LEAVE A LIGHT ON
“Non temere la
mia partenza,
lascia solo una luce
accesa
ed io saprò trovarti
ancora”
“Fuck you I’m drunk, fuck you I’m drunk, Pour my beer down the sink I've got more in the trunk. Fuck
you I’m drunk, fuck you I’m drunk, and I’m going to be drunk ‘till the next
time I’m drunk!”
Samantha
e Abaigeal ridacchiarono divertite.
Bee
ed Orlando erano tornati due giorni prima dall’Irlanda. I signori Gallagher
avevano invitato l’amico della figlia per un fine settimana da loro. Dopo
averne sentito parlare così tanto, si erano decisi a volerlo incontrare e
conoscere.
Fu
un weekend divertentissimo.
Bee
e Orlando avevano trascorso gran parte del tempo in giro per la campagna
irlandese mentre di notte, si spostavano nelle caotiche vie del centro. Kevin
Gallagher aveva spiegato ad Orlando che un irlandese che si rispetti, deve
necessariamente saper reggere l’alcool e lui aveva accettato di buon grado la
lezione.
Non
a caso, avevano trascorso tre sere su quattro, ubriachi fradici per le vie del
centro.
Rientrati
a Londra, tuttavia, li aspettava una bella sorpresa.
Naturalmente
erano tutti impazziti dalla gioia, tantoché quella sera, avevano deciso di
festeggiare in un pub del centro.
“Gibbo,
calma!”, l’ammonì Samantha ridendo, mentre il fratello ballava e cantava in
piedi sopra il tavolo, “Non ti vorrai sfracellare a terra proprio ora che hai
un futuro!”
Bee
scoppiò a ridere, “Andiamo Flow, scendi da quella sedia!”
Cindy,
l’attuale fidanzata di Orlando, lo prese per un braccio cercando di farlo
scendere, ma lui si divincolò e continuò a cantare, accompagnato da Steve,
attuale fidanzato di Sam, e Joshua.
“I walk in the bar and the fella's all cheer,
they order me up a whiskey and beer. You ask me why I'm writing this poem, some
call it a tavern but I call it home.”
Cindy
abbandonò l’impresa e si mise seduta al tavolo con le ragazze.
“L’Irlanda
ha finito di rovinarlo”, osservò Samantha, divertita.
“Non
l’Irlanda ma mio padre”, precisò Bee ridendo, “Credo che ormai sia ad un passo
dall’alcolismo”, sbuffò, “FLOW!”, gridò, “Scendi da quella dannata sedia! Stai
traballando!”
Lui
le fece la linguaccia senza spostarsi di un centimetro e Bee scosse la testa
sconsolata.
“Se
ti rompi la testa giuro che ti lascio lì!”
“I'll sit down and exercise my Irish pride. Fuck you I’m drunk!” cantò lui per tutta risposta.
“Ci
rinuncio!”, si voltò verso di lui, “Hai sentito Flow? CI RINUNCIO! Finisci pure
di ubriacarti!”
Cindy,
che aveva osservato la scena divertita, si rivolse a Abaigeal.
“Come
mai lo chiami Flow?”, le domandò.
Bee
sorseggiò lentamente la sua birra, quindi le sorrise, “Dovevo trovargli un
soprannome”, spiegò, “Stiamo parlando di una cosa che è avvenuta più o meno due
anni fa. Poco dopo che ci siamo conosciuti lui ha cominciato a chiamarmi Bee e
io non potevo essere da meno!”
“Figurarsi!”,
la sbeffeggiò Samantha.
Abaigeal
la guardò di traverso, “Comunque, in quel periodo diceva un sacco di parolacce,
così io lo chiamavo fiorellino. Una sera eravamo a cena a casa Bloom…”
“La
sera che io e te ci siamo conosciute!”, aggiunse Samantha.
Bee
sorrise, annuendo, “Esattamente! Quella sera Sonia disse qualcosa ad Orlando e
lui le rispose male così io gli dissi
qualcosa tipo…”
“Mmm…Flow
ti è caduto un petalo!”, citò a memoria Samantha.
