Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: _eco    03/01/2015    2 recensioni
[What if? post 4x12] [Stydia] [Stalia] [Kidnapped-Lydia]
Irrisolto.
Stiles aveva quasi sorriso, quel giorno, quando le aveva spiegato nei minimi dettagli i “segreti” del mestiere. Aveva sorriso, perché si era sentito importante. Interessante, forse, per quella ragazza che mai, sino a poco tempo prima, lo aveva degnato di uno sguardo. Un tantino speciale, quasi, agli occhi di quella creatura che gli era sempre sembrata intangibile, velata dalla sua cupola di trasparente perfezione.
Ma ora non ci trova nulla da sorridere, nemmeno per sogno.
Il filo rosso significa “irrisolto” e adesso lo sta usando per collegare fra loro fotografie di Lydia, post-it e un ritaglio di giornale.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Dunbar, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questo è il primo di tre capitoli. È una piccola long, il massimo che sia riuscita a scrivere. È tutto ciò che ho sempre immaginato sarebbe successo alla fine della quarta stagione... but, Jeff Davis è una pippa.
Vabbé, spero vi piaccia. ♥
S.
 
Torniamo in superficie
Capitolo 1
Stiles guarda nervosamente il poliziotto di fronte a lui. Non crede di averlo mai visto in giro, alla stazione di polizia. 
Sarà uno nuovo, pensa, mentre segue spasmodicamente con lo sguardo il continuo picchettare delle sue dita nodose contro la tastiera del computer.
- Carnagione pallida. - ripete con fare distratto il poliziotto, cercando l'assenso nel viso di Stiles, che scuote il capo e sbuffa evidentemente. 
- Diafana. - lo corregge, richiamando alla mente quella volta in cui Lydia descrisse proprio con questo aggettivo la tonalità della sua pelle. 
Stiles aveva annuito in silenzio. Poi, una volta giunto a casa, aveva cercato la definizione esatta di quella parola così inusitata, se detta da una ragazzina di dieci anni. 
Il poliziotto fa una movimento della mano, come per liquidare la precisazione di Stiles. Cose di poco conto, sembra dire.
Stiles artiglia con le dita il bordo del tavolo, inspirando profondamente. Calma, Stiles. Calma. Inspira. 
La troveranno.
Espira. 
La troverai.
- Occhi verdi, quindi? - continua il poliziotto, passando in rassegna rapidamente le indicazioni che Stiles gli ha riferito poco fa.
Il ragazzo annuisce, confuso.
Vorrebbe aggiungere altro. Grandi occhi verdi, luminosi occhi verdi, così pieni di sfumature che ti ci perdi.
Ma, alla fine, a cosa servono questi dettagli quando stai contribuendo alla creazione di un identikit? A nulla. 
Non sarà certo a loro che servirà una descrizione così dettagliata. Loro non capiscono. Loro non vedranno mai in Lydia ciò che lui vi ha sempre visto. Così, terrà per sé tutti i dettagli, tutte le precisazioni, perché solo lui potrebbe scorgerle. 
- Labbra carnose. -
Stiles annuisce, di nuovo.
Non sa nemmeno perché ha acconsentito a fare lui l'identikit. Avrebbe potuto farlo Scott, avrebbe potuto farlo Kira, o Malia, addirittura lo Sceriffo stesso. Ma, quando ha visto la signora Martin, il viso cereo e le labbra tremanti, ha deciso che sarebbe andato lui. Lo avrebbe fatto lui. Adesso, però, quasi si pente di essersi addossato questo peso. È come se a ogni informazione elencata la vedesse davanti a lui. È lì, al suo fianco, lo sguardo che implora aiuto. 
Dove sei, Lydia? Dove?
Potrebbe essere ovunque, nelle mani di un qualche pazzo assassino. Potrebbe essere dall'altro capo del mondo. Forse sta piangendo. Forse sta ancora dormendo, narcotizzata da una qualche strana sostanza che le hanno fatto respirare. Forse - e a Stiles, tra le tante opzioni, piace pensare che sia così - sta sfruttando il suo pungente sarcasmo per rifilare qualche risposta acida ai suoi rapitori. No, no, ripensa Stiles subito dopo. 
