Salve a tutti!
Come avete letto nella presentazione, avevo già pubblicato questa fic sotto il
nome di “JeanneAsakura92”, ma siccome non so perché quell’account è morto, ho
deciso di ri-postare la fic. E’ la mia prima fic su Naruto
e forse anche l’ultima XD in ogni caso, vi auguro una buona lettura!
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Come Burattini Innamorati
“L’arte è qualcosa che resiste al tempo con grazia. L’arte è la bellezza eterna.”
Akasuna No Sasori
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Un giorno, lui e lei si incontrarono, innamorandosi perdutamente. Si guardavano ogni giorno senza sosta, l’uno di fronte all’altra. Sognavano di potersi parlare, e immaginavano come sarebbe stata la voce dell’altro, cosa si sarebbero detti.
Sognavano di camminare insieme per le strade, di abbracciarsi, di baciarsi, e immaginavano le loro giornate insieme..
Ma loro non potevano né muoversi né parlare, perché erano due semplici marionette, innamorate l’una dell’altra nonostante quei pochi centimetri a dividerli. Ma, pian piano, ognuno in cuor suo cominciò a pensare che l’altro non parlasse e non si muovesse perché non contraccambiava l’amore che provava. E cominciarono ad odiare di non poter chiudere gli occhi e di non poter smettere di fissare la causa di tanto dolore. Finchè, a qualcuno non sembrò opportuno metterli vicini, e accidentalmente le loro mani si sfiorarono. E in quel preciso istante, capirono di essere stati stupidi, a credere per tutto quel tempo che il loro fosse un amore impossibile.
Nonostante non potessero parlare, non potessero muoversi, le loro mani si sfioravano e i loro sguardi si incrociavano. Loro si amavano.
E, sul loro viso di legno, comparse un sorriso. Un lieve sorriso di cui nessuno a parte loro avrebbe compreso il significato.
Perché nessuno a parte loro sapeva che si poteva trovare la felicità vivendo soltanto come due burattini innamorati.
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<< Chiyo-baasama…
>> Chiese un bambino dai folti capelli rossi e uno sguardo triste alla
donna che camminava accanto a lui. Lui si era fermato per strada senza un
apparente motivo, gli occhi fissi su un ragazzino grande più o meno quanto lui,
ma con un grande sorriso stampato sul volto. Stava acquattato sulle spalle di
quello che doveva essere suo padre, lanciando gridolini acuti per richiamare
l’attenzione della madre, che, come se il figlio stesse compiendo chissà quale
impresa, lo riempiva di complimenti e carezze sui capelli e sul viso. Il
piccolo Sasori li guardava con tristezza e un briciolo di rabbia, mentre con
una tranquillità disumana poneva alla nonna la domanda che aveva lasciato in
sospeso.
<< Mamma e papà non torneranno più, vero?
>> Un sorriso amaro si disegnò sul suo volto, e la donna rimase in
silenzio per alcuni secondi, il viso contorto in una smorfia e gli occhi
lucidi.
<< Sasori… >> Semplicemente non sapeva
che dire. Era troppo piccolo per sapere la verità, troppo fragile.
<< Allora è proprio vero. Forse non mi vogliono bene... >> Ammise
il piccolo, abbassando lo sguardo.
<< Sasori! Non devi dire questo! Loro ti
amano più delle loro stesse vite, loro… >>
Cercava di spiegare,
calde lacrime le rigavano il volto. Sospirò.
<< Loro torneranno, appena finite le
missioni. >> E porse al nipote un falso sorriso che però riuscì a
convincerlo. << Prometti,
Chiyo-baasama? >> Chiese candidamente. Quello
che ottenne fu un altro misero sorriso. << E’ tardi, Sasori. Su, andiamo
a casa… >> Aveva detto, per poi riprendere a camminare insieme a lui, che
la guardava nuovamente rattristato. Tutti i bambini che vedeva sorridevano, in
compagnia dei loro genitori. Venivano ricoperti di coccole e sorrisi. Lui, non aveva i genitori. E’ vero,
aveva sua nonna. Ma lei, non l’aveva mai nemmeno preso per mano.
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Plik. Il suono di una lacrima che cade. Quella di un
bambino su una foto che ritraeva lui in fasce, in braccio ai suoi genitori. Gli
mancavano dannatamente. Aveva così pochi ricordi di loro, eppure sentiva di
volergli bene dal profondo del cuore.
Avrebbe dato qualunque cosa per averli con lui,
adesso…
E poi, sentì la porta bussare. Un piccolo manichino
in legno entrò e si inginocchiò a lui, facendolo sorridere.
<< Ti piace, Sasori? >> Chiese
un’anziana donna entrando nella sua camera. Lui annuì convinto. <<
Vorresti imparare? >>
E così, lo portò con se in una stanza buia, piena
di burattini appesi al muro, arti di legno sparsi qua e là, un’ampia scrivania
e attrezzi per il mestiere.
Lì, il piccolo Sasori avrebbe scoperto la sua
passione per le marionette, e sarebbe riuscito a crearne due tutto da solo.
Esse somigliavano in tutto e per tutto ai suoi
genitori.
Una volta finite, di nascosto, li portò in camera sua
e le mise sul letto, sdraiandosi in mezzo a loro. Si addormentò con il sorriso
sulle labbra, stretto da mamma e papà.
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<< Sasori, è buio, ormai! Dovresti rientrare!
>> Urlava Chiyo dal ciglio della porta,
osservando un amareggiato Sasori che seduto a terra di fronte casa fissava la
strada di fronte a lui. << No, voglio restare qui. >> Esclamò
cocciuto, stringendo le braccia attorno alle sue ginocchia. << Ti
prenderai un malanno! >> Continuava lei, imperterrita, ma senza muoversi
dalla sua postazione. << Ho detto no! Voglio aspettare qui mamma e papà!
>> Lo sguardo della nonna si rattristò. << Sasori…devi entrare…
>> << Voglio fargli vedere le marionette, quelle che ho costruito
io… >> Ma il tono di lei si faceva via via più
duro. << Sasori, non farmelo ripetere ancora. >> << Così mi
faranno i complimenti, vero?
Papà mi porterà sulle sue spalle, mentre mamma mi accarezzerà e… >>
<< Sasori. >> La freddezza di quelle
parole costrinse il bimbo a interrompere il suo racconto. << I tuoi
genitori sono…morti. >>
Morti. Una semplice parola, che però spezzò in
mille pezzi il cuore del piccolo Sasori.
