un'innocente oliva.

Lidia rise appena, mordendosi il labbro per non urtare l'umore cupo dell'amica.

"Non credo che soffocare la tua rabbia su un'oliva ti sia d'aiuto... tu parlaci e basta. Io scommetto che Giorgio e Maria non ti diranno nulla di che. Parla loro di che ragazzo meraviglioso e intelligente ti sei innamorata e di come lui ti ha corteggiata prima di chiederti di mettervi insieme. Non nascondere nulla, perché non c'è niente di cui vergognarsi."

"Tu dici? Mah."

"Be', almeno provaci" insistette la ragazza, dandole di gomito. Abbassò la voce. "Tu ce l'hai la possibilità di viverla la tua relazione con Heydar. Io non potrei nemmeno volendo, dato che papà farebbe Ivan a fettine e mia madre mi chiuderebbe in convento a vita se lo venissero a sapere. E questo sarebbe il risvolto futuro più positivo, eh. Pensaci un po' su, ma io credo che tu sbagli a tener loro nascosto che sei innamorata di un ragazzo. E poi dovranno abbandonare la loro mentalità retrograda, prima o poi" continuò con amarezza.

Lidia gettò un'occhiata fugace a Ivan, il quale, che la stava silenziosamente osservando con la coda dell'occhio, le sorrise con tenerezza, scrutando le iridi azzurre della giovane e tornando poi a concentrarsi sulla conversazione con Maria.

"Hai ragione... forse è meglio parlarne con loro" ammise Céline, mordicchiandosi un'unghia, improvvisamente incerta.

La castana le posò una mano sulla spalla, comunicandole tutto il suo sostegno.

"Dài, che andrà tutto bene."


 

***


 

"Ho trovato Ivan molto bene stasera" osservò Domenico quando, un'ora dopo, era in auto con moglie e figlie e discorreva tranquillamente con loro.

"Sì. E' più sereno, ultimamente... mi ha detto che esce con una donna che gli piace molto. Ha raccontato a me e a Maria che si chiama Daria, e a quanto ho sentito è un tipo completamente diverso da Alessia" commentò con leggerezza Sara.

"Daria non è compiacente come lo era Alessia all'inizio della loro relazione: non ci tiene a fare colpo sugli uomini, vuole essere accettata per quello che è. Ivan mi ha raccontato che già una volta ha litigato con lei, ma si sono riappacificati" aggiunse Lidia, raccontando una mezza bugia sulla relazione dell'uomo con la donna immaginaria che mascherava la sua identità, in modo da dare credito maggiore alle parole della madre per distogliere i sospetti del padre Domenico da se stessa.

Domenico la guardò con occhi perplessi attraverso lo specchietto retrovisore, sollevando un sopracciglio.

"E perché mai avrebbe dovuto dirti una cosa del genere? In fondo non lo conosci come noi" ribatté.

Lidia fu pronta a rispondere.

"Papà, io di fatto vedo Emma almeno una o due volte alla settimana affinché la sua vita affettiva abbia un po' di stabilità e ciò accade sempre in presenza di suo padre. Era inevitabile che fra me e Ivan nascesse una confidenza."

"A me basta che questa non sia una confidenza di altro tipo" osservò piccato, quasi aspettandosi una replica adirata da parte della figlia.

Invece la ragazza rimase in silenzio, facendo spallucce e voltandosi a guardare da un'altra parte, con la mascella tesa e le labbra piegate in una smorfia collerica.

"Ivan non farebbe mai una cosa del genere, tesoro... è un uomo dalla condotta morale correttissima e irreprensibile. E poi nostra figlia è responsabile e giudiziosa e se succedesse mai qualcosa di spiacevole con lui ce lo direbbe subito, vero, cara?" intervenne la madre della giovane, esasperata dai dubbi del marito a proposito di uno dei loro più cari amici di sempre.

"Verissimo, mamma. Tuttavia non capisco perché mio padre s'intestardisca a vedere del torbido laddove non c'è niente di più di un'amicizia" ribatté Lidia passando al contrattacco, ormai stanca dei riferimenti, impliciti o espliciti, che il cinquantenne faceva sempre quando si parlava di lei ed Ivan. Non poteva rischiare che la loro relazione venisse scoperta, altrimenti le conseguenze che ne fossero derivate sarebbero state devastanti per le vite di entrambi.

"Non mettetevi a litigare proprio in macchina, eh! A me già basta la sfuriata di Matteo di oggi pomeriggio!" s'intromise Eva, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di genitore e sorella maggiore.