Non fare passi falsi, Lydia. Non provocarli. 
E lui, Stiles, cosa sta facendo? Niente. Sta perdendo gli ultimi neuroni ancora funzionanti nel disperato tentativo di ricostruire i caratteri somatici di Lydia davanti a un perfetto idiota.
- È proprio necessario? - chiede, pur sapendo la risposta. 
- È la prassi. - risponde il poliziotto. 
Stiles sbuffa e si irrigidisce. È la prassi, certo. E sapete qual è la cosa più buffa? Che a Stiles, a quel piccolo moccioso iperattivo,  la prassi, le faccende burocratiche, tutto ciò che stava dietro un'indagine, piacevano da matti.
- Bene. Fa parte della prassi starsene qui a non fare niente, mentre le possibilità che le facciano del male aumentano di minuto in minuto? A che serve un identikit?  È Lydia Martin, per l'amore del cielo! Anche i muri la riconoscerebbero. - sbotta tutto d'un fiato, rosso in viso.
Una vena inizia a pulsare minacciosa nelle tempie. Gli sembra di avere della segatura in gola.
- Forse i muri di Beacon Hills, ma non quelli degli Stati Uniti e oltre. Dobbiamo prendere in considerazione l'ipotesi che non sia più nella Contea di Beacon Hills. - chiarisce con tutta calma il poliziotto, preparandosi a leggere il resto. 
Stiles boccheggia. Ha ragione. Altro ché. E l'idea che Lydia sia oltre i confini della contea, addirittura in qualche altra regione degli Stati Uniti, lo fa impazzire. Forse anche oltre. 
- Allora. Capelli rossi, giusto? - insiste l'uomo.
Stiles drizza la schiena. Scintille di follia sembrano attraversare i suoi occhi. 
- D'accordo, abbiamo finito. Faccia il suo identikit con qualcun'altro. Io vado a cercare Lydia. - conclude, raccogliendo la sua giacca e avviandosi verso la porta. 
Poco prima di uscire, le dita ancora avvolte attorno alla maniglia, un nodo fitto che si attorciglia in gola, Stiles alza il viso e guarda di fronte a sé. Attraverso la porta a vetri, vede Scott, Kira, Malia, suo padre, la signora Martin.  Tutti. Solo Scott si accorge della sua presenza e lo fissa con sguardo interrogativo. 
Stiles si schiarisce la voce.
- Biondo fragola. - mormora con voce rotta.  - Sono biondo fragola. -
Non si volta nemmeno a controllare l'espressione facciale del poliziotto. Probabilmente avrà scosso la testa e sventolato la mano, come prima. Probabilmente lo starà prendendo per pazzo, ma non importa. Non importa, perché sarebbe la più corretta intuizione che si potesse fare su Stiles,  ora come ora.
Non scherzava, Stiles, non esagerava, sapete, quando le disse che sarebbe completamente uscito fuori di testa,  se le fosse successo qualcosa. 
                                     *****
Lydia solleva le palpebre più volte, prima di mettere a fuoco ciò che la circonda. Ricorda di aver letto qualcosa, da piccola, a proposito dei cinque sensi. In realtà, più di qualcosa. Una teoria riguardante la più rapida reattività dell'udito rispetto agli altri sensi. Forse, si dice, è per questo che, prima di capire distintamente ciò che la circonda, capta alcune voci sommesse e un continuo, meccanico bip accanto a lei. C'è da dire, poi, che lei ha un udito particolarmente sviluppato, ma questa è un'altra storia.
- La principessa si è svegliata. - constata una voce femminile, carezzevole al punto di risultare vomitevole.
Passi si avvicinano mesti a lei. 
Lydia è distesa, ma non è sicura di sentire la presenza dei propri arti. Di certo, avverte una pungente pressione all'altezza dell'avanbraccio sinistro. La testa le prude. Non osa nemmeno immaginare in che stato siano i suoi capelli. Li aveva lasciati morbidi sulle spalle,  quando... quando? Da quanto tempo si trova in questo stato? 