<< Ah. >> Disse semplicemente, gli occhi spalancati e un’espressione
indecifrabile sul volto. << Ho capito. >> E lentamente si alzò,
entrando in casa a testa bassa, salendo in camera sua. Guardò le marionette dei
genitori, e una profonda tristezza si impadronì di lui. Si avvicinò al letto
lanciando i fili di chakra alle due bambole,
facendole avvicinare a lui. Le guardava muoversi, abbracciarlo, stringerlo
forte al loro petto. E sorrise, chiudendo gli occhi, lasciandosi andare a quel
finto abbraccio, perdendosi nell’illusione di un sogno.
E poi, una piccola distrazione. I fili si ruppero,
e le marionette caddero inesorabilmente a terra. Sasori le guardò amareggiato,
gli occhi semichiusi e lo sguardo basso. Giacevano a terra con gli occhi ancora
aperti, dei danni sul volto per via della caduta, immobili. Non avvolgevano più
il figlio con le loro braccia dure e fredde. Proprio come il cuore di Sasori,
che via via diventava insensibile.
<< Loro… >> Sussurrò, senza un
destinatario preciso. << Non torneranno più. >>
E rimase per parecchio tempo fermo in quella
posizione, con la testa bassa, e una lacrima –l’unica- a rigargli il volto.
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<< Bene, per oggi finiamo qui. Potete andare
a casa. >> Aveva enunciato un uomo con voce ferma e decisa, prima di
uscire dall’aula con serenità. Dentro, tutti i ragazzini festeggiavano la fine
della lezione saltando e urlando di gioia. Tutti tranne uno, che con il suo
solito sguardo assente e fisso verso il basso sistemava le sue cose e si
accingeva a tornare a casa.
<< Ciao! >> Una voce lo fermò mentre
stava per aprire la porta, costringendolo a voltarsi. << Tu sei Sasori,
il nipote di Chiyo-sama, vero? >> Chi aveva
parlato era una ragazzina dai corti capelli castani legati in una coda alta, un
ciuffo di essi a coprirle l’occhio sinistro. Il destro, visibile, aveva una
calda tonalità tendente al rosso.
<< Mh. >>
Disse lui annuendo poco convinto, fissandola annoiato.
<< Ecco, io…sai, ho sempre sognato di fare il
ninja medico, e mi chiedevo… >>
<< Se vuoi te la presento. >> Tagliò
corto lui, che aveva capito le intenzioni della ragazzina. Non aveva voglia di
soffermarsi ad ascoltare la storia di lei, né il motivo per cui voleva essere
aiutata da lui.
In fondo, lei gliel’aveva praticamente detto. Era
solo per sua nonna che gli si era avvicinata.
<< Ah, davvero? Oh, grazie mille! Prendo le
mie cose e ti seguo, ok?
>>
Disse raggiante, e corse al suo banco lasciando
Sasori sulla porta. La sua espressione non era minimamente cambiata, e si stupì
dei ragionamenti fatti poco prima. Non gli importava, in fondo, se la gente lo
considerava o meno. Il suo
cuore non poteva più provare sentimenti, no?
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<< E’ ancora lontano? >> Chiese la mora,
le braccia incrociate dietro la schiena e un grande sorriso sul volto. <<
Non molto. >> Rispose lui, senza dar molta importanza alla cosa. <<
Oh, che sbadata! Il mio nome è Kumiko, piacere! >> E gli porse il palmo
della mano destra, fiera e decisa. Il rosso fissò serio prima il volto di lei,
poi la sua mano.
<< Sai già il mio nome. >> Sentenziò
subito dopo, facendo sbuffare la ragazza.
<< Però la mano dammela lo stesso, ok? E’
così che si fa. >> Un attimo di esitazione, poi prese la mano di lei,
stringendola.
<< Bene! Bravissimo! >> Esultava, ma
lui sembrava non trovare interesse in tutto ciò, e continuava a fissare davanti
a se. Erano arrivati. Kumiko lo intuì, e mentre Sasori alzava il pugno per
bussare, lo interruppe.
<< Sasori… >> Non si voltò, né disse
niente. Bussò. Ma lei sapeva che la stava ascoltando.
<< Adesso che ci siamo stretti la mano…ti va
se diventiamo amici? >>
Non rispose. Si limitò ad eseguire un mugolio
incerto. Non sapeva esattamente cosa significasse la parola “amici”, ma non aveva nessuna voglia di
chiederglielo. Lei, lo prese
come un sì. E sorridente, si presentò all’anziana donna che aveva appena aperto
la porta.
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<< Costruisci un’altra marionetta? >>
Chiese la ragazzina bruna appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate
al petto e un sorrisetto dipinto sul volto. Osservava un ragazzo dai rossi
capelli seduto su una scrivania montare quello che, da quel che aveva capito,
era un braccio di legno. Cercò con lo sguardo il resto del corpo, ma era
difficile capire quale fosse in mezzo ai tanti “cadaveri” di legno appesi alla
stanza.
<< Oh. >> Si limitò a dire lui, mentre
posato un cacciavite guardava l’arto appena terminato, muovendolo per
assicurarsi che le articolazioni funzionassero come si deve.
<< Sei tornata. >> Disse senza
entusiasmo, ma lei sorridente si sedette accanto a lui, poggiando i gomiti sul
tavolo. La ragazza passava parecchio tempo a casa sua, poiché Chiyo era diventata la sua maestra. Ma spesso e volentieri
restava più del dovuto in quel luogo, osservando Sasori costruire le sue opere.
Ricordava che la prima volta che gli aveva chiesto di assistere lui era rimasto
sorpreso dal suo interesse verso le marionette, e quindi glielo aveva concesso.
Da allora lei passava più tempo possibile seduta su quella scrivania ad
osservare, meravigliata.
Ancora una volta, Sasori pensava che lo facesse per
le marionette, non per lui. Anche quando cercava di iniziare un discorso,
chiedendogli di lui –senza ricevere risposta- o raccontandogli di lei, Sasori
continuava a credere che di lui non le importasse granché.
Eppure, la compagnia della ragazza cominciava a
piacergli, e la stanza diventava vuota quando lei non c’era. E si sorprendeva
ogni volta che realizzava di provare un certo affetto per lei, di sentire gioia
quando la vedeva entrare nella stanza.
Il suo cuore, lentamente, si stava sciogliendo.
Ma, più lei assisteva alla costruzione, più la
gioia si tramutava in rabbia.
“Solo per le marionette.” Si ripeteva, mentre
l’espressione si faceva sempre più triste.
Gli faceva male. Eppure continuava a crederlo,
dicendo che non voleva più illudersi.
E lavorava più velocemente, con frenesia,
scaricando tutta la rabbia che provava in quei pezzi di legno. Finchè, una mano
gentile non prese la sua, inducendolo a fermarsi.