"Smettetela tutti quanti! Lidia, tuo padre non voleva insinuare nulla di sgradevole, mentre tu non cerchi certamente un litigio, perciò adesso finitela di rimbeccarvi e aspettate di essere tornati a casa per discutere civilmente e darvi la buonanotte in pace, d'accordo?" s'impose su tutti la voce di Sara, soffocando qualsiasi altra replica da parte dei contestatori.

Una volta che l'auto varcò il cancello della casa dei Draghi, Lidia non attese nemmeno che il padre parcheggiasse. Uscì dalla Mazda di Domenico sbattendo la portiera, entrando in casa come una furia. Si precipitò al piano superiore, buttandosi di peso sul letto e raggomitolandosi su se stessa dopo aver chiuso a chiave la porta della camera da letto. Aveva voglia di prendere a pugni qualcosa per la rabbia.

Era adirata con il padre perché voleva che smettesse di assillarla con i suoi inutili sospetti. Domenico dubitava dell'irreprensibilità di Ivan e della buona condotta della figlia e non aveva tutti i torti, dato che i loro nomi erano stretti in una relazione amorosa. Ma si trattava di un rapporto puramente platonico, almeno per il momento, e non di una mera storia di sesso tra una giovane ingenua e un uomo vizioso e donnaiolo che s'approfittava della sua presunta stupidità portandosela a letto senza nessun rispetto della sua persona e dell'amicizia di vecchia data con la sua famiglia. Ivan era un uomo onesto e responsabile che si era innamorato suo malgrado della figlia più giovane di vent'anni di due vecchi amici. Aveva tradito un'amicizia ventennale, questo era vero, ma non si approfittava di Lidia: l'amava, la rispettava e, nonostante le numerose occasioni, ancora non l'aveva fatta sua, conscio del fatto che quel momento importante doveva essere vissuto con piena coscienza da parte di entrambi. Di fatto, per la ragazza, Domenico sospettava che la figlia fosse una puttana o una stupida e il collega della moglie un dongiovanni senza scrupoli né cuore. Quanta malafede in parenti ed amici nutriva Domenico dentro di sé?

"Lidia, aprimi la porta."

Si udì un bussare spazientito e frettoloso all'uscio della camera da letto.

La ragazza si riscosse solo adesso dai suoi pensieri. Si accorse di star piangendo e si vergognò della sua fragilità, asciugandosi immediatamente gli occhi azzurri lucidi di lacrime. La voce della sorella minore risuonò nuovamente, stavolta più impaziente, e la castana s'affrettò ad aprire la porta della stanza.

"Perché ti sei chiusa a chiave dentro?" la investì Eva non appena mise piede nell'ambiente, incuriosita dalla reazione bizzarra e avventata della sorella.

"Eva, ma sei scema? Ti rendi conto che papà mi ha accusata di essere una poco di buono e di fare l'oca giuliva con Ivan? Con un collega di nostra madre, che ha vent'anni più di me! Cioé, te ne capaciti?!" Lidia si difese mettendo dell'enfasi nelle parole, sapendo di dover fingersi scandalizzata e offesa per allontanare sospetti e dubbi dalla mente della sorella prima che essi germinassero in lei.

"Emh... non avevo capito cosa intendesse prima papà con le sue parole, effettivamente" si giustificò la quindicenne.

Lidia sospirò pesantemente, sedendosi a peso morto sul bordo del suo letto e invitando Eva a fare altrettanto. Le prese le mani e se le portò in grembo, guardandola negli occhi con gelida fermezza.

"Mi sono arrabbiata tantissimo, sorellina, perché io non faccio nulla di male. Ivan e io siamo amici, ma è inevitabile che, stando a contatto, qualcosa nasca fra le persone. Per la felicità di Emma mi sono presa la responsabilità di trascorrere con lei del tempo durante la settimana, sempre sotto la supervisione di suo padre Ivan, e così abbiamo cominciato a parlare. Abbiamo un sacco di cose in comune e con lui è facile chiacchierare di tutto, perché è un tipo alla mano, molto schietto e simpatico. Siamo amici, ma per papà questo legame innocente nasconde una relazione di sesso o non si sa cos'altro di torbido e promiscuo. Non si fida di me, mi considera addirittura una sgualdrina. Ti rendi conto di come mi sento io?"

Seppur con un senso di colpa che le pesava sul petto, crescendo ad ogni parola che pronunciava, Lidia si costrinse a mentire sulla relazione con Ivan per allontanare i sospetti della famiglia. Anche Sara aveva una certa apprensione di fronte a discorsi del genere, ma non li esternava, anche se quell'amicizia poteva essere considerata ambigua da alcune persone. Invece Domenico ci andava pesante e spesso era offensivo. Lidia doveva difendersi. Anche per salvaguardare la sua storia con Ivan, oltre che per il suo orgoglio personale.

