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Autore: ShinigamiGirl    02/01/2015    12 recensioni
Mia prima ff di Death Note, in cui narrerò del periodo alla Wammy's House e delle vite di Matt, Mello e Near prima e durante il caso Kira, sotto il punto di vista di una ragazza che vive con loro, senza alcune modifiche alla trama originale. Spero di non essere troppo banale, e che vi piaccia!
Buona lettura....^^
DAL CAPITOLO 2:
"Mi facevo chiamare Debby, un diminutivo di Deborah, ma il mio vero nome era Michelle Dreamer.
Per quel che ne sapevo, in quel momento i migliori dell’istituto erano Mello e Near."
DAL CAPITOLO 6:
"-Ehi, quello è cioccolato?- mi chiese Mello, indicando il mio cupcake.
Lo spezzai a metà, dandogliene un pezzo.
Cupcake al cioccolato, una combinazione che sarebbe andata avanti per le indagini."
DAL CAPITOLO 24:
"-Allora...?- incalzai.
-Siamo tutti nella merda- fece Mello, senza togliere lo sguardo dalla tv.
-A quanto pare non tutti possono essere uccisi da Kira, però- disse Matt, quasi riflettendo fra sé.
-Probabilmente manderanno i rinforzi a L ora- commentò il biondino.
-Intendi l’FBI?- chiesi io.
-Sì, Capitan Ovvio- rispose lui, con tono di scherno."
DAL CAPITOLO 34 (EPILOGO):
"Questa è la vera storia, la storia della Wammy’s House".
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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In Giappone, lo scompiglio fu enorme.
Appena arrivati, ci trasferimmo in un appartamento sopra a quello di Matt, dato che la mafia non aveva posti nella sua sede.
Traduzione, lo sentivamo giocare almeno per metà giornata, e spesso era controproducente, dato che Mello si incazzava a morte e scendeva per urlargli di lavorare. Li si poteva sentire mentre si buttavano in una rissa, e poi facevano pace.
Io proprio non li capivo, ma continuai nel mio lavoro di spacciatrice per mandare avanti la copertura, nonostante avessimo più soldi di quanti ce ne servissero.
Dopo che il presidente degli USA si era messo dalla parte di Kira, in America ci fu molto scalpore, e molti si rivoltarono contro l’associazione di Near. Assistemmo tramite un servizio in live all’attacco dei sostenitori di Kira al palazzo dell’SPK, dal quale deducemmo che Near si sarebbe presto spostato in Giappone, anche se rimasi piuttosto scioccata da come fuggirono.
Distrassero la folla facendo piovere enormi quantità di denaro dalla cima del palazzo, e si confusero con i poliziotti che uscirono dall’edificio, tutti dotati di casco.
Anche se Near camminava peggio di un gobbo e normalmente si sarebbe visto lontano un miglio, con tutto quel casino fu impossibile notarlo, men che meno dalla televisione.
Dopo che i membri dell’SPK si furono trasferiti in Giappone, fu semplice per Matt rintracciarli entro un paio di giorni, e intercettammo molte delle loro congetture.
Il rosso continuava a tenere d’occhio Misa, che però si dimostrava innocente man mano che il tempo passava. Anzi, sembrava semplicemente una stupidissima ragazza, tanto che a me pareva impossibile che lei potesse essere minimamente paragonata a Kira.
Quando giunse il Natale, Mello decise, molto inaspettatamente, di lasciare le sue montagne di lavoro da fare a Matt per liberarsi e portarmi a fare shopping.
-Sei sicuro di stare bene?- gli chiesi ancora, mentre indossava il suo solito cappotto, ormai vecchio.