Cindy
scoppiò a ridere di gusto.
Le
altre due la imitarono, “E così”, concluse Abaigeal, “Questa è la storia del
soprannome floreale di Orlando!”
“Pensavo
che lo chiamassi così per via del cognome”, disse Cindy.
“Quella
è stata una fortunata coincidenza”, sorrise la ragazza.
Cindy
guardò Orlando, poi l’orologio, quindi fece un’espressione affranta.
“Odio
rovinargli la festa ma devo andare”, mormorò, “Domani mattina ho un colloquio
di lavoro”.
Abaigeal
osservò l’orologio, “Concordo. E’ tardi e domani ho l’ultima lezione di corso”,
si alzò in piedi, “Flow! Josh! Steve!”, li chiamò, “Alziamo le tende ragazzi!
Si è fatto tardi!”
Un
mormorio di disapprovazione la convinse che avrebbe dovuto faticare non poco
per andarsene. Guardò Samantha, implorante.
“Steve,
amore, andiamo!”, disse suadente, “Ho una cosa per te!”
Abaigeal
scosse la testa, divertita.
Orlando
non apprezzò la battuta di spirito, “Fate sesso voi due?”
Samantha
si finse stupita, “Noi? Ovvio che no! Come ti viene in mente?”, lo sbeffeggiò.
“Preferisco
non indagare”, borbottò lui.
“Meglio per te!”, lo canzonò Steve
raggiungendo Samantha.
“Dobbiamo
proprio andare?”, domandò Orlando come un bambino costretto dalla mamma a
scendere dall’altalena.
“Mi
dispiace tesoro”, si scusò Cindy, “Ma domani devo alzarmi presto!”
Lui
si strinse nelle spalle, “Io no, però”, osservò, “Non possiamo rimanere noi
anche se lei deve andare?”, si rivolse speranzoso al resto del gruppo.
Bee
non apprezzò per niente quella mancanza di tatto. Ok, Cindy non era tra le sue
persone preferite, ma Orlando doveva andarci cauto. Anche perché lei sembrava
completamente cotta.
Lo
guardò di traverso, “Cad ghuige faoi Dhia an ndùirt tu sin?”
Cindy
la guardò vagamente preoccupata. Quando quei due cominciavano a parlare in
gaelico, di solito, non si metteva bene. O forse si. In realtà lei non capiva
una sola parola di quello che si dicevano.
Sbirciò
Orlando. Lui guardava Bee senza una particolare espressione.
“Ta
tuirse orm…”, rispose lui.
“Ina
diadh?”, ribatté lei.
“Tà”,
disse lui serio.
Abaigeal
sbuffò, gettando gli occhi al cielo.
“Mo
nàire thù!”, disse poi, “Avanti, andiamo”.
Camminò
spedita verso l’uscita, prendendo Cindy sottobraccio e cercando di sorriderle.
“Cosa
vi siete detti?”, domandò la ragazza voltandosi per guardare se Orlando le
stava seguendo.
Bee
si strinse nelle spalle, “Ci mettevamo d’accordo su chi mi avrebbe accompagnato
a casa”, mentì. Ok, Orlando era il suo migliore amico, ma queste questioni
avrebbe dovuto sbrigarsele da solo. Non era nei suoi doveri di amica scaricare
la fidanzata di turno, per Dio.
“Allora,
io prendo un taxi come d’accordo”, disse lei quando si accorse che Orlando le
aveva raggiunte. Lui abbassò lo sguardo e annuì.
“Ci
vediamo domani a pranzo?”, domandò Orlando, “Se Cindy verrà assunta possiamo
festeggiare insieme”.
Abaigeal
afferrò al volo il significato nascosto dell’espressione di Cindy.
Si
ripromise mentalmente che, appena ne avrebbe avuta l’occasione, avrebbe preso a
calci nel culo Orlando per l’evidente mancanza di tatto. Cristo! Possibile non
capisse che, nel caso fosse stata assunta, quella ragazza avrebbe voluto
festeggiare con lui e non con tutta la corte al seguito? Sospirò. Orlando era
un ragazzo intelligente ma per certe cose era completamente negato.