"Oh. Io non penso nulla di tutto ciò. Tu sei sincera e leale, Lilli. Non faresti mai nulla di simile a noi. Né Ivan potrebbe mai: di questo ne sono certa. Papà è solo preoccupato che qualcuno ti porti via da lui, perché sei la sua figlia preferita ed è molto geloso di te, ma sei pure una ragazza bella e intelligente e attrai molti uomini in modo inconsapevole. Probabilmente vede in quest'amicizia i primi segnali del tuo percorso verso la vita adulta. Stai crescendo e nostro padre ha paura che tu un giorno te ne vada dalla sua vita per fartene una tua con qualcun altro, allontanandoti dalla nostra famiglia. Io credo che sia questa la causa del suo comportamento irritante" osservò molto semplicemente Eva, offrendo a Lidia una visione completamente differente della situazione.

Quell'opinione le fu utile per riflettere più tardi sulla questione con lucidità e imparzialità, quando fu al caldo sotto le coperte, ma in quel momento la ragazza liquidò la discussione con un'alzata di spalle.

"Comunque, quale sia il motivo non mi interessa. Deve smetterla di assillarmi con i suoi dubbi stupidi e offensivi. Io sono una ragazza responsabile e Ivan un uomo perbene e questo non ce lo può togliere nessuno. Perciò papà può tranquillamente rinunciare ai suoi sospetti del cazzo e stressare qualcun altro con le sue teorie complottiste contro la nostra famiglia, perché noi non facciamo nulla di male. Siamo solo amici, perdio."


 

***


 

"Alla fine il vecchio è uscito allo scoperto" commentò Ivan qualche giorno dopo, quando Lidia gli ebbe raccontato tutto.

Erano riusciti a vedersi di nascosto il dieci dicembre, mettendosi d'accordo per incontrarsi davanti a una famosa pasticceria. L'uomo si era presentato vestito con una felpa sportiva molto giovanile che mal s'accoppiava al suo volto maturo, tenendo il cappuccio calato sul capo. Lidia aveva riso a crepapelle quando l'aveva visto, poi era corsa tra le sue braccia per baciarlo con allegria.

"Se pensi che questi abiti ti facciano sembrare più giovane, ti sbagli di grosso: piuttosto, mi pari un tipo giunto alla soglia dei quarant'anni che vuole disperatamente ringiovanire e si veste come un adolescente" lo prese in giro, suscitandone l'ilarità.

"E tu pensi che io me la sia messa per questo motivo? No, volevo farti una sorpresa" annunciò e, abbassando il copricapo, rivelò un nuovo taglio corto di capelli.

"Oh, Gott" esordì Lidia, presa alla sprovvista. "Sembri una patata sbucciata" balbettò in preda alle risa.

"Una patata sbucciata?" Ivan era esterrefatto.

"Sì, certo! E ci hai pure creduto. Te lo dicevo per scherzo, amore... stai benissimo" disse la ragazza, aderendo alla figura dell'uomo con un abbraccio affettuoso.

Baciò le labbra dell'uomo, andando ad accarezzarne la nuca nuda.

"Però il codino che portavi da qualche tempo mi mancherà" aggiunse, lasciandosi cullare dalle forti braccia del fidanzato che la stringevano a sé con delicatezza. "E poi perché hai deciso di tagliarteli proprio poco dopo di me?"

Ivan aveva fatto il gesto automatico di ravviarsi una lunga ciocca nera che ormai non penzolava più sul suo volto ad ogni movimento del capo. Imbarazzato, aveva bloccato la mano a metà del gesto, ricordandosi che i suoi capelli ormai erano corti.

"Be', era da un bel po' che volevo tagliarli, in realtà."

Il duo si era inoltrato quindi per le viottole del centro storico, guardingo, evitando i luoghi frequentati dagli amici delle famiglie di entrambi, sperando di poter vivere quella giornata insieme fingendo di essere una coppia normale. Perché loro due, specialmente Ivan che viveva una situazione difficile, nutrivano un bisogno quasi disperato di normalità, di quiete domestica, di affrontare con serena tranquillità la vita di coppia insieme. E quindi fingevano di esserlo davvero, andandosene a volte a spasso, mano nella mano, ridendo insieme, confrontandosi, litigando pure, ma sempre insieme.