<< Sasori… >> Sussurrò piano la
ragazza, sorridendo lievemente. Un sorriso che, però, lui non colse. Perché
troppo impegnato a fissare quel braccio finto, troppo impegnato a scappare da
quella che secondo lui era un’altra illusione.
<< Che ne dici di prenderti una pausa?
Potremmo andare a fare una passeggiata. >>
Lentamente, annuì. E ancor più lentamente, si alzò
dalla sedia, posando l’arto sul tavolo, e seguendo la ragazza fuori dalla
porta.
I due camminarono per un po’. Lei continuava a
parlare, lui guardava la strada, nel suo solito sguardo afflitto. Ma non si
perdeva una sola parola di quello che lei diceva.
Era bello, ascoltarla. La sua voce era piacevole, e
i suoi racconti all’apparenza stupidi e privi di significato, non risultavano
essere noiosi.
<< Sasori…non mi hai mai parlato di te…
>> Il rosso sobbalzò, sentendosi chiamato in causa. Odiava parlare di
lui. Perché questo significava tornare a quel passato che cercava in tutti i
modi di dimenticare, riaprire vecchie ferite tappate a forza con l’indifferenza.
Non voleva soffrire ancora.
<< Non c’è niente da dire. La mia storia non
è affatto interessante. >> Si limitò a dire, fermandosi e fissando a
terra senza un valido motivo. Lei sbuffò, mettendo le mani ai fianchi.
<< Non importa se sia interessante o meno, io
vorrei solo sapere qualcosa di te. >>
<< Perché? >> Chiese semplicemente,
senza pensarci su. Lei si avvicinò pericolosamente, il suo tono era diventato
particolarmente dolce.
<< Per lo stesso motivo per cui vengo da te
ogni giorno e ti osservo lavorare. >>
Lui alzò lo sguardo inarcando lievemente un
sopracciglio, ma l’espressione non era cambiata poi di molto.
<< Per le marionette? >> Chiese, ma
sembrava più un affermazione.
Era sicuro di non essere niente per lei.
Eppure, vide le sue convinzioni sgretolarsi quando
lei ridacchiò, prendendogli la mano.
<< Oh, Sasori…Non dirmi che non ti sei
accorto… >> Chiuse gli occhi lentamente, avvicinando il volto al suo.
<< …che sono innamorata di te… >>
E sfiorò le sue labbra dolcemente, con un po’ di
timore, caricando d’amore quel bacio atteso da tempo.
E lui, non capiva più niente. Si sentiva bene, era
felice. Sentì un forte bisogno di stringerla a se, di ricevere un abbraccio caldo…Chiuse
gli occhi, lasciandosi andare a quel bacio, mentre miliardi di emozioni
investivano il suo cuore sciogliendo quel gelo che vi si era formato attorno.
Non aveva ancora capito perché si sentisse così, cos’erano quelle sensazioni
che aveva. Un barlume di speranza si accese in lui, rendendo più vera l’idea di
poter amare ed essere amato da qualcuno.
Il suo cuore scoppiava, la sua testa impazziva, ma
stava bene.
Cominciava a capire…che era innamorato di lei.
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Passarono i giorni, i mesi, gli anni. Kumiko non
smetteva di andare a trovare Sasori, dopo le lezioni con Chiyo.
Si soffermava come al solito a vederlo lavorare con le marionette. Si
divertiva, cominciava anche a capirci qualcosa. Ogni tanto, lui tralasciava le
bambole per dedicarsi completamente a lei. Cominciava a parlare un po’ di più,
oltre che ad ascoltare i racconti della ragazza, e sul suo volto comparivano
spesso e volentieri sinceri sorrisi.
A poco a poco, Sasori stava riscoprendo emozioni
sopite da troppo tempo. Stava superando quel limbo di sofferenza in cui si era
rinchiuso, cominciava a guardare il mondo con occhi diversi.
Stava bene, perché con lui c’era lei. Era felice
quando lei parlava, o rideva. Felice anche quando restava in silenzio, quando
lo guardava divertita perché lui non sapeva mai cosa dire. Felice quando lo
guardava alle prese con le sue amate marionette, sorridendo nel vederlo mettere
anima e corpo in qualcosa. Felice quando lo baciava e gli ripeteva che lo
amava, felice quando facevano l’amore e sapeva che lei era sua, e lui era suo.
Sperava di poter vivere per sempre con lei, in sola
compagnia dei suoi burattini.
Se solo…quel giorno…lei avesse detto “no”…tutto
sarebbe andato diversamente.
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<< Sasori… >> Si presentò da lui
piuttosto in anticipo, e ciò non prometteva nulla di buono. Lui la guardò
inarcando semplicemente un sopracciglio, le sue espressioni erano ancora
particolarmente serie. << E’…successo qualcosa? >> Chiese, mentre
nel volto di lei si disegnava un sorriso. << Vado in missione. Fuori Suna. >> Ridacchiò, visibilmente eccitata. Sasori
spalancò gli occhi, incredulo a ciò che aveva appena sentito.
<< Ti rendi conto? In missione! E se mi
mandano oltre i confini di Suna, vuol dire che mi
reputano un bravo medico! E’… >>
<< Non andare. >> Interruppe brusco il
suo racconto, spegnendo il suo entusiasmo. Aveva abbassato lo sguardo, i rossi
capelli gli coprivano gli occhi.
<< Cos’hai detto? >> << Non
andare! >> Ripeté quasi con rabbia, stringendo i pugni.
<< Ma che ti prende? >> Rispose
visibilmente irritata. << E’ la mia grande occasione! Mancherò per un po’
di giorni, ma tornerò presto… >>
Si morse il labbro inferiore, e non potè fare a meno di pensare ai suoi genitori.
Anche loro avevano ricevuto l’ordine di una
missione fuori Suna, e non avevano esitato a lasciare
il piccolo Sasori alla nonna. E poi, poi non erano più tornati. E avevano
lasciato un vuoto dentro loro figlio,
un vuoto che non era ancora stato colmato.
Alzò lo sguardo verso di lei, arrabbiato. Aveva
paura di lasciarla andare, paura che potesse non tornare più.
<< Non voglio…Non voglio che tu vada…
>>
<< Non fare lo stupido. Sono una ninja, è normale andare in
missione. Vedrai che non starò via molto. >>
<< Chi mi dice che tornerai? >>
Esclamò, alzandosi con impeto dalla sedia. << Resta qui, ti prego!
>>
Lei lo fissava come sconcertata, non riuscendo a
capire il perché di quella scenata.
<< Sasori, stai esagerando. Io partirò. E
tornerò, te lo prometto. Aspettami. >>
Disse, e baciandolo a fior di labbra corse via, via
da lui, via da Suna.