Pensare a quando gliel’avevo regalato era come tornare ad una parte della mia vita lontana millenni.
-Sì! Quante volte te lo devo ripetere?- sbottò, ormai esasperato.
-Okay, okay- dissi, liquidando la faccenda.
Non volevo certo fargli cambiare idea.
Io mi vestii con un paio di jeans, una felpa e un piumino blu scuro, e indossai un paio di Vans. Era raro che mi mettessi così comoda, non presi nemmeno una parrucca o degli occhiali, ma decisi di mettermi un paio di paraorecchi neri e dei guanti del medesimo colore. Per quell’uscita non mi truccai nemmeno.
Prima di andare, scesi al piano inferiore, entrai nell’appartamento di Matt e corsi ad abbracciarlo, ringraziandolo per la sua pazienza con un bacio sulla guancia.
-Divertitevi, e compratemi un videogioco!- esclamò, mentre tornavo da Mello.
Lui mi porse la mano, con espressione un po’ seccata.
Gli sorrisi, stringendogliela.
La nostra passeggiata, fino in centro, fu silenziosa e tranquilla.
Io mi godevo la sua presenza, e pensai che anche lui a modo suo lo stesse facendo. In giro c’erano molte coppiette, e me ne chiesi il motivo. Mello sembrò intuire i miei pensieri.
-Qui il Natale non è una festività come la vedevamo noi in Inghilterra- mi disse -in Giappone è più una festa per gli innamorati. In ogni caso, vedi di non farmi spendere troppi soldi in vestiti, eh.
Ricevetti il suo messaggio forte e chiaro.
Certo, era sempre il solito che sviava le smancerie, rifugiandosi dietro a vari pretesti, ma dirmi come era considerato il Natale in quel paese era un po’ come dirmi “questa sera, festeggiamo noi due”.
E questo mi gratificava più di qualsiasi vestito che mi potesse comprare.
Ammetto che non era il massimo del romanticismo, ma era così che mi piaceva tra noi due. Lo adoravo così, rude e incapace com’era.
Sorrisi a quel pensiero.
Quando mi portò davanti al primo negozio che aveva in programma di farmi visitare, rimasi spiazzata e a bocca aperta, tanto che mi bloccai e non entrai subito.
-Che hai?- mi chiese.
-Mi dici di non farti spendere troppi soldi in vestiti, e poi mi porti qua?- esclamai, indicando l’insegna del negozio.
-Non vorrai che io ti regali degli stracci!- ribeccò lui.
-Sai quanto costano i vestiti di Dolce & Gabbana?- chiesi, incredula.
-Al diavolo! Smettila di pensare ai prezzi e lasciati regalare qualche cazzo di vestito!- ordinò lui, trascinandomi dentro.
Altro che risparmiare.
Mello spese capitali in quel negozio, e non solo.
Mi portò da Chanel, da Giorgio Armani e, tanto per concludere in bellezza, in una profumeria di alto livello.
Il bottino che ci portavamo dietro nelle varie borse valeva più dell’appartamento in cui alloggiavamo, e probabilmente anche dell’auto che avevo acquistato per spostarmi in Giappone.
Praticamente nel primo negozio e nel terzo mi ero rifatta il guardaroba, da Chanel avevo invece scelto una borsa e un elegante zainetto, entrambi neri, con il simbolo della marca in argento e con una texture trapuntata.
Nella profumeria non avevo preso molto, se non un paio di rossetti, trucchi di marca e il profumo J’adore, di Dior.
Era tutto così surreale che mi sembrava di dovermi svegliare da un momento all’altro, e scoprire che era stato tutto un sogno.
Per concludere l’uscita, ci fermammo a mangiare in un ristorante tipico giapponese. Fu una delle serate migliori della mia vita.
 