Lidia aveva perso il conto dei giorni dall'ultima uscita col suo gruppo di amici. Vedeva ancora Enrico e Céline, insieme o separati, e una volta era stata pure in compagnia della sua migliore amica e del di lei fidanzato Heydar, ma con gli altri, a parte le chiacchierate mattutine a scuola, non aveva più condiviso pomeriggi in giro, serate in pizzeria o nottate in discoteca. Sentiva di avere sempre meno in comune con loro, quasi che la relazione difficile con Ivan l'avesse innalzata dai normali svaghi e problemi adolescenziali, quasi che lei fosse maturata e cambiata nel profondo, allontanandosi da loro. Perché Antonio, Mauro e Aurelia - Alessandra no: lei non era più sua amica dopo aver tradito il loro legame di amicizia - non potevano capire i suoi problemi, dato che nemmeno li avevano mai affrontati. Nemmeno Céline ed Enrico erano nella sua situazione, ma si sforzavano di comprenderla e supportarla senza mai contrastare le sue scelte, affiancandola silenziosamente ma concretamente nel suo percorso verso la vita adulta.

Lidia si sentiva in qualche modo superiore ai problemi degli altri suoi amici, ma non poteva farne loro una colpa: la situazione che Ivan viveva la riguardava in prima persona e si ripercuoteva su di lei, mentre loro non avevano affrontato mai nulla di simile. Perciò intendeva in qualche modo recuperare quegli amici che stavano lentamente e inconsapevolmente scivolando via dalla sua vita. Voleva recuperare la loro amicizia.

Ivan e Lidia si erano seduti in un piccolo bar in una via nascosta poco distante da Piazza della Signoria e avevano ordinato due cioccolate. Davanti a quelle due tazze fumanti la ragazza aveva raccontato all'uomo ciò che Domenico le aveva detto giorni prima.

Bevendo un sorso di cioccolata, Lidia non s'accorse di avere due cremosi baffi marroni disegnati sopra le labbra. Inconsapevole di essersi conciata a quel modo, la giovane continuò a parlare gesticolando. Ridendo appena di fronte a quella scena così tenera e ingenua della sua fidanzata, Ivan allungò la mano per cancellarli con un dito, soffermandosi poi a lasciare una carezza sul volto della ragazza.

Lidia si ritrasse di scatto, diffidente sulle intenzioni dell'uomo, ma, comprendendo di essersi sporcata, lo lasciò fare, ridendo imbarazzata e avvampando per la vergogna.

"Perché a volte sei riluttante a lasciarti accarezzare o a parlare liberamente di ciò che pensi o provi?" le chiese a bruciapelo Ivan, mentre il sorriso intenerito spariva dal suo viso.

La castana scosse la testa, negando.

"Io non sono riluttante. Semplicemente, non riesco a lasciarmi andare facilmente."

"In pratica è lo stesso concetto espresso con parole diverse."

"Non è vero."

"Sì."

"No."

"Sì, Lidia. E' vero."

"No..." negò con meno convinzione.

Ivan sospirò.

"Perché? C'è qualcosa che non va?"

"Non c'è nulla che non va, Ivan."

"Io credo di sì." L'uomo prese tra le proprie dita la mano affusolata della ragazza, che la ritirò rapidamente, incrociando le braccia davanti al petto. "Ecco, lo vedi? Sei reticente. Refrattaria, restia, insincera, dillo come ti pare, ma il significato è sempre lo stesso. Tuttavia non capisco il motivo."

"Non c'è un motivo vero e proprio, Ivan" s'arrese Lidia, tirando un profondo sospiro. "Sono sempre stata rigida con tutti, anche con me stessa, però non è nulla di preoccupante."

"Tu hai paura che io ferisca i tuoi sentimenti. Non è forse così?" intuì il moro, toccando un nervo scoperto. Infatti la reazione della ragazza fu immediata.

"No! Che cosa vai dicendo! Io non temo che tu mi faccia soffrire, non è vero!"

L'uomo non replicò, ma si alzò in piedi e andò a pagare le due cioccolate al bancone, lasciando sola la ragazza per qualche istante. Quando tornò da Lidia, si infilò il pesante giaccone invernale e la invitò a fare altrettanto.

"Ti vorrei portare da una parte" le disse soltanto, lasciandola preda dell'incertezza e della curiosità.