Gli angoli del suo campo visivo sono ancora adombrati da una patina traslucida, quasi un'enorme, paffuta nuvola si stagliasse prepotentemente di fronte a lei.
La donna siede accanto a lei. Da quel che Lydia riesce a distinguere, non è particolarmente gradevole d'aspetto. È bassa e leggermente tarchiata. Gli occhi scuri la fissano con una curiosità e un entusiasmo perverso.
Man mano che le sue funzioni vitali si vanno riattivando, Lydia avverte un dolore sordo dipanarsi per tutto il corpo. Le ossa scricchiolano come i gradini di una vecchia scala a pioli,  ma la cosa peggiore è la schiena, rimasta immobile nella stessa posizione per troppo tempo. 
- Lydia. - sibila la donna, assaporando ogni lettera del suo nome, come se si trovasse in contemplazione di una creatura rara. 
Lydia apre e chiude gli occhi più volte e tenta di sollevarsi, reggendosi sul gomito affondato nel materasso duro su cui è distesa. Tuttavia, ricade con un tonfo sordo e netto pochi secondi dopo. Ed è allora,  esattamente nel momento in cui il gomito cede, che Lydia scorge il motivo del continuo pizzicore che avverte. Un ago. Conficcato nel suo avambraccio. Si trattiene dall'emettere un grido isterico. 
Lydia è terrorizzata da qualsiasi oggetto appuntito. Dei coltelli, degli aghi, degli spilli, delle puntine da disegno,  dei chiodi. E adesso, per qualche strano scherzo del destino, un ago ha trovato albergo nella sua carne senza che lei potesse opporsi. 
È connesso a un tubo sottile e trasparente, attraverso il quale scorre un liquido giallo intenso. Lydia sussulta all'improvviso, raccogliendo tutte le forze che ha in corpo per strapparsi di dosso quel coso. E non solo perché è un ago, ma perché le stanno iniettando chissà quale veleno da un tempo indefinito. Potrebbe ucciderla, potrebbe farla smettere di respirare da un momento all'altro, e questo la spaventa a morte.
La donna scatta immediatamente verso di lei, spingendola con una mano e facendola tornare distesa. 
- Levatemelo di dosso! - si oppone Lydia, con voce stridula.
È come se quelle parole le avessero graffiato la gola, che ora sanguina internamente. Cosa le sta succedendo? Perché riesce a stento a parlare? 
Si porta una mano sul collo, come se dovesse esserci qualcosa che le stringe le corde vocali e le impedisca di modulare il tono di voce.
Niente.
- Ah, ah. - obietta la donna, scuotendo il dito davanti al viso di Lydia. - Non vogliamo che la nostra preziosa cavia faccia la cattiva. - cantilena, con un sorriso compiaciuto.
È allora che Lydia ricorda quegli occhi curiosi, indagatori, avidi di sapere tutto, assolutamente tutto, sui suoi poteri da banshee. Ricorda quel profilo piccolo e tarchiato, la voce melensa con uno strano accento spagnoleggiante a renderla ancora più stomachevole. 
Araya. Araya Calavera. 
Cavia.
Gli occhi di Lydia saettano da una parte all'altra della stanza. Le pareti bianche come la neve rischiano di accecarla e la costringono ad abbassare lo sguardo sul proprio braccio. È ancora più pallido di quanto Lydia non ricordasse. E solo quando avvista una sacca trasparente abbandonata su un tavolo metallico lì accanto, sa darsi una risposta da sola. Sangue. Il suo, suppone.
Lydia strizza gli occhi, nello sforzo di quantificare l'entità del sangue perso. Un litro, forse. O forse un poco di più. 
Insipira profondamente. 
Va tutto bene.
Il corpo umano ne ha una media di cinque a disposizione. Calma.
- Cosa mi state facendo? - chiede con voce sottile, sull'orlo del pianto. 
Si morde il labbro inferiore. 
Non piangere, Lydia. Non piangere. 
Araya si mette comoda, congiunge perfettamente le mani e sorride, come se non aspettasse altra domanda. 
- Ti aiutiamo. -
- A morire dissanguata o intossicata? - ribatte Lydia,  che non ha perso il suo sarcasmo. 