“Non
credo Flow, ho lezione fino a tardi”, lo fulminò con lo sguardo, “Casomai ci
sentiamo per telefono”.
Lui
la guardò senza capire ma quando Abaigeal fece per parlare Samantha l’abbracciò
per salutarla.
“Vacci
piano con lui”, le sussurrò all’orecchio.
“Tranquilla”,
sussurrò lei con un sorriso.
Samantha
non capiva perfettamente il gaelico ma, a forza di stare con loro due, riusciva
ad individuare il senso del discorso.
“Feicfid
mè nois moille thù”, disse Bee rivolta ad Orlando.
“Ok,
buonanotte!”, la salutò.
Bee
abbracciò Cindy, provando un insensato istinto di compassione per lei.
“Ciao
Cin, ci vediamo presto!”
Lei
le sorrise, e mentre si allontanava la salutò con la mano.
Samantha
si versò del te, quindi offrì la teiera ad Abaigeal che la rifiutò con un cenno
della mano.
Erano
nel salotto di Bee da più o meno due ore, in attesa che il professor Smith le
inviasse per fax i risultati dell’esame.
Bee
era tesissima. Si rigirava le maniche della felpa con fare nervoso, sbirciando
l’orologio almeno una volta ogni tre minuti. Samantha le sorrise. Sapeva che l’esito di quel test
significava tantissimo per la sua amica ed era contenta di essere lì con lei, a
condividere quelle ore di attesa. Diversamente da Orlando che, invece, era
smarrito chissà dove a Downtown.
“Hai
sentito Gibbo?”, domandò.
Abaigeal
si strinse nelle spalle. No.
Erano
otto giorni che non lo sentiva e che non lo vedeva.
Precisamente,
dalla sera in cui avevano festeggiato l’ingresso alla BADA. E doveva ammettere
che le mancava. Le mancava infinitamente. Non poter condividere con lui gli
stati d’animo del momento le sembrava assurdo. E la sua assenza non faceva
altro che amplificare quegli stati d’animo negativi che Orlando placava con
quattro parole ben indirizzate.
“Si
può sapere cos’è successo l’altra sera?”, domandò Sam, spazientita.
Bee
sospirò. Naturale che Sam voleva notizie.
“Abbiamo
avuto una grossa discussione sul senso delle sue relazioni amorose”, buttò lì.
Samantha
si fece più attenta.
Non
che avesse più speranze, ormai. All’inizio, doveva ammetterlo, ci aveva sperato
che tra quei due succedesse qualcosa. Che la famosa scintilla scoccasse. Poi,
però, aveva docilmente abbandonato l’idea. Il legame che si indovinava tra Bee
ed Orlando era molto più profondo, nascosto, con radici ben solide. Erano più
che amanti, più che fratelli, più che amici. Andavano semplicemente oltre le
classiche definizioni di ‘rapporto interpersonale’. Erano loro due. Uno strano
caso dove pregi ed idiosincrasie s’incastravano alla perfezione senza aver
bisogno del sesso per fare da legante. Loro avevano il sentimento.
Ed
era abbastanza.
Si
riscosse dai suoi pensieri e guardò Bee.
Era
affranta.
Ecco,
si, la parola giusta era proprio quella.
Affranta.
“Da
quando in qua le relazioni di mio fratello hanno un senso?”, domandò cercando
di dare alla conversazione un tono leggero.
Dall’espressione
di Abaigeal però, intuì che quello che era accaduto tra loro, fosse tutt’altro
che leggero.
“Appunto”,
confermò Bee mettendosi i capelli dietro le orecchie, “Non è mai accaduto che
le relazioni di tuo fratello avessero un senso, ed è per questo che l’altra
sera mi sono incazzata a morte. Odio vederlo sprecare così il suo tempo con
queste biondine scialbe e senza cervello”.
Wow!
Sam
era senza parole. Da che la conosceva, era la prima volta che sentiva Bee
parlare in quel modo.
“E
quindi?”, indagò.