E il burattinaio rimase in piedi a fissare il
vuoto, mantenendo la solita espressione calma e malinconica, con la sua
disarmante tranquillità nonostante dentro ribollisse di rabbia e paura.
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Per due giorni non mangiò e non dormì, l’unica cosa
che fece fu lavorare alle sue marionette e guardare fuori dalla finestra, come
quando era bambino, in attesa che lei tornasse. Perché doveva tornare. Lui
doveva chiederle scusa per non essersi fidato delle sue capacità, e lei lo
avrebbe perdonato dandogli dello stupido e baciandolo.
Ma non andò così. Il terzo giorno, un messaggero
chiamò d’urgenza Chiyo all’ospedale, poiché due ninja
appena tornati dalla missione erano gravemente feriti.
Quando Sasori corse fuori casa con la nonna verso
l’ospedale, sperava in cuor suo che lei stesse bene. Ma quando arrivarono, le
sue speranze furono distrutte, ancora una volta. Distesa su un lettino,
morente, Kumiko ansimava e si affannava per il dolore. Era coperta di sangue.
Sasori rimase imbambolato a fissarla, mentre sua
nonna le si avvicinava e urlava qualcosa ai colleghi, portandola in sala
operatoria. Tutto attorno a lui perse significato. Non riusciva a focalizzare
ciò che accadeva, non sentiva niente.
“Coraggio.” Si ripeteva, dentro di se. “Non è morta. Ce la farà.” Ma
dentro di lui, questa convinzione non reggeva.
E non fu sorpreso quando sentì la mano della nonna
poggiarsi sulla sua spalla, e si voltò meccanicamente. << Sasori…
>> La fissava inespressivo, semplicemente spaventato. << Abbiamo
curato le ferite, ma è stata avvelenata. E…non riusciamo ad analizzare il
veleno. E’ impossibile creare un antidoto. Lei…Morirà tra due giorni, se non
prima. >>
Vuoto totale. Per la seconda volta, il cuore di
Sasori venne spezzato in mille pezzi.
<< Ah. >> Disse, semplicemente,
mantenendo quella sua tranquillità snervante.
<< Pensavo che avresti voluto salutarla…un’ultima
volta. Mi…dispiace… >>
Sussurrò a testa bassa, poi si allontanò,
lasciandolo solo. Con gesti lenti e meccanici andò da lei, trovandola ancora
sdraiata in quel lettino. Ora non si contorceva più dal dolore, ma sapeva che
soffriva. Teneva gli occhi chiusi e aveva una smorfia disegnata sul volto.
<< Sa…so…ri…?
>> Lo chiamò, allungando una mano verso di lui, che fu prontamente
afferrata. Ancora scioccato,
lui la guardava e soffriva con lei.
Ci doveva essere un modo per salvarla, non poteva
stare lì senza far niente…
E in quel preciso istante, un’idea si fece spazio
tra i suoi pensieri.
Era una pazzia. Doveva essere folle. Ma tanto
valeva provarci.
<< Kumiko…ti piacciono…le marionette?
>>
******
Lei non capiva, ma annuì lentamente. Un ghigno si
disegnò sul volto di Sasori, che aveva ritrovato la speranza. Poteva salvarla.
La prese in braccio e la portò via dall’ospedale, lasciando vuoto il letto
insanguinato che l’ospitava prima. Così silenziosamente, che nessuno si accorse
di niente, finchè qualcuno non entrò in quella camera ormai disabitata, e
lanciò l’allarme facendo iniziare le sue ricerche. Ma lei era già con Sasori,
al sicuro nella stanza delle marionette. Lui l’aveva fatta sedere a terra, con
la schiena al muro, le fece aprire gli occhi.
<< Cosa…? >> Sussurrò piano lei,
vedendo in che luogo si trovava.
<< Lascia fare a me, amore mio. Non ti
lascerò morire. >>
<< Non capisco… >> Continuava,
scuotendo lentamente la testa. Lui le posò due dita sulle rosee labbra,
facendole segno di tacere. La baciò nel modo più dolce che sapeva fare.
<< Sarai una bellissima marionetta… >>
Le sussurrò, accarezzandole i capelli. Non ricevette risposta, solo uno sguardo
sorpreso ed un gemito.
<< Sasori…e se…non dovesse funzionare?
>> Chiese dopo lunghi attimi di silenzio, lasciando senza parole il
ragazzo. Non aveva pensato a questa eventualità.
<< Non me lo perdonerei mai. >>
Rispose, semplicemente, poi cominciò a ridere.
<< Ma questo non succederà! No, te lo
prometto. E allora nessuno ti potrà portare via da me, nemmeno il più potente
dei veleni…Avrai un corpo perfetto ed immortale…non sei contenta? >> E
continuava a ridere mentre parlava,
un ghigno più o meno sadico sul volto. E, senza dire niente, lei lo abbracciò. Tremava dalla paura, ma non
voleva ammetterlo. Sarebbe morta tra due giorni. Tanto valeva lasciarlo
provare.
E poi, lei si fidava di lui.
<< Sasori… >> Sussurrò piano,
richiamando l’attenzione del burattinaio, che smise di ridere. <<
Ricordati…che ti amo…e che ti amerò per sempre… >> Affondò la testa sulla
sua spalla, cominciando a piangere silenziosamente. Lui rimase immobile, gli
occhi spalancati nella sua solita inespressività.
<< Kumiko… >> Sussurrò, muovendo appena
le labbra. << Tu non morirai...Senza di te, io
come farei? Ti amo. >>
E lei smise di piangere, scioccata da quelle parole
che mai aveva pronunciato così apertamente. Sorrise, baciandolo con foga, con
il volto ancora bagnato dalle lacrime.
E mentre le ricerche continuavano in tutto il
villaggio, lei e Sasori fecero l’amore per l’ultima volta.
******
Lavorò senza sosta per tutta la notte, il giorno e
la notte seguente. Dopo aver separato chakra e nucleo
vitale dal corpo lo aveva concentrato in quello che sarebbe stata l’unica parte
vitale della marionetta. Aveva creato quel jutsu in
segreto, nessuno a parte lui ne era a conoscenza. Amava le sue marionette, e il
desiderio di poterle vedere vive lo spinse a creare una nuova tecnica. Ancora
incompleta, per far vivere una marionetta aveva bisogno della vita di un'altra
persona ed una parte umana nella marionetta.
Ma bastava così. Non voleva portare in vita una
marionetta.
Voleva fare di lei LA marionetta.
Squartò il corpo senza vita della ragazza senza
timore, ma non la guardò in volto più del dovuto.