S'incamminarono per le strade del centro mano nella mano, passeggiando a lungo. Arrivarono di fronte ad una palestra, dove Ivan entrò, seguito sveltamente dalla liceale. Salutò la donna alla reception familiarmente, parlottando a bassa voce con lei per qualche secondo. Intanto la ragazza osservò la struttura sportiva con interesse, mangiandosi con lo sguardo curioso ogni singolo dettaglio. L'aria odorava appena del forte odore di sudore versato dalle persone che facevano jogging, body building, zumba o cyclette. I rumori degli attrezzi utilizzati rimbombavano dappertutto con il sottofondo della musica di RTL 102.5. Lidia si vide riflessa sui grandi specchi a parete che coprivano per intero tutti i muri delle grandi stanze dell'edificio, dissimulando il cipiglio circospetto comparso sul suo volto.

Ivan tornò dalla ragazza con in mano un paio di chiavi, poi condusse Lidia in un'altra stanza, dove si allenava un gruppo di pugili. Qui l'odore del sudore impregnava l'aria e sulle pareti riecheggiavano i gemiti di dolore e sfiancamento di un ragazzo sulla ventina che, momentaneamente messo al tappeto sul ring circondato da una folla di spettatori, stava affrontando un avversario molto più forte ed esperto di lui.

I due percorsero un largo corridoio affollato, quindi Ivan si fermò di fronte ad una porta, infilando una chiave nella mano semi aperta della castana.

"Fra cinque minuti ti voglio qui davanti senza cappotto, né borsa, né maglione. Sta' in canottiera, se necessario, e leggings, dato che li hai già indosso. Per le scarpe non fa nulla. Chiudi tutto nell'armadietto. Cinque minuti."

E quindi si allontanò, diretto verso un'altra porta, lasciandola in mezzo al corridoio a bocca aperta e presa completamente alla sprovvista.

Cinque minuti dopo, Lidia era già fuori dello spogliatoio ad attendere Ivan, dopo aver seguito alla lettera le sue istruzioni. Che diavolo gli era preso? Non riusciva a comprendere quella visita imprevista ad una palestra.

Lo vide ritornare poco dopo, munito di guantoni e di uno strano cuscinetto nero di cui la ragazza non capì la funzione. Osservò la figura del fidanzato, registrando il cambio d'abito. Indossava una maglietta aderente che gli andava abbastanza stretta sulle spalle e un paio di pantaloncini sportivi spuntati da chissà dove. E aveva un paio di Adidas, mentre lei avrebbe dovuto accontentarsi del solito paio di stivaletti neri. Per fortuna non sono quelli borchiati, altrimenti sai che male, pensò Lidia, cominciando a capire cosa Ivan voleva che facesse.

"Seguimi" le ordinò l'uomo, voltandosi subito.

Ma Lidia s'impuntò, ormai spazientita dall'atteggiamento misterioso e dallo sguardo impenetrabile che non aveva più abbandonato i suoi occhi ambrati da almeno mezz'ora.

"Mi vuoi spiegare che stiamo facendo qui io e te come due allocchi?"

Ivan non si scompose.

"Semplice. Sei nervosa e sicuramente ti tieni qualcosa dentro che ti fa diventare tesa come una corda di violino ogni volta che reprimi i pensieri e i sentimenti che tentano di manifestarsi. Quindi non c'è nulla di meglio che pensare alla causa di tutto questo e prendere a cazzotti e calci il pao thai pensando di starlo facendo con il motivo di tanta rabbia. Vedrai che alla fine ti sentirai vuota di frustrazione e ira repressa e starai molto meglio con te stessa. In pratica, voglio che ti sfoghi."

"Tu dici?" Lidia sollevò un sopracciglio, scettica.

L'uomo sorrise appena, sciogliendo un po' la tensione del volto.

"Prima prova. E poi commenta."

"Einverstanden, Herr Kapitän" acconsentì scherzosamente la castana, portandosi una mano all'altezza della tempia destra, flettendo il braccio per imitare il gesto di un soldato che riceve ordini.

"E smetti di sfottere. Non capirò il tedesco, ma il linguaggio del corpo è uguale sia in Italia che in Germania o in Austria o dove cavolo ti pare."

"Sissignore."

"Fanculo, allora" sghignazzò tra le risa Ivan, prendendole delicatamente la mano e conducendola con sé dentro un altro ambiente.

"Comunque, io conosco un metodo infallibile che permetterebbe a tutti e due di sfogarsi per bene" gli sussurrò all'orecchio con voce calda e divertita, lievemente quanto inconsapevolmente sensuale.

Fu il turno del bruno di essere perplesso.

"E in teoria dovrei essere io il pervertito."

"Tu ce l'hai nel sangue come tuo fratello Luca, quindi lo sei a prescindere. Quanto a me, lo devo ancora capire."

Lidia rise, ma poi si fece seria.