Araya ride. Una risata gelida.
- Hai detto di non saper controllare i tuoi poteri, ma di volere solo aiutare. Non è così? Abbiamo grandi progetti.- le fa sapere, mettendo su la voce che una madre impieghrebbe per dare al proprio figlio la notizia più bella dell'anno.
Lydia deglutisce. Il braccio sinistro inizia a intorpidirsi di nuovo.
- Creeremo una macchina. Una macchina perfetta, Lydia. Saremo in grado di predire la morte. Solo grazie a te. -
Lydia si umetta il labbro inferiore, nel disperato sforzo di non scoppiare in lacrime. Un nodo strettissimo le ostacola persino il più naturale degli istinti umani: il respiro. 
- Immagino che sarà così perfetta da implicare la mia morte, prima. - 
Araya ride, di nuovo.
- Oh, ma sai che non ti ricordavo così spiritosa? - la stuzzica. 
A questo punto, Lydia non riesce più a trattenersi. Schiude le labbra, pronta a urlare con tutta la forza che ha in corpo. Non sa dove si trovi. Forse in Messico, o forse no. Forse è ancora nei pressi di Beacon Hills. 
Qualcuno dovrà pur sentirla. 
Ma non riesce nemmeno ad urlare,  e per due motivi. Punto primo, la voce le muore in gola,  graffiandola ancor di più, e Lydia non ne capisce il motivo. Punto secondo, Araya le molla uno schiaffo in pieno viso, sulla guancia destra, che ora ha acquistato più colore del resto del viso. 
- Non siamo così stupidi da lasciare a una Banshee il suo potere più efficace. - la fredda poi, strisciando la sedia contro il pavimento e uscendo dalla stanza. 
Quando sbatte la porta di metallo con forza,  Lydia si concede qualche lacrima. Scorrono in silenzio, calde e brucianti, solcandole il viso pallido.
No, diafano. Diafano ha un suono più delicato.
Del resto, sin da quando ha letto per la prima volta questo aggettivo in un libro, a Lydia è sempre piaciuto descrivere così la sua pelle.
 
***
Le dita di Stiles tremano febbrilmente. Stringono un filo di lana rosso intenso.
Irrisolto. Significa irrisolto.
Quasi sente la sua stessa voce, che riemerge dai meandri più reconditi della sua memoria, pronunciare quelle parole. Quasi scorge i suoi occhi, come se si fosse per un attimo straniato da se stesso. Li vede brillare. Brillare di luce riflessa.
E vede – immagina – la sua stella, o il fantasma di quell’astro luminoso, proiettare un’ombra confusa sul letto, semidistesa nella stessa posizione di quel pomeriggio che sembra lontano anni luce.
Irrisolto.
Stiles aveva quasi sorriso, quel giorno, quando le aveva spiegato nei minimi dettagli i “segreti” del mestiere. Aveva sorriso, perché si era sentito importante. Interessante, forse, per quella ragazza che mai, sino a poco tempo prima, lo aveva degnato di uno sguardo. Un tantino speciale, quasi, agli occhi di quella creatura che gli era sempre sembrata intangibile, velata dalla sua cupola di trasparente perfezione.
Ma ora non ci trova nulla da sorridere, nemmeno per sogno.
Il filo rosso significa “irrisolto” e adesso lo sta usando per collegare fra loro fotografie di Lydia, post-it e un ritaglio di giornale.
Ha scelto una bella foto, quella in cui, a suo parere, Lydia si mostra per ciò che è davvero. Ha lo sguardo perso chissà dove, rivolto verso l’alto, forse intento a contemplare il cielo azzurro. I capelli le ricadono morbidi sulle spalle e le labbra sono modellate nell’accenno di un sorriso sereno.
In realtà, un detective provetto non sceglierebbe mai una foto del genere, in cui i lineamenti del viso sono appena appena identificabili. Opterebbe di certo per una fotografia frontale, senza curarsi dell’espressione, dello sguardo, del sorriso. Ma Stiles conosce a menadito il viso di Lydia: sa che, quando sorride, le fossette agli angoli della bocca si accentuano ancor di più, che le sue ciglia sono così sottili e lunghe da proiettare ombra sulle sue guance, quando tiene la testa bassa, che ha minuscole e quasi invisibili efelidi intorno al naso, accentuate in estate, quando anche i suoi capelli assumono un colore più vivo e brillante.