“Quindi
gli ho detto di non prendere in giro le persone se non è veramente interessato
a loro”, guardò Sam negli occhi, “Non ha senso, capisci? Adesso gli va bene così,
adesso si diverte come un pazzo ma qualcuno deve pagare il prezzo per il suo divertimento e questo non va affatto
bene. L’Orlando che conosco io, l’Orlando vero,
non ferirebbe nessuno consapevolmente e non capisco perché da un anno a questa
parte si è messo a fare il cretino”.
Samantha
annuì. Anche lei, dal canto suo, aveva provato a far capire al fratello che le
relazioni da una settimana e via non gli avrebbero portato niente di buono.
“Lui
pensa di arricchirsi frequentando tre ragazze diverse al mese e invece non fa
altro che inaridirsi”, mormorò Bee.
Appunto.
“Comunque,
la discussione è terminata con una sua invettiva contro la sottoscritta che è
durata più o meno mezz’ora, dopodiché è uscito da quella porta dicendomi di non
interferire mai più con le sue scelte. ‘Se mi voglio scopare tutta Londra non è
affar tuo’ mi ha detto”, Bee si accese una sigaretta, “Va bene, vuole la
guerra? Che si accomodi pure. Di sicuro non sarò io a cercarlo”.
“Non
per essere indiscreta”, attaccò Samantha titubante, “Ma cos’è che ti ha detto
esattamente nella sua invettiva di mezz’ora?”
Inaspettatamente
Abaigeal rise.
“Sei
sicura di volerlo sapere?”
A
quella domanda, Sam dubitò. Sapeva con certezza che Orlando ci era andato giù
pesante.
Interpretando
il suo silenzio come un segno di assenso, Bee continuò, “Mi ha detto che non
sono sua madre, che ultimamente lo soffoco e che non posso sempre pretendere di
avere il consiglio giusto a portata di mano. Mi ha detto che sono l’ultima
persona a poterlo giudicare visto il mio comportamento con Thomas e che non
avrebbe ascoltato nemmeno una parola che avesse avuto a che fare con la sua
‘sfera privata’”, ridacchiò, “Ha detto proprio ‘sfera privata’, ti rendi
conto?”, lo sguardo di Bee s’indurì, “Io sono
la sua sfera privata, dannazione! Da che lo conosco non siamo stati più di un
giorno senza sentirci o vederci. Ci basta un secondo per intuire i pensieri
dell’altro e lui se ne esce con queste boiate da telefilm di terza categoria?”
“Magari
era solo…”, Sam tentennò, “Ubriaco?”
Abaigeal
la guardò in tralice, “E ti sembra una giustificazione?”
“No,
assolutamente”, si affrettò ad aggiungere, “Però magari…si è sentito sotto
accusa”, sospirò, “Lo sai com’è Gibbo, non riesce ad accettare che qualcuno
pensi male di lui”.
“Come
vuoi, ma resta il fatto che è andato oltre il consentito”, sentenziò decisa
Bee.
Prima
che Samantha potesse rispondere il telefono dell’amica squillò.
Bee
si precipitò a rispondere.
“Pronto?”
La
sua smorfia fece intuire a Samantha che era qualcuno di poco gradito.
“No,
Tom, non parliamo. Ti ho detto di non cercarmi, quindi per cortesia, cerca di
rispettare il mio volere”.
Ah-ah.
Thomas.
Samantha
mascherò un sorriso.
Orlando
lo chiamava il Santo, come San Tommaso perché lui, come l’omonimo, non riusciva
a credere a niente che non gli passasse sotto il muso.
Si
erano chiesti spesso come facesse Bee a stare con un tipo del genere, ma
proprio quando si erano rassegnati all’idea di vederli insieme, lei, senza
alcun preavviso, lo aveva mollato dicendo che non si sintonizzava col suo lato
spirituale.
Detta
da Bee suonava mortalmente valida, come spiegazione. L’avesse detta chiunque
altro, ci avrebbero riso sopra per mezz’ora.
“Ciao
Tom”, la sentì dire.
“Non
molla è?”, domandò Sam, versandosi dell’altro caffè.