Nella grande stanza in cui erano entrati c'erano varie persone, tra cui molti ragazzi dell'età di Lidia, che si allenavano a kick boxing e ad altre arti marziali. Ivan si fermò in mezzo alla stanza, salutando alcuni uomini e donne suoi conoscenti. Evidentemente frequentava con assiduità quella palestra. Le disse di avvicinarsi.

"Togli le scarpe" le suggerì, preparando il pao thai davanti al petto. "E ora indossa i guantoni e da' dei pugni contro il mio petto. Tranquilla, non mi farà male. Dalli forti quanto vuoi. Pensa a qualcosa che ti fa particolarmente rabbia, focalizza la tua collera sul pugno e colpisci."

Lidia chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, pensando alla causa di tanto nervosismo ed insicurezza a livello dei sentimenti altrui.

"Assumi la posizione di guardia. Così." Ivan le mostrò come sistemare le braccia tenendo le gambe divaricate, poi recuperò la posizione precedente con il cuscinetto sul petto. "Raddrizza il polso, così non ti farai male. Prenditi tutto il tempo che ti serve e poi colpisci. E se non ti basta a sfogarti impreca, offendi, di' quel che ti pare, apri il tuo cuore, confidati. Fa' quello che vuoi."

"Sì, e così magari ti dico pure il motivo del mio comportamento rigido" osservò Lidia fingendo casualità, prendendo la mira per mollare il primo pugno.

"Non sarebbe una cattiva idea. Sono curioso."

Uno schermo al plasma appeso ad una parete della stanza, impostato sul canale 36, diffondeva le note delle canzoni che passavano a RTL come succedeva negli altri locali della grande struttura sportiva. In quel momento le parole di Eros Ramazzotti riempivano il locale.

"Parla con me, parlami di te... Io ti ascolterò. Vorrei capire di più quel malessere dentro che hai tu. Parla con me, tu provaci almeno un po'. Non ti giudicherò, perché una colpa se c'è non si può dare solo a te. Parla con me..."

"Oh, ma questo è un complotto contro di me" borbottò Lidia, cominciando a colpire il cuscinetto di tessuto nero lucido.

"Ma perché quel pianto asciutto, non tenerti dentro tutto, c'è una cosa che invece puoi fare, se vuoi, se vuoi, se vuoi..."

"Ecco, te lo dice anche il grande Eros Ramazzotti. Da' retta almeno a lui, per piacere" la pregò Ivan accusando i primi colpi sferrati contro il pao thai.

"Non lo farei nemmeno se arrivasse lui in persona a implorarmi di farlo. Sono motivi miei, personali, e voglio che tu rispetti la mia volontà" replicò ostinatamente la ragazza, colpendo più forte e con più violenza, focalizzando la sua attenzione sulla causa della sua contrarietà all'espansività.

Continuarono ancora per qualche minuto, chiusi in un silenzio impenetrabile. Ivan rifletteva sulle sue parole.

"Allora non ha senso che tu continui a prendere a cazzotti il pao. Di fatto, serve solo a farti sudare e a stancare braccia e spalle, perché così non ti sfoghi veramente."

Detto questo, Ivan abbassò la protezione e fece per voltarsi, ma un pugno che Lidia non seppe frenare lo urtò con forza rabbiosa sul fianco, sbilanciandolo lateralmente e facendolo cadere a terra. Si abbatté con un gemito flebile di dolore contro i tappetini che ricoprivano il pavimento. Lidia volò al suo fianco, preoccupata, crollando sulle ginocchia per essergli al fianco.

"Ivan, scusami! Non mi aspettavo che tu volessi finire così, all'improvviso. Non sono riuscita a fermarmi. Perdonami" disse precipitosamente, aiutandolo a mettersi a sedere.

L'infermiere digrignò i denti per il fastidio. Il dolore era sparito subito, ma adesso il fianco gli pulsava e lo avvertiva intorpidito.

"Cazzo, per essere alle prese con la kick boxing per la prima volta già picchi duro!" osservò, massaggiandosi la zona colpita.

Lidia scoppiò inavvertitamente a ridere.

"Ma mica è la prima volta! Anni di liti furibonde con Eva hanno rappresentato per me un addestramento impeccabile al combattimento" ironizzò, scatenando pure l'ilarità del suo compagno.

"Dài, aiutami a tirarmi su" la incitò l'uomo dopo qualche secondo, subito supportato dalla solerte ragazza.

"Poverino il mio piccolino. Che c'è, gli anni si fanno sentire?"

"Tu arriva alla mia età e poi ti accorgerai come li sentirai gli acciacchi del tempo e della vita."

"Mi sembri mio padre quando parli così."