Non gli serve una foto segnaletica.
Gli serve un promemoria. Gli serve una spinta, qualcosa che, anche quando ogni speranza sarà perduta, lo spingerà ad andare avanti.
Lo Sceriffo bussa contro lo stipite della porta, sebbene questa sia aperta. Stringe le labbra e inarca un sopracciglio.
- Sono le due del mattino. – esordisce, quantunque sappia che a Stiles non potrebbe fregare un fico secco dell’orario.
Il ragazzo annuisce, gettando uno sguardo distratto al padre, prima di tornare a concentrarsi sul foglio su cui ha scritto l’ipotetica ora della scomparsa di Lydia: 6 p.m.
Forse qualche minuto dopo, forse addirittura un’ora dopo.
Non lo sa. Ciò di cui è certo è che, esattamente alle 5:58 p.m., Lydia ha inviato un messaggio a Kira. E dopo non ha più dato alcun segnale di vita, nonostante tutte le volte in cui hanno provato, a turno, a chiamarla.
Ore e ore di angoscia trascorsi con il cellulare premuto contro l’orecchio. Ore e ore trascorse ad ascoltare la voce squillante di Lydia Martin.
Probabilmente sono troppo impegnata a scegliere un paio di scarpe o a risolvere un’equazione. Lascia un messaggio. Ti richiamerò quando Newton smetterà di essere più importante di te.
Crede di aver prestato orecchio a quella tiritera almeno una decina di volte. Lydia ha quella segreteria telefonica da tempo immemore, ormai, ed è buffo – pensa Stiles – che, alla fin fine, la rappresenti solo per metà.
La Lydia che conosce, la Lydia che ha imparato a conoscere, non è più frivola come una volta; ma Stiles deve riconoscere che in quelle parole si contraddistingue nettamente il sarcasmo che l’ha sempre caratterizzata.
E sorride, Stiles, sorride amaramente, perché gli piacerebbe tanto pensare che Lydia sia semplicemente impegnata a scegliere il modello di un nuovo paio di scarpe o ad arrovellarsi il cervello per via di un’equazione.
Senza neppure accorgersene, il ragazzo molla un pugno contro la lavagna di plastica trasparente, e, quando se ne rende conto, abbassa il capo, colto dalla vergogna.
Vorrebbe scusarsi con suo padre, ma non ne ha la forza. Che poi, si chiede, c’è davvero bisogno di scusarsi?
Una mano possente gli accarezza la spalla.
- Non voglio fare promesse che non sono sicuro di riuscire a mantenere. – confessa il signor Stilinski.
Ha la voce ridotta a un tremito, lo Sceriffo, anche se si sforza di farla sembrare determinata, ferma. Ha schegge di dolore negli occhi, brandelli di tutte quelle vittime ai cui assassini non ha saputo dare un nome. E’ un mestiere difficile, il suo, soprattutto in una città come Beacon Hills, in cui tutto ciò che è apparentemente normale non lo è per niente.
- Ma non staremo con le mani in mano. Faremo tutto il possibile. – continua.
E poi vuole rimangiarsele, quelle parole.
Faremo tutto il possibile.
Gliel’hanno detto tante di quelle volte. E lui non ci ha mai creduto, perché è la cosa più stupida che si possa fare: fingere di poter davvero essere utili, quando in realtà si è impotenti e si procede a occhi bendati.
Il signor Stilinski deglutisce rumorosamente. Stiles abbozza un sorriso forzato.
- Ascolta. - tenta di dire l’uomo, prendendo il figlio per entrambe le spalle e tentando di catturarne l’attenzione. – Ascoltami bene, d’accordo? Siamo una squadra. Ti ricordi quando ti portavo a lavoro? Eri tu ad avere le intuizioni più brillanti, Stiles. –
- Erano casi di poco conto. Furtarelli e roba varia. – ricorda il ragazzo, mordendosi il labbro.