“La devo salvare” Si ripeteva, mentre drenava il
sangue e cercava un modo per non far decomporre il corpo. “La devo salvare”
continuava, mettendo trappole al posto degli organi. “La devo salvare” L’unico
pensiero che gli attraversava la mente, mentre finiva di assemblare una
marionetta con la sua pelle, identica in tutto e per tutto a lei.
La finì che era quasi l’alba, e la osservò affannato per alcuni secondi.
Era perfetta. Inserì il nucleo vitale
nell’apposita cavità, al centro dello stomaco, e delle piccole vene si
espansero donando al corpo di pelle e legno la vita.
E poi, lentamente, la creatura aprì gli occhi.
<< Dove…sono? >>
Parlava, vedeva, sentiva, si muoveva.
Perfetta.
<< Sei qui con me, Kumiko. Sei viva. >>
<< Sasori…? >> Alzò il busto
lentamente, si guardò. E restò stupita nel vedere che era davvero diventata una
marionetta.
<< Penso che sentirai fastidio, ma ti ci
abituerai. Hai tutto il tempo. Sei viva.
>>
Continuava lui, fissando meravigliato la sua opera.
<< Sei
viva… >> Si portò una mano tra i capelli cominciando a
ridere come un pazzo. Ce l’aveva fatta. << Sei viva! >> Gridò, con entusiasmo,
abbracciando la sua Kumiko.
La bruna era ancora scioccata di come una cosa del
genere fosse stata possibile. E, per la prima volta, fu lei ad assumere
un’espressione seria ed indecifrabile. Spostò gli occhi verso Sasori, che
rideva come mai l’aveva visto fare.
Perché non era mai stato così felice o perché non
era mai stato così pazzo?
Non le importava. Sorrise, ricambiando l’abbraccio.
<< Sì, sono viva. Ed è tutto grazie a te.
>> Sussurrò, sinceramente
grata a lui per ciò che aveva fatto. << Sono la tua marionetta, Sasori.
>>
******
Adesso, credeva che nessuno avrebbe potuto
dividerli. Che sarebbero finalmente rimasti insieme per sempre. Lui, il suo
burattinaio. Lei, la sua marionetta.
Ma qualcosa, ancora una volta, andò storto. Suna scoprì quello che Sasori aveva fatto, vide con i suoi
occhi la “marionetta vivente”. E non ne fu felice. Cominciò a guardarli con
disprezzo, giudicando Sasori un pazzo, un malato di mente, un genio decaduto. Kumiko, veniva definita
semplicemente mostro. Iniziarono ad avere paura di entrambi, li isolarono del
tutto. Non vennero più ammessi all’accademia o in altri luoghi pubblici, e
nessuno osava avvicinarsi alla loro casa.
Perfino Chiyo cominciava
a dubitare della sanità mentale del nipote.
I giorni passavano, e la situazione peggiorava.
Nessuno dei due riusciva a sopportarlo. Kumiko non sorrideva più. Se fosse
stata umana, avrebbe pianto. Ma ciò nonostante non perdeva l’occasione per
ringraziare Sasori di quello che aveva fatto per lei. Non aveva rimpianti, era
fiera di essere una marionetta. Sasori, invece, riusciva a provare solamente
odio. Odio per i suoi compaesani, odio per il suo villaggio, puro e semplice
odio.
<< Sasori… >> Aveva sussurrato lei ad
un tratto, poggiando la mano sulla spalla dell’amato. << Non possiamo
continuare così per sempre! Sono giorni che non usciamo da qui. >> Fece
notare con disappunto, ma il rosso non la guardava. Continuava a fissare
inespressivo un luogo impreciso fuori dalla finestra di camera sua.
<< Stanno architettando qualcosa. >>
Sentenziò semplicemente, osservando la gente nelle strade tenersi a debita
distanza da casa sua, ma lanciando occhiate ricolme di disprezzo. Tra loro
aveva notato anche dei ninja, che stavano acquattati in posti nascosti a
guardare la casa, in silenzio. Sasori sospettava che stessero aspettando il
momento adatto per assalirli o cose del genere, e non poteva permetterlo.
<< Dammi retta! >> Lei non demordeva.
Posò ambedue le mani sulle sue spalle costringendolo a voltarsi verso di lei.
<< Io sono una marionetta…ma tu hai bisogno di magiare, e dormire!
>> Più che un ordine, sembrava una preghiera. Ed infatti, il suo dolce e perfetto viso si rattristò,
il tono deciso di prima era ormai un lieve sussurro. << Ti prego…
>> Come al solito, lui non disse niente e si limitò ad abbassare lo
sguardo. Si lasciò guidare verso il letto al centro della stanza, i suoi occhi
si chiusero senza il suo comando appena la testa affondò nel cuscino. Tanto era
stanco che non riusciva più a riaprirli. Smise di sforzarsi quando la sentì
sdraiarsi accanto a lui, accarezzargli i rossi capelli e sussurrargli qualcosa
che non riuscì ad afferrare: si era già addormentato.
******
Si svegliò che erano passate alcune ore, a causa
dei rumori provenienti dall’esterno. Si guardò attorno confuso, poi rapidamente
si alzò e si affacciò alla finestra: la gente aveva ricominciato a camminare
normalmente, a parlare e fare come se nulla fosse. Che la presenza di lui e
Kumiko in quella casa non li turbasse più? Che li avessero finalmente
accettati?
Le labbra si inarcarono in un sorriso che durò
brevi secondi. Il tempo che servì a Sasori per voltarsi e scoprire che era
solo.
Spalancò gli occhi, scioccato, e ancora una volta
la paura si impadronì di lui.
Aprì la porta con violenza correndo per i corridoi
senza sapere bene dove andare.
Solo la presenza di Chiyo
in una delle camere da lui perquisite fermò la sua corsa.
<< Dov’è…dimmi dov’è… >> Ordinò,
riprendendo fiato. La nonna, seduta a terra con le spalle alla porta, non si
voltò neppure a guardarlo.
<< Non c’è più, Sasori. E’ morta. Per ordine
del terzo Kazekage. >>
Ancora. Era successo per la terza volta. Il cuore
di Sasori era stato ridotto a pezzi.
No, tutto di lui adesso era andato in frantumi. E
senza rendersene conto, cominciò a tremare, nonostante il suo volto fosse,
inesorabilmente, serio ed inespressivo.
<< Ah. Capisco. >> Sillabò quelle
parole con uno strano tono, e meccanicamente un ghigno malefico si disegnò sul
suo volto.
Uscì dalla stanza lentamente, e Chiyo
non si curò di sapere dove fosse andato. Troppo impegnata a piangere su un
rotolo che aveva tra le mani.
Rotolo in cui aveva sigillato Kumiko, viva, per
salvarla da coloro che volevano ucciderla, per salvare il villaggio in declino,
per salvare Sasori dal bilico in cui stava inesorabilmente cadendo. Peccato che
lui non la pensasse allo stesso modo.