La ragazza scostò una corta ciocca castana dal volto appiccicoso, appuntandosi mentalmente di farsi una doccia a casa.

"Potrei esserlo. Ma non lo sono, quindi smettila di paragonarmi a Domenico" la rimbeccò lui, prendendo il pao thai e sistemandolo dentro un polveroso stanzino qualche metro più in là, richiudendo subito la porta. "Credo che per oggi tu ti sia sfogata a dovere. Accidenti, quanto colpisci forte. Mannaggia a me che ti ho portata qui" e le fece la linguaccia, poi l'abbracciò per la vita con entrambe le braccia, coinvolgendola in una giravolta a mezz'aria.

Lidia gridò di paura.

"Lasciami subito giù, dài!"

"Accidenti come sei paurosa" la provocò.

"No, dài, davvero: lasciami andare! Mi hai presa alla sprovvista" si difese lei.

"Ma sei proprio fifona" continuò lui spiritosamente, provocando però una replica inusitata.

"Vaffanculo, Ivan. Sei un emerito stronzo."

L'infermiere la lasciò andare senza preavviso, facendola quasi cadere a terra.

"E' questo che temi, che io mi prenda gioco dei tuoi sentimenti? E' a causa di ciò che sei così a volte: così restia a esprimere i tuoi veri pensieri e sentimenti?" l'accusò con una certa durezza, incrociando le braccia contro il petto muscoloso esaltato dalla maglietta che lo fasciava. "Evidentemente Domenico ti ha instillato questo dubbio. Non è così, Lidia?"

"Ma no, che hai capito!"

"Dimmi tu allora cosa c'è che non va, perché io, sinceramente, non vedo altra causa possibile della tua reticenza. Davvero pensi così male di me?"

"Ivan!"

Il moro chinò lo sguardo, furioso. Strinse i pugni a più riprese, cercando di controllare la delusione e l'amarezza per quella constatazione.

"Non c'è nulla da aggiungere. Smentisci prima che io ci creda davvero, Lidia, perché non ti darò una seconda possibilità."

"Sei un idiota, Ivan Castellucci. Un emerito idiota, imbecille, testone e pure un estroso fantasista del cazzo."

"Tu temi che io voglia solamente prendermi gioco dei tuoi sentimenti e che ti stia illudendo, ma non hai capito nulla di me. Nulla."

Lidia si fece avanti, puntandogli contro uno sguardo accusatorio con gli occhi azzurri lampeggianti di indignazione.

"Certo, di' pure quel che ti passa per la testa. Cazzo, hai una bella considerazione di me! Lo vuoi sapere il motivo, eh? Va bene, eccoti accontentato. Io mi comporto così perché, con Roberto che mi prendeva in giro come uno stronzo ogni volta che gli confidavo i miei pensieri, le mie opinioni, le mie emozioni, i miei sentimenti, finendo puntualmente per litigarci, ci sono diventata a causa sua! Ho paura che con te possa succedere altrettanto. Ho paura di soffrire ancora, Ivan, perché con il mio ex sono stata male un sacco e la nostra storia è cominciata da poco e non è semplice per niente a causa della situazione delicata che stiamo vivendo insieme. Tu poi ti metti pure a dare i numeri ed ecco combinato questo grande casino. Sì, io ti amo, Ivan, ma non devo ripetertelo ogni volta, ok?"

L'uomo non fiatò. Rifletté per qualche istante su quelle parole colleriche. S'insultò mentalmente con ogni epiteto ingiurioso che conosceva, inventandone tantissimi di sana pianta. Sì, si meritava alla grande tutti gli insulti che lei gli aveva affibbiato. Era un grandissimo idiota. Era passato dalla presunta ragione al reale torto in una frazione di secondo e si vergognò immensamente di ciò che aveva detto, perché aveva ferito la ragazza che amava. E nemmeno lo pensava. Erano i suoi timori, non le sue opinioni sulla storia che viveva con Lidia.

Gli si era appena rivelata una sfaccettatura più fragile e incrinata della vera Lidia, quella determinata, ostinata, intelligente e spiritosa, che però nascondeva un'insicurezza di fondo che emergeva solo in certe situazioni. Provò l'impulso fortissimo di abbracciarla strettamente e avvolgerla con le braccia per proteggere il suo cuore dalle prepotenze del mondo. Ma anche una furia incontrollabile e non reprimibile germinò in lui, una rabbia violenta contro Roberto che non riusciva a lasciare da parte. Lo odiava sempre più.