*
 
Eravamo sulla strada del ritorno quando Mello, dichiarandosi stanco, si sedette sotto uno dei tanti alberi di natale luminosi che c’erano per le strade.
Era molto tardi, non c’era praticamente nessun altro per la strada. Probabilmente, tutti avevano finito di festeggiare ed erano tornati a casa.
Mi misi al suo fianco, con un’espressione serena in volto e, con ogni probabilità, un sorriso ebete stampato in faccia. Un sorriso che avevo tenuto per tutta la serata.
Mi sentii picchiettare la spalla.
Quando mi voltai, Mello guardava fisso davanti a sé, con uno sguardo imperscrutabile, ma aveva il braccio sinistro teso verso di me, con un pacchettino in mano.
-Ma non mi hai fatto già abbastanza regali?- gli chiesi.
-Prendilo e basta- rispose.
Incuriosita, lasciai la presa dalle borse e afferrai il pacchetto.
Era quadrato, non più grande del palmo della mia mano, impacchettato con elegante carta d’argento.
Lo scartai lentamente, con delicatezza, un po’ per non stracciare la carta, un po’ per sentire l’adrenalina del momento. Mi si presentò davanti una scatolina di velluto, una di quelle scatoline che di solito contengono…
La aprii.
Infilato tra due cuscinetti altrettanto vellutati, c’era un singolare anellino.
Non era così appariscente. Era piuttosto semplice, con una pietra azzurra incastonata in cima, anch’essa piuttosto piccola e circondata da altre pietruzze bianche ed estremamente brillanti.
La montatura era d’oro, e appena lo tirai fuori, mi resi conto di quanto fosse fine, semplice e leggero.
Il mio cuore quasi perse un battito.
Vidi la sua mano prendere l’anello, mentre con l’altra prendeva la mia sinistra. Mi infilò l’anello sull’anulare, e lo ammirai con occhi sognanti.
Decisamente il regalo più bello della giornata.
Mi sentii in dovere di dire qualcosa.
-Mello, io…
-Aspetta- mi interruppe lui.
Mi voltai, e i nostri visi furono sorprendentemente vicini.
Avvicinò le labbra alle mie, e ci baciammo con foga, come se avessimo l’uno fame dell’altra. Sentii le sue mani sul mio viso, che mi attiravano a sé, e io stessa cercai di avvicinarmi il più possibile, mentre le nostre labbra si assaporavano a vicenda.
I suoi baci erano fantastici. Avrei passato giornate intere a baciarlo.
Lui e i suoi baci che sapevano di cioccolata…
Mi staccai da lui soltanto perché mi mancava il fiato.
Mello però non si allontanò da me, mi abbracciò e avvicinò le labbra al mio orecchio.
-Il mio nome è Mihael Keehl- sussurrò.
Quasi sussultai.
Era davvero quello il suo vero nome? Fu il mio primo pensiero.
Un istante dopo, capii la profondità del gesto che aveva compiuto. E dovevo correggermi nuovamente, l’anello passava in secondo piano.
Era quello il vero, migliore regalo della giornata.
Mi allontanai per guardarlo negli occhi.
Mi osservava con uno sguardo indifeso, come se avesse appena dato, per la prima volta in vita sua, tutto sé stesso a qualcuno.
-Michelle Dreamer- risposi, in un soffio.
-I nostri nomi sono simili- notò lui.
-Simili, ma egualmente diversi…
Ci baciammo ancora, sotto quell’albero, sotto il cielo stellato, prima di alzarci e andare a casa.
Arrivai nell’appartamento sorridente, felice, senza altri pensieri in testa oltre alla serata che avevo appena vissuto. Appoggiai momentaneamente le borse vicino al letto singolo della stanza in cui ero solita dormire, e andai in bagno, dove mi lavai i denti, il viso, e misi il pigiama.
Volevo ringraziare Mello per l’uscita, così bussai alla sua camera.
-Entra pure- lo sentii dire, così aprii la porta e la socchiusi alle mie spalle.
Arrossii un po’.
Era a torso nudo, con i pantaloni di pelle che aveva indossato quella sera. Si poteva vedere chiaramente come la cicatrice del viso continuasse sulla spalla, sul braccio e in parte del petto, i capelli biondi e scompigliati gli sfioravano quelle spalle muscolose, ma al contempo non troppo larghe e grosse.
-Volevo ringraziarti, sono stata tanto bene stasera…- cincischiai, quasi incapace di parlare.
Feci qualche passo avanti e lo abbracciai.
-Mi stai dicendo che ti ho resa felice?- mi domandò.
-Sì- risposi.
-E che non dimenticherai mai questa sera?
-Già.
-E mi ami?
-Sì- risposi meccanicamente, presa dalla sincerità, ma appena me ne resi conto, avvampai.
Lui mi osservò, ghignando con maliziosità.
Improvvisamente, non sapevo più cosa dire. Avevo una strana sensazione che partiva dalla pancia, e si espandeva ovunque, offuscando la parte ragionevole della mia mente. Stargli così vicino quando non aveva indosso una maglietta, evidentemente, non era una grande idea.
Probabilmente lui se ne accorse, e anche il suo corpo iniziò a comportarsi a modo suo.
-Anche io- disse lui, e questo fu sufficiente a farmi andare in un brodo di giuggiole.
Le sue braccia mi afferrarono i fianchi, mentre si chinava a baciarmi con passione.
Ricambiai, e nella mia testa iniziarono a piovere domande, sensazioni.
“Non sono pronta”.
“Oddio”.
“Fa che non si fermi”.
“Non posso”.
“Però lo voglio”.
“Mi piace”.
“No, lo amo”.
Ed ecco, fu quel pensiero a bloccare tutto.
Smisi di pensare.
Lasciai che fossero i nostri corpi ad agire.
Ci lasciammo cadere sul letto, mentre nella sua foga mi toglieva ogni cosa che avessi addosso. Eravamo entrambi caldi, pieni di emozioni, e senza pudore. Inizialmente il dolore fu per me lancinante, ma non ci fermammo, perché entrambi sapevamo di voler andare fino in fondo, e di essere liberi.
Così, per quella notte, non dormii in camera mia.
 