Se solo avesse saputo…
******
Un urlo, il rumore del sangue che schizza, poi un sonoro tonfo ed il
silenzio. Il Kazekage disteso a terra, senza vita.
Accanto a lui, un Sasori ricoperto di rosso ritirava le sue marionette.
Silenzioso, si portò una mano insanguinata davanti agli occhi spalancati, e con
solita, innaturale tranquillità, sussurrò al vento parole che nessuno a parte
lui avrebbe sentito.
<< E così, adesso sono un traditore…E’ così
facile, uccidere… >> Si avvicinò, fissando con rabbia il volto di chi aveva
osato portargliela via. Il volto di chi gli aveva distrutto la vita in
pochi secondi, il volto di chi l’aveva reso folle.
E, insensibile, alzò il cadavere da terra
trascinandolo via con se. Un leggero ghigno sul suo volto inespressivo.
<< Sarai una marionetta perfetta… >>
******
Da allora erano passati venti lunghi anni. In
questo tempo, Sasori aveva tradito il villaggio portando con se il Terzo,
trasformato innumerevoli vittime in marionette ed era entrato a far parte
dell’organizzazione Akatsuki. Passò poco tempo prima
di decidere di rendere freddo ed insensibile anche il suo corpo, trasformandosi
in una marionetta con la stessa tecnica usata per lei.
<< Questo corpo, molle… >> Sussurrava,
come se qualcuno potesse sentirlo. << …sensibile al dolore, debole…così
attaccato al tempo e ad abitudini come mangiare e dormire… >>
Si era rinchiuso da solo in una camera buia,
attorno a lui solo marionette ed attrezzi vari. Sul volto l’espressione della
pura pazzia.
<< …non serve a niente. >>
E poi, abilmente, nascose la sua vera forma dentro
una marionetta chiamata Hiruko, che forniva una
difesa perfetta oltre all’attacco eccellente, il sogno di ogni marionettista.
Cosparse ogni arma con del veleno creato
appositamente da lui, un veleno quasi impossibile da analizzare. Quasi.
Adesso, dopo vent’anni, una ragazza era riuscita a
creare addirittura un antidoto. E l’aveva costretto a mostrarsi, a usare
se stesso.
E, doveva ammetterlo, l’aveva messo in difficoltà.
Quella ragazza aveva appena superato la “barriera” creata dalle 100 marionette
di Sasori grazie a Chiyo, e adesso sembrava che
stesse per lanciargli qualcosa…
Non ci fece molto caso, era convinto che qualunque
cosa potesse fargli, lui non sarebbe morto. Come quell’inutile pugno sferrato
da lei poco prima. Non poteva nuocere il suo corpo perfetto…
Quello che lo scioccò –e con lui anche Chiyo e la
ragazza- fu l’apparizione di una ragazza dai capelli castani e vecchi abiti Sunesi. Correva nella stessa direzione di Sakura e sembrava
si apprestasse a lanciare un pugno. Lui la riconobbe. E sentì un immenso vuoto
dentro di sé. Dapprima, serrò la mascella, osservando Chiyo.
Era davvero così intenzionata ad ucciderlo da usare quel che rimaneva di lei?
Ma poi, quando la ragazza appena arrivata lanciò un
urlo colpendo la ninja di Konoha e lanciandola dall’altro lato della caverna, lui
cominciò a non capire più niente.
<< Chi diamine sei, tu?! >> Aveva chiesto Sakura, riuscendo ad
atterrare in piedi dopo una violenta strisciata.
<< Dovrei farti la stessa domanda! >>
Esclamò la nuova arrivata, senza staccare lo sguardo da lei. Chiyo, scioccata, ripeteva frasi come “non è possibile” o
“non ci voleva” e cercava disperatamente qualcosa. Sasori si limitava ad
osservare attonito la scena. Non era sua nonna che la controllava. Ma allora,
che cosa stava succedendo?
<< Ku…mi…ko… >> Balbettò
osservandola con occhi sbarrati, facendola voltare. E quando lo vide, lei
assunse la sua stessa espressione, nell’accorgersi che era una marionetta.
Si portò le mani alla bocca, sussurrando qualcosa
che nessuno riuscì a cogliere.
<< Tu sei… >> Dissero in coro, ma il
finale fu diverso per i due.
<< …viva. >> Continuò lui. <<
…una marionetta… >> Disse lei.
Silenzio. Le marionette non si muovevano più, e il
tempo sembrava essersi fermato.
<< Io credevo che tu fossi morta… >>
Sussurrò lui, semplicemente, voltando meccanicamente la testa verso sua nonna,
che abbassò uno sguardo colpevole.
<< Tu mi avevi detto che era morta… >>
<< Sasori…posso spiegare… >> Cercava di
dire lei, mentre Sakura osservava la scena da lontano, attonita, non capendo
cosa stesse succedendo e chi fosse quella ragazza.
<< Non c’è niente da spiegare. >> Continuò, il tono visibilmente
arrabbiato.
<< Come hai potuto… >> << Non è
colpa sua! >> Urlò Kumiko, attirando su di sé l’attenzione. <<
Tutto il villaggio era contro di noi! L’ha fatto per salvarmi! >>
Si fissarono per interminabili secondi. <<
Non basta. >> Sentenziò, incredibilmente serio.
Guardò Chiyo, gli occhi
ancora spalancati. Per tutti questi anni, lei non gli aveva detto niente. Gli
aveva lasciato tradire il villaggio, uccidere il Kazekage,
senza farne parola probabilmente con nessuno.
Gli aveva fatto credere di essere rimasto solo.
E adesso, a fatti scoperti, lo stava solo facendo soffrire
ancora di più.
Lui dal corpo perfetto e inattaccabile, che non
prova dolore, che non ha fame, non ha sonno, non è debole di fronte alle
malattie.
Lui vissuto in solitudine, che ha combattuto contro
la vita, che guidato dall’odio ha ucciso, che ha detto “no” a qualunque altro
sentimento facendo diventare il suo cuore insensibile.
Poi, spiccò un salto verso sua nonna, un lieve
ghigno stampato in volto.
<< Sasori!!
Sasori ti prego!! >>
Urlava Kumiko, in preda al panico, vedendolo scagliarsi contro l’anziana che
richiamava le marionette superstiti. E smise di chiedersi cos’era successo a
lui, che cosa ci facessero lì, perché era stata liberata dal sigillo: come
quando i suoi bronzei occhi si riaprirono in una nube di fumo, dopo vent’anni
che erano stati chiusi, l’unica cosa che vide fu Sakura scattare verso il
burattinaio, pronta a colpirlo. E in quel momento, non gli importava avere
risposte: semplicemente non poteva permettere che gli facessero del male.