"Scusami, Lilli. Anche io sono insicuro, sia perché sono geloso, sia perché temo di perderti per gli stessi motivi che hanno portato alla fine del mio matrimonio con Alessia. Ora amo te, ma vorrei capire il perché di tanta reticenza. Me lo hai detto e non te lo chiederò più. Perdonami. Sono un imbecille."

"Lo so" replicò seccamente la castana, fronteggiando il suo sguardo angosciato.

Ivan si fece avanti e la prese tra le braccia, avvertendo il suo corpo longilineo aderire alla sua figura. Un brivido di eccitazione lo attraversò al ricordo dei pochi, preziosi pomeriggio trascorsi insieme di nascosto ad amarsi, a conoscersi più intimamente, a esplorare i propri corpi con la mordace curiosità degli amanti. E invece ignorò quell'impulso che stava prendendo piede in lui e lo scacciò dalla mente, concentrandosi sulla situazione presente.

"Quel che ho detto è solo la voce data alle mie incertezze più recondite, ma non lo penso sinceramente."

"Nemmeno io. Ma la prossima volta che ti dico di non insistere, non lo fare mai più" lo rimproverò con dolcezza Lidia, posandogli un bacio leggero sulla bocca ampia e sottile.

"Purtroppo per te infrangerò questa promessa. Non posso mantenerla, Lidia. E' una tentazione cui non posso resistere."

Lei levò gli occhi azzurri come il ghiaccio sul suo volto, sospettosa.

"Che intendi fare?" indagò, lanciandogli un'occhiataccia fulminante.

"Tu mi hai detto di non insistere su certe questioni, ma ce n'è una troppo urgente che mi impedisce di mantenere fede a questa promessa. Quello stronzo di Roberto ha lasciato su di te un segno troppo profondo perché io lo ignori. Ti ha fatta stare male e intendo prendermi la vendetta che ti spetti. Tu non vuoi, ma io lo farò. E' stato troppo bastardo per meritarsi la tua pietà e non intendo concedergli sconti. Come gliela farò pagare non lo so ancora, ma lo farò. E sappi che io non minaccio a vuoto" ringhiò furente, ghermendo quasi con forza la vita della ragazza.

Lei sbuffò rassegnata.

"Te l'ho detto che sei un idiota" lo riprese con dolce ironia, sciogliendo la sua tensione e il suo nervosismo con una risata estemporanea.

"Si accorgerà lui di quanto è stato idiota a comportarsi così con te" ribatté Ivan con sicurezza. "Se dovesse tentare ancora di fare qualcosa contro di te, Lidia, spera solo che io non venga a saperlo, perché allora gli spacco le ossa. Te lo giuro. Gliele spacco tutte, una per una. E senza anestesia. Quindi gli conviene comportarsi bene."


 

***



N.d.A.
Salve a tutti!
Innanzitutto Buone Feste ancora, dato che non sono finite. Spero che le abbiate passate bene, perché sono un periodo di riposo, di gioia, di convivialità con amici e parenti.
Passando alla storia, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ivan e Lidia hanno i primi attriti tipici di quelle relazioni che si fortificano nel tempo attraverso confronti, magari furibondi ma costruttivi, quei rapporti che si basano sul rispetto reciproco, sullo scambio libero di pensieri e opinioni, sulle litigate, sulla dolcezza smielata, sul vivere quotidiano, sulle difficoltà affrontate insieme, sulle piccole grandi cose di ogni giorno, sul prendere la vita con leggerezza, spirito d'iniziativa e capacità di reazione ad ogni evento positivo o negativo che la scuote. Quelle coppie che, bene o male, possono durare anche una vita intera. Il loro è un rapporto ancora fragile perché nuovo, ma con le basi solide. Perciò, per chi teme qualche rottura fra i due in futuro, state tranquilli: ci saranno momenti di incertezza e crisi, ma verranno superate. E, dopo questo spoiler grossissimo, passo ai ringraziamenti.
Grazie mille a chi ha letto la storia fin dall'inizio, a chi la segue in silenzio, a chi recensisce e mi consiglia, insomma grazie a tutti quanti, specialmente a controcorrente, che fa sempre osservazioni giustissime, a Lachiaretta, che si è innamorata della coppia di protagonisti, e a chiunque altro mi supporti.
Grazie di cuore. Spero che la storia continui a piacervi.
Non aggiornerò venerdì prossimo perché sono già sicura di non riuscire nemmeno a iniziare un nuovo capitolo in tempo per quella data, perciò ne ho scritto uno (questo) più lungo di quanto avessi inizialmente voluto.
Alla prossima, allora, e ancora tanti auguri a tutti!


Flame
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Dragon_Flame