Abaigeal
scosse la testa, “E’ come una maledetta cozza su uno scoglio. Non riesco a
staccarlo nemmeno con la cattiveria”, fece un verso gutturale, simile al verso
del leone, “Lo odio!”
Samantha
rise, poi la sua attenzione fu catturata dalla spia del fax che lampeggiava.
“Ci
siamo”, mormorò.
Abaigeal
scattò verso il dispositivo, muovendosi agitata come se in quel modo potesse
velocizzare il procedimento.
Quando
la macchina sputò il foglio, Bee lo prese al volo e lo lesse.
Sul
viso un’espressione immobile. Sembrava di pietra.
Dopo
secondi che parvero ad entrambe interminabili, Bee esultò, corse verso di lei e
le si buttò addosso, sdraiandola sul divano.
“Presaaaaa!”,
gridò, “E’ fatta!!!”
“Congratulazioni
tesoro!”, le fece eco Sam.
La
ragazza scattò in piedi, “Vado a vestirmi. Ho necessità di bagnare
alcolicamente questa vittoria!”
Senza
smettere di ridere Sam la guardò sparire nel breve corridoio che la portava
alla camera.
Per
un secondo, si domandò come avrebbe preso Orlando la notizia.
Sapeva
che l’avrebbe trovata lì.
Abaigeal
Gallagher era probabilmente la più assidua frequentatrice del Greenwich Park,
soprattutto nell’ora del tramonto.
Non
di rado, quando la sua Religione celebrava feste particolarmente importanti, si
nascondeva fino all’ora di chiusura, per poi uscire fuori e compiere i suoi
rituali.
Lui
non aveva mai assistito, nonostante le insistenze.
Bee
diceva che per prendere parte a queste cose dovevi crederci davvero, e che la
sua missione non era quella di reclutare nuovi accoliti e meno che mai curiosi.
In quei momenti voleva starsene in pace a contatto con
La
capiva, dopotutto.
Per
questo non aveva avuto alcun dubbio a scavalcare il cancello del parco per
avventurarsi tra i sentieri. Dopo una benedizione come il diploma alla scuola
di scrittura creativa, era ovvio che Bee volesse ringraziare i suoi déi.
Intuì
dalla sua posizione che non stava meditando. Probabilmente, questo era il
momento che lei gli aveva descritto tante volte, prima di chiudere il cerchio,
rimaneva sintonizzata con
Attese
pazientemente che lei compisse i gesti necessari per terminare il rito, quindi
si avvicinò con cautela. Non voleva spaventarla.
“Go
malté tù”, mormorò una volta vicino a lei.
“Go
raibh maith agat”, rispose lei senza voltarsi.
Orlando
sorrise. Probabilmente aveva percepito la sua presenza già da prima. Non
credeva avesse a che fare con qualcosa di magico, piuttosto era sempre stato
convinto che avesse a che fare con loro due, specialmente perché anche lui
riusciva sempre a sentirla.
“Hai
intenzione di tirarmi la statuina in testa?”
Lei
si voltò, “Perché fare più danni?”,
scherzò, “La tua testa è già messa male
senza che intervenga io!”
Orlando
le prese una mano, la trasse a se e l’abbracciò forte.
“Mi
dispiace sùile gorma!”, mormorò al
suo orecchio.
Abaigeal
sorrise, “Dispiace anche a me!”
Si
slacciarono dall’abbraccio e Bee prese a raccogliere i ninnoli che le erano
serviti per aprire il cerchio.
“Sono
contento che ti diplomerai”, buttò lì Orlando. In realtà avrebbe voluto parlare
d’altro ma comunque quell’evento andava, in qualche modo, celebrato.
“Lo
so”, disse lei, “Sono contenta anche io. Mi sento carica come una presa da
muro!”
Lui
ridacchiò, “Bee mi dispiace veramente per quello che è successo la settimana
scorsa. Non volevo rivolgermi a te in quel modo”.