Cominciò la sua corsa verso di lei, e il mantello
caratteristico di Suna volò via accasciandosi tra le
pietre e le marionette rotte, lasciando spazio a dei corti pantaloncini neri ed
un top a fascia rosso che coprivano un corpo perfetto da marionetta. In pancia,
un cilindro come quello di Sasori, con su
scritto “primo”. Urlò, scagliandosi contro Sakura, e i loro pugni si
scontrarono producendo una grande onda d’urto. Erano alla pari.
Indietreggiarono, e si guardarono negli occhi,
pronte ad attaccare di nuovo.
Ci pensò solo in quel momento: non sapeva neanche
chi fosse quella ragazza e perché ce l’avesse tanto con lui. Ma da bravo
burattino, fece quello che lui avrebbe voluto: e concentrando il chakra nella mano destra, corse verso di lei.
<< Sarò io la tua avversaria, adesso!
>>
******
La battaglia non sembrava avere esiti positivi per
Sakura e Chiyo. La prima, mentre il suo avversario
era sempre in ottima forma, cominciava a stancarsi. La seconda, vedeva a poco a poco distrutte tutte le sue
marionette.
<< E’ finita…Chiyo-baasama…
>> Aveva detto Sasori, prendendo in prestito una spada dai cadaveri di
legno. La alzò in alto, pronto a colpire una Chiyo
ormai indifesa. Ma quella che si vide davanti, che fu colpita al fianco
sinistro, fu Sakura. Aveva usato le sue ultime forse per scappare dalla nemica
e proteggere Chiyo.
<< Sakura!!! >> Aveva urlato quest’ultima, mentre Sasori
tirava fuori la spada e la rialzava, pronto a colpire ancora. << Non
avresti dovuto immischiarti. >> Sentenziò, mentre la lama si avvicinava
pericolosamente a Sakura, ancora in piedi ma tremante. Chiyo
usò il chakra che aveva a disposizione e riuscì a far
alzare le marionette che aveva usato in principio, quelle raffiguranti i
genitori di Sasori.
Due spade a testa,
lo attaccavano da dietro. E non fu necessario l’urlo di Kumiko per farglielo
capire.
Chiuse gli occhi, fermando la spada a mezz’aria,
lasciandosi colpire.
<< Perdonami…Kumiko… >>
Due delle quattro spade trapassarono da parte a
parte il suo nucleo vitale, facendo sgorgare parecchio sangue.
<< Sì, Sasori. E’ finita. >> Sussurrò Chiyo, come dispiaciuta. << Non puoi più muoverti.
>> E fissò il pavimento, dove strani simboli neri erano apparsi attorno a
Sasori e si espandevano fino ad arrivare anche a Kumiko.
Il rosso
sorrise, mentre del
sangue cominciava ad uscire anche dalla sua bocca.
<< E così, il mio destino è quello di essere
ucciso da una mocciosa e una vecchiaccia… >>
Sussurrò, abbassando lo sguardo.
<< E così, proprio le vostre marionette hanno
finito per uccidermi. >>
Disse tra se e se, pensando ai suoi genitori. Loro
l’avevano lasciato solo, se ne erano andati. Avevano infranto la promessa.
Non sarebbero tornati più.
Eppure, lui non era riuscito a distruggere nemmeno
dei pezzi di legno che li raffiguravano.
<< …Che stupidaggine… >> Sentenziò,
senza avere il coraggio di guardare di fronte a lui. Da qualche parte, lì,
Kumiko stava soffrendo. Lo sapeva. E Non riusciva a perdonarselo.
Ma cos’altro poteva fare? Lui, che era una
marionetta incompleta. Lui, che non era più un essere umano. Lui, legato a
ricordi passati e ad emozioni che non riesce a cancellare.
<< Patetico. >>
Ancora con lo sguardo basso, parlò alla ragazza di
fronte a lui, che veniva prontamente curata da Chiyo.
Senza sapere il perché, gli parlo dell’incontro che a breve si sarebbe tenuto
tra lui e quella spia che aveva mandato da Orochimaru. E poi, lentamente, cadeva rovinosamente
a terra insieme ai suoi genitori.
<< Scappa… >> Una sola parola,
certamente non rivolta a Sakura o Chiyo di fronte a
lui.
Muta spettatrice, Kumiko non riusciva a muoversi, e
non solo perché rimasta intrappolata nel sigillo. Qualcosa, dentro di lei, si
era rotto quando le due marionette l’avevano colpito.
Nessuno, meglio di lei, sapeva che quello era un
colpo mortale. Se fosse andata da lui, sarebbe stato inutile. L’avrebbero
certamente uccisa.
Ma, quando lo vide accasciarsi, desiderò così tanto
sfiorarlo per l’ultima volta che con tutte le sue forze riuscì ad alzarsi,
correndo verso di lui.
Le aveva detto di scappare. Ma come avrebbe fatto,
a scappare, sapendo che a breve tempo lui si sarebbe spento per sempre?
Tanto valeva morire.
E, quando il kunai
lanciato da Sakura la colpì nel suo punto debole, non ne fu triste. Stava
sorridendo, mentre cadeva a terra, a pochi centimetri da lui.
<< Sa…so…ri…
>> Lo chiamò, con le sue ultime forse, sperando che lui fosse vivo,
avvicinandosi lentamente.
<< Perdonami… >> Sussurrò lui, voltando
la testa verso di lei, prendendole la mano.
A quel contatto, lei sorrise, avvicinandosi
abbastanza per sfiorare le
sue labbra.
<< Ti amo. >> << Anch’io ti amo.
>> Dissero, prima di darsi quell’ultimo bacio e chiudere gli occhi
insieme, le mani finte ancora intrecciate.
Nonostante avessero tante domande da farsi, tante
cose da dirsi. Nonostante avessero il disperato bisogno di riprendersi la loro
vita.
Nonostante dovessero essere immortali.
Perché le marionette non chiudono mai gli occhi.
Perché le marionette non vivono.
E finalmente, avevano abbandonato il bilico in cui erano precariamente in equilibrio:
non marionetta, non essere umano.
E senza saperlo, adesso avevano fatto la loro
scelta. Era giunto il momento in cui avrebbero
potuto restare insieme per sempre, come due veri
burattini innamorati.
<< E’ finita, Chiyo.
Ce l’abbiamo fatta. >> Sussurrò Sakura, aiutando la vecchia ad alzarsi da
terra.
<< No, dovrei essere uccisa io. E’ solo colpa
mia se è successo tutto questo… >>
Abbassò lo sguardo, cominciando a piangere
silenziosamente.