*
 
I giorni passavano, le indagini procedevano, e Mello si rivelò uno strano tipo di fidanzato. Certo, non potevo aspettarmi rose e cioccolatini ogni sera, ma avevo creduto invano che il nostro rapporto avrebbe addolcito il suo caratteraccio.
Riusciva a farmi perdere la testa una sera, e cacciarmi a dormire nella mia stanza la notte seguente solo per qualche bisticcio.
Nonostante queste scaramucce, in un modo o nell’altro non riuscivamo a stare col broncio per più di un paio di giorni, sia io che lui, ed era soddisfacente tornare tra le sue braccia subito dopo aver chiarito la situazione.
Spesso ero fuori casa per conto della mafia, ma decisi di dedicare qualche momento della mia giornata al caso Kira, e iniziai a prestare particolare attenzione ai membri dell’SPK. Scoprii che Gevanni, uno degli uomini di Near, stava pedinando un giornalista, e me ne chiesi il motivo, così iniziai io stessa a seguire entrambi e tenerli d’occhio, ogni giorno con un aspetto differente.
E fu un’azione azzeccata, perché una sera osservai quel Teru Mikami estrarre un quaderno nero, molto simile al Death Note, scrivere qualcosa e metterlo via. Poco dopo, scese dalla fermata, e un uomo che stava molestando una ragazza stramazzò a terra, privo di vita.
Gevanni era a dir poco incredulo, e dovetti fingermi spaventata e scendere dalla metropolitana, non sarebbe sembrato per nulla normale se fossi rimasta impassibile.
Inoltre, Halle stava nel corpo di guardia di Kiyomi Takada, la nuova portavoce ufficiale di Kira.
Queste notizie, che portai a Mello, lo stupirono e iniziò a ragionarci sopra. Suppose che Light avesse passato il quaderno a Mikami per continuare la sua opera e sembrare perfettamente innocente.
Lo vidi perdere sempre di più la voglia di indagare, e iniziavo a preoccuparmi, man mano che i giorni procedevano.
Tuttavia, una sera, ne parlammo apertamente.
-Credo di aver compreso una cosa molto importante. L era sicuramente il detective più famoso, ma anche intelligente al mondo- mi disse -ma capisco anche che Near non sarà mai al suo livello. E nemmeno io. Tuttavia… Insieme, possiamo anche superarlo…
-Hai intenzione di collaborare con lui?- gli chiesi.
-Non tornerò mai da lui strisciando- esordì.
-So che stanno cercando di rubare il quaderno… Ma nient’altro- gli spiegai -non capisco come puoi dar loro una mano.
-Troverò il modo- promise -io ho l’obbligo di sconfiggere Kira. Per L.
Annuii.
Capivo la sua motivazione, e si avvicinava per noi il momento di fare qualcosa di decisivo. Matt era sempre attento e sveglio, anche lui pronto a dare la svolta.
Il problema era proprio che non riuscivamo a trovare il modo di dare questa importante svolta.
Era il 25 Gennaio quando Mello scoprì, tramite Halle Lidner, che Near e i membri della polizia giapponese si sarebbero incontrati tre giorni dopo in un magazzino abbandonato.
Il biondo sembrò accettare la notizia con criterio, ma dentro di me sapevo che stava macchinando qualcosa.
Il giorno dopo, finita la colazione con Mello, lo salutai con un bacio e uscii per il solito spaccio di droga, così passai anche da Matt, come consuetudine, che mi diede un abbraccio.
Feci i vari scambi di droga e denaro che avevo programmato, e arrivai a fine serata per l’ultimo spaccio.
Mi si presentò davanti un ragazzo pallido, di qualche anno più grande di me, dai capelli corvini, lunghi quasi fino alle spalle. Non portava una frangetta, ma aveva i primi due ciuffi della chioma alti, che si dividevano lasciando una riga in mezzo.
I suoi occhi parevano felini, di un azzurro così chiaro da essere quasi invisibile.
-Forza, dammi prima i soldi- feci, con tono duro.
-Non sono qui per quella… Lo erano loro- indicò a destra.
Voltandomi, vidi dei corpi legati e imbavagliati.
Il mio primo istinto fu quello di tirare fuori la pistola e puntargliela contro.
-Chi sei? Che cosa vuoi?
-Non agitarti- disse lui, alzando le braccia muscolose -tu sei Deborah?
-Ho detto di dirmi chi sei!- esclamai.
-Sono Evan. Mi manda Stefany. Devo assolutamente portarti da lei…
Abbassai la pistola, con gli occhi spalancati.
-E’ successa una cosa grave- continuò.
-Cosa? Aspetta, prima devo avvertire Mello…- cercai il mio telefono tra le tasche.
-Non puoi più avvertirlo!- esclamò lui, prendendomi per spalle -Mello e Matt sono morti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice
 
Allora.
Siccome io stessa ho faticato a scrivere le ultime parole di questa fanfiction, e avendo messo tra le avvertenze che era una Missing Moments, non accetto accuse. Il mio Mihael aveva il destino segnato per colpa degli autori di Death Note, non per colpa mia. Fosse stato per me, non avrei esitato a farlo vivere.
Chiusa questa parentesi(?)
Mancano due capitoli.
Due.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto nonostante il male incombente, e fatemi sapere, ma soprattutto, piangiamo insieme perché secondo me non è giusto che lui e Matt muoiano nell’opera originale T0T
Vi ringrazio infinitamente per il sostegno, vi si ama!
Besos,
 
ShinigamiGirl
   
 
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