“Volevi
eccome, invece”, obbiettò lei. Ma non era arrabbiata, “Volevi dire tutto quello
che hai detto e devo ammettere che hai ragione, Flow. Non posso stare qui e
tentare ogni volta di salvarti dalle sciagure e neanche tu puoi fare lo
stesso”, deglutì, “Ma posso avvertirti se mi rendo conto che la marea si sta
alzando e mi sento in dovere di farlo”.
“Lo
so”, assentì lui, “E non sai come ti sono riconoscente per questo!”
“Non
è vero, ma fingerò di crederci!”, ridacchiò lei.
“Fidati
Bee…alle volte, quando non posso consigliarmi con te, mi sembra di avere un
Pixie come guida!”
Abaigeal
scoppiò a ridere, “Mio padre ti ha decisamente influenzato, ammettilo!”
Orlando
ridacchiò, “Lo confesso! In quattro giorni mi ha dato degli ottimi
insegnamenti, e poi…”, accennò con la testa alla borsa di Bee, “Lui mi avrebbe
permesso di assistere al rito di Mambo!”
Lei
gli diede un buffetto sul braccio, “Non siamo mica ad una scuola di ballo, si
dice Mabon, e comunque non mi
sembrava proprio il caso. Tu non sei wicca!”
“Non
lo so neanche io che sono!”, mormorò lui, mogio.
“Flow
che capita?”, domandò Abaigeal interessata.
Lui
si strinse nelle spalle, “Capita che hai ragione te Bee. Che ho fatto il
cretino per un anno perdendo di vista le cose più importanti.”
Lei
sospirò, sedendosi a terra sopra il plaid e invitandolo a fare lo stesso.
“Magari
avevi bisogno di farti guidare da un Pixie per un po’!”, scherzò lei, “Non
possiamo mica stare sempre sulla strada giusta. Sono i deragliamenti che ci
rendono reali”.
Lui
annuì, “Si, è vero, ma è anche vero che ti ho trattata veramente male e non lo
meritavi!”
“Opperpiacere!!
Sono saltata dalla parte del grillo come la peggiore bigotta del mondo senza
nemmeno darti la possibilità di spiegare. Noi non siamo mica così, Flow. Noi ci
prendiamo a male parole anche per un’ora, se necessario, ma poi cerchiamo di
capirci. L’altra sera mi è andato il sangue al cervello per una stronzata e ti
ho aggredito, ma in realtà non ce l’avevo con te. Ce l’avevo con quello che in
quel momento stavi rappresentando”.
“Uno
stronzo della peggior specie?”
“Appunto!”,
rise lei.
“L’ho
capito Bee, è solo che ho fatto passare un po’ di giorni per capire meglio
anche me stesso, per metabolizzare”.
“Hai
fatto bene”, concluse lei.
Lui
le passò un braccio attorno alle spalle.
Stare
con Bee era rilassante. Poteva essere sempre se stesso senza paura di deluderla
perché, in realtà, comprese che sarebbe semplicemente bastato parlare.
Condividere.
E
quindi evitare malintesi.
“Te
la ricordi quella canzone che sentivamo sempre a Galway?”, le domandò, assorto
a guardare la luna.
“Ne
ho una migliore…”, disse lei, comprendendo a quale canzone alludeva.
“Sarebbe?”,
domandò lui.
“Magari,
se fai il bravo, un giorno te la faccio ascoltare!!”
Orlando
rise, spingendola di lato.
“Mi
sei mancata, sùile gorma!”
“Anche
tu a muirnìn!”
NDA.
Capitolo
decisamente in gaelic style, questo! But don’t worry girls, ecco a voi la
traduzione di ogni frase…più o meno! Se alla fine vi rendete conto che ne ho
lasciata qualcuna…bhè, sono quelle frasi che vi dicevo avranno un senso più
profondo alla fine della storia!
Serene…sono
belle sorprese! ;)
Cad ghuige faoi Dhia an
ndùirt tu sin?: cosa diavolo vai blaterando?
Ta tuirse orm: sono solo stanco.
Ina diadh: di lei?
Tà: si
Mo nàire thù: vergognati!
Feicfid mè nois moille
thù: ci
vediamo dopo io e te.
Go malté tù: Congratulazioni
Go raibh maith agat: mille volte grazie.