<< Lui aveva visto il mio attacco, ma per
qualche motivo non l’ha schivato o bloccato. E lei sapeva perfettamente che avvicinandosi a lui era un bersaglio facile. >>
Sakura, mossa dalla compassione, osservò le due
marionette a terra, il volto inespressivo, le mani congiunte.
<< Io penso che siano felici così. >> Sussurrò, un sorriso malinconico
sul volto.
<< Torniamo dagli altri, adesso, Chiyo. Ci aspettano. E poi, sono curiosa di conoscere la
loro storia… >> Proferì, mentre la donna smetteva di piangere e si faceva
aiutare dal ninja medico a camminare. << Va bene, ti accontenterò.
>>
Un’ultima volta, si girò a
guardare suo nipote, e sospirò, sperando che almeno in punto di morte fosse
stato felice.
<< Raccontarti la sua storia è il minimo che
possa fare… >>
******
<< Sono la tua marionetta, Sasori. >>
Diceva lei.
<< Tu non sei solo una marionetta.
>> Insisteva lui, accarezzandole i capelli con dolcezza.
<< Forse vuoi dire… >> Continuò lei,
abbassando lo sguardo. << Che non sono ancora una marionetta.
>>
Lui sbuffò. << Non è importante cosa sei,
cosa siamo. Non è importante nemmeno cosa diventeremo. Tu sei la donna che amo,
e io… >>
<< Tu sei l’uomo che amo io. >> Lo
interruppe, sorridendo.
<< Per sempre. >> Chiuse gli occhi,
stringendo nelle sue mani quelle di lei.
<< Per sempre. >> Avvicinò le labbra
alle sue, baciandolo.
Sicuri che il loro amore non si sarebbe mai spento,, qualunque cosa fosse successa.
Qualunque cosa fossero diventati.
Qualunque sorte gli sarebbe toccata.
Anche dopo la morte, loro avrebbero continuato ad
amarsi.
Come due burattini innamorati.
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Ringrazio tutte le
persone che leggeranno e commenteranno, sperando che questa fic vi sia
piaciuta!
Vorrei ringraziare
uno per uno chi aveva commentato quando ho postato la fic nell’altro account,
quindi ricopio cosa mi avevano scritto per poterlo fare =)
Nenenene: Ma è bellissima...commovente, dio quanto
mi piace...la adoro! Ti metto tra gli autori preferiti
se scrivi sempre così! Bellixima!!
Marie: Intanto ti ringrazio per avermi fatto notare che mancava un
pezzo di dialogo (anche se qui non è scritto XD), e poi mi rende davvero felice
il fatto di essere (o meglio, di essere stata con l’altro account XD) tra i
tuoi scrittori preferiti! ^^
Ripper_Tripper: E' bellissima....
buaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah ç.ç..........mi ha fatto piangere.
Marie: Addirittura! Me dispiaciuta! ^^’ beh, però se mi dici così so
di essere riuscita a trasmettere delle sensazioni XD grazie mille!
_Lunetta_: Oh beh u__u Con questa fic mi hai fatto
rivalutare un pò Sasori. Sì, anche se ci sono cose inventateXD
Non sono brava a commentare le storie, quindi posso dirti semplicemente che
questa fic, effettivamente, mi ha commosso un pò (e lo
sai quant'è difficile che io mi commuova, spesso XD). Sei
riuscita a descrivere bene i sentimenti di Sasori: la tristezza,
l'apatia, la disperazione che diventa inevitabilmente follia. Sasori impara a
comprendere l'amore, proprio quando ormai non ci sperava più. E lo perde allo
stesso modo in cui ha perso i suoi genitori. Ho apprezzato molto questa storia;
mi raccomando, continua così!
Marie: Dì ancora che non sai commentare e ti uccido XD (ovviamente
scherzo…è lei quella che uccide ç_ç n.d.me rivolta a
Lunetta)(ehy!!! N.d.Lunetta) in ogni caso, come detto su, sono felice di
aver trasmesso qualcosa! E soprattutto ho raggiunto il mio scopo di farti
apprezzare Sasori XD Che in questa fic, lo ammetto, è un po’ –molto- sfigato. Non
che lo sia poco già nella “realtà”, però XD cercherò di continuare così, come
dici tu +_+
Scatty: ...sei bravissima...scrivi
benissimo..per il fatto ke hai inventato...MA
KISSENE!!!! W la fantasia...sisi
XDXD...sai la mia autrice preferita..tauu
Marie: Se non si inventasse qualcosa, le fic risulterebbero un tantino monotone e noiose, o almeno questo è il mio punto
di vista XD spero però di non essere andata eccessivamente OOC!
Princess Of Bang:
Ciao! Bellissima shottina! Povero il mio Danna!Già
che è una marionetta senza sentimenti poi gli muoiono i genitori, gli mentono e
gli ammazzano la citta! Così non se campa! Comunque è
stato davvero molto bello vedere come Sasori vivrebbe una storia d'amore.
Anch'io credo che da morto sia più felice che da vivo: non
aveva un corpo suo. Era tipo Hidan. Per una
volta in vita mia sono stata d'accordo con Chiyo: avrebbe dovuto morire lei non Sasori-danna.
ancora complimenti Princess of Bang
Marie: Eh, l’ho detto che è sfigato XD E pensa che tutto è partito dal fatto che penso appunto che Sasori sia più
felice da morto. Quel “mi aveva vista e avrebbe potuto schivare l’attacco, ma
non l’ha fatto” di Chiyo, mi ha fatto piangere per
non so quanto tempo, e quando penso solo al nome “Sasori” mi vengono le lacrime
agli occhi XD Hidan…un altro personaggio su cui ci
sarebbe molto da dire XD Chissà, magari farò anche su di lui una fic XD
Saiyo83: ciao ho letto il capitolo tutto d'un fiato e ti devo dire una
cosa.... il capitolo e bello, ma non posso perdonarti
il fatto di avermi fatta piangere come una bambina^^, di solito non piango
leggendo le storie degli altri, anche se muoiono, si suicidano, si mollano ecc ecc.... tu sei stata la prima a farmi piangereT___T.....baci
Saiyo83^^
Marie: Caspita, la prima!! Che onore! Non
che sia una bella cosa far piangere la gente °_° Però se ti ho commossa tanto
significa che qualcosa di buono l’ho combinata XD ti ringrazio davvero
tantissimo, anche per la tua recensione al “secondo” capitolo, che posterò a
breve…
Capitolo che non è
un sequel, ma la stessa storia vista dagli occhi di Kumiko, con la sua storia e
i suoi sentimenti. Spero vi piaccia anche quella.
Alla prossima!!!
~ Marie