- E tu eri un bambino. – gli fa notare il signor Stilinski.
Stiles respira rumorosamente. E’ vero. Era un bambino. Un moccioso ficcanaso che non sapeva stare fermo un secondo.
- Non la lasciamo sola, chiaro? – continua l’uomo con voce decisa. – Risolveremo anche questo. –
 
***
Quando Lydia apre gli occhi, è ancora stordita, ma riesce a sentire perfettamente una forte pressione alle caviglie e ai polsi.
L’hanno… legata? Seriamente?
Avverte delle voci in sottofondo, brusii frenetici, che si mescolano all’urlo che crede di aver sentito bruciare dentro di sé proprio qualche attimo fa.
Nella sua testa, si fondono confuse le immagini di un corpo che si riflette sullo specchio d’acqua di una piscina, delle sue mani piene di sangue, degli abbaglianti della vecchia jeep di Stiles. E riecheggiano, emerse da chissà quale angolo della sua memoria, le parole di Araya.
Abbiamo bisogno di collegarci con i tuoi ricordi, di indagare a fondo ogni volta in cui hai predetto o captato la morte. Capire cosa ci sia in te di tanto prezioso e farlo nostro.
Ogni morte.
Ogni, singola morte.
Lydia ricorda di essersi invano divincolata, di aver almeno tentato di opporsi a quelle mani forti che le piazzavano degli gelidi elettrodi in testa. Ma è troppo piccola, Lydia. Troppo minuta. Lo è sempre stata.
Avverte un pizzico istantaneo al braccio, un altro ago che le penetra la carne e le inietta l’ennesima sostanza anestetizzante.
- No, no, no. – mormora, e nemmeno sa se stia davvero parlando.
E’ come se la sua lingua si andasse intorpidendo di secondo in secondo. Non ha più controllo su se stessa. Come se ne avesse mai avuto, poi.
Gli occhi si appannano di sale e acqua.
- Fa’ la brava. – intima Araya a denti stretti, mentre le tiene ferma la testa.
Lydia affonda i denti nel labbro inferiore, finché un sottile rivolo vermiglio non le solletica il mento. Stringe le palpebre. Le stringe forte, fortissimo, perché forse, così, riuscirà a tenere per sé i ricordi, a ricacciarli lontano, in qualche angolo nascosto e impolverato. Forse, se chiude gli occhi forte, riuscirà a non farli emergere.
- Fa’ la brava, Lydia. – insiste Araya, premendole le mani contro le tempie così violentemente da far credere a Lydia che la sua testa stia per scoppiare. Letteralmente.
Ed è allora che Lydia piange. Non le importa più di mantenere un certo orgoglio, di costruire la parvenza di una corazza indistruttibile.
E’ sola, eppure non lo è.
E’ perseguitata dalle voci, dalle urla, dagli ultimi respiri, dal sangue, dagli occhi vitrei che ha tanto faticato a dimenticare. Perché le stanno facendo questo?
Singhiozzi rumorosi le sconquassano il petto, risalendo poi per la gola e bloccandole il respiro.
Sembra una bambina, Lydia. Un gatto ferito che pigola e miagola senza sosta.
Si divincola, o almeno ci prova. Le cinghie attorno ai polsi le hanno quasi bloccato la circolazione, così come quelle alle caviglie. Nella foga, striscia il polso sinistro contro il ferro arrugginito della cinghia, graffiandoselo.
La carne viva brucia come se tizzoni ardenti le lambissero la pelle.
- Possiamo continuare. – ordina Araya, dando il via libera con un cenno del braccio.
Un uomo, le cui spalle Lydia riesce appena a vedere, preme una serie di pulsanti. Uno schermo affisso alla parete di fronte si accende, proiettando una luce biancastra che quasi l’acceca. E’ costretta a serrare nuovamente le palpebre.
Sente la testa alleggerirsi, piano piano. Fluttua come una piuma sospinta da un tranquillo vento primaverile.
Va tutto bene.
Va tutto bene.
Se lo ripete come un mantra.
Andrà tutto bene.
Quando il sonnifero la intorpidisce completamente, le lacrime bagnano ancora il suo viso scavato.
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